Il rispetto di precisi orari di lavoro e l’assenza di una struttura organizzativa del lavoratore identificano la subordinazione

La Suprema Corte ribadisce come, al di là della qualificazione del rapporto di lavorativo fornita dal datore di lavoro, il rapporto di tipo subordinato può individuarsi secondo specifici criteri quali, ad esempio, il rispetto di precisi orari di lavoro e l’assenza di una struttura organizzativa da parte del lavoratore.

Così la Corte di Cassazione con ordinanza n. 10077/18, depositata il 24 aprile. Il caso. L’INPS, in seguito ad un’ispezione all’interno di una società, rilevava che i lavoratori nella stessa impiegati svolgessero un’attività di tipo subordinato e, pertanto, emetteva nei confronti del datore di lavoro una cartella esattoriale per il pagamento dei contributi dovuti. Successivamente, la Corte d’Appello di Firenze confermava la sussistenza dei caratteri della subordinazione. Avverso la sentenza della Corte distrettuale il datore di lavoro ricorre per cassazione denunciando l’insussistenza della subordinazione e l’errore circa la sua ritenuta sussistenza in forza di una presunzione assoluta ex art. 2094 c.c., nonché la presenza di progetti conformi alle prescrizioni di legge. La subordinazione. Il Supremo Collegio, coerentemente con la giurisprudenza di legittimità, sottolinea come nel caso di specie i criteri della subordinazione siano stati correttamente individuati in ragione della natura elementare e routinaria della prestazione , caratterizzata dal rispetto di precisi orari di lavoro, modalità di pagamento della retribuzione secondo una cadenza costante, la totale assenza di una struttura organizzativa facente capo ai lavoratori . In aggiunta, i Giudici di legittimità precisano come tali conclusioni siano state raggiunte non attraverso presunzioni legali assolute, come affermato dal ricorrente, ma all’esito della espletata istruttoria , dalla quale è stato possibile accertare l’ insussistenza dei progetti invocati dal datore di lavoro per escludere la subordinazione. La Corte quindi rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, ordinanza 20 dicembre 2017 – 24 aprile 2018, n. 10077 Presidente D’Antonio – Relatore Marchese Fatto Ritenuto che l’INPS, in sede di ispezione, assumeva che una serie di lavoratori a progetto impiegati dalla società STENIO di D.P.D. & amp C. S.n.c., svolgessero, in realtà, l’attività tipica dei lavoratori subordinati che, emessa cartella esattoriale per il pagamento dei contributi dovuti per i suddetti lavoratori, la società proponeva opposizione che, accolta l’opposizione ed appellata la sentenza, la Corte d’Appello di Firenze sentenza 22.6.2012-5.7.2012 nr. 724 del 2012 accoglieva l’impugnazione, rilevando l’assenza di un progetto e, comunque, riscontrando, nell’attività concretamente svolta dai lavoratori, i caratteri tipici della subordinazione che propone ricorso per cassazione la società STENIO di D.P.D. & amp C. S.n.c. affidato a tre motivi che, con i primi due motivi, denuncia ai sensi dell’art. 360 nr. 3 cod. proc. civ. , violazione e falsa applicazione di norme di diritto in relazione agli artt. 61 e 69 D.lgs 276/2003 ed all’art. 41 Cost. per aver il giudice di merito 1 erroneamente escluso la sussistenza dei progetti, invece specifici e conformi alle prescrizioni di legge 2 travalicato i limiti del controllo giudiziale, interferendo con valutazioni e scelte tipiche della discrezionalità aziendale 3 operato una presunzione assoluta di subordinazione che, con il terzo motivo, lamenta ai sensi dell’art. 360 nr. 5 omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio, avendo ritenuto la subordinazione in base ad una asserita presunzione assoluta di sussistenza della situazione delineata dall’art. 2094 cod.civ., senza valutare in maniera esaustiva e completa le risultanze dibattimentali ed omettendo, in particolare, di considerare la circostanza che i lavoratori non erano sempre presenti in azienda - come non sempre lo era il datore di lavoro - e si autodeterminavano nei turni che ha resistito l’INPS con controricorso. Diritto Considerato che il ricorso è infondato che la corte territoriale ha escluso la sussistenza di progetti giuridicamente apprezzabili e, comunque, ritenuto i rapporti controversi di natura subordinata che la qualificazione dei rapporti compiuta dal giudice di merito, all’esito della valutazione delle risultanze di causa, è censurabile, ai sensi dell’articolo 360 nr. 3 cod proc. civ., solo in punto di determinazione e applicazione dei criteri astratti e generali mentre costituisce apprezzamento di fatto, come tale sindacabile in cassazione nei limiti di cui all’articolo 360 nr. 5 cpc, l’individuazione degli elementi che, in concreto, rilevano l’effettività dei prescelti criteri legali che, nella fattispecie di causa, la Corte distrettuale, in ragione della natura elementare e routinaria della prestazione, ha adottato quali criteri di qualificazione del rapporto il rispetto di precisi orari di lavoro, le modalità di pagamento della retribuzione, secondo una cadenza costante, la totale assenza di una struttura organizzativa facente capo ai lavoratori che, in tal modo, i giudici di merito hanno fatto corretta applicazione del principio costantemente affermato da questa Corte - ed al quale anche in questa sede va data continuità - secondo cui ove l’assoggettamento del lavoratore alle direttive altrui non sia agevolmente apprezzabile a causa della peculiarità delle mansioni, occorre fare riferimento a criteri complementari e sussidiari - come quelli della collaborazione, della continuità delle prestazioni, dell’osservanza di un orario predeterminato, del versamento a cadenze fisse di una retribuzione prestabilita, del coordinamento dell’attività lavorativa all’assetto organizzativo dato dal datore di lavoro, dell’assenza in capo al lavoratore di una sia pur minima struttura imprenditoriale - che, privi ciascuno di valore decisivo, possono essere valutati globalmente come indizi probatori della subordinazione cfr. ex plurimis, Cass. 17.4.2009 nr. 9256 che, sotto il profilo del preteso vizio di motivazione, la censura si risolve nella contrapposizione all’iter logico seguito dalla Corte territoriale per pervenire al suo convincimento, esposto esaurientemente e con proposizioni internamente e reciprocamente coerenti, il proprio ed autonomo ordine soggettivo di considerazioni ed apprezzamenti sulla valutazione delle risultanze istruttorie, del tutto irrilevante in questa sede che i rilievi esposti appaiono decisivi ed assorbenti che, infatti, quando, come nella specie, la sentenza impugnata sia sorretta da una pluralità di ragioni 1 ritenuta insussistenza dei progetti 2 accertamento, in fatto, della subordinazione all’esito cioè della espletata istruttoria e non quale conseguenza di una presunzione legale assoluta , distinte ed autonome, ciascuna delle quali giuridicamente e logicamente sufficiente a giustificare la decisione, l’accertamento definitivo di una di esse verifica, in concreto, della natura subordinata della prestazione rende inammissibile l’esame delle ulteriori censure sussistenza di un progetto perché in nessun caso idonee a produrre l’annullamento della sentenza ciò in quanto il regime sanzionatorio articolato dalli art. 69 del Mips. nr. 276 del 2003 contempla due distinte e strutturalmente differenti ipotesi al comma 1, sanziona il rapporto di collaborazione coordinata e continuativa instaurato senza l’individuazione di uno specifico progetto, realizzando un caso di cd. conversione del rapporto ope legis e restando priva di rilievo l’appurata natura autonoma dei rapporti in esito all’istruttoria al comma 2, disciplina l’ipotesi in cui vengano giudizialmente accertate modalità di tipo subordinato con cui, nonostante l’esistenza di uno specifico progetto, sia stata di fatto resa la prestazione lavorativa cfr. Cass. 12820 del 2016 che la parte ricorrente, rimasta soccombente, deve condannarsi al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in complessive Euro 3.500,00, di cui Euro 200,00 per compensi professionali, oltre al 15% di spese generali ed accessori di legge.