Assenza ingiustificata del lavoratore e proporzionalità tra infrazione e licenziamento

In tema di licenziamento per giusta causa o giustificato motivo soggettivo il giudice adito è tenuto ad accertare in concreto la reale entità e gravità delle infrazioni addebitate al dipendente e il rapporto di proporzionalità tra quest’ultime e la sanzione del licenziamento.

Lo ha ribadito la Cassazione con ordinanza n. 9339/18, depositata il 16 aprile. Il fatto. La controversia oggetto di ricorso per cassazione traeva origine dal rigetto della domanda del lavoratore da parte del Giudice di secondo grado, il quale, in riforma della decisione di prime cure, confermava il licenziamento per giusta causa intimato dal datore di lavoro, ritenendo provata l’assenza ingiustificata del lavoratore protrattasi per oltre tre giorni. La Suprema Corte ha ritenuto fondato il motivo di ricorso con il quale il lavoratore denunciava la violazione e falsa applicazione degli artt. 2106 Sanzioni disciplinari e 2119 c.c. Recesso per giusta causa . Proporzionalità tra licenziamento e infrazione. Secondo il ricorrente la Corte di merito non aveva preso debitamente in considerazione che il datore di lavoro aveva ignorato la domanda di fruizione delle ferie motivata da gravi e urgenti esigenze familiari imminente decesso del padre prospettata dal medesimo ricorrente, secondo il quale detta circostanza doveva essere valutata per riconoscere la sussistenza della proporzionalità della sanzione con l’infrazione. Gli Ermellini hanno ricordato che le clausole della contrattazione collettiva che prevedono per specifiche inadempienze del lavoratore la sanzione del licenziamento per giusta causa o giustificato motivo soggettivo non esimono il giudice dall’obbligo di accertare in concreto la reale entità e gravità delle infrazioni addebitate al dipendente, nonché il rapporto di proporzionalità tra sanzione e infrazione, tenendo conto delle circostanze del caso concreto e della portata soggettiva delle condotta . Ciò premesso, la Corte di Cassazione ha rilevato che nella fattispecie il Giudice di merito abbia omesso di valutare l’incidenza della condotta della datrice di lavoro sotto il profilo della correttezza e buona fede, la quale aveva omesso di offrire riscontro circa la richiesta di usufruire del periodo di ferie ed, altresì, aveva proceduto alla formulazione della contestazione proprio allo scadere dei tre giorni di assenza ingiustificata, senza alcun richiamo preventivo e, nonostante, la conoscenza dei problemi familiari del lavoratore. All’accoglimento del ricorso da parte del Giudice di legittimità consegue la cassazione della sentenza impugnata con rinvio alla Corte d’Appello in diversa composizione.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, ordinanza 6 febbraio – 16 aprile 2018, n. 9339 Presidente Doronzo – Relatore Di Paola Fatto e diritto Rilevato che con la sentenza impugnata, in riforma della decisione del primo giudice, è stata rigettata la domanda, proposta da P.G. , di impugnativa del licenziamento intimatogli per giusta causa, integrata da assenza ingiustificata protrattasi per oltre tre giorni per la cassazione della decisione ha proposto ricorso il lavoratore, affidato ad un unico motivo la Miomercato s.r.l. ha resistito con controricorso è stata depositata la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio la difesa della società ha depositato memoria in data 25 gennaio 2018, ex art. 380 bis, comma 2, c.p.c., insistendo per il rigetto del ricorso Considerato che il Collegio ha deliberato di adottare la motivazione semplificata P.G. - denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 2106 e 2119 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., nonché omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti - lamenta, tra l’altro, che il giudice di appello abbia valorizzato, nel riconoscere la sussistenza della proporzionalità della sanzione, il profilo intenzionale della condotta, pur a fronte del mancato riscontro dell’azienda alla sua domanda di fruizione di ferie motivata da gravi ed improrogabili esigenze familiari , cui ha fatto seguito, dopo qualche giorno, il decesso del proprio padre , e senza pertanto valutare il reciproco comportamento delle parti sotto il profilo della correttezza e buona fede. Ritenuto che le clausole della contrattazione collettiva che prevedono per specifiche inadempienze del lavoratore la sanzione del licenziamento per giusta causa o giustificato motivo soggettivo non esimono il giudice dall’obbligo di accertare in concreto la reale entità e gravità delle infrazioni addebitate al dipendente nonché il rapporto di proporzionalità tra sanzione e infrazione, tenendo conto delle circostanze del caso concreto e della portata soggettiva della condotta così, tra le altre, Cass. n. 1604/1998 ciò posto, il motivo è fondato, giacché il giudice di appello, nel ritenere proporzionato il licenziamento intimato al lavoratore, ha omesso di considerare l’incidenza, sotto il profilo del principio di correttezza e buona fede nell’esecuzione del contratto, della condotta della datrice di lavoro quest’ultima, infatti, ha, dapprima, omesso di fornire riscontro alla richiesta, inoltrata dal lavoratore in data 16.9.2015, di un periodo di ferie rivelatosi coincidente con la durata dell’assenza, dal 28.9.2015 fino al 1.10.2015 , e, successivamente, ha proceduto alla formulazione della contestazione proprio allo scadere dei tre giorni dall’inizio della assenza ingiustificata, senza far precedere la contestazione stessa - come la particolare situazione avrebbe plausibilmente richiesto - da alcun richiamo anche volto a rendere edotto il lavoratore che la sua mancata presenza era da considerarsi ingiustificata, non potendo egli esser collocato in ferie per rilevanti esigenze aziendali da soddisfare senza indugio , sebbene la datrice medesima fosse a conoscenza del grave lutto da cui il lavoratore era stato pochissimi giorni prima ossia in data 23.9.2015 colpito pertanto il giudice di secondo grado ha emesso la propria decisione senza procedere alla valutazione della gravità del licenziamento in un necessario giudizio di comparazione delle reciproche condotte alla stregua dei canoni di correttezza e buona fede il ricorso va pertanto accolto e la sentenza cassata con rinvio alla Corte di Appello di Palermo, in diversa composizione, che procederà alla sopra illustrata valutazione nonché al regolamento delle spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. accoglie il ricorso cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di Appello di Palermo, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.