Niente indennità di mobilità se il disoccupato svolge un'attività autonoma

Lo svolgimento di un’attività autonoma, come quella di collaborazione coordinata e continuativa suscettibile di redditività, fa cessare lo stato di bisogno connesso alla disoccupazione involontaria e comporta il venir meno tanto del diritto all’indennità di disoccupazione, quanto di quello all’indennità di mobilità.

Così ha deciso la Corte di Cassazione con sentenza n. 2497/18, depositata l’1 febbraio. Disoccupato si dà al lavoro autonomo L’INPS negava la corresponsione dell’indennità di mobilità ad un disoccupato, ex lavoratore dipendente, che dopo aver perso il lavoro si era dedicato ad una attività di lavoro autonomo o, meglio, aveva iniziato a lavorare con contratto di collaborazione coordinata e continuativa, percependo la relativa retribuzione. I Giudici di merito riconoscevano al lavoratore il diritto all’indennità, sostenendo che la l. n. 223/1991 art. 9, comma 6 prevedeva la cancellazione dalle liste di mobilità solo a seguito di un’assunzione a tempo indeterminato, full-time, mentre lo svolgimento di un’attività lavorativa di tipo autonomo o parasubordinato non avrebbe comportato la cancellazione dalle liste, con conseguente sussistenza del diritto a percepire la relativa indennità. Secondo i Giudici di merito, inoltre, a nulla rilevava il reddito da lavoro autonomo percepito dall’ex disoccupato, poiché tale limite era previsto solo per l’erogazione dell’indennità di disoccupazione art. 4 d.lgs. 181/2000 e non anche per quella di mobilità stante la differente natura delle due forme assistenziali non era quindi possibile ragionare in via analogica. La funzione dell’indennità di mobilità. L’Istituto soccombente ricorreva, quindi, per la cassazione della sentenza d’Appello, facendo rilevare come la Corte territoriale si fosse ingiustificatamente discostata dall’orientamento della giurisprudenza di legittimità sulla funzione dell’indennità di mobilità. In primo luogo, già le Sezioni Unite Cass., SS.UU. 17389/2002 avevano delimitato il campo dell’analogia tra indennità di disoccupazione e indennità di mobilità il richiamo contenuto nella l. n. 223/1991 all’assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione non doveva intendersi come mero rinvio a tale disciplina, ma come un inserimento a tutti gli effetti della disciplina sull’indennità di disoccupazione in quella della mobilità, con la conseguenza che le norme sulla disoccupazione involontaria possono essere applicate solo se la fattispecie cui si riferiscono non è già regolata dalla l. n. 223/1991. Pertanto, nel caso di specie non avrebbe potuto trovare applicazione diretta la disciplina sull’assegno di disoccupazione, essendo precisamente regolato il sistema dell’indennità di mobilità per coloro che, a seguito della perdita del lavoro, si sono dedicati ad attività di tipo autonomo. La Corte di Cassazione inoltre aveva già interpretato la funzione dell’indennità di mobilità, precisando che la permanenza nelle liste di mobilità non dava automaticamente diritto a percepire l’indennità, infatti, il lavoratore in mobilità che intende dedicarsi al lavoro autonomo o associarsi in cooperativa può chiedere l’indennità di mobilità – in un’unica soluzione anticipata – detraendo il numero di mensilità godute. In questi casi l’indennità di mobilità non ha la funzione di sopperire allo stato di momentaneo bisogno del disoccupato come l’indennità di disoccupazione , ossia, non ha finalità di assistenza economico-finanziaria, ma diventa uno strumento per incentivare il disoccupato in mobilità verso attività autonome l’indennità di mobilità diventa quindi un contributo finanziario che può coprire anche solo parzialmente le spese iniziali di un’attività che il disoccupato svolgerà in proprio o associandosi in cooperativa. In tal senso, quindi, l’indennità di mobilità destinata ai disoccupati intraprendenti” riduce la pressione sul mercato del lavoro subordinato ed è stimolo per un nuovo inizio. Letta così, l’indennità di mobilità ha una funzione di slancio sociale, con la conseguenza che non vi può essere automatismo tra diritto all’indennità e svolgimento del lavoro autonomo. Il nuovo corso bloccato. La funzione dell’indennità di mobilità così come interpretata dalla Corte di Cassazione sembrerebbe, quindi, una misura avanguardistica – certamente costosa, ma liberista – che stimola una partecipazione attiva del disoccupato invece, letta alla luce dei principi generali di cui al r.d. n. 2270/1934 viene notevolmente ridimensionata. Si consideri, infatti, che il godimento dell’indennità di disoccupazione cessa nel caso in cui il disoccupato abbia trovato una nuova occupazione oppure viene sospesa in caso di svolgimento di lavoro precari entro una certa durata . In analogia, quindi, lo svolgimento di un’attività autonoma suscettibile di redditività fa cessare lo stato di bisogno connesso alla disoccupazione involontaria, facendo venire meno i presupposti per l’erogazione dell’assegno di disoccupazione e, per analogia, di quello di mobilità. Ciò considerato, la Corte di Cassazione con la sentenza in commento accoglie il ricorso dell’INPS, negando il diritto all’indennità di mobilità al lavoratore che, a seguito di disoccupazione, ha iniziato una collaborazione coordinata e continuativa con adeguato margine di redditività

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 2 novembre 2017 – 1 febbraio 2018, numero 2497 Presidente Mammone – Relatore Calafiore Fatti di causa Con sentenza numero 138/2012, la Corte d’appello di Torino ha respinto l’appello proposto dall’INPS contro la sentenza resa dal Tribunale di Alessandria avente ad oggetto l’accertamento del diritto di P.F. ad ottenere la corresponsione dell’indennità di mobilità, negato dall’INPS a causa dell’attività di lavoratore a progetto svolta dallo stesso P. che ne aveva ricavato un reddito superiore a quello minimo personale escluso da imposizione di cui all’articolo 4 del d.lgs. numero 181/2000. La Corte territoriale ha ritenuto che l’articolo 9 comma sesto lett. a della legge numero 223/1991 come interpretato da questa Corte prevedeva la cancellazione dalle liste solo in dipendenza di assunzione con contratto a tempo pieno ed indeterminato, mentre non vi era tale conseguenza per l’ipotesi in cui il lavoratore intraprendesse un’attività di lavoro autonomo ed anzi era prevista la corresponsione anticipata di siffatta indennità con successiva cancellazione dalle liste. Quanto al limite di reddito, poi, ritenuta la diversità di natura tra indennità di disoccupazione e mobilità, doveva escludersi il ricorso all’analogia suggerito dall’INPS. Contro la sentenza l’INPS propone ricorso per cassazione, sostenuto da un unico articolato motivo ed illustrato da memoria. P.F. resiste con contro ricorso. Ragioni della decisione 1. Con l’unico motivo di ricorso l’Inps denuncia la violazione e/o la falsa applicazione della L. 23 luglio 1991, numero 223, articolo 7 comma nove e dodici, 77 del r.d.l. numero 1827/1935, 52 e ss del r.d. numero 2270/1924 e 4 d.lgs. numero 181/2000, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 3. Lamenta che l’assunto da cui muove la Corte d’appello, secondo cui sussisterebbe una lacuna normativa nella disciplina speciale dell’indennità di mobilità, è infondato alla luce della decisione di questa Corte di cassazione, a Sezioni Unite, 6 dicembre 2002, numero 17389, secondo cui il richiamo contenuto nella cit. L. numero 223 del 1991, articolo 7, comma 12, alle disposizioni sull’assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione, deve intendersi non già come un mero rinvio a tale disciplina, in quanto applicabile, bensì come un inserimento a tutti gli effetti formali e sostanziali della stessa nella L. numero 223 del 1991, con la conseguenza che le norme in tema di disoccupazione involontaria possono intervenire solo se ed in quanto le fattispecie non siano già regolate dalla stessa Legge del 1991. 2. Inoltre, rileva il ricorrente che la giurisprudenza di questa Corte di legittimità Cass. numero 6463/2004 citata dalla sentenza impugnata ha espresso il principio derivante da tali attività, entro il limite della retribuzione spettante al momento della messa in mobilità articolo 9, comma 9 per quest’ultima ipotesi, v. Cass., 9 agosto 2005, numero 16762 emerge, dalle citate disposizioni, che la permanente iscrizione nelle liste non si lega, necessariamente, al diritto a percepire l’indennità di mobilità in tal senso, v. pure Cass., 1 aprile 2004, numero 6463 e che l’articolo 7, comma 5, il quale, nel prevedere la possibilità per il lavoratore che intenda intraprendere un’attività autonoma o associarsi in cooperativa, di richiedere la corresponsione anticipata dell’indennità di mobilità, nella misura di cui al primo e secondo comma della stessa disposizione, detraendone il numero di mensilità già godute, non riconosce implicitamente la compatibilità tra il diritto alla indennità e lo svolgimento di lavoro autonomo, giacché la diversa interpretazione, sostenuta anche nella sentenza impugnata, non tiene conto dell’effettiva ratio della disposizione di cui all’articolo 7, comma 5 L. cit. e trascura di considerare il richiamo contenuto nell’articolo 7, comma 12, L. cit., a norma del quale l’indennità di mobilità è regolata dalla normativa che disciplina l’assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione involontaria, in quanto applicabile, nonché dalle disposizioni di cui alla L. 9 marzo 1989, numero 88, articolo 37. 4. Questa Corte si è già espressa circa le finalità perseguite dall’articolo 7, comma 5, le quali devono ravvisarsi nello scopo di indirizzare ed incentivare il disoccupato in mobilità verso attività autonome, al fine di ridurre la pressione sul mercato del lavoro subordinato, risolvendosi in un contributo finanziario, destinato a sopperire alle spese iniziali di un’attività che il lavoratore in mobilità svolgerà in proprio cfr., ex plurimis, Cass., 18 settembre 2007, numero 19338 Cass., 21 luglio 2004, numero 13562 Cass., 28 gennaio 2004, numero 1587 Cass., 10 settembre 2003, numero 13272 Cass., 20 giugno 2002, numero 9007 e da ultimo, Cass., 25 maggio 2010, numero 12746 . 5. In sostanza, secondo la riferita, condivisibile giurisprudenza l’erogazione in un’unica soluzione ed in via anticipata dei vari ratei dell’indennità non è più funzionale al sostegno dello stato di bisogno che nasce dalla disoccupazione, cosicché l’indennità perde la connotazione tipica che le è propria di prestazione di sicurezza sociale, per assumere la natura di contributo finanziario, destinato a sopperire alle spese iniziali di un’attività che il lavoratore in mobilità svolgerà in proprio ovvero associandosi a una cooperativa nell’obiettivo perseguito dalla citata disposizione legislativa configurante un’ipotesi tipica di legislazione promozionale di creare i presupposti affinché nuovi soggetti assumano l’iniziativa di attività di natura imprenditoriale o professionale riducendo, in tal modo, l’eventualità di un intervento del sistema previdenziale in forma meramente assistenzialistica e, sotto altro profilo, sollecitando una partecipazione attiva da parte del lavoratore nella ricerca di una nuova occupazione cfr., ex plurimis, Cass., 20 giugno 2002, numero 9007 . 6. Dato il carattere di specialità della citata previsione non è consentito farne applicazione al di fuori dei casi in essa previsti non trattandosi di un principio generale, per cui va esclusa la compatibilità della percezione dell’indennità in esame con lo svolgimento di lavoro autonomo. 7. Inoltre, alla luce dell’articolo 7, comma 12, L. cit., deve rammentarsi che le Sezioni Unite di questa Corte, con la sentenza del 6 dicembre 2002, numero 17389 hanno chiarito che il richiamo al testo della normativa che disciplina l’assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione involontaria, dimostra che la medesima deve considerarsi inserita a tutti gli effetti formali e sostanziali nella nuova norma istitutiva dell’indennità di mobilità, con la conseguenza che, più che di rinvio da una norma ad un’altra, deve parlarsi di applicazione diretta di una norma nel suo effettivo contesto letterale e sostanziale, avente per contenuto tutta la disciplina idonea a regolare l’indennità di mobilità. Posto che l’indennità di disoccupazione e l’indennità di mobilità presentano, nella finalità e nella struttura, evidenti analogie, rientrando entrambe nel più ampio genus degli ammortizzatori sociali contro lo stato di bisogno dovuto alla disoccupazione v. Corte Cost. 9 giugno 2000, numero 184, Corte Cost., 19 luglio 2011, numero 234 . 8. Dunque, la disciplina della compatibilità e cumulabilità della indennità di mobilità con lo svolgimento di attività lavorativa subordinata od autonoma, al di fuori delle limitate, e speciali, ipotesi normative sopra evidenziate, deve essere ricercata giusta la chiara previsione dell’articolo 7, comma 12, secondo cui L’indennità prevista dal presente articolo è regolata dalla normativa che disciplina l’assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione involontaria, in quanto applicabile, nonché dalle disposizioni di cui alla L. 9 marzo 1989, numero 88, articolo 37 nei principi fissati in linea generale dal R.D.L. 4 ottobre 1935, numero 1827, articolo 77 sul controllo della disoccupazione e, in dettaglio, dal R.D. 7 dicembre 1924, numero 2270, articolo 52 e segg., i quali sanciscono la cessazione del godimento della indennità di disoccupazione nel caso in cui l’assicurato abbia trovato una nuova occupazione, o la sospensione della stessa in caso di svolgimento di lavori precari che non superino una determinata durata con la conseguenza, trattane dalla giurisprudenza di questa Corte vedi, in particolare, Cass., 14 agosto 2004, numero 15890, 1 settembre 2003, numero 12757 che anche lo svolgimento di un’attività lavorativa autonoma, suscettibile di redditività, fa cessare lo stato di bisogno connesso alla disoccupazione involontaria e comporta il venir meno tanto del diritto all’indennità di disoccupazione quanto del diritto all’indennità di mobilità. 9. L’attività autonoma di cui si discute nel caso controverso si colloca nella zona di confine tra lavoro subordinato e lavoro autonomo, trattandosi, pacificamente, di un’attività lavoratore a progetto ai sensi degli artt. 61-60 d.lgs. numero 276/2003 abrogati dal d.lgs. numero 81/2015 articolo 52 ma che continuano ad applicarsi esclusivamente per la regolazione dei contratti già in atto alla data di entrata in vigore dello stesso decreto remunerata con un reddito imponibile lordo di Euro 21.915,16 superiore al reddito minimo personale escluso da imposizione ai sensi dell’articolo 13 comma 5 T.u.i.r. d.p.r. numero 917/1986 , resa mediante una forma particolare di lavoro autonomo, caratterizzato da un rapporto di collaborazione coordinata e continuativa, prevalentemente personale, riconducibile ad uno o più progetti specifici, funzionalmente collegati al raggiungimento di un risultato finale determinati dal committente, ma gestiti dal collaboratore senza soggezione al potere direttivo altrui e quindi senza vincolo di subordinazione Cass. 25 giugno 2013 numero 15922 un’attività quindi specificamente tutelata dall’ordinamento con regole proprie e diverse da quelle dettate, in generale, per il lavoro autonomo dal codice civile articolo 2222 e segg. come dimostra anche la speciale tutela previdenziale apprestata per i titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa attraverso la previsione della loro obbligatoria iscrizione a un’apposita Gestione separata dell’INPS L. 8 agosto 1995, numero 335, articolo 2, comma. L’ordinamento previdenziale, peraltro, non consente vedi Cass. 18 gennaio 2012, numero 9205 di cumulare contribuzione effettiva nella specie connessa all’attività di lavoro a progetto svolta da P.F. e figurativa nella specie quella da accreditare, secondo la L. numero 223 del 1991, per i periodi di godimento dell’indennità di mobilità . 10. La norma contenuta nella L. numero 223 del 1991, articolo 7, comma 5, in conclusione, data la sua specialità non costituisce principio generale e persegue la finalità di indirizzare ed incentivare il disoccupato in mobilità verso attività autonome, al fine di ridurre la pressione sul mercato del lavoro subordinato e l’indennità di mobilità assume la funzione di un contributo finanziario destinato a sopperire alle spese iniziali di un’attività che il lavoratore in mobilità svolgerà in proprio, perdendo la sua connotazione di tipica prestazione di sicurezza sociale. Lo svolgimento di un’attività lavorativa autonoma, come, nella specie, quella di collaborazione coordinata e continuativa suscettibile di redditività, fa cessare lo stato di bisogno connesso alla disoccupazione involontaria e comporta il venir meno tanto del diritto all’indennità di disoccupazione quanto del diritto all’indennità di mobilità. 11. Alla luce di queste considerazioni, il ricorso deve essere accolto e, non essendo necessari ulteriori accertamenti, la causa va decisa nel merito con il rigetto della domanda proposta da P.F. . 12. Il consolidarsi dell’orientamento sopra richiamato in epoca successiva alla proposizione del ricorso, anche di primo grado, giustifica la compensazione delle spese dell’intero processo. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda proposta da P.F. dichiara compensate le spese dell’intero processo.