Selezione per capo treno: illegittima l’esclusione della candidata bassa

Affrontati due casi simili, rispettivamente nel 2007 e nel 2013. Anche questa volta viene ritenuta fondata l’obiezione mossa da una donna, ritenuta non idonea a causa della scarsa altezza. Decisivo anche il riferimento a una decisione della Consulta del 1993.

Carriera bruciata sul nascere dalla – scarsa – altezza. Ora però la protagonista della vicenda, desiderosa di diventare ‘capo treno’, si prende una grossa rivincita. Per i giudici è illegittimo il riferimento alla statura per sancire la non idoneità per un lavoro Cassazione, sentenza n. 30083, sez. Lavoro, depositata oggi . Deficit. Contesto della vicenda è la procedura selettiva indetta da Trenitalia per la figura di capo treno. Numerosi i candidati, ma a sorpresa una donna viene ritenuta priva della idoneità fisica a casa del suo deficit staturale . Detto in parole povere, la aspirante capo treno viene ritenuta troppo bassa, e per questo depennata dalla lista dei potenziali assunti. Pronta la reazione della donna, che punta ad una rivalutazione dell’idoneità fisica . Per i giudici, però, prima in Tribunale e poi in Appello, la richiesta va respinta, poiché non è imputabile alla società alcun comportamento discriminatorio . Requisito. Di parere opposto è invece la Cassazione, che, anche alla luce di casi analoghi affrontati nel 2007 e nel 2013, ritiene evidente l’abuso compiuto con l’indicazione del requisito relativo all’altezza minima per essere ritenuti idonei fisicamente per il lavoro. A questo proposito, viene anche richiamata la decisione – numero 163 del 1993 – con cui la Corte Costituzionale, analizzando i requisiti per l’accesso alle carriere direttiva e di concetto del ruolo tecnico del servizio antincendi della Provincia autonoma di Trento , ha censurato l’indicazione, come criterio di selezione, del possesso da parte dei candidati – tanto di sesso maschile, quanto di sesso femminile –, di una determinata statura minima , evidenziando che la previsione di una statura minima identica per gli uomini e per le donne costituirebbe un’irragionevole sottoposizione a un trattamento giuridico uniforme di categorie di persone caratterizzate, in base ai dati desumibili da una media statistica, da stature differenti . In sostanza, secondo i Giudici della Consulta – e secondo quelli della Cassazione –, ci si trova a una evidente discriminazione ai danni delle donne. E questa considerazione rende legittime le contestazioni mosse in questa vicenda dalla aspirante ‘capo treno’.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 20 settembre – 14 dicembre 2017, n. 30083 Presidente Amoroso – Relatore De Marinis Fatti di causa Con sentenza del 14 aprile 2011, la Corte d'Appello di Roma, confermava la decisione resa dal Tribunale di Roma in sede di opposizione al decreto emesso dallo stesso Tribunale ex art. 38 D.Lgs. n. 198/2006 e rigettava la domanda proposta da La. Pi. nei confronti di Trenitalia S.p.A., avente ad oggetto la rivalutazione dell'idoneità fisica all'assunzione nella posizione di Capo servizio treno, per la quale la Società aveva indetto apposita procedura selettiva, senza tener conto del deficit staturale che, posto a fondamento della certificazione di inidoneità resa nel corso di quella selezione, ne aveva determinato l'esclusione. La decisione della Corte territoriale discende dall'aver questa ritenuto non imputabile alla Società alcun comportamento discriminatorio, anche in considerazione della circostanza per cui la censura in tal senso mossa dalla Pi. non afferiva alla ragionevolezza del requisito di altezza, del resto posto a presidio di esigenze di sicurezza, bensì alla mancata differenziazione del limite tra uomini e donne, la cui valenza discriminatoria, a fronte della quale il rimedio sarebbe da individuarsi nell'elevazione del requisito per gli uomini, mai sarebbe valso a fondare il diritto soggettivo della ricorrente ad essere ritenuta idonea all'espletamento del servizio. Per la cassazione di tale decisione ricorre la Pi., affidando l'impugnazione a quattro motivi, cui resiste, con controricorso, la Società, che ha poi presentato memoria. Ragioni della decisione Con il primo motivo, la ricorrente nel denunciare la violazione e falsa applicazione degli artt. 3, 4 e 37 Cost. nonché della disciplina antidiscriminatoria di cui al D.Lgs. n. 198/2006 Codice delle pari opportunità , imputa alla Corte territoriale di aver disatteso la qualificazione in termini di discriminazione vietata della previsione di un limite staturale indifferenziato tra uomini e donne espressamente sancita dalla Corte costituzionale. Con il secondo motivo, denunciando la violazione e falsa applicazione dell'art. 5 della legge sull'abolizione del contenzioso amministrativo del 1865, la ricorrente lamenta a carco della Corte territoriale la mancata disapplicazione dell'atto amministrativo fonte dell'illegittima discriminazione. Nel terzo motivo si deduce il vizio di motivazione con riguardo al convincimento espresso dalla Corte territoriale circa la mancata impugnazione della certificazione di inidoneità sotto il profilo della non ragionevolezza del previsto requisito di altezza. La violazione e falsa applicazione dell'art. 40 D.Lgs. n. 198/2006 è prospettata nel quarto motivo a fronte di una lettura dell'impugnata sentenza intesa a disconoscere l'assolvimento da parte della ricorrente dell'onere della prova della discriminazione. I quattro motivi, che, in quanto strettamente connessi, possono essere qui trattati congiuntamente, devono dirsi fondati, atteso che la dedotta discriminazione, denunciata, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte territoriale, sin dal ricorso introduttivo, anche sotto il profilo della ragionevolezza del previsto limite staturale quale requisito di idoneità all'esercizio delle mansioni di Capo servizio treno - ciò implicando, ai sensi dell'art. 40 D.Lgs. n. 198/2006, l'inversione dell'onere della prova sul punto, erroneamente ritenuto assolto per difetto di contestazione da parte dell'odierna ricorrente dalla Società, che, viceversa, nulla ha opposto ai rilievi della stessa ricorrente, incentrati, in particolare, sul più ridotto requisito di altezza dei macchinisti, in relazione alle cui funzioni, che il capo servizio treno è tra l'altro chiamato a supportare, è sostenuta la necessità del possesso da parte di quest'ultima figura professionale del previsto requisito staturale - non trova limiti quanto al sindacato giudiziale negli atti amministrativi che quel requisito prevedono, essendo gli stessi suscettibili di disapplicazione cfr. Cass. sez. lav., n. 23562/2007 e n. 25734/2013 , a fronte dell'illegittimità, desumibile dalla richiamata pronunzia della Corte costituzionale n. 163/1993, di disposizioni che ingiustificatamente non tengano conto della identità o diversità delle situazioni soggettive implicate dalla regolamentazione dettata. Il ricorso va, dunque, accolto e la sentenza impugnata cassata con rinvio alla Corte d'Appello di Roma, in diversa composizione, che provvedere in conformità, disponendo, altresì, per l'attribuzione delle spese del presente giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte d'Appello di Roma, in diversa composizione.