Il Giudice del gravame deve sempre esprimere un giudizio sulla indispensabilità della prova nuova introdotta in appello

Nel giudizio di appello, costituisce prova nuova indispensabile, ai sensi dell’art. 345, comma 3, c.p.c., nel testo previgente rispetto alla novella di cui al d.l. n. 83/2012, conv., con modif., dalla l. n. 134/2012, quella di per sé idonea ad eliminare ogni possibile incertezza circa la ricostruzione fattuale accolta dalla pronuncia gravata, smentendola o confermandola senza lasciare margini di dubbio oppure provando quel che era rimasto indimostrato o non sufficientemente provato, a prescindere dal rilievo che la parte interessata sia incorsa, per propria negligenza o per altra causa, nelle preclusioni istruttorie del primo grado.

Consegue che appare viziata la sentenza che abbia respinto l’istanza di ammissione di prova documentale sul mero rilievo della tardività della stessa, omettendo di esprimere un giudizio sulla non indispensabilità della prova nuova in appello. Lo afferma la Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, con ordinanza n. 27458, pubblicata il 20 novembre 2017. La vicenda. Un lavoratore dipendente di una impresa artigiana metalmeccanica agiva in giudizio al fine di ottenere il pagamento di differenze retributive derivanti dal riconoscimento del livello superiore di inquadramento, da lavoro straordinario e da ferie non godute. Il Tribunale adito accoglieva la domanda, condannando l’azienda al pagamento delle somme rivendicate. La datrice di lavoro proponeva appello e la Corte di Appello riformava parzialmente la sentenza di primo grado, dichiarando non dovuti gli importi a titolo di lavoro straordinario e confermando nel resto la sentenza di primo grado, dando atto, in particolare, che per quanto riguardava l’indennità per ferie non godute, l’azienda si era attivata tardivamente, producendo soltanto in grado d’appello documentazione ritenuta inammissibile. Ricorreva così in Cassazione l’azienda. Il regime della prova nuova indispensabile. L’azienda ricorrente propone alcuni motivi di censura, due dei quali vengono ritenuti inammissibili dal Supremo Collegio, poiché tendono ad ottenere una nuova inammissibile pronuncia sul fatto. Viceversa gli Ermellini ritengono fondato il motivo incentrato sulla critica della sentenza impugnata, per violazione delle norme in materia di divieto di produzione di nuove prove in sede di appello. L’azienda ricorrente richiese alla corte di merito di produrre 52 buste paga, necessarie per dar prova dell’infondatezza della domanda avversaria di riconoscimento dell’indennità per ferie non godute. Ma l’istanza istruttoria venne respinta dalla Corte d’appello, la quale ritenne la produzione documentale tardiva e conseguentemente inammissibile. La Corte di legittimità ritiene errata la decisione resa dal Collegio d’Appello. In base a principi di diritto già enunciati dalla Corte, l'art. 345, comma 3, c.p.c., come modificato dalla legge n. 353/1990, nell'escludere l'ammissibilità di nuovi mezzi di prova, ivi compresi i documenti, consente al Giudice di appello di ammettere, oltre alle nuove prove che le parti non abbiano potuto produrre prima per causa a esse non imputabile, anche quelle da lui ritenute indispensabili, perché dotate di un'influenza causale più incisiva rispetto a quelle che le prove rilevanti hanno sulla decisione finale della controversia, e capaci, quindi, di determinare un positivo accertamento dei fatti di causa, eventualmente decisivo anche per giungere a un completo rovesciamento della decisione di primo grado. Il requisito dell'indispensabilità della nuova produzione documentale non deve essere apprezzato limitatamente al momento della formazione delle preclusioni istruttorie di primo grado, ma deve essere valutato in relazione allo sviluppo assunto dall'intero processo, comprensivo della sentenza di primo grado e di ciò che la stessa afferma a commento delle risultanze istruttorie acquisite. Il Giudice d’appello deve sempre pronunciarsi sulla indispensabilità della nuova prova. Il tema esaminato dai Giudici di legittimità riguarda quello della prova d'un fatto già ritualmente allegato in primo grado. Tale fatto può essere stato ritenuto dal primo giudice come di rilevanza ormai assorbita da altre considerazioni oppure può essere rimasto indimostrato all'esito del giudizio di prime cure oppure può essere stato smentito da prove di segno opposto, o - ancora - può essere stato sì dimostrato, ma grazie a prove che la stessa parte interessata avverta come di non sicura valenza al punto dal sentirsi indotta, per resistere all'avverso gravame, a chiedere l'acquisizione di una nuova prova idonea a dissipare ogni possibile incertezza. Ciò premesso, la Suprema Corte ribadisce il prevalente orientamento giurisprudenziale, che interpreta il concetto di indispensabilità come influenza causale più incisiva della rilevanza, secondo l’interpretazione data dalle sentenze n. 8202 e n. 8203 del 2005 delle Sezioni Unite, in forza delle quali l'art. 345 c.p.c., comma 3, come modificato dalla L. n. 353/1990, esclude l'ammissibilità di documenti e mezzi di prova nuovi, salvo che, nel quadro delle risultanze istruttorie già acquisite, siano ritenuti indispensabili. Sulla base di tali insegnamenti la Corte ribadisce il principio di diritto già in precedenza affermato, secondo cui costituisce Prova nuova indispensabile di cui al testo dell’art. 345 c.p.c. comma 3, previgente rispetto alla novella di cui al d.l. n. 83/2012, art. 54, comma 1, lett. b , convertito in legge n. 134/2012, quella di per sé idonea ad eliminare ogni possibile incertezza circa la ricostruzione fattuale accolta dalla pronuncia gravata, smentendola o confermandola senza lasciare margini di dubbio oppure provando quel che era rimasto non dimostrato o non sufficientemente dimostrato, a prescindere dal rilievo che la parte interessata sia incorsa, per propria negligenza o per altra causa, nelle preclusioni istruttorie del primo grado . Peraltro la questione mantiene importanza anche nel futuro, malgrado l'intervenuta modifica dell'art. 345 c.p.c., comma 3, ad opera della L. n. 134/2012 infatti, il medesimo concetto di indispensabilità della prova nuova in appello resta immutato nell'art. 437 c.p.c., comma 2, e nell'art. 702- quater , stesso codice, concernente il procedimento sommario di cognizione oltre che nella L. n. 92/2012, art. 1, comma 59, per le controversie aventi ad oggetto l'impugnativa dei licenziamenti nelle ipotesi regolate dalla L. n. 300/1970, art. 18, norma che a sua volta riproduce quella dell'art. 437 cit., comma 2 . E va inoltre affermato che sussiste l'obbligo, in capo al Giudice del gravame, di motivare espressamente sull'attitudine della nuova prova a dissipare lo stato di incertezza sui fatti controversi. La sentenza impugnata non ha fatto corretta applicazioni dei principi di diritto enunciati dal Supremo Collegio, essendosi la corte di merito limitata a respingere l’istanza di produzione documentale rilevando la tardività della stessa, senza motivare esplicitamente sull’attitudine della nuova prova a dissipare lo stato di incertezza sui fatti controversi. In accoglimento del motivo di censura proposto, la sentenza impugnata è stata cassata con rinvio ad altra Corte d’Appello.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 28 giugno – 20 novembre 2017, numero 27458 Presidente Amoroso – Relatore Lorito Fatto e diritto RILEVATO CHE il Tribunale di Chieti accoglieva la domanda proposta da P.D. nei confronti della s.r.l. S. intesa a conseguire il pagamento di differenze retributive rivendicate in relazione al riconoscimento del superiore inquadramento nel terzo livello c.c.numero l. metalmeccanico-artigiani, allo svolgimento di lavoro straordinario, alla indennità per ferie non godute, e condannava la società alla corresponsione in favore di controparte, della somma di Euro 39.893,64 oltre accessori di legge detta pronuncia veniva parzialmente riformata dalla Corte d’Appello di L’Aquila che con sentenza resa pubblica il 4/7/2011, dichiarava non dovuta l’indennità per lavoro straordinario confermava, invece, le statuizioni della sentenza impugnata concernenti il riconoscimento della qualifica superiore rivendicata ed il pagamento dell’indennità per ferie non godute, sul rilievo - quanto a queste ultime - che il relativo onere probatorio gravasse sulla parte datoriale, la quale si era attivata solo in grado di appello, tardivamente quindi, mediante produzione documentale ritenuta inammissibile avverso tale decisione interpone ricorso per cassazione la s.r.l. S. , affidato a cinque motivi, successivamente illustrati da memoria ex articolo 380 bis c.p.c., cui resiste con controricorso P.D. CONSIDERATO CHE 1.con il primo motivo è dedotta violazione o falsa applicazione dell’articolo 11 c.c.numero l. per i dipendenti delle imprese artigiane metalmeccaniche e della installazione degli impianti del 25/7/79, dell’articolo 12 contratto collettivo in data 14/6/1984 ed in data 6/12/1988, nonché violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 e 1363 c.c. ex articolo 360 comma primo numero 3 c.p.c. omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio in relazione all’articolo 360 comma primo numero 5 c.p.c. si argomenta al riguardo che le disposizioni contrattuali collettive applicabili ratione temporis, prevedono quale requisito coessenziale all’inquadramento nella terza categoria, la guida ed il controllo di altri prestatori di lavoro - condizione, questa, non verificatasi nella specie - non essendo sufficiente lo svolgimento delle mansioni in autonomia che, secondo il contratto collettivo del dicembre 1988 doveva essere coniugato altresì con il possesso di un diploma di scuola media superiore in tal senso si prospetta come erronea l’interpretazione dei contenuti della autonomia collettiva resa dalla Corte distrettuale, per il tramite di un non corretto scrutinio delle deposizioni testimoniali raccolte 2. con il secondo motivo si censura l’impugnata sentenza per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio in relazione all’articolo 360 comma primo numero 5 c.p.c., laddove si era ritenuto che la terza categoria contrattuale fosse la più adeguata per il ricorrente, in quanto la società dal gennaio 1992 aveva deciso di concedergli per mera benevolenza ed a titolo di trattamento di miglior favore, il superiore inquadramento contrattuale si deduce, per contro, che l’aver riconosciuto ad un lavoratore un livello superiore per mera benevolenza, non costituiva dato confermativo della sussistenza del diritto a tale inquadramento 3. i motivi, da trattarsi congiuntamente siccome connessi, presentano profili di inammissibilità con riferimento alla formulazione del primo motivo, cui è seguita una rivisitazione delle risultanze processuali e delle questioni dibattute nel giudizio di merito con riferimento al corretto inquadramento professionale del lavoratore, è sufficiente dar conto dell’inammissibilità della censura, alla stregua dei rilievi che seguono la mescolanza e la sovrapposizione di mezzi d’impugnazione intrinsecamente eterogenei, facenti riferimento alle diverse ipotesi contemplate sotto i numeri 3 e 5 del primo comma dell’articolo 360 c.p.c., mostra di non tener conto dell’impossibilità della prospettazione di una medesima questione sotto profili incompatibili, quali quello della violazione di norme di diritto - che suppone accertati gli elementi del fatto in relazione al quale si deve decidere della violazione o della falsa applicazione della norma - e del vizio di motivazione, che quegli elementi di fatto intende precisamente rimettere in discussione o quale l’omessa motivazione, che richiede l’assenza di motivazione su un punto decisivo della causa rilevabile d’ufficio, e l’insufficienza della motivazione, che richiede la puntuale ed analitica indicazione della sede processuale nella quale il giudice d’appello sarebbe stato sollecitato a pronunciarsi, ed, ancora, la contraddittorietà della motivazione, che richiede la precisa identificazione delle affermazioni, contenute nell’impugnata sentenza, che si porrebbero in contraddizione tra loro vedi Cass. 23/9/2011 numero 19443, Cass. 10/2/2017 numero 3554 la contestuale formulazione di censure aventi ad oggetto violazione di legge e vizi della motivazione, secondo modalità promiscue, finisce per affidare alla Corte di cassazione il compito di enucleare dalla mescolanza dei motivi la parte concernente il vizio di motivazione, che invece deve avere una autonoma collocazione vedi ex plurimis, Cass. cit. numero 19443/2011, Cass.26/3/2010 numero 7394 ed in motivazione Cass.8/6/2012 numero 9341 né, nello specifico, la articolazione del motivo consente di cogliere specificamente le doglianze prospettate onde procedere, se necessario, all’esame separato negli stessi termini in cui lo si sarebbe potuto fare se esse fossero state articolate in motivi distinti cfr. Cass. S.U. 6/5/2015 numero 9100 , onde non si sottrae ad un giudizio di inammissibilità 4. quanto al secondo motivo, va rimarcato che esso tende a pervenire, mediante revisione delle valutazioni e del convincimento della Corte di merito, all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, certamente estranea alla natura ed ai fini del giudizio di cassazione in termini, vedi, ex plurimis, Cass. SS.UU. 25/10/2013 numero 24148, in motivazione, Cass. 4/4/2014 numero 8008, nonché, da ultimo Cass. 7/4/2017 numero 9097 ed infatti, per la configurabilità del vizio, è necessario che sussista un rapporto di causalità fra la circostanza che si assume trascurata o non correttamente valutata, e la soluzione giuridica della controversia tale da far ritenere che, se fosse stata considerata, avrebbe portato ad una diversa soluzione della vertenza, con giudizio di certezza e non di mera probabilità vedi Cass.14/11/2013 numero 25608, Cass. 31/7/2013 numero 18368 elementi questi, non ravvisabili nella specie, giacché la doglianza attiene ad una statuizione meramente rafforzativa del nucleo essenziale della decisione concernente, invece, il riconoscimento della autonomia operativa individuata dalla declaratoria contrattuale in capo al P. il quale è stato ritenuto dai giudici del gravame, capace di decidere con piena discrezionalità tutti gli interventi, necessari e complessi per la verniciatura delle macchine 5. con la terza critica si denuncia violazione o falsa applicazione dell’articolo 2697 c.c., omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio in relazione all’articolo 360 comma primo numero 5 c.p.c. in particolare si lamenta che la Corte di merito abbia posto a carico della parte datoriale l’onere della prova in ordine alla concessione delle ferie annuali al lavoratore, in violazione dei principi in tema di ripartizione dell’onere probatorio che, diversamente, pongono a carico del lavoratore l’onere di provare lo svolgimento di attività lavorativa nei giorni ad esse destinati 6. con il quarto motivo si denuncia omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio in relazione all’articolo 360 comma primo numero 5 c.p.c., ci si duole che la Corte distrettuale abbia ritenuto fra loro contrastanti le deposizioni testimoniali rese in relazione alla fruizione del periodo feriale 7. con il quinto motivo si denuncia nullità della sentenza o del procedimento ex articolo 360 comma primo numero 4 c.p.c. nonché omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio in relazione all’articolo 360 comma primo numero 5 c.p.c. si critica la sentenza impugnata per aver ritenuto la tardività della produzione delle 52 buste paga relative agli anni 1998-2001, in cui l’inserimento nella dinamica processuale sarebbe stato possibile con l’attivazione dei poteri istruttori d’ufficio sanciti dall’articolo 437 c.p.c. 8. in ordine logico appare prioritario l’esame dell’ultima censura modulata sulla precipua nozione di indispensabilità del mezzo istruttorio e sul corretto governo delle prove in appello tale censura è ammissibile, in quanto conforme al principio di specificità dei motivi, recando puntuale riproduzione del contenuto della documentazione di cui si lamenta la mancata ammissione in sede di gravame, così sottraendosi alla critica per violazione del principio di autosufficienza sollevata dal controricorrente la stessa è altresì fondata nei termini di seguito esposti occorre premettere che con le sentenze gemelle delle Sezioni Unite nnumero 8202-8203 del 2005, il pregresso indirizzo maggioritario sui nova secondo cui il divieto alla produzione di nuovi mezzi di prova in sede di gravame non riguardava le prove costituite come quelle documentali, è stato ribaltato, di guisa che, per quanto attiene al rito del lavoro, la loro acquisizione al processo è stata ritenuta ammissibile se giustificata dal tempo della loro formazione o dall’evolversi della vicenda processuale successivamente al deposito del ricorso e della memoria difensiva tale rigoroso sistema di preclusioni trovava, peraltro, secondo la Corte di legittimità, un ulteriore contemperamento - ispirato alla esigenza della ricerca della verità materiale , cui è doverosamente funzionalizzato il rito del lavoro, teso a garantire una tutela differenziata in ragione della natura dei diritti che nel giudizio devono trovare riconoscimento - nei poteri d’ufficio del giudice in materia di ammissione di nuovi mezzi di prova, ai sensi dell’articolo 437, secondo comma, cod. proc. civ., ove essi siano indispensabili ai fini della decisione della causa, nonostante il verificarsi di decadenze o preclusioni, perché la regola della irreversibilità dell’estinzione del diritto alla produzione subisce un’eccezione in considerazione della specifica natura dei diritti tutelati siffatto orientamento ha assunto, poi, rilievo prevalente nella evoluzione della giurisprudenza di legittimità, che ha rimarcato come il giudizio di indispensabilità implichi una valutazione sull’idoneità del mezzo istruttorio a dissipare un perdurante stato di incertezza sui fatti controversi cfr., ancora, Cass. 20/6/2006, numero 14133 tutto ciò in consonanza con avvertita dottrina secondo cui lo scrutinio in ordine alla indispensabilità dei mezzi di prova è funzionalizzato a verificare se dalla ipotizzata esistenza del fatto posto ad oggetto della prova, è possibile dedurre in modo necessario e sufficiente l’esistenza del fatto posto ad oggetto della domanda al riguardo si è altresì evidenziato come il concetto di indispensabilità sia più intenso di quello di rilevanza, sicché va modulato alla stregua del parametro della decisività, in ragione del quale devono ritenersi ammissibili in giudizio solo le prove che appaiono idonee da sole, a fondare una decisione, sia essa di conferma o di riforma in tali termini si è anche pronunciata questa Corte, con riferimento al giudizio di rinvio, con ordinanza del giorno 11/2/2015 numero 2729 alla cui stregua la produzione di nuovi documenti, in deroga al divieto ex articolo 437 cod. proc. civ., è possibile anche in caso di giudizio di rinvio qualora essi abbiano una speciale efficacia dimostrativa e siano ritenuti dal giudice indispensabili ai fini della decisione della causa, in quanto dotati di un grado di decisività e certezza tale che, da soli considerati, conducano ad un esito necessario della controversia ulteriori arresti hanno poi definito indispensabili quelle prove che appaiano idonee a sovvertire la decisione di primo grado, nel senso di mutare uno o più giudizi di fatto sui quali si basa la pronuncia impugnata, fornendo un contributo decisivo all’accertamento della verità materiale, in coerenza con i principi del giusto processo cfr. Cass. 29/4/2016 numero 8568 9. siffatta linea interpretativa ha rinvenuto autorevole conferma nei recenti approdi ai quali sono pervenute Sezioni Unite di questa Corte queste, in relazione ai dettami di cui all’articolo 345 comma 3 c.p.c. nel testo - applicabile ratione temporis nel caso di specie, vigente prima dell’ultima novella apportata dall’articolo 54, comma 1, lett. b d.l. numero 83 del 2012, convertito in legge numero 134 del 2012 disposizione di contenuto analogo all’articolo 437 comma 2 c.p.c., hanno dedotto che Prova nuova indispensabile di cui al testo dell’articolo 345, comma 3, cod. proc. civ., previgente rispetto alla novella di cui all’articolo 54, comma 1, lett. b , d.l. numero 83 del 2012, convertito in legge numero 134 del 2012, è quella di per sé idonea ad eliminare ogni possibile incertezza circa la ricostruzione fattuale accolta dalla pronuncia gravata, smentendola o confermandola senza lasciare margini di dubbio oppure provando quel che era rimasto non dimostrato o non sufficientemente dimostrato, a prescindere dal rilievo che la parte interessata sia incorsa, per propria negligenza o per altra causa, nelle preclusioni istruttorie del primo grado vedi Cass. 4/5/2017 numero 10790 10. alla stregua della applicazione dei suddetti principi alla fattispecie qui scrutinata, si impone l’evidenza dell’errore di fondo che connota l’impugnata sentenza, per avere la Corte di merito respinto ogni istanza volta alla ammissione della produzione documentale offerta dalla società in grado di appello - sul mero rilievo della tardività della attività istruttoria - omettendo di esprimere un motivato giudizio sulla non indispensabilità della prova nuova in appello in violazione dell’obbligo gravante sul giudice del gravame, di motivare espressamente sull’attitudine della nuova prova a dissipare lo stato di incertezza sui fatti controversi cfr. Cass. 23/7/2014, numero 16745 11. per concludere, alla luce delle precedenti considerazioni, devono dichiararsi assorbite tutte le ulteriori censure, ivi compresa la terza con la quale si deduce un errore sulla ripartizione dell’onere della prova in tema di mancato godimento delle ferie la suddetta censura non può infatti trovare ingresso in questa sede per evidenti profili di consequenzialità logica, in base al seguente principio di diritto che va enunciato ai sensi dell’articolo 384 c.p.c. comma 1 il motivo di violazione della regola di ripartizione dell’onere della prova ex articolo 2697 c.c., può essere dedotto ai sensi dell’articolo 360 comma primo numero 3 c.p.c. innanzi alla Corte di cassazione se dotato del requisito della specificità e solo allorquando non sia stata raggiunta nel giudizio di merito la prova sulle circostanze controverse costituenti oggetto della lite prova, questa, idonea a supportare la decisione senza che residuino incertezze la impugnata sentenza va, dunque, cassata e rinviata alla Corte di Appello designata in dispositivo affinché, nel riesaminare integralmente la questione della prova attinente al godimento delle ferie da parte del lavoratore, e disponendo anche in ordine alle spese del presente giudizio di cassazione, applichi i principi di diritto di cui ai punti numero 9 e numero 11 innanzi enunciati. P.Q.M. la Corte accoglie il quinto motivo di ricorso dichiara inammissibili i primi due motivi, assorbiti gli altri cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese del presente giudizio, alla Corte d’Appello di Roma.