Serve la ragionevole probabilità scientifica per ritenere che i vaccini siano la causa della malattia del minore

Nel caso di specie la prova a carico dell’interessato ha ad oggetto l’effettuazione della somministrazione vaccinale, il verificarsi dei danni alla salute e il nesso causale tra la prima e i secondi, da valutarsi secondo un criterio di ragionevole probabilità scientifica.

Così la Cassazione con ordinanza n. 24959/17, depositata il 23 ottobre. La vicenda. La Corte d’Appello, in riforma della sentenza del Tribunale, rigettava la domanda di risarcimento proposta dai genitori al Ministero della Salute. Gli appellanti chiedevano l’indennizzo previsto dalla l. n. 210/1992 Indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie a seguito della sindrome autistica contratta dal figlio a causa della somministrazione di alcuni vaccini. La Corte territoriale dichiarava che non vi fosse il nesso di casualità tra la malattia e le vaccinazioni. Per la cassazione della sentenza hanno proposto ricorso i genitori lamentando che i Giudici di merito abbiano erroneamente valutato le conclusioni del c.t.u Valutazione del consulente tecnico d’ufficio. La Cassazione ha osservato che la Corte territoriale ha correttamente recepito le conclusioni del c.t.u., il quale aveva operato una valutazione degli elementi di giudizio in relazione alla storia clinica del periziato ed alle acquisizioni della scienza medica in materia. A conclusione della perizia, infatti, emergeva che vi fosse la mera possibilità di una nesso causale tra le vaccinazioni e la malattia e non un rilevante grado di probabilità scientifica. La S.C., infatti, ha rilevato che la Corte d’Appello si sia attenuta ai principi dettati in questa materia secondo cui il nesso causale tra l’effettuazione della somministrazione vaccinale e il verificarsi dei danni alla salute deve valutarsi secondo un criterio di ragionevole probabilità scientifica , invece nel caso di specie il nesso causale è solo un ipotesi possibile. Dissenso diagnostico alle conclusioni del c.t.u La Corte ha ribadito, inoltre, che il vizio, deducibile in sede di legittimità, della sentenza che abbia prestato adesione alle conclusioni del consulente tecnico d’ufficio, è ravvisabile in caso di palese devianza dalle nozioni correnti della scienza medica, la cui fonte va indicata, o nell’omissione degli accertamenti strumentali dai quali, secondo le predette nozioni, non può prescindersi per la formulazione d una corretta diagnosi, mentre al di fuori di tale ambito la censura costituisce mero dissenso diagnostico che si traduce in un’inammissibile critica del convincimento del giudice . In conclusione la Suprema Corte ha ritenuto che la critica posta dai ricorrenti in merito alle valutazioni del c.t.u. corrisponda alla volontà di una diversa valutazione dei fatti, inammissibile in sede di legittimità. Per questi motivi la Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso e condannato i ricorrenti alle spese del giudizio di legittimità.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – L, ordinanza 21 settembre – 23 ottobre 2017, n. 24959 Presidente Curzio – Relatore Ghinoy Fatto e diritto Rilevato che 1. la Corte d’appello di Ancona, in riforma della sentenza del Tribunale di Pesaro, rigettava la domanda proposta da G.D. e B.C. , genitori esercenti la potestà sul minore G.P. , al fine di ottenere l’indennizzo previsto dagli artt. 1 e 2 della legge n. 210 del 1992, a motivo dell’avere il proprio figlio contratto sindrome autistica, asseritamente a causa della somministrazione dei vaccini antipoliomielite di tipo Sabin, DTP - antidifterica, antitetanica e antipertossica - e MPR - morbillo parotite e rosolia a lui praticati tra il 1998 e il 2003. La Corte recepiva le conclusioni del nominato c.t.u., che aveva escluso la sussistenza del nesso di causalità tra la malattia e le vaccinazioni. 2. Per la cassazione della sentenza G.D. e B.C. propongono ricorso, a fondamento del quale deducono come unico motivo l’omessa e contraddittoria motivazione su un punto decisivo per il giudizio e lamentano che la Corte territoriale abbia ignorato le critiche tecniche mosse alla c.t.u., in relazione alla diagnosi formulata ed alla validità sul piano scientifico delle conclusioni. 3. Ha resistito con controricorso il Ministero della salute. 4. Il Collegio ha autorizzato la redazione della motivazione in forma semplificata. Considerato che 2. il ricorso è inammissibile. La Corte territoriale ha recepito l’analisi e le conclusioni del c.t.u. nominato in grado d’appello, che aveva operato una valutazione complessiva degli elementi acquisiti al giudizio in relazione alla storia clinica del periziato e sulla base dei criteri temporali e della continuità fenomenica, nonché in considerazione dello stato delle acquisizioni della scienza medica ed epidemiologica, superando anche nella sostanza le osservazioni critiche alla c.t.u È quindi pervenuta al convincimento che sussista la mera possibilità di una correlazione eziologica tra le vaccinazioni e la malattia, e non un rilevante grado di probabilità scientifica. 2. Deve qui ribadirsi che il vizio, denunciabile in sede di legittimità, della sentenza che abbia prestato adesione alle conclusioni del consulente tecnico d’ufficio, è ravvisabile in caso di palese devianza dalle nozioni correnti della scienza medica, la cui fonte va indicata, o nell’omissione degli accertamenti strumentali dai quali, secondo le predette nozioni, non può prescindersi per la formulazione di una corretta diagnosi, mentre al di fuori di tale ambito la censura costituisce mero dissenso diagnostico che si traduce in un’inammissibile critica del convincimento del giudice v. ex plurimis da ultimo Cass. ord. n. 1652 del 2012, Cass. ord. 23/12/2014 n. 27378, Cass. 16/02/2017 n. 4124 . 3. Nel caso, alle puntuali argomentazioni del c.t.u. di secondo grado, che si sono avvalse anche della letteratura scientifica, i ricorrenti contrappongono altre argomentazioni, desunte da diversa ed ulteriore letteratura scientifica che, pur manifestando l’acceso dibattito che da tempo si registra sulla questione, non rivela acquisizioni ed elementi decisivi al fine di confutare la soluzione da quello adottata. La Corte territoriale si è quindi attenuta ai principi dettati da questa Corte anche con riguardo alla materia che ci occupa, secondo i quali v. Cass. 17/01/2005 n. 753, Cass. 19/01/2011 n. 1135, Cass. 29/12/2016 n. 27449, ord. la prova a carico dell’interessato ha ad oggetto l’effettuazione della somministrazione vaccinale e il verificarsi dei danni alla salute e il nesso causale tra la prima e i secondi, da valutarsi secondo un criterio di ragionevole probabilità scientifica, mentre nel caso il nesso causale costituisce solo un’ipotesi possibile. 3. Né risulta decisiva la critica avente ad oggetto la mancata individuazione da parte del c.t.u. di una possibile eziologia alternativa, considerato che la Corte riferisce il passaggio della consulenza ove si ammette che l’eziologia ditale della malattia, così come della stragrande maggioranza dei disturbi mentali, risulta tuttora 1n gran parte sconosciuta. Quanto poi al rapporto della Casa farmaceutica GSK datato 16.12.2001, esso riguarda il vaccino esavalente Infanrix Hexa, che neppure risulta se sia stato somministrato a G.P. . 4. Sicché, il ricorso sollecita in sostanza una rilettura dei dati di causa più coerente con le prospettazioni della parte, e quindi una diversa valutazione di merito, inammissibile in questa sede. 5. Il Collegio, condividendo la proposta del relatore, all’esito della quale le parti non hanno formulato memorie, ritiene quindi che il ricorso risulti inammissibile ex art. 375 comma 1 n. 1 c.p.c., e debba in tal senso essere deciso con ordinanza in camera di consiglio. 6. La regolamentazione delle spese processuali segue la soccombenza. 7. Sussistono i presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dall’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228. P.Q.M. dichiara inammissibile il ricorso. Condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.500,00 per compensi, oltre ad Euro 200,00 per esborsi, rimborso spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.lgs. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.