Sfuma l’attribuzione dell’incarico: il danno da perdita di chance

In tema di pubblico impiego, laddove il comportamento della P.A. si riveli contrario ai principi di correttezza e buona fede, nonché ai canoni di imparzialità, efficienza e buon andamento, può configurarsi un inadempimento suscettibile di produrre un danno risarcibile.

Così la Corte di legittimità con l’ordinanza n. 26694/17, depositata il 10 novembre. La vicenda. La Corte d’Appello di Roma respingeva il gravame proposto dal Comune di Roma avverso la sentenza di prime cure che aveva accolto la domanda attorea ritenendo illegittime le ordinanze con cui erano stati conferiti alcuni incarichi dirigenziali. L’ente era stato così condannato al risarcimento del danno da perdita di chance lamentato del lavoratore. La sentenza viene impugnata con ricorso per cassazione dall’ente. Legittimità del provvedimento. La S.C. richiama il consolidato orientamento secondo cui in tema di pubblico impiego privatizzato, gli atti di conferimento di incarichi dirigenziali rivestono natura di determinazioni negoziali assunte dall’Amministrazione con la capacità ed i poteri del privato datore di lavoro. Ciò posto, l’Amministrazione è comunque tenuta al rispetto dei criteri indicati dall’art. 19, comma 1, d.lgs. n. 165/2001, oltre che dalle clausole generali di correttezza e buona fede alla stregua dei principi di imparzialità e buon andamento della pubblica amministrazione ex art. 97 Cost La P.A., in conclusione, è tenuta a valutazioni comparative nell’adozione di provvedimenti decisionali, nonché nell’esternazione delle ragioni a fondamento di tali scelte, in assenza delle quali è configurabile un inadempimento contrattuale suscettibile di produrre un danno risarcibile . Danno da perdita di chance. Prosegue poi la Corte ribadendo che il diritto soggettivo al conferimento dell’incarico non deve essere confuso con l’interesse legittimo di diritto privato correlato all’obbligo imposto alla P.A. di agire nel rispetto dei canoni di correttezza e buona fede, nonché dei principi di imparzialità, efficienza e buon andamento. Il dirigente non può dunque richiedere al giudice un intervento sostitutivo che conduca all’attribuzione dell’incarico, potendo invece agire per il risarcimento del danno laddove venga riscontrato un inadempimento degli obblighi gravanti sull’amministrazione. Passando alla liquidazione del danno subito dal dirigente nel caso di specie, la Corte condivide la determinazione operata dal provvedimento impugnato. Il danno da perdita di chance risulta infatti integrato laddove il giudice accerti una concreta e non meramente ipotetica probabilità di esito positivo della selezione, a seguito della quale dovrà operarsi la valutazione equitativa del danno in relazione al canone probabilistico riferito al risultato utile perseguito. Per questi motivi, essendosi la Corte territoriale conformata a tali principi, la S.C. rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, ordinanza 24 maggio – 10 novembre 2017, numero 26694 Presidente Napoletano – Relatore Di Paolantonio Rilevato che la Corte di Appello di Roma ha respinto l’appello proposto dal Comune di Roma avverso la sentenza del locale Tribunale che, in accoglimento delle domande avanzate da T.E. , aveva ritenuto illegittime le ordinanze sindacali con le quali, in assenza di valutazioni comparative, erano stati conferiti dal 1998 al 2002 incarichi dirigenziali, ed aveva condannato l’amministrazione a corrispondere al ricorrente, a titolo di risarcimento del danno da perdita di chance, la complessiva somma di Euro 40.000,00 che avverso tale sentenza Roma Capitale ha proposto ricorso affidato a due motivi, ai quali ha opposto difese T.E. con controricorso che il P.G. in data 5 aprile 2017 ha richiesto il rigetto del primo motivo e l’accoglimento del secondo che è stata depositata memoria ex art. 380 bis cod. procomma civ. dal controricorrente. Considerato 1. che il primo motivo di ricorso denuncia ex art. 360 numero 3 cod. procomma civ. violazione e/o falsa applicazione dell’art. 19 d.lgs. 165/2001, dell’art. 109 d.lgs. 267/2000, dell’art. 22, comma 2, C.C.N.L. Enti Locali - Dirigenza 1996 e delle deliberazioni della Giunta Comunale di Roma numero 3052/97 e 28/01 e sostiene che all’amministrazione non può essere negata la facoltà di scegliere, su base fiduciaria, fra tutti coloro che siano in possesso dei requisiti richiesti dall’incarico oggetto di conferimento, sicché le valutazioni comparative, richiamate da questa Corte nelle sentenze citate dal giudice di appello, non possono essere ritenute obbligatorie, né l’ente è obbligato ad indicare nel provvedimento le ragioni della scelta 2. che la seconda censura lamenta la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1218 e 1226 cod. civ. nonché degli artt. 112, 113 e 132 numero 4 c.p.c. perché non poteva essere riconosciuta, neppure a titolo di risarcimento del danno, la differenza fra la retribuzione, anche accessoria, prevista per l’incarico apicale e quella effettivamente corrisposta al T. , in quanto non erano stati assunti il livello di responsabilità e l’obbligo di risultato 3. che è consolidato nella giurisprudenza di questa Corte il principio secondo cui in tema di impiego pubblico privatizzato, nell’ambito del quale anche gli atti di conferimento di incarichi dirigenziali rivestono la natura di determinazioni negoziali assunte dall’amministrazione con la capacità e i poteri del privato datore di lavoro, le norme contenute nell’art. 19, comma 1, del d.lgs. 30 marzo 2001, numero 165 obbligano l’Amministrazione datrice di lavoro al rispetto dei criteri di massima in esse indicati, anche per il tramite delle clausole generali di correttezza e buona fede art. 1175 e 1375 cod. civ. , applicabili alla stregua dei principi di imparzialità e di buon andamento di cui all’art. 97 Cost Tali norme obbligano la P.A. a valutazioni comparative, all’adozione di adeguate forme di partecipazione ai processi decisionali e ad esternare le ragioni giustificatrici delle scelte laddove, pertanto, l’Amministrazione non abbia fornito nessun elemento circa i criteri e le motivazioni seguiti nella selezione dei dirigenti ritenuti maggiormente idonei agli incarichi da conferire, è configurabile inadempimento contrattuale, suscettibile di produrre danno risarcibile. Cass. 12.10.2010 numero 21088 . 3.1. che questa Corte ha anche precisato che non vanno confusi il diritto soggettivo al conferimento dell’incarico e l’interesse legittimo di diritto privato correlato all’obbligo imposto alla pubblica amministrazione di agire nel rispetto dei canoni generali di correttezza e buona fede nonché dei principi di imparzialità, efficienza e buona andamento consacrati nell’art. 97 Cost., sicché il dirigente non può pretendere dal giudice un intervento sostitutivo e chiedere l’attribuzione dell’incarico, ma può agire per il risarcimento del danno, ove il pregiudizio si correli all’inadempimento degli obblighi gravanti sull’amministrazione Cass. 23.9.2013 numero 21700 Cass. 14.4.2015 numero 7495 Cass. 24.9.2015 numero 18972 4. che pertanto la sentenza impugnata ha correttamente disatteso la tesi, riproposta anche in questa sede dalla difesa di Roma Capitale, della non necessità della valutazione comparativa e della assoluta discrezionalità della scelta 5. che quanto alla sussistenza ed alla liquidazione del danno la Corte territoriale ha condiviso le argomentazioni contenute nella sentenza del Tribunale, che, come si evince dalla trascrizione contenuta nel ricorso, aveva fatto ricorso alla liquidazione equitativa, considerando, da un lato, la vasta esperienza professionale del T. ed il cospicuo numero di incarichi conferiti senza valutazione comparativa, dall’altro che il dirigente non poteva essere certo del conferimento anche in caso di corretto adempimento degli obblighi contrattuali, per cui il grado di probabilità doveva essere quantificato nella misura del 60% ed allo stesso doveva essere commisurato il risarcimento 5.1. che a fronte di domanda di risarcimento del danno da perdita di chance il giudice del merito è chiamato ad effettuare una valutazione che si svolge su due diversi piani in quanto occorre innanzitutto che, sulla base di elementi offerti dal lavoratore, venga ritenuta sussistente una concreta e non meramente ipotetica probabilità dell’esito positivo della selezione e solo qualora detto accertamento si concluda in termini positivi vi potrà essere spazio per la valutazione equitativa del danno, da effettuare in relazione al canone probabilistico riferito al risultato utile perseguito 5.2. che in tal modo non viene risarcito un danno probabile in quanto il danno è certo quanto all’an debeatur perché certo è l’inadempimento di un’obbligazione strumentale da parte del datore di lavoro quella di effettuare la scelta secondo un determinato criterio e comunque secondo correttezza e buona fede , obbligazione che ha un contenuto patrimoniale. Il criterio probabilistico gioca solo sul piano della quantificazione del danno nel più generale ambito della liquidazione equitativa Cass. numero 5119 del 2010 . 5.3. che a detti principi si è sostanzialmente attenuta, attraverso il rinvio per relationem alla sentenza di primo grado, la Corte territoriale la quale, inoltre, ha correttamente commisurato il risarcimento al trattamento retributivo che il dirigente avrebbe percepito in caso di attribuzione dell’incarico, posto che la concreta ed effettiva occasione perduta di conseguire un determinato bene, non è una mera aspettativa di fatto, ma un’entità patrimoniale a sé stante, giuridicamente ed economicamente suscettibile di valutazione autonoma, che deve tenere conto della proiezione sulla sfera patrimoniale del soggetto Cass. 25.8.2014 numero 18227 e Cass. 15.5.2015 numero 10030 6. che il rigetto del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo 6.1. che non sussistono ratione temporis le condizioni di cui all’art. 13 comma 1 quater dPR 115 del 2002. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 4.000,00 per competenze professionali, oltre rimborso spese generali del 15% ed accessori di legge.