L’Agenzia Giornalistica Italiana condannata per l’ingiusto licenziamento di un dipendente

La Cassazione è chiamata ad esprimersi in tema di licenziamento per giustificato motivo. In particolare la datrice di lavoro contesta un’invasione nelle scelte imprenditoriali aziendali da parte dei Giudici di merito.

Sul punto la Suprema Corte con ordinanza n. 27792/17, depositata il 22 novembre. Il fatto. L’AGI Agenzia Giornalistica Italiana aveva licenziato un giornalista a causa della soppressione dell’ufficio corrispondenza di Mosca, nel quale lavorava come dipendente il giornalista stesso. Il Tribunale di Roma con ordinanza accoglieva la domanda contro il licenziamento dichiarandolo illegittimo e condannava l’AGI al risarcimento danno nei confronti del giornalista. La Corte d’Appello, adita in riforma della sentenza di primo grado, accoglieva parzialmente il gravame, ridimensionando il risarcimento dovuto dall’appellante, confermava, invece, nel merito la decisione del Tribunale ritenendo che, in realtà, l’ufficio di corrispondenza di Mosca non fosse stato soppresso. Avverso la decisione della Corte territoriale ricorre per cassazione la datrice di lavoro. Scelte imprenditoriali insindacabili. L’AGI lamenta in Cassazione che la sentenza impugnata abbia censurato delle scelte imprenditoriali insindacabili ritenendo ingiustificato il motivo di licenziamento per la persistenza dell’ufficio di corrispondenza più volte citato. La Corte ha ritenuto infondato il motivo di ricorso, in quanto la sentenza impugnata non ha sindacato scelte organizzative imprenditoriali, limitandosi, al contrario, ad accertare la sussistenza del giustificato motivo per il licenziamento. Infatti, non vi è ingerenza sul merito delle scelte imprenditoriali nella valutazione compiuta dai Giudici che si siano limitati a verificare che l’ufficio di corrispondenza continuava ad operare attraverso un altro giornalista legato all’AGI con un rapporto di lavoro autonomo. Impossibilità di repechage” del dipendente licenziato. In un'altra censura l’AGI deduce violazione di legge per aver il Giudice di merito posto a carico del datore di lavoro l’onere di provare una diversa collocazione del lavoratore presso l’agenzia, sostenendo che detto onere resterebbe in capo al lavoratore medesimo. La Suprema Corte ha osservato che in materia di licenziamento per giustificato motivo oggettivo è principio consolidato che spetti al datore di lavoro allegare e provare l’impossibilità di repechage” del dipendente licenziato, in quanto requisito della legittimità del recesso datoriale, senza che sul lavoratore incomba un onere di allegazione dei posti assegnabili . In ragione di ciò la Cassazione ha rigettato il ricorso e condannato l’AGI al pagamento delle spese per il giudizio di legittimità.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, ordinanza 21 marzo – 22 novembre 2017, numero 27792 Presidente Di Cerbo – Relatore Balestrieri Rilevato in fatto Che il Tribunale di Roma, con sentenza 27.9.13, dichiarava illegittimo il contratto a termine stipulato dal C. con l’Agenzia Giornalistica Italiana s.p.a. d’ora in avanti AGI nel 2008 accertava l’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato, come giornalista corrispondente, a tempo indeterminato. Che l’AGI, con lettera del 10-18.12.13, lo licenziava per giustificato motivo oggettivo a causa della soppressione dell’ufficio corrispondenza di ed sulla impossibilità di utilizzare il C. in mansioni di capo servizio od altre equivalenti. Che impugnato il licenziamento, il Tribunale di Roma, con ordinanza del 24.6.2014, accoglieva la domanda, dichiarando l’illegittimità del licenziamento e la reintegrazione del C. nel proprio posto di lavoro, condannando la resistente al risarcimento del danno nella misura massima di 12 mensilità di retribuzione globale di fatto in sede di opposizione, il Tribunale, confermata nel resto l’impugnata ordinanza, condannava la società opponente al pagamento del risarcimento del danno nella misura pari alla retribuzioni globali di fatto dalla data del licenziamento sino alla reintegrazione 1.8.14 . Che il giudice monocratico poneva a base della decisione il fatto che la sentenza del Tribunale di Roma del 27.9.2013 aveva già valutato la soppressione dell’ufficio di corrispondenza di come inidoneo a legittimare la scadenza della durata del rapporto di lavoro né aveva accertato la dedotta insussistenza di altri uffici di corrispondenza o di posizioni di capo servizio. Che tale sentenza veniva reclamata dall’AGI, evidenziando che il licenziamento era legittimo non solo per la chiusura della sede di , ma anche per l’impossibilità di reperire in azienda altra posizione lavorativa come corrispondente e/o capo servizio. Che, nella resistenza del C. , con sentenza depositata il 23.9.15, la Corte d’appello di Roma accoglieva solo parzialmente il reclamo, disponendo che dal risarcimento del danno dovessero essere detratte le somme corrisposte al C. per indennità di preavviso. Che la Corte riteneva in sostanza che l’ufficio di corrispondenza di non fosse stato in realtà soppresso, continuando ad operarvi la Sig.ra A. , ancorché legata all’AGI da un rapporto di lavoro autonomo. Che per la cassazione di tale sentenza propone ricorso l’AGI s.p.a., affidato a quattro motivi, mentre il C. resiste con controricorso. Che entrambe le parti hanno depositato memoria. Considerato in diritto 1.-Che con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1, 5 e 11 del c.c.numero l.g. 2094 c.c., 112 e 115 c.p.c., oltre l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, lamentando che la sentenza impugnata, nonostante avesse riconosciuto la natura autonoma del rapporto che legava la Sig.ra A. all’AGI, ritenne di poter considerare la stessa come corrispondente dall’estero, il cui rapporto è di natura certamente subordinata. Che il motivo è infondato. La questione controversa, ed esaminata dalla corte di merito, è se l’AGI abbia mantenuto a un ufficio di corrispondenza posta dall’Agenzia a base del licenziamento per g.m.o. e non già la qualifica del giornalista AGI ivi addetto, ovvero la natura, autonoma o subordinata, di quest’ultimo. Al riguardo questa Corte ha già affermato che ai sensi dell’articolo 5, c.c.numero l. 10 gennaio 1959, reso efficace erga omnes con d.P.R. 16 gennaio 1961 numero 153, affinché l’attività di un giornalista corrispondente dall’estero integri lo svolgimento delle mansioni proprie di un ufficio di corrispondenza , occorre che ricorrano, in analogia con l’attività di redattore, oltre all’elaborazione di notizie, anche la continuità della loro trasmissione, nonché il carattere elaborato e generale delle notizie stesse, a prescindere dalla natura autonoma o subordinata che lega il giornalista alla testata giornalistica. In tale occasione, infatti, questa S.C. ebbe a confermare la sentenza di merito che aveva riconosciuto i caratteri dell’ ufficio di corrispondenza alla struttura facente capo ad un giornalista che, pur senza vincolo di subordinazione, aveva per anni inviato in redazione centrale numerosi articoli dall’estero, da lui stesso proposti, collaborando, nel contempo, anche con altri organi di informazione Cass. numero 21540/08 . Sul punto cfr. altresì Cass. numero 19199/13. Nella specie la Corte di merito ha dunque correttamente accertato che l’AGI continuava ad avere un ufficio di corrispondenza a , ancorché affidato ad una giornalista non legata all’Agenzia da un rapporto di lavoro subordinato. L’accertamento in fatto della sussistenza dell’ufficio di corrispondenza da , con lo svolgimento dei relativi compiti cfr. giurisprudenza sopra citata Cass. numero 19199/13 accertati anche attraverso la prova testimoniale escussa, non risulta censurabile in questa sede alla luce del novellato numero 5 dell’articolo 360, comma 1, c.p.c., mentre risulta irrilevante che il giornalista ad esso adibito avesse con l’AGI un rapporto di lavoro subordinato od autonomo. 2.- Che con il secondo motivo la ricorrente lamenta la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 112 e 115 c.p.c., in relazione all’articolo 12 del c.c.numero l.g., lamentando che la sentenza impugnata introdusse in giudizio un riferimento contrattuale all’articolo 12 del c.c.numero l.g. del tutto nuovo, non avendo il C. agito in giudizio per il riconoscimento della qualifica di corrispondente. Che il motivo è infondato, avendo la sentenza impugnata solo accertato l’esistenza di un ufficio di corrispondenza a alla luce della disciplina contrattuale collettiva, circostanza rilevante e dedotta in giudizio, al fine di stabilire l’effettiva soppressione o meno dell’ufficio di in questione, posto a base dell’impugnato licenziamento per giustificato motivo oggettivo. Occorre peraltro evidenziare che la ricorrente non ha prodotto il testo, tanto meno integrale, del c.c.numero l.g., impedendo così alla Corte l’ulteriore esame della doglianza cfr. articolo 369, comma 2, numero 4 c.p.c. . 3.- Che con il terzo motivo la ricorrente lamenta la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 3 L. numero 604/66, 41 Cost., 112 e 115 c.p.c., lamentando che la sentenza impugnata ritenne insussistente il dedotto giustificato motivo oggettivo di licenziamento, valutando erroneamente che dall’istruttoria effettuata emergeva che l’AGI, pur dopo il licenziamento del C. , continuava ad avere un corrispondente da , finendo per censurare scelte imprenditoriali insindacabili. Che il motivo presenta ampi profili di inammissibilità, tendendo ad una rivalutazione dei fatti e delle risultanze probatorie di causa, ed è per il resto infondato. Ed invero, come detto, la sentenza impugnata non ha affatto sindacato scelte organizzative imprenditoriali, essendosi piuttosto limitata ad accertare se la ragione posta a base del giustificato motivo oggettivo di licenziamento la soppressione dell’ufficio di corrispondenza da fosse o meno sussistente, ed avendo solo accertato, senza alcuna ingerenza nelle scelte imprenditoriali, la sua persistenza, posto che tale ufficio continuò ad operare attraverso una giornalista, svolgente tutti i compiti del corrispondente, sia pure legata all’AGI da un rapporto di lavoro autonomo. Né la ricorrente ha dimostrato che, attraverso tale collaborazione autonoma, sia effettivamente venuto meno l’ufficio di corrispondenza da , anche attraverso una sua diversa, ma non chiarita, riorganizzazione, diretta al risparmio di gestione pag. 35 ricorso . Non risulta dunque, come lamentato dall’AGI, alcuna ingerenza sul merito delle valutazioni tecniche, organizzative e produttive riservate al datore di lavoro, di cui all’articolo 30 L. numero 183/10. 4.- Che con il quarto motivo la ricorrente lamenta la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 3 e 5 L. numero 604/66, lamentando che la sentenza impugnata pose a carico dell’azienda l’onere di provare una diversa collocazione del lavoratore presso la compagine aziendale, laddove sarebbe stato onere del lavoratore indicare dove egli avrebbe potuto essere utilmente collocato. Il motivo è infondato. Questa Corte ha da ultimo infatti osservato che in materia di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, spetta al datore di lavoro l’allegazione e la prova dell’impossibilità di repechage del dipendente licenziato, in quanto requisito di legittimità del recesso datoriale, senza che sul lavoratore incomba un onere di allegazione dei posti assegnabili, essendo contraria agli ordinari principi processuali una divaricazione tra i suddetti oneri Cass. numero 5592/16 , nonché che in caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, il lavoratore ha l’onere di dimostrare il fatto costitutivo dell’esistenza del rapporto di lavoro a tempo indeterminato così risolto, nonché di allegare l’illegittimo rifiuto del datore di continuare a farlo lavorare, mentre incombono sul datore di lavoro gli oneri di allegazione e di prova dell’esistenza del giustificato motivo oggettivo, che include anche l’impossibilità del cd. repechage , ossia dell’inesistenza di altri posti di lavoro in cui utilmente ricollocare il lavoratore Cass. numero 12101/16 . 5.- Il ricorso deve essere pertanto rigettato. Le spese di lite seguono la soccombenza e, liquidate come da dispositivo, debbono distrarsi in favore del difensore del C. , dichiaratosi anticipante. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 200,00 per esborsi, Euro 4.500,00 per compensi professionali, oltre spese generali nella misura del 15%, i.v.a. e c.p.a., da distrarsi in favore dell’avv. Bruno Del Vecchio. Ai sensi dell’articolo 13, comma 1 quater, del d.P.R. numero 115/02, nel testo risultante dalla L. 24.12.12 numero 228, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.