Rendita vitalizia ed equo indennizzo cumulabili per invalidità permanente

Qualora un lavoratore contragga una infermità permanente totale o parziale, in assenza di copertura INAIL, la corresponsione dell’equo indennizzo non osta, come consentito dall’art. 11 del d.P.R. n. 191/1979, alla contestuale attribuzione di una rendita vitalizia.

Così la Corte di Cassazione con sentenza n. 38/18, depositata il 3 gennaio. Il caso. La Corte d’Appello di Perugia, in riforma della sentenza emessa dal Tribunale di Terni, respingeva la domanda proposta da una dipendente della Provincia della medesima città volta ad ottenere il ripristino dell’erogazione della rendita vitalizia di cui era titolare, rendita revocata con determinazione dirigenziale e che sarebbe spettata alla dipendente per aver contratto una invalidità permanente ex art. 11, comma 1, Lesioni ed infermità dipendenti da causa di servizio non tutelate da copertura INAIL d.P.R. n. 191/1979. La Corte distrettuale rilevava che, ai sensi della disciplina sopra citata, la dipendente non avesse diritto all’erogazione della rendita vitalizia in quanto avrebbe dovuto dimostrare che l’invalidità permanete fosse derivata dallo svolgimento di mansioni pericolose, diversamente avrebbe avuto diritto al cumulo di prestazioni, ossia alla rendita vitalizia e all’equo indennizzo. Avverso la sentenza della Corte d’Appello la dipendente provinciale propone ricorso per cassazione denunciando l’errata interpretazione dell’art. 11 d.P.R. n. 191/1979, nonché il mancato esame del regolamento del personale provinciale. Il principio sulla cumulabilità di rendita vitalizia ed equo indennizzo. Il Supremo Collegio, analizzando l’interpretazione della disciplina posta alla base della decisione della Corte d’Appello, accoglie il ricorso della dipendente, fissando il seguente principio di diritto. Il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio di una infermità o di una lesione, con attribuzione del relativo equo indennizzo, non è ostativo, come consentito dall’art. 11 del d.P.R. n. 191/1979 alla contestuale attribuzione di una rendita vitalizia, ove residui una invalidità permanente, totale o parziale, differenziandosi i due istituti per l’ambito e l’intensità del rapporto causale tra l’attività lavorativa e l’evento protetto, nonché per il fatto che il riconoscimento della causa di servizio non consente di per sé alcun apprezzamento in ordine all’eventuale incidenza, sull’attitudine lavorativa dell’assicurato, di altri fattori di natura extraprofessionale, fermo restando, in ogni caso, l’operatività delle disposizioni dirette ad evitare la duplicazione delle prestazioni . La Corte dunque cassa la sentenza impugnata con rinvio.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 10 ottobre 2017 – 3 gennaio 2018, numero 38 Presidente Napoletano – Relatore Torrice Fatto e motivi 1. Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte d’appello di Perugia, in riforma della sentenza del Tribunale di Terni, ha respinto la domanda proposta da R.V. , dipendente della Provincia di Terni, la quale aveva lamentato l’illegittimità della determinazione dirigenziale numero omissis , che aveva revocato la rendita vitalizia della quale era titolare, per avere contratto invalidità permanente a causa di servizio, e aveva chiesto la condanna dell’Amministrazione provinciale a ripristinarne l’erogazione e a corrispondere gli arretrati, con interessi e rivalutazione. 2. La Corte d’appello, dopo avere evidenziato che l’articolo 11 del D.P.R. 1 giugno 1979, numero 191 regola situazioni non tutelate dalla copertura INAIL, ha ritenuto di non poter attribuire alla disposizione un’interpretazione basata sul solo dato letterale pena il conseguimento da parte dei lavoratori sia della rendita vitalizia che dell’equo indennizzo. 3. Secondo la Corte, l’elemento di differenziazione tra l’articolo 11, comma 1, che riconosce al dipendente la rendita vitalizia nel caso di infortunio o malattia contratta per causa di servizio, e il successivo comma 3 del citato articolo 11, che rende applicabile ai lavoratori interessati la disciplina dell’equo indennizzo di cui all’articolo 68 del D.P.R. 10 gennaio 1957 numero 3 e al relativo D.P.R. 3 maggio 1957, numero 686, deve essere ricercato nei fatto che solo il comma 1 è rivolto al personale che, pur non iscritto all’INAIL, per qualsivoglia ragione, sia addetto a mansioni valutate come pericolose all’esito dell’istruttoria necessaria per il riconoscimento dell’indennizzo. La Corte ha tratto conferma della bontà dell’interpretazione accolta dal tenore dell’articolo 66 del D.P.R. 13 maggio 1987, numero 268, che ha abrogato le norme sulla rendita vitalizia per gli operai non iscritti obbligatoriamente all’INAIL, ossia per i lavoratori cui sono demandate le attività lato sensu pericolose . 4. Da tali premesse ermeneutiche la Corte d’appello ha tratto la conseguenza che la ricorrente non avesse diritto alla rendita vitalizia perché non aveva allegato e provato di essere stata addetta a mansioni pericolose. 5. Ha reputato irrilevante, ai fini dell’accoglimento della domanda, l’articolo 54 del Regolamento per il personale dipendente della Provincia sul rilievo che esso riproduceva alla lettera il citato articolo 11 del D.P.R. numero 191 del 1979. 6. La Corte territoriale ha escluso che il diritto alla rendita vitalizia trovasse fondamento nella sentenza del TAR dell’Umbria numero 72 del 10.5.1989 passata in giudicato sul rilievo che tale sentenza si era limitata ad annullare il provvedimento del CO.RE.CO del 27.11.1986 di annullamento delle delibere della Giunta Provinciale di Terni numero 130 del 13.2.1986 e numero 115 del 16.10.1986, le quali avevano riconosciuto la dipendenza della causa di servizio delle infermità contratte dalla ricorrente con decorrenza dal 13.11.1986. 7. Avverso tale sentenza R.V. ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi La Provincia di Terni è rimasta intimata. Esame dei motivi. 8. Con il primo motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione dell’articolo 11 del D.P.R. numero 191 del 1979, in relazione all’articolo 12 disposizioni sulla legge in generale e agli artt. 1, 3, 4, 9, 67 del D.P.R. numero 1124 del 1965, dei principi in materia di provvidenze a favore dei dipendenti colpiti da malattie ed infortuni per cause di servizio e/o rese invalidi dalle stesse e dell’articolo 50 del D.P.R. numero 686 del 1957. Si duole del fatto che la Corte territoriale abbia disatteso il dato letterale contenuto nell’articolo 11. del D.P.R. numero 191 del 1979 e abbia omesso di considerare che i presupposti della rendita vitalizia e dell’equo indennizzo sono differenti. Assume che l’articolo 50 del D.P.R. numero 686 del 1957 garantisce che non possa realizzarsi alcuna duplicazione delle prestazioni. 9. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1 numero 3 e numero 5 violazione e falsa applicazione dell’articolo 54 del Regolamento organico del personale della Provincia di Terni e omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia. Assume che la Corte territoriale avrebbe trascurato di considerare che la disciplina dettata dal Regolamento del Personale era diversa da quella dell’articolo 11 sopra citato in quanto prevede l’attribuzione dell’equo indennizzo solo ove più favorevole, così escludendo in radice il rischio di cumulo dei due trattamenti. 10. Con il terzo motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell’articolo 360 comma 1 numero 3 c.p.c., error in procedendo ed in iudicando per falsa applicazione dell’articolo 2909 c.comma e dell’articolo articolo 324 c.p.c., in relazione alla sentenza del Tar dell’Umbria numero 752 del 1989, passata in giudicato. Assume che detta sentenza aveva esaminato nel merito le questioni relative alle norme interne emanate dalla Provincia regolanti i rapporti di lavoro dei suoi dipendenti e alla specifica posizione di essa ricorrente. Esame dei motivi. 11. Il primo ed il secondo motivo, da trattarsi congiuntamente, sono fondati. 12. L’articolo 11 del D.P.R. 1 giugno 1979, numero 191 Lesioni ed infermità dipendenti da causa di servizio non tutelate da copertura INAIL , dispone che Nel caso che all’infortunio od alla malattia contratta per causa di servizio residui una invalidità permanente parziale o totale, l’ente liquiderà al dipendente una rendita vitalizia nella misura e con le modalità stabilite dalla legislazione relativa all’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni e le malattie professionali. Le stesse disposizioni saranno applicate in caso di morte del dipendente nei confronti dei superstiti aventi diritto. Ai lavoratori interessati si applica la disciplina dell’equo indennizzo di cui all’articolo 68 del testo unico 10 gennaio 1957, numero 3, e del relativo regolamento approvato con decreto del Presidente della Repubblica 3 maggio 1957, numero 686, e successive modificazioni ed integrazioni . 13. Questa Corte ha già avuto modo di chiarire, in linea con la portata letterale della previsione che, a norma dell’ articolo 11 del D.P.R. 1 giugno 1979, numero 191, come si desume inequivocabilmente dalla rubrica, la tutela antinfortunistica, in caso di infortunio o malattia contratta per causa di servizio e con postumi invalidanti di natura permanente, parziali o totali, è posta a carico dell’ente locale Comune o Provincia in favore del proprio dipendente nella sola ipotesi in cui gli stessi non risultino già tutelati da copertura assicurativa dell’Inail Cass. 10340/2012 . 14. Nella richiamata pronuncia è stato, altresì, precisato che diversa è, invece la ipotesi dell’equo indennizzo esulante dal caso di specie nella quale viene in discussione il diritto della ricorrente alla rendita , il quale, a norma dell’articolo 50 del D.P.R. numero 686 del 1957 ove accordato, porrebbe problemi di detrazione da quanto percepito dal dipendente in virtù della rendita corrisposta dall’INAIL o da qualsiasi altra pubblica amministrazione. 15. L’inconveniente addotto dalla Corte d’appello di Perugia per disattendere l’esegesi letterale dell’articolo 11 non sussiste in quanto, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio di una infermità o di una lesione non coincide con il presupposto richiesto per l’attribuzione della rendita per malattia professionale, differenziandosi i due istituti per l’ambito e l’intensità del rapporto causale tra attività lavorativa ed evento protetto, nonché per il fatto che il riconoscimento in oggetto non consente di per sé alcun apprezzamento in ordine all’eventuale incidenza, sull’attitudine al lavoro dell’assicurato, di altri fattori di natura extraprofessionale. Ai fini del riconoscimento della causa di servizio occorre che l’attività lavorativa possa con certezza ritenersi concausa efficiente e determinante della patologia lamentata, non potendo farsi ricorso a presunzioni di sorta e non trovando applicazione, diversamente dalla materia degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali, la regola contenuta nell’articolo 41 c.p., per cui il rapporto causale tra evento e danno è governato dal principio dell’equivalenza delle condizioni Cass. 10349/2012, Cass.15074/2009 . 16. Va, inoltre, osservato che l’evenienza del possibile ricorrere dei presupposti dei due trattamenti è espressamente prevista dall’articolo 50 del menzionato D.P.R. numero 686 dei 1957, al quale, rinvia l’articolo 11 comma 3 del D.P.R. numero 191 del 1979, articolo 11, comma 3 puntualmente valorizzato dalle sentenze numero 10340/2012 e numero 6060 de 1999 , il quale, al comma 2, prevede che va dedotto dall’equo indennizzo quanto eventualmente percepito dall’impiegato in virtù di assicurazione a carico dello Stato o di altra pubblica Amministrazione. 17. In conclusione deve escludersi che l’interpretazione qui accolta generi gli inconvenienti, valorizzati dalla sentenza impugnata sul piano sistematico, al fine di discostarsi dalla lettera della norma, chiara ed inquivoca, per individuare un requisito non espressamente previsto la pericolosità dell’attività del lavoratore e certo non desumibile dal D.P.R. 13 maggio 1987, numero 266, articolo 66, che si è limitato ad abrogare le norme in materia di rendite vitalizie nei confronti del personale operaio. 18. Va anche rilevato che il rischio della possibile duplicazione di prestazioni correlate alla infermità dipendente da causa di servizio è escluso anche dalla disciplina contenuta nel Regolamento Organico del Personale della Provincia di Terni. Il Regolamento all’articolo 54, il cui testo è riprodotto nella pagina 4 ricorso, nel recepire il contenuto del richiamato articolo 11 del D.P.R. numero 191 del 1979 ha previsto al terzo comma che Ai lavoratori interessati si applica, ove più favorevole, la disciplina dell’equo indennizzo di cui all’articolo 68 del T.U. del 10 gennaio 1957 numero 3 e del relativo Regolamento, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 3 maggio 1957 numero 686 . 19. Il terzo motivo è inammissibile perché la ricorrente non ha riprodotto nel ricorso la sentenza del TAR dell’Umbria numero 752 del 1989, sentenza che non risulta allegata al ricorso e nemmeno ne è indicata la specifica sede di produzione processuale. 20. Tali omissioni si pongono in contrasto con i principi sanciti dall’articolo 366 c.p.c., comma 2, numero 6, e articolo 369 c.p.c., comma 1, numero 4., le quali onerano il ricorrente, quando siano in gioco atti processuali ovvero documenti o prove orali la cui valutazione debba essere fatta ai fini dello scrutinio di un vizio di violazione di legge, ex articolo 360 c.p.c., numero 3, di carenze motivazionali, ex articolo 360 c.p.c., numero 5, o di un error in procedendo , ai sensi dei nnumero 1, 2 e 4 della medesima norma, è necessario non solo che il contenuto dell’atto o della prova orale o documentale sia riprodotto in ricorso, ma anche che ne venga indicata l’esatta allocazione nel fascicolo d’ufficio o in quello di parte, rispettivamente acquisito o prodotto in sede di giudizio di legittimità Cass. SSUU 8077/2012 e 22726/2011 Cass. 13713/2015, 19157/2012, 6937/2010 . 21. Sulla scorta delle considerazioni svolte, il primo ed il secondo motivo di ricorso vanno accolti mentre il terzo motivo va dichiarato inammissibile. 22. La sentenza impugnata pertanto va cassata. 23. La causa va rinviata alla Corte di Appello di Perugia che farà applicazione del seguente principio di diritto Il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio di una infermità o di una lesione, con attribuzione del relativo equo indennizzo, non è ostativo, come consentito dall’articolo 11 del D.P.R. 1 giugno 1979, numero 191 alla contestuale attribuzione di una rendita vitalizia, ove residui una invalidità permanente, totale o parziale, differenziandosi i due istituti per l’ambito e l’intensità del rapporto causale tra l’attività lavorativa e l’evento protetto, nonché per il fatto che il riconoscimento della causa di servizio non consente di per sé alcun apprezzamento in ordine all’eventuale incidenza, sull’attitudine lavorativa dell’assicurato, di altri fattori di natura extraprofessionale, ferma restando, in ogni caso, l’operatività delle disposizioni dirette ad evitare la duplicazione delle prestazioni . 24. Il giudice del rinvio dovrà anche provvedere in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte, Accoglie il primo ed il secondo motivo di ricorso. Dichiara inammissibile il terzo motivo di ricorso. Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte di Appello di Perugia, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.