Cassa Forense e l’avvocato che prova a pagare meno contributi

Il professionista si oppone alla cartella esattoriale per l’omesso versamento di contributi a Cassa Forense. Per i Giudici è chiaro il tentativo di occultare l’effettivo ammontare dei redditi per versare dei contributi minori di quelli dovuti. Inutile il tentativo dell’avvocato di invocare la prescrizione del debito.

Sul tema la Corte di Cassazione Sezione Lavoro con sentenza n. 335/18, depositata il 10 gennaio. Il caso. La Corte di Appello confermava la sentenza di primo grado rigettando l’opposizione avverso la cartella esattoriale per l’omesso versamento di contributi alla Cassa Forense Avvocati da parte dell’appellante. I Giudici di merito rilevavano che l’opponente aveva cercato di occultare l’effettivo ammontare dei redditi percepiti ed a versare una contribuzione minore di quella dovuta. Inoltre i Giudici ritenevano intervenuti validi atti interruttivi del decorso del termine prescrizionale decorrente dalla conoscenza da parte di Cassa Forense dell’ammontare dei redditi effettivamente conseguiti dal professionista , quali la lettera di raccomandata come prova certa della spedizione dalla quale conseguiva la presunzione di arrivo al destinatario. Avverso tale decisione ricorre per cassazione il professionista. L’occultamento doloso del professionista. Il Suprema Collegio evidenzia che la Corte di merito ha ravvisato la volontà di occultamento dell’effettivo reddito costituita dalla condotta del ricorrente consistente nella comunicazione di dati reddituali non veri a Cassa Forense. Ciò posto, secondo la Cassazione, il carattere doloso della condotta, valutato dalla Corte di merito in relazione al tentativo di evadere il corrispondente obbligo contributivo, non è oggetto di specifiche censure per vizio di motivazione e di conseguenza il punto non può essere rimesso alla discussione della Corte di legittimità. Atti interruttivi della prescrizione. Infine la S.C. osserva che i Giudici di merito, quanto alla validità degli atti interruttivi della prescrizione, si sono uniformati ai principi consolidati della giurisprudenza di legittimità secondo i quali la lettera raccomandata - anche in mancanza dell’avviso di ricevimento - costituisce prova certa della spedizione attestata dall’ufficio postale attraverso la ricevuta, da cui consegue la presunzione, fondata sulle univoche e concludenti circostanze della spedizione e dell’ordinaria regolarità del servizio postale, di arrivo dell’atto al destinatario e di conoscenza ex art. 1335 c.c. dello stesso, per cui spetta al destinatario l’onere di dimostrare di essersi trovato senza sua colpa nell’impossibilità di acquisire la conoscenza dell’atto . Per questi motivi la Corte confermando quanto deciso dai Giudici di merito ha dichiarato inammissibile il ricorso e condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, ordinanza 20 settembre 2017 – 10 gennaio 2018, numero 335 Presidente D’Antonio – Relatore Mancino Rilevato 1. che, con sentenza in data 15 dicembre 2011, la Corte di Appello di Salerno ha confermato la sentenza di primo grado, che aveva rigettato l’opposizione, svolta da P.D. , avverso la cartella esattoriale per il pagamento della somma di Euro 18.830,36 per omesso versamento di contributi, negli anni 1992,1993,1994 alla Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza Forense, oltre somme aggiuntive 2. che, per la Corte di merito, la comunicazione alla Cassa di dati reddituali non corrispondenti a vero e di non modesta entità, rispetto a quelli comunicati all’amministrazione finanziaria, costituivano volontà di occultare l’effettivo ammontare dei redditi percepiti e versare una contribuzione inferiore a quella dovuta, con la conseguenza che, trattandosi di omissione contributiva, la prescrizione decorreva dal momento in cui la Cassa era venuta a conoscenza, a seguito di comunicazione dei dati da parte dell’amministrazione finanziaria in data 24 luglio 2001 , dell’ammontare dei redditi effettivamente conseguiti dal professionista 3. che, nella specie, riteneva la Corte intervenuti validi atti interruttivi del decorso del termine prescrizionale, costituendo la lettera raccomandata in data 15 dicembre 2002, anche in mancanza dell’avviso di ricevimento, prova certa della spedizione dalla quale conseguiva la presunzione di arrivo al destinatario, in difetto di prova di non averne avuto conoscenza senza colpa 4. che, avverso tale sentenza, P.D. ha proposto ricorso, affidato a tre motivi, al quale ha opposto difese la Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza Forense, con controricorso Equitalia Sud s.p.a. è rimasta intimata 5. che il P.G. ha richiesto l’accoglimento del primo motivo, assorbiti gli altri 6. che il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 2941, numero 8 cod.civ. e 17 L. 20 settembre 1980, numero 576, omessa e contraddittoria motivazione, per avere la Corte di merito rimarcato, agli effetti del decorso della prescrizione, l’elemento soggettivo e psicologico della condotta del debitore, e assume che la sospensione del decorso della prescrizione non è determinata dalla qualificazione soggettiva della condotta e che la prescrizione inizia a decorrere dal momento di spedizione del modello 5, contenente i dati reddituali, il 30 settembre dell’anno successivo a quello al quale la dichiarazione è riferita, e che da tale momento la Cassa avrebbe potuto esercitare l’attività di controllo mediante gli strumenti approntati dall’articolo 17, penultimo comma, l. numero 576/1980, strumenti il cui utilizzo non era stato impedito dal debitore primo motivo violazione degli artt. 1335, 2729 cod. civ. e vizio di motivazione, per la ritenuta validità dell’interruzione del nuovo termine prescrizionale con raccomandata della quale non era agli atti alcun avviso di ricevimento secondo motivo omessa pronunzia su un punto decisivo della controversia e violazione dell’articolo 112 cod. proc. civ., per non avere la Corte di merito ignorato l’eccezione di tardività dell’iscrizione a ruolo che avrebbe comportato la decadenza dalla riscossione esattoriale 7. che ritiene il Collegio si debba dichiarare inammissibile il ricorso 8. che la Corte di merito, muovendo dalla reiterazione della condotta concretatasi nella comunicazione di dati reddituali non corrispondenti a vero a fronte dei redditi comunicati alla Cassa, pari ad Euro 10.696,34 per l’anno 1992, Euro 18.105,98 per l’anno 1993, Euro 18.019,18 per l’anno 1995, risultavano comunicati all’amministrazione finanziaria Euro 20.658,28 per il 1992, Euro 18.105,95 per il 1993 ed Euro 128.712,94 per il 1995 e dall’entità, non modesta o irrisoria, delle divergenze riscontrate tra comunicazioni alla Cassa e dati denunziati all’amministrazione finanziaria, ha ravvisato nella condotta dell’attuale ricorrente la chiara volontà di occultare l’effettivo ammontare dei redditi percepiti e di versare, conseguentemente, una contribuzione inferiore a quella dovuta e, in definitiva, dichiarazioni deliberatamente orientate alla omissione contributiva in tali termini la motivazione della sentenza impugnata 9. che lo specifico apprezzamento della Corte di merito, ai fini dell’applicazione dell’articolo 2941, numero 8, cod.civ., del carattere doloso della reiterata condotta, dell’attuale ricorrente, nel falsare reiteratamente le dichiarazioni rimesse alla Cassa forense al fine di occultare parte, non modesta o irrisoria, del volume di affari e di evadere il corrispondente obbligo contributivo, non è stato oggetto di specifiche censure per vizio di motivazione, con la conseguenza che la decisività della condotta dolosa non può essere rimessa in discussione in questa sede di legittimità 10. che la Corte di merito, quanto alla validità degli atti interruttivi della prescrizione, si è, inoltre, conformata ai principi interpretativi consolidati della giurisprudenza di legittimità che ha, in più occasioni, ribadito che la lettera raccomandata - anche in mancanza dell’avviso di ricevimento - costituisce prova certa della spedizione attestata dall’ufficio postale attraverso la ricevuta, da cui consegue la presunzione, fondata sulle univoche e concludenti circostanze della spedizione e dell’ordinaria regolarità del servizio postale, di arrivo dell’atto al destinatario e di conoscenza ex articolo 1335 c.c. dello stesso, per cui spetta al destinatario l’onere di dimostrare di essersi trovato senza sua colpa nell’impossibilità di acquisire la conoscenza dell’atto v., fra le tante, Cass. 19 agosto 2016, numero 17204 e Cass. 22 ottobre 2013, numero 23920 11. che il secondo motivo va, pertanto, dichiarato inammissibile cfr. Cass. Sez. U, 21 marzo 2017, numero 71559 12. che anche il terzo motivo non si sottrae alla delibazione di inammissibilità 13. che l’omessa pronuncia su domanda, eccezione o istanza ritualmente introdotta in giudizio, si risolve nella violazione della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, integra un difetto di attività del giudice di secondo grado che deve essere fatto valere non con la denuncia della violazione di una norma di diritto sostanziale, ex articolo 360 numero 3 cod.proc.civ., o del vizio di motivazione, ex articolo 360 numero 5. cod.proc.civ., censure che presuppongono che il giudice del merito abbia preso in esame la questione oggetto di doglianza e l’abbia risolta in modo giuridicamente non corretto ovvero senza giustificare o non giustificando adeguatamente la decisione al riguardo resa, ma attraverso la specifica deduzione del relativo error in procedendo, ovverosia della violazione dell’articolo 112 cod.proc.civ., in relazione all’articolo 360 numero 4 cod.proc.civ., la quale soltanto consente alla parte di chiedere e al giudice di legittimità, in tal caso giudice anche del fatto processuale, di effettuare l’esame, altrimenti precluso, degli atti del giudizio di merito e, così, anche dell’atto di appello 14. che, in definitiva, il ricorso va dichiarato inammissibile 15. che le spese di lite, liquidate come in dispositivo, in favore della Cassa intimata, seguono la soccombenza e non si provvede alla regolazione delle spese per la parte che non ha svolto attività difensiva. P.Q.M. La Corte dichiara inammissibile il ricorso condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese processuali, liquidate in Euro 200,00 per esborsi, Euro 2.500,00 per compensi professionali, oltre quindici per cento spese generali e altri accessori di legge.