Nulla la notifica dell’impugnazione effettuata agli eredi impersonalmente presso il difensore del defunto del precedente grado di giudizio

Nel caso di notificazione dell'impugnazione di una sentenza agli eredi di soggetto deceduto dopo l'udienza di discussione del precedente grado del processo, ma prima della ricezione della notifica, la notifica stessa deve essere effettuata impersonalmente e collettivamente agli eredi presso l'ultimo domicilio che il defunto aveva al tempo della morte, ovvero può essere effettuata anche personalmente e individualmente a ciascun erede, purché nel luogo sopra indicato. La notifica dell'impugnazione effettuata presso il difensore costituito nel pregresso grado del giudizio e nel domicilio ivi eletto è nulla e di conseguenza inidonea ad impedire il passaggio in giudicato della sentenza impugnata.

Così deciso dalla Corte di Cassazione, sezione lavoro, con la sentenza n. 12002/18, depositata il 16 maggio. La vicenda esaminata. Una pensionata richiedeva al Tribunale la condanna dell’INPS al pagamento dell’incremento pensionistico di cui alla l. n. 448/2001, pur godendo della pensione di guerra, e la restituzione di quanto trattenuto dall’ente previdenziale. Il Giudice di primo grado accoglieva la domanda decisione poi confermata dalla Corte d’Appello, a seguito di gravame proposto dall’INPS. Quest’ultimo, dunque, proponeva ricorso in Cassazione, nei confronti degli eredi collettivamente ed impersonalmente della pensionata, deceduta prima della pubblicazione e notifica della sentenza della Corte d’Appello. La notifica dell’impugnazione in caso di morte della parte vittoriosa. La Corte di Cassazione, nel caso deciso, ha rilevato d’ufficio l’erroneità della notifica del ricorso e di conseguenza la sua inammissibilità, poiché inidoneo ad impedire il passaggio in giudicato della sentenza impugnata. Il Supremo Collegio rileva che la notifica dell’impugnazione proposta non andò a buon fine per irreperibilità dei destinatari, indicati come eredi collettivamente ed impersonalmente della parte vittoriosa, deceduta prima della pubblicazione della sentenza, presso quello che venne identificato come domicilio eletto della defunta. Ricorso, poi, venne consegnato anche a mani dell’avvocato domiciliatario nel grado d’appello della parte vittoriosa. Secondo un principio già affermato dalle Sezioni Unite della Corte, l'atto di impugnazione della sentenza, nel caso di morte della parte vittoriosa, deve essere rivolto agli eredi, indipendentemente sia dal momento in cui il decesso è avvenuto, sia dall'eventuale ignoranza dell'evento, anche se incolpevole, da parte del soccombente. Detta notifica, che può sempre essere effettuata personalmente ai singoli eredi, può anche essere rivolta agli eredi in forma collettiva ed impersonale, purché entro l'anno dalla pubblicazione comprensivo dell'eventuale periodo di sospensione feriale , nell'ultimo domicilio della parte defunta ovvero, nel solo caso di notifica della sentenza ad opera della parte deceduta dopo l'avvenuta notificazione, nei luoghi di cui al comma 1 dell'art. 330 c.p.c Nulla la notifica dell’impugnazione presso il difensore domiciliatario della parte deceduta. Va considerata nulla la notifica dell’atto di impugnazione effettuata impersonalmente e collettivamente agli eredi della parte vittoriosa presso il procuratore domiciliatario del de cuius costituito nel precedente giudizio anziché nel domicilio del defunto. Nullità della notifica da cui consegue l’inidoneità dell’impugnazione proposta ad impedire il passaggio in giudicato della pronuncia. Con la ulteriore conseguenza, come nel caso qui esaminato, di inammissibilità del ricorso. Peraltro, avendo l’ente previdenziale ricorrente proposto il ricorso nei confronti degli eredi della parte vittoriosa, non può invocare a proprio favore il principio affermato dalla Suprema Corte secondo cui in caso di morte o perdita di capacità della parte costituita a mezzo di procuratore, l'omessa dichiarazione o notificazione del relativo evento ad opera di quest'ultimo comporta, giusta la regola dell'ultrattività del mandato alla lite, che il difensore continui a rappresentare la parte come se l'evento stesso non si fosse verificato, risultando così stabilizzata la posizione giuridica della parte rappresentata rispetto alle altre parti ed al giudice nella fase attiva del rapporto processuale, nonché in quelle successive di sua quiescenza od eventuale riattivazione dovuta alla proposizione dell'impugnazione. E dunque, rilevata d’ufficio la nullità della notifica del ricorso, con conseguente passaggio in giudicato della sentenza d’appello impugnata, la Suprema Corte, senza procedere all’esame dei motivi di censura proposti dal ricorrente, ha dichiarato inammissibile il ricorso medesimo.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 28 febbraio – 16 maggio 2018, n. 12002 Presidente D’Antonio – Relatore Calafiore Fatti di causa 1. Con la sentenza n. 564 del 2012, la Corte d’appello di Firenze ha confermato la sentenza del Tribunale di Lucca di accoglimento della domanda proposta da G.T. nei confronti dell’ INPS per ottenerne la condanna al pagamento dell’incremento pensionistico di cui alla legge n. 448 del 2001, nonostante la fruizione di pensione di guerra, e la restituzione di quanto trattenuto a titolo di indebito. 2. La Corte, condividendo le motivazioni del primo giudice ha osservato che i limiti reddituali previsti per l’assegno sociale cd. sostitutivo di trattamento d’invalidità civile, sono diversi da quelli previsti per l’assegno sociale diretto e la Corte di cassazione ha affermato che nel primo caso la pensione di guerra è irrilevante ai fini del computo del reddito, a differenza che nel secondo, in quanto espressamente disposto dall’art. 67 della l. n. 448 del 1998 l’art. 38 della l. n. 448 del 2001 ha previsto, tra l’altro, l’incremento degli assegni sociali di cui a all’art. 1 l. n. 544 de 1988 b all’art. 70, comma 1, l. n. 388 del 2000, con riferimento ai titolari dell’assegno sociale di cui all’art. 3, comma 6, della legge n. 335 del 1995 c all’art. 2 l. n. 544 del 1988 con riferimento ai titolari della pensione sociale di cui all’art. 26 della legge n. 153 del 1969 l’incremento segue le regole della prestazione cui accede e l’art. 2, comma 2, della l. n. n. 544 del 1988 prevede che l’incremento, fermi restando gli altri requisiti previsti per la concessione della pensione sociale, spetti anche ai soggetti esclusi in relazione alle condizioni di reddito di cui all’art. 26 della legge n. 153 del 1969, da qui la necessità di fare applicazione dell’art. 77, comma 1, d.P.R. n. 915 del 1978, come sostituito dall’art. 5, legge n. 261 del 1991, che ha escluso la computabilità del reddito da pensione di guerra anche ai fini della corresponsione della maggiorazione in esame. 3. Avverso tale sentenza, l’INPS propone ricorso per cassazione nei confronti degli eredi di G.T. , collettivamente ed impersonalmente, a seguito del decesso della stessa avvenuto il 23 febbraio 2012, fondato su di un unico motivo. Gli eredi non si sono costituiti. Ragioni della decisione 1. L’unico motivo di ricorso ha per oggetto la violazione ed errata applicazione dell’art. 38 l. n. 448 del 2001, dell’art. 5 l. n. 261 del 1991, dell’art. 77 del d.P.R. n. 915 del 1978, dell’art. 2 l. n. 444 del 1988, dell’art. 26 l. n. 153 del 1969, come sostituito dall’art. 3 d.l. n. 30 del 1974, convertito con modificazioni, in l. n. 114 del 1974, in relazione all’art 360 primo comma n. 3 cod. proc. civ., in quanto, il ricorrente deduce la illegittimità della sentenza in punto di diritto laddove la stessa ha ritenuto che le pensioni di guerra non sono computabili nel calcolo del reddito da prendere in considerazione ai fini dell’attribuzione dell’aumento della pensione sociale di cui all’art. 38 della legge n. 448 del 2001. 2. L’esame del motivo risulta impedito dal rilievo d’ufficio dell’inammissibilità del ricorso in quanto non idoneo ad impedire il passaggio in giudicato della sentenza impugnata perché non notificato, per irreperibilità dei destinatari, indicati impersonalmente e collettivamente presso quello che viene affermato quale domicilio eletto della defunta G.T. , ed inutilmente consegnato a mani dell’avvocata Elisabetta Celli, quale domiciliataria, unitamente all’avvocata Grazia Doni, dell’avvocato Alessandro Corti affermato rappresentante di G.T. . 3. Lo stesso ricorrente, mostrando di essere a conoscenza del decesso della parte originaria, ha dichiarato di proporre il ricorso, avverso la sentenza della Corte d’appello di Firenze pubblicata il 18 maggio 2012 e notificata il 2 novembre 2012, nei confronti degli eredi, impersonalmente e collettivamente considerati, di G.T. , deceduta, prima della pubblicazione della sentenza e della sua notifica, in data 23 febbraio 2012. 4. La sentenza impugnata non contiene alcun riferimento al decesso della parte appellata e la copia notificata della sentenza impugnata, allegata al ricorso, non reca alcuna indicazione relativa all’identità della parte istante, indicata con la generica formula A richiesta come in atti né, quindi alcuna residenza o elezione di domicilio. Il ricorrente, inoltre, non ha fornito alcuna documentazione relativa all’ultimo domicilio della defunta ovvero del luogo di apertura della relativa successione. 5. La possibilità di impugnare, nei luoghi indicati nel comma 1, la sentenza nei confronti degli eredi della parte vittoriosa deceduta, qualora l’evento morte sia accaduto dopo la notificazione della sentenza, in forma collettiva ed impersonale, è testualmente prevista dall’art. 330, comma 2, del codice di rito ed il tema dei presupposti e dei limiti del ricorso a tale forma semplificata di notifica, in ipotesi diverse da quelle testuali, è stato esaminato da questa Corte in varie occasioni. 6. Le SS.UU. di questa Corte, nell’affrontare la relativa questione a seguito di posizioni contrastanti delle Sezioni, hanno avuto modo di affermare che l’impugnazione può essere notificata impersonalmente e collettivamente agli eredi della parte defunta anche quando la morte sia intervenuta prima della notificazione della sentenza, ma in tal caso essa non va indirizzata al domicilio eletto dal de cuius presso il procuratore costituito o nella residenza dichiarata o nel domicilio da questi eletto per il giudizio, ma deve essere eseguita presso l’ultimo domicilio del defunto, ovvero nel luogo dove è aperta la successione Cass. 14699 del 2010 . Il codice di rito non contiene, infatti, una disciplina specifica per la notificazione agli eredi nel caso, quale quello di specie, in cui la morte della parte intervenga prima della notificazione della sentenza perché l’evento si è verificato o nel corso del processo, senza essere dichiarato dal procuratore ai fini dell’interruzione, o dopo la chiusura della discussione od, ancora, nella pendenza del termine lungo di cui all’art. 327 c.p.c. . In tali ipotesi soccorrono le previsioni degli artt. 286 e 328, 2 comma, c.p.c., per un’evidente esigenza di parità di trattamento fra chi vuole provocare il decorso del termine breve di impugnazione attraverso la notificazione della sentenza e chi deve esercitare l’impugnazione se infatti è giustificata la grave conseguenza del decorso del termine breve, e quindi del possibile passaggio in giudicato della sentenza, per effetto di una notifica impersonale e collettiva, purché effettuata presso l’ultimo domicilio del defunto, altrettanto giustificato è che, per evitare questa conseguenza, il diritto di impugnazione possa essere esercitato verso gli eredi collettivamente e impersonalmente mediante la notifica dell’atto presso il medesimo domicilio cfr., in termini, Cass. n. 15123/07 . 7. Ciò chiarito, nel caso di specie, l’attività di notifica iniziata dall’Inps con l’indicazione di un luogo presso cui effettuare la stessa notifica, individuato come ultimo domicilio della defunta pur senza alcun conforto di certificazione anagrafica, non è in concreto stata portata a conclusione ma solo tentata in quanto in tale luogo i destinatari sono risultati irreperibili ed il procedimento non è mai stato ripreso dall’Istituto vd. Cass. SS.UU. n. 14594 del 2016 che, comunque, richiede che il mancato perfezionamento non sia imputabile al notificante per cui la notifica non è mai venuta in essere. 8. È appena il caso di precisare, inoltre, che poiché il ricorso per cassazione è stato proposto nei confronti degli eredi, il ricorrente non può invocare a suo favore il revirement delle SS.UU. che, con la sentenza n. 15295 del 2014, hanno ritenuto che quando la morte o la perdita di capacità della parte costituita a mezzo di procuratore non vengano dichiarate in udienza o notificate alle altre parti, è ammissibile, giusta la regola dell’ultra attività del mandato alla lite, la notificazione dell’impugnazione eseguita nei confronti di tale parte presso il predetto procuratore, ai sensi dell’art. 330, primo comma, c. p. c. Dunque, non può essere considerata utile la notifica avvenuta a mani dell’avvocata Elisabetta Celli giacché la instaurazione del giudizio di cassazione nei confronti degli eredi elide in radice la operatività della fictio iuris della ultra attività del mandato difensivo in capo al procuratore della parte defunta. 9. Il ricorso è, quindi, inammissibile. Nulla va disposto per le spese del presente giudizio in mancanza di costituzione degli eredi di G.T. . P.Q.M. La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Nulla sulle spese.