Integrazione al trattamento minimo della pensione: non esportabile nell’UE

Le prestazioni speciali in denaro, sia assistenziali che previdenziali, ma non aventi carattere contributivo, sono erogate esclusivamente nello Stato membro in cui i soggetti interessati risiedono e ai sensi della sua legislazione. Nulla è dovuto all’assicurato residente fuori dal territorio nazionale.

Lo sostiene la Corte di Cassazione nell’ordinanza 12101/18, depositata il 17 maggio. La fattispecie. Il Tribunale di Roma dichiarava il diritto di un uomo al trattamento minimo nella misura intera sulla pensione di vecchiaia a condannava l’INPS a corrispondergli i ratei non prescritti. L’uomo in questione era titolare di una pensione belga di invalidità per una malattia professionale che aveva contratto lavorando nelle miniere di carbone, trasformatasi in pensione di anzianità. Era, inoltre, titolare di pensione di vecchiaia in regime CEE. Dopo il rigetto dell’appello, l’INPS ricorre in Cassazione. Prestazioni in denaro non contributive sono in esportabili in ambito comunitario? L’INPS rileva che la domanda diretta ad ottenere l’integrazione del minimo era stata presentata contestualmente alla domanda di pensione di vecchiaia, oltre la scadenza del quinquennio previsto dal regolamento 1408/1971. Secondo la Corte di Cassazione, il punto nodale per risolvere la controversia è l’inesportabilità in ambito comunitario delle prestazioni in denaro non contributive, tra cui, in particolare l’integrazione al minimo dei trattamenti pensionistici. Secondo la disciplina comunitaria, le prestazioni speciali in denaro, sia assistenziali che previdenziali, non aventi carattere contributivo, sono erogate esclusivamente nello Stato membro in cui i soggetti interessati risiedono ai sensi della sua legislazione e, dunque, sono inesportabili negli Stati membri dell’Unione Europea. Nel caso di specie, l’integrazione al trattamento minimo è prevista per l’Italia ma non per il Belgio e il lavoratore risiedeva in quest’ultima nazione dove aveva conseguito la pensione di conseguenza, non poteva avere diritto ad integrarla a seguito della esportazione di una prestazione speciale, quale l’integrazione al trattamento minimo, non prevista nello Stato di residenza e che avrebbe potuto essere erogata solo dall’istituzione di residenza. Prestazioni speciali non contributive erogate solo nello Stato membro in cui si risiede. La stessa Suprema Corte sottolinea, tuttavia, che le prestazioni erogate anteriormente all’entrata in vigore del regolamento che prevede le regole di cui si è parlato non possono essere soppresse. Né si può rifiutare la domanda di una prestazione speciale a carattere non contributivo, accordata a complemento di una pensione, presentata dall’interessato che soddisfaceva le condizioni per la concessione di detta prestazione prima dell’entrata in vigore del regolamento, anche se egli risiede nel territorio di uno Stato membro diverso dallo stato competente, a condizione che la domanda di prestazione sia presentata entro 5 anni dall’entrata in vigore del regolamento medesimo. Nel caso specifico, al momento della proposizione della domanda, questo termine legale di decadenza era ampiamente trascorso, per cui il principio della inesportabilità era operativo. Piazza Cavour, pertanto, conferma quanto affermato in una precedente sua pronuncia. L’integrazione al trattamento minimo della pensione non è esportabile in ambito comunitario le prestazioni speciali in denaro, sia assistenziali che previdenziali, ma non aventi carattere contributivo sono erogate esclusivamente nello Stato membro in cui i soggetti interessati risiedono e ai sensi della sua legislazione. Nulla è dovuto all’assicurato residente fuori dal territorio nazionale. Il ricorso, dunque, è accolto e la sentenza impugnata cassata.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, ordinanza 31 gennaio – 17 maggio 2018, n. 12101 Presidente D’Antonio – Relatore Berrino Fatto e diritto Rilevato che con sentenza del 20.2 - 21.11.2008 il Tribunale di Roma, in funzione di giudice del lavoro, dichiarò il diritto di V.M. al trattamento minimo nella misura intera sulla pensione di vecchiaia con decorrenza dall’1.4.1983 e condannò l’Inps a corrispondergli i relativi ratei non prescritti, ossia dal 27.4.1995, maggiorati degli interessi legali dagli atti era emerso che il medesimo era titolare di pensione belga di invalidità decorrente dall’1.11.1961 per malattia professionale silicosi contratta per attività lavorativa svolta nelle miniere di carbone, trasformatasi in pensione di anzianità con decorrenza 1.10.1977 il ricorrente era risultato, altresì, titolare di pensione di vecchiaia in regime CEE con decorrenza dall’1.4.1983, avendone fatto domanda amministrativa il 27.4.2005 accertato che a seguito di impugnazione dell’Inps la Corte d’appello di Roma sentenza del 22.3 - 4.8.2011 rigettò il gravame, che era stato incentrato sulla eccepita inesportabilità, nella fattispecie, della integrazione al trattamento minimo in favore di soggetto residente all’estero e sulla considerazione che l’art. 2 del Regolamento CEE n. 1247/92 aveva imposto un termine perentorio quinquennale dal 1° giugno 1992 al 1° giugno 1997 entro il quale i residenti all’estero, che avessero soddisfatto i requisiti per ottenere l’integrazione al minimo, avrebbero dovuto chiedere il beneficio considerato che la Corte d’appello, condividendo il ragionamento del primo giudice, ha ritenuto che il Regolamento CEE non incideva sul diritto dell’appellato al trattamento minimo, posto che il diritto di quest’ultimo alla pensione era maturato in epoca antecedente all’entrata in vigore del Regolamento atteso che per la cassazione della sentenza ricorre l’Inps con due motivi, illustrati da memoria, cui resiste V.M. con controricorso, mentre il P.G. ha fatto pervenire richiesta di accoglimento del primo motivo del ricorso o, in subordine, di inammissibilità del secondo motivo Considerato che col primo motivo, dedotto per violazione dell’art. 2 del Regolamento CEE n. 1247/1992 e dell’art. 95 ter del Regolamento CEE n. 1408/1971, l’Inps contesta la decisione impugnata nella parte in cui si è ritenuto che la disciplina transitoria, apprestata dal predetto art. 2, non riguardasse i diritti alle prestazioni già maturate, sotto il profilo dei requisiti anagrafici e contributivi, prima dell’entrata in vigore del medesimo regolamento rilevato che, al contrario, l’Inps sostiene che le prestazioni non esportabili sono contemplate nell’elenco stilato all’allegato II bis del regolamento n. 1408/1971 e fra esse figura, al paragrafo H, lettera e , la integrazione al trattamento minimo , aggiungendo che in base alle norme transitorie dettate dal regolamento n. 1247/1992 il pensionato residente all’estero, che aveva perfezionato i requisiti per ottenere l’integrazione al minimo in epoca anteriore al 1° giugno 1992 data di entrata in vigore del regolamento , era comunque tenuto a presentare la relativa domanda all’ente di previdenza entro il termine quinquennale previsto da ultimo dall’art. 95 ter, comma 9, del regolamento n. 1408/1971 preso atto della circostanza evidenziata dall’Inps il quale rimarca che nella fattispecie la domanda diretta ad ottenere l’integrazione al minimo era stata presentata contestualmente alla domanda di pensione di vecchiaia, cioè in data 27 aprile 2005, ben oltre la scadenza del suddetto quinquennio atteso che col secondo motivo l’Inps denunzia la violazione dell’art. 9 della legge 4 aprile 1952 n. 218, dell’art. 6 del d.l. 12.9.1983 n. 463, convertito nella legge 11.11.1983 n. 638 e dell’art. 7 della legge 11.8.1973 n. 533, dolendosi del fatto che la Corte d’appello ha attribuito a V.M. i ratei di integrazione al minimo con decorrenza anteriore rispetto alla data della domanda amministrativa dal medesimo presentata osservato che il primo motivo, la cui soluzione riveste carattere dirimente, è fondato per le seguenti ragioni - Invero, il dato normativo di fondo è rappresentato dall’art. 10-bis, comma 1, del Regolamento CEE n. 1247/92 sulla cosiddetta inesportabilità all’estero della speciale prestazione dell’integrazione al trattamento minimo orbene, riguardo alla inesportabilità in ambito comunitario delle prestazioni in danaro non contributive, tra cui in particolare l’integrazione al minimo dei trattamenti pensionistici, si rileva che la disciplina comunitaria in materia di coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale contempla un principio per cui le prestazioni speciali in denaro, sia assistenziali che previdenziali, ma non aventi carattere contributivo, sono erogate esclusivamente nello Stato membro in cui i soggetti interessati risiedono ed ai sensi della sua legislazione, e dunque sono inesportabili negli Stati membri dell’Unione Europea. Per l’Italia, tra le prestazioni inesportabili si ricomprendono le pensioni sociali le pensioni, gli assegni e le indennità ai mutilati ed invalidi civili le pensioni e le indennità ai sordomuti le pensioni e le indennità ai ciechi civili l’integrazione della pensione minima l’integrazione dell’assegno di invalidità l’assegno sociale la maggiorazione sociale. Infatti, il Regolamento CEE n. 1247/92 del Consiglio, del 30 aprile 1992, che ha modificato il regolamento CEE n. 1408/71 relativo all’applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori subordinati, ai lavoratori autonomi e ai loro familiari che si spostano all’interno della Comunità, ha previsto all’art. 1, punto 4 , l’inserimento dell’articolo 10 bis Prestazioni speciali a carattere non contributivo che stabilisce quanto segue -1. Nonostante l’articolo 10 e il titolo III, le persone alle quali il presente regolamento è applicabile beneficiano delle prestazioni speciali in denaro a carattere non contributivo di cui all’articolo 4, paragrafo 2 bis esclusivamente nel territorio dello Stato membro nel quale esse risiedono ed in base alla legislazione di tale Stato, purché tali prestazioni siano menzionate nell’allegato II bis. Tali prestazioni sono erogate a carico dell’istituzione del luogo di residenza. Inoltre, al successivo punto 6 è inserito l’allegato seguente Allegato II bis Articolo 10 bis del regolamento che alla lettera A. elenca per il Belgio le seguenti prestazioni a Gli assegni per minorati Legge del 27 febbraio 1987 . b Il reddito garantito alle persone anziane Legge del lo aprile 1969 . c Le prestazioni familiari garantite Legge del 20 luglio 1971 . Invece, alla lettera H, per l’Italia sono richiamate le seguenti provvidenze a La pensione sociale ai cittadini senza risorse Legge 30 aprile 1969, n. 153 . b Le pensioni, gli assegni e le indennità ai mutilati ed invalidi civili Leggi 30 marzo 1974, n. 118, 11 febbraio 1980, n. 18 e 23 novembre 1988, n. 508 . c Le pensioni e indennità ai sordomuti Leggi 26 maggio 1970, n. 381 e 23 novembre 1988, n. 508 . d Le pensioni e indennità ai ciechi civili Leggi 27 maggio 1970, n. 382 e 23 novembre 1988, n. 508 . e L’integrazione al trattamento minimo Leggi 4 aprile 1952, n. 218, 11 novembre 1983, n. 638 e 29 dicembre 1990, n. 407 . f L’integrazione dell’assegno di invalidità Legge 12 giugno 1984, n. 222 . g L’assegno mensile per assistenza personale e continua ai pensionati per inabilità Legge 12 giugno 1984, n. 222 osservato, come è dato vedere, che l’integrazione al trattamento minimo è prevista dall’allegato II bis per l’Italia, ma non per il Belgio, per cui V.M. , il quale risiedeva in quest’ultima nazione ove aveva conseguito la pensione, non poteva avere diritto ad integrarla in conseguenza della esportazione di una prestazione speciale, quale l’integrazione al trattamento minimo, non prevista nello Stato di residenza e che, in base alla summenzionata norma regolamentare, avrebbe potuto essere erogata solo dall’istituzione di residenza. ritenuto, inoltre, che per quel che concerne il termine di scadenza del regime transitorio lo stesso è contemplato dal citato regolamento del 1992 che all’art. 2 stabilisce quanto segue 1. L’applicazione dell’articolo 1 non può avere per effetto la soppressione di prestazioni erogate anteriormente all’entrata in vigore del presente regolamento da parte delle istituzioni competenti degli Stati membri in conformità del titolo III del regolamento CEE n. 1408/71, e a cui si applicano le disposizioni dell’articolo 10 del medesimo regolamento. 2. L’applicazione dell’articolo 1 non può avere per effetto il rifiuto della domanda di una prestazione speciale a carattere non contributivo, accordata a complemento di una pensione, presentata dall’interessato che soddisfaceva le condizioni per la concessione di detta prestazione prima dell’entrata in vigore del presente regolamento, anche se egli risiede nel territorio di uno Stato membro diverso dallo Stato competente, a condizione che la domanda di prestazione sia presentata entro un termine di 5 anni dall’entrata in vigore del presente regolamento atteso che, nella fattispecie, come è stato correttamente rilevato dall’Inps, il suddetto termine legale di decadenza 1 giugno 1997 era ampiamente trascorso al momento di proposizione della domanda amministrativa del 27.4.2005, con conseguente operatività del richiamato principio della inesportabilità né, si osserva, vi era stato un ostacolo giuridico alla presentazione della domanda entro il termine del quinquennio previsto dall’art. 2, comma 2, dl regolamento CEE n. 1247/92 verificato che questa Corte, nel pronunziarsi di recente in siffatta materia Cass. sez. lav. n. 7914 del 28.3.2017 , ha avuto occasione di statuire che L’integrazione al trattamento minimo della pensione non è esportabile in ambito comunitario, in virtù del principio, contemplato dall’art. 10-bis, comma 1, del Regolamento CEE n. 1247 del 1992, per cui le prestazioni speciali in denaro, sia assistenziali che previdenziali, ma non aventi carattere contributivo, sono erogate esclusivamente nello Stato membro in cui i soggetti interessati risiedono ed ai sensi della sua legislazione, sicché non è dovuta all’assicurato residente fuori dal territorio nazionale posto che il ricorso va accolto nei termini di cui sopra restando assorbito l’esame del secondo motivo sulla decorrenza della prestazione e che l’impugnata sentenza va cassata, si rileva, altresì, che non sono necessari ulteriori accertamenti di fatto, per cui la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384, comma 2, cod. proc. civ., col rigetto dell’originaria domanda atteso che, per motivi di equità dovuti alla particolarità della vicenda ed all’esito dei giudizi di merito, si ritiene di poter compensare tra le parti le spese dei primi due gradi di giudizio, mentre in base al principio della soccombenza le spese di lite del presente giudizio vanno poste a carico dell’intimato nella misura liquidata come da dispositivo. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda. Compensa le spese del giudizio di merito e condanna V.M. al pagamento delle spese del presente giudizio nella misura di Euro 1700,00, di cui Euro 1500,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.