Alla pensione supplementare non si applica la clausola di salvaguardia

La c.d. clausola di salvaguardia introdotta dall’art. 1, comma 3, l. n. 234/2004, che ha previsto che l’elevazione dell’età pensionabile per i trattamenti di anzianità e vecchiaia non si applicasse ai lavoratori che avevano maturato i requisiti di età e di anzianità contributiva entro il 31 dicembre 2007, opera soltanto ai fini del diritto all’accesso al trattamento pensionistico di vecchiaia o di anzianità e non anche al trattamento pensionistico supplementare.

Si tratta infatti di un’eccezione alla regola generale e dunque non può estendersi oltre i casi disciplinati dalla specifica norma, in ossequio al principio di cui all’art. 14 disposizioni preliminari al codice civile. Il caso. La Corte d’Appello di Firenze, in riforma delle pronuncia di primo grado, ha condannato l’INPS a versare a due lavoratori la pensione supplementare in relazione ai contributi versati alla gestione separata, fissando la decorrenza della prestazione alla data della domanda amministrativa. La Corte territoriale ha infatti ritenuto operante anche nel caso di specie la cd. clausola di salvaguardia introdotta dall’art. 1, comma 3, Legge n. 234/2004 pertanto, avendo gli assicurati proposto la domanda amministrativa in data successiva all’entrata in vigore dell’art. 1, Legge n. 247/2007 che, introducendo il regime delle cd. finestre”, aveva differito la data del conseguimento della prestazione pensionistica rispetto a quella di maturazione dei requisiti, andava applicata la disciplina previgente, sia con riguardo alla maturazione dell’età anagrafica utile per il conseguimento della pensione sia con riguardo alla data delle decorrenza dell’erogazione. Regole diverse in tema di pensione di anzianità o vecchiaia e di pensione supplementare. La Suprema Corte ha accolto il ricorso promosso dall’INPS, che aveva dedotto l’errore interpretativo della Corte di merito allorquando aveva ritenuto di dover applicare agli assicurati il regime normativo previgente, non considerando quale data di decorrenza quella della presentazione della domanda. Richiamando la sentenza n. 9293/2016, la Corte di Cassazione ha ribadito che la pensione supplementare costituisce un beneficio autonomo rispetto alla pensione principale, sia per ciò che concerne la decorrenza, individuata con riguardo al primo giorno del mese successivo a quello di presentazione della domanda amministrativa sia con riferimento alla modalità di computo, con la conseguenza che l’età anagrafica utile per conseguirla va determinata avendo riguardo non alla data in cui si verificano i requisiti per l’accesso alla pensione principale ma a quella in cui viene presentata la domanda amministrativa, da individuarsi dunque con riferimento alla gestione tenuta alla liquidazione, che nella specie è la gestione separata. La clausola di salvaguardia è un’eccezione alla regola. La Suprema Corte ha poi precisato che l’art. 1, comma 2, d.m. n. 282/1996, nel prevedere che qualora gli iscritti alla gestione non raggiungano i requisiti per il diritto ad una pensione autonoma, ma conseguano la titolarità di un trattamento pensionistico a carico dell’assicurazione generale obbligatoria, hanno diritto alla liquidazione della pensione supplementare, sempreché in possesso del requisito di età di cui all’art. 1, comma 20, Legge n. 335/1995, contiene un rinvio al regime proprio della pensione supplementare, da aggiornarsi sulla base delle modifiche normative intervenute nel tempo. Ne deriva che il regime proprio dell’età pensionabile deve essere individuato con riferimento non alla data in cui si sono verificati i requisiti per l’accesso alla pensione principale ma a quella in cui viene presentata la domanda amministrativa per la pensione supplementare, non potendosi applicare a tal caso la cd. clausola di salvaguardia operante, invece, per la pensione di vecchiaia e anzianità. Infatti l’art. 1, comma 3, Legge n. 243/2004 costituisce un’eccezione alla regola generale e, come tale, non è applicabile se non ai casi non espressamente e tassativamente previsti dalla norma stessa.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 2 novembre 2017 – 12 febbraio 2018, n. 3322 Presidente Mammone – Relatore Cavallaro Fatti di causa Con sentenza depositata il 5.4.2012, la Corte d’appello di Firenze, in riforma della pronuncia di primo grado, ha condannato l’INPS a corrispondere a B.B. e P.G. la pensione supplementare maturata in relazione ai contributi da costoro versati alla gestione separata, fissando la decorrenza della prestazione alla data della domanda amministrativa. La Corte, in particolare, ha ritenuto che dovesse in specie operare la c.d. clausola di salvaguardia di cui all’art. 1, comma 3, l. n. 243/2004, di talché, pur avendo gli assicurati proposto la domanda amministrativa in data successiva all’entrata in vigore dell’art. 1, l. n. 247/2007, che introducendo il regime delle c.d. finestre aveva differito la data di conseguimento della prestazione pensionistica rispetto a quella di maturazione dei requisiti, la loro situazione soggettiva andava riguardata alla stregua della disciplina precedente, sia con riguardo alla maturazione dell’età anagrafica utile per il conseguimento della pensione che con riferimento alla data della sua decorrenza. Contro tali statuizioni ricorre l’INPS, formulando un motivo di censura. Gli assicurati resistono con controricorso. L’INPS ha inoltre depositato memoria. Ragioni della decisione Con l’unico motivo di censura, l’Istituto ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1, commi 5-6, l. n. 247/2007, 1, comma 3, l. n. 243/2004, e 5, l. n. 1338/1962, per avere la Corte di merito ritenuto che la domanda di pensione supplementare proposta dagli odierni controricorrenti andasse disciplinata dal regime previgente alla legge n. 247/2007, sia con riguardo alla maturazione dell’età anagrafica utile per il conseguimento della pensione che con riferimento alla data della sua decorrenza. Il motivo è fondato. Come già chiarito da questa Corte con la sentenza n. 9293 del 2016, la pensione supplementare costituisce un beneficio autonomo rispetto alla pensione principale, sia per ciò che concerne la decorrenza, individuata con riguardo al primo giorno del mese successivo a quello di presentazione della relativa domanda art. 5, comma 2, lett. a , l. n. 1338/1962 , che con riferimento alle modalità di computo, differenziate in relazione agli aumenti per i familiari art. 5, comma 2, lett. b e c , l. n. 1338/1962, cit. , con la conseguenza che l’età anagrafica utile per conseguirla va determinata avendo riguardo non alla data in cui si verificano i requisiti per l’accesso alla pensione principale, ma a quella in cui viene presentata la domanda amministrativa che ne condiziona la concessione, da individuarsi con riferimento alla gestione tenuta alla liquidazione, che nella specie è la gestione separata. Ora, con riguardo a quest’ultima, l’art. 1, comma 2, d.m. n. 282/1996, recante attuazione dell’art. 2, comma 32, l. n. 335/1995, nel prevedere che qualora gli iscritti alla gestione non raggiungano i requisiti per il diritto ad una pensione autonoma, ma conseguano la titolarità di un trattamento pensionistico a carico dell’assicurazione generale obbligatoria, hanno diritto alla liquidazione della pensione supplementare ai sensi dell’art. 5, l. n. 1338/1962, sempreché in possesso del requisito di età di cui all’art. 1, comma 20, l. n. 335/1995, contiene un rinvio al regime proprio della gestione in relazione alla quale viene richiesta la pensione supplementare, da aggiornarsi sulla base delle modifiche normative intervenute nel tempo. Ne deriva che il regime dell’età pensionabile dev’essere individuato con riferimento non alla data ìn cui si sono verificati i requisiti per l’accesso alla pensione principale, ma a quella in cui viene presentata la domanda amministrativa per la pensione supplementare, con conseguente inconfigurabilità di una cristallizzazione del relativo diritto in epoca precedente così ancora Cass. n. 9293 del 2016, cit. nello stesso senso, Cass. nn. 15393, 15500 e 25669 del 2017 . Contrari argomenti non possono trarsi, come invece ritenuto dalla Corte territoriale, dalla previsione dell’art. 1, comma 3, l. n. 243/2004, che come noto - ha previsto, per quanto qui rileva, che l’elevazione dell’età pensionabile per i trattamenti di anzianità e di vecchiaia non si applicasse ai lavoratori che avessero maturato entro il 31.12.2007 i requisiti di età e di anzianità contributiva previsti dalla normativa vigente prima della sua entrata in vigore come esattamente rilevato dall’INPS, codesta clausola di salvaguardia opera testualmente ai fini del diritto all’accesso al trattamento pensionistico di vecchiaia o di anzianità art. 1, comma 3, l. n. 243/2004 e, trattandosi di un’eccezione alla regola generale, non può estendersi oltre i casi da essa disciplinati art. 14 prel. c.c. . Segue da quanto sopra che erroneamente la Corte di merito ha ritenuto che gli odierni ricorrenti potessero invocare la clausola di salvaguardia di cui all’art. 1, comma 3, l. n. 243/2004, sia con riguardo alla determinazione dell’età anagrafica utile per il conseguimento della pensione supplementare che ai fini della sua decorrenza avendo essi presentato la domanda di pensione supplementare in data successiva all’entrata in vigore dell’art. 1, l. n. 247/2007, che ha ulteriormente modificato i requisiti per l’accesso alle prestazioni pensionistiche di anzianità e vecchiaia, è a tale ultima disciplina che occorreva far riferimento per stabilire se essi avessero maturato o meno i requisiti per la liquidazione della prestazione. Pertanto, in accoglimento del ricorso, la sentenza impugnata va cassata e la causa rinviata per nuovo esame alla Corte d’appello di Firenze, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di Firenze, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.