Carta di soggiorno alla mano, l’extracomunitaria ha diritto all’assegno sociale

Respinte definitivamente le opposizioni proposte dall’INPS. Acclarato il possesso della carta di soggiorno, ottenuta per ricongiungimento familiare, non è stato messo in discussione in alcun modo il requisito reddituale.

Nessun dubbio sul diritto della cittadina extracomunitaria, presente in Italia con regolare carta di soggiorno, a percepire l’assegno sociale. Respinte le obiezioni proposte dall’INPS, che dovrà provvedere a versare la somma alla donna Corte di Cassazione, sentenza n. 9894/18, sez. Lavoro, depositata il 20 aprile . Carta di soggiorno. Inutile la battaglia portata avanti per tre gradi di giudizio dall’Istituto nazionale di previdenza sociale. Prima in Tribunale, poi in Corte d’Appello e infine in Cassazione, difatti, i giudici hanno ritenuto legittima la pretesa della cittadina extracomunitaria a percepire l’assegno sociale. Sufficiente, in sostanza, il possesso della carta di soggiorno , e su questo fronte la donna ha spiegato di esserne titolare, poiché concessale, quale familiare di cittadina dell’Unione Europea, per ricongiungimento con la figlia residente in Italia . Per quanto concerne poi il fronte del requisito reddituale su cui si sofferma l’INPS, i Giudici osservano che l’Istituto non ha messo in discussione in alcun modo la posizione della straniera. Impossibile, di conseguenza, mettere in discussione il diritto della donna a percepire l’assegno sociale.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 6 dicembre 2017 – 20 aprile 2018, n. 9894 Presidente Mammone – Relatore D’Antonio Fatti di causa La Corte d'appello di Firenze ha confermato la sentenza del Tribunale di Siena di riconoscimento a Zo. Es. del diritto a percepire l'assegno sociale previsto dall'art 3 L. n. 335/1995. La ricorrente , cittadina extracomunitaria , affermava di avere diritto all'assegno in quanto titolare di carta di soggiorno concessale quale familiare di cittadino della UE per ricongiungimento con la figlia residente in Italia , e che ciò era sufficiente per beneficiare dell'assegno non potendosi rilevare differenze tra il permesso di lungo periodo a seguito di permanenza ultraquiquennale la permanenza ultradecennale era prevista solo dall'1/1/2009 e quello ottenuto per ricongiungimento familiare. La Corte, premesso che per la fruizione dell'assegno sociale era necessario il possesso della carta di soggiorno e poiché la Es. ne era titolare, ha ritenuto fondata ia domanda riconoscendo alla stessa l'assegno sociale. Avverso la sentenza ricorre l'Inps con due motivi. Resiste Es. Zo. con controricorso e poi memoria ex art 378 c.p.c Ragioni della decisione Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione del combinato disposto dell'art 3 L n 335/1995 e dell'art 26 della L. n. 153/1969. Censura la sentenza per aver riconosciuto l'assegno sulla base del solo requisito anagrafico, senza alcun accertamento del reddito. Osserva che la ricorrente, in Tribunale, non aveva dedotto o allegato il possesso del requisito reddituale e che, a fronte di tale atto, l'Istituto aveva espressamente contestato la fondatezza della domanda in quanto non supportata dalla prova del requisito reddituale. Con il secondo motivo denuncia vizio di motivazione su di un elemento decisivo circa il requisito reddituale non essendo state esplicitate le ragioni in base alle quali la Corte territoriale aveva ritenuto sussistere il requisito reddituale. Il ricorso è infondato. L'Inps si duole che la Corte d'appello non abbia accertato il requisito reddituale. Deve, in primo luogo, rilevarsi che il diritto all'assegno sociale, introdotto dall'art. 3, comma 6, della legge n. 335 del 1995, in luogo della preesistente pensione sociale, è riconosciuto al cittadino straniero titolare di permesso di soggiorno in Italia, purché sussistano i requisiti reddituali previsti dalla citata legge. Ciò premesso va osservato che nel ricorso l'Istituto, dopo aver denunciato che la ricorrente non aveva allegato e provato detto requisito fin dal primo grado e che l'Istituto aveva denunciato tale mancanza nella memoria di costituzione, ha omesso di riportare, quantomeno nei tratti salienti, sia il ricorso della Es., sia la memoria dell'Istituto a conforto di quanto affermato. L'Istituto, inoltre, a fronte dell'accoglimento della domanda della ricorrente da parte del Tribunale, ha omesso di provare, riportando l'atto di appello, di aver denunciato anche in tale grado l'omissione da parte del giudice di primo grado. Entrambe le censure difettano , pertanto, del requisito di specificità di cui all'art. 366 col n. 4 c.p.c, avendo omesso la parte ricorrente di riferire quando ed in che atto processuale era stata proposta la detta eccezione di riportare il contenuto delle difese svolte dalla Amministrazione in primo grado e di trascrivere i motivi di gravame onde consentire a questa Corte di verificare in limine l'ammissibilità della censura, in quanto per giurisprudenza costante di legittimità il potere di accesso agli atti del giudizio di merito, anche nel caso in cui vengano dedotti vizi riconducibili all'art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c, nella specie ,peraltro, erroneamente riferiti ai motivi di cui all'art 360 n 3 e 5 c.p.c. , rimane pur sempre subordinato alla preliminare verifica di ammissibilità del mezzo di impugnazione ai sensi dell'art. 366 c.p.c. Per le considerazioni che precedono il ricorso deve essere rigettato con condanna dell'Istituto a pagare le spese processuali riconoscendo la distrazione a favore del difensore dichiaratosi antistatario. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a pagare le spese del presente giudizio liquidate in Euro 2000,00 per compensi professionali ed Euro 200,00 per esborsi, oltre 15% per spese generali ed accessori di legge con distrazione a favore dell'avv. R.T