In caso di soccombenza dell’INPS, il Giudice non può liquidare le spese che ritiene

Nel giudizio relativo a prestazioni previdenziali o assistenziali, l’importo delle spese poste a carico della parte soccombente non può eccedere il valore della prestazione dedotta in giudizio.

Ad affermarlo è la Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 24956/2017 depositata il 23 ottobre 2017. Il caso. Il Tribunale di Torino, in sede di accertamento tecnico preventivo relativo al possesso, da parte di una lavoratrice, del requisito sanitario per ottenere l’indennità di accompagnamento, liquidava le spese del procedimento a favore della ricorrente parzialmente vittoriosa in euro 1.800,00 oltre accessori di legge, nonostante il valore delle prestazioni da questa ottenute fosse pari ad euro 1.008,14. Contro tale sentenza l’INPS proponeva ricorso straordinario alla Corte di Cassazione, ex art. 111 Cost, articolando un unico motivo. Se il valore della domanda è controverso, esso si determina su un biennio. In particolare, l’Istituto lamentava l’erronea applicazione dell’art. 152 disp. att. c.p.c. a mente del quale [.] le spese, competenze ed onorari liquidati dal giudice nei giudizi per prestazioni previdenziali non possono superare il valore della prestazione dedotta in giudizio. A tale fine la parte ricorrente, a pena di inammissibilità di ricorso, formula apposita dichiarazione del valore della prestazione dedotta in giudizio, quantificandone l'importo nelle conclusioni dell'atto introduttivo poiché il Tribunale aveva liquidato le spese processuali in misura superiore al valore della domanda azionata, per effetto della restrizione di quest’ultima al periodo 4.12.2013 - 30.6.2014 e della limitazione del diritto all’indennità di accompagnamento al periodo 17.5.2014 - 30.6.2014 per un totale complessivo dovuto alla lavoratrice pari, appunto, ad euro 1.008,14 . Motivo che viene condiviso dalla Cassazione la quale, richiamando un precedente delle proprie Sezioni Unite, ribadisce come ai fini della determinazione del valore della causa per la liquidazione delle spese di giudizio, nelle controversie relative a prestazioni assistenziali va applicato il criterio previsto dall'art. 13, comma 1, c.p.c. per cui, se il titolo è controverso, il valore si determina in base all'ammontare delle somme dovute per 2 anni Cass. SS.UU. n. 10454/2015 . Tale biennio è un valore massimo da adeguare alla fattispecie concreta. Tale valore, nell’avviso della Cassazione, deve ritenersi quale limite massimo ragion per cui, se la prestazione ha durata inferiore, il valore della causa si determina con riguardo a tale durata anche in considerazione del fatto che, a mente del summenzionato art. 152 disp. att. c.p.c., nella materia de qua le spese non possono superare il valore della prestazione dedotta in giudizio . Per tale ragione la parte ricorrente, a pena di inammissibilità del ricorso, formula apposita dichiarazione del valore della prestazione richiesta. Tale dichiarazione, prosegue la Corte, non può che costituire il limite massimo cui raccordare la liquidazione delle spese che deve pur sempre tener conto della durata della prestazione come riconosciuta nello stesso senso Cass. 24319/2016, per la quale il criterio del disputatum deve essere contemperato con quello del decisum . Nel caso di specie, conclude la Cassazione accogliendo il ricorso e decidendo la controversia nel merito, era al valore riconosciuto alla lavoratrice che bisognava fare riferimento per la liquidazione delle spese mentre il Tribunale, senza alcuna indicazione dei criteri utilizzati, aveva proceduto ad una liquidazione esorbitante anche rispetto ai valori massimi previsti dal d.m. n. 55/2014 .

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, ordinanza 20 settembre – 23 ottobre 2017, n. 24956 Presidente Doronzo – Relatore Arienzo Fatto e diritto Rilevato che, con decreto di omologa dell’accertamento del requisito sanitario in capo a V.G. secondo le risultanze peritali, il Tribunale di Torino, in sede di ATP, liquidava le spese del procedimento nella complessiva somma di Euro 1800,00 oltre accessori come per legge, ponendo le stesse a carico dell’INPS, unitamente alle spese di CTU già liquidate che avverso tale capo del decreto ha proposto ricorso per cassazione l’INPS, affidando l’impugnazione ad unico motivo, cui non ha opposto difese la V. , rimasta intimata che la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., è stata comunicata al ricorrente, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio Considerato 1. che il Collegio ha deliberato di adottare una motivazione semplificata 2. che viene denunziata violazione e falsa applicazione dell’art. 152 disp. att. cpc assumendosi che, in disparte la considerazione sulla erronea decisione di accollare le spese all’INPS, sussistendo i motivi per la relativa compensazione, in ragione del riconoscimento del requisito sanitario per l’indennità di accompagnamento per un periodo ben più limitato di quello per il quale era stato richiesto l’ATP, il Tribunale aveva liquidato le spese processuali in misura superiore al valore al valore della domanda azionata, per effetto della restrizione di quest’ultima al periodo 4.12.2013-30.6.2014 e della limitazione del diritto al periodo 17.5.2014-30.6.2014, in relazione al quale il valore della causa doveva ritenersi ammontare a due mensilità dell’indennità richiesta complessivi Euro 1008,14 3. che, premesso che il ricorso può essere qualificato come ricorso straordinario ex art. 111 Cost., ammissibile limitatamente alla statuizione sulle spese, sia legali che di consulenza, trattandosi, solo in parte qua, di provvedimento definitivo, di carattere decisorio, incidente sui diritti patrimoniali delle parti e non altrimenti impugnabile, ritiene il Collegio che il ricorso è fondato 4. che alla presente fattispecie va applicato il D.M. 55/2014, in vigore dal 3 aprile 2014, essendo stata operata la liquidazione qui censurata con decreto del 28 ottobre 2015 5. che le Sezioni Unite di questa Corte hanno affermato che ai fini della determinazione del valore della causa per la liquidazione delle spese di giudizio, nelle controversie relative a prestazioni assistenziali va applicato il criterio previsto dall’art. 13, comma primo, cod. proc. civ., per cui, se il titolo è controverso, il valore si determina in base all’ammontare delle somme dovute per due anni - Cass., Sez. un., 21 maggio 2015, n. 10454 - 6. che l’ammontare delle due annualità deve ritenersi come limite massimo e che, se la prestazione ha durata inferiore, il valore della causa si determina con riguardo a tale durata, considerandosi altresì che, alla luce del nuovo testo aggiornato dell’art. 152 disp. att. cod. proc. civ., nella materia de qua, le spese non possono superare il valore della prestazione dedotta in giudizio v. penultimo periodo aggiunto dalla L. n. 69 del 2009, art. 52, comma 6, applicabile ai giudizi instaurati successivamente al 4/7/2009 ed a tal fine la parte ricorrente, a pena di inammissibilità di ricorso, formula apposita dichiarazione del valore della prestazione stessa v. ultimo periodo aggiunto dal D.L. n. 98 del 2011, art. 38, comma 1, lett. b , n. 2 conv. in I,. n. 111 del 2011 che anche con riguardo a tale previsione, è stato ritenuto in modo pienamente condivisibile che la dichiarazione di valore della prestazione non può che costituire il limite massimo cui raccordare la liquidazione delle spese che deve pur sempre tener conto della durata della prestazione, come riconosciuta cfr. Cass. 29 novembre 2016 n. 24319 che ha ciò argomentato ex Cass., Sez. un., 11 settembre 2007, n. 19014 e successive conformi, secondo cui il criterio del disputatum, ossia di quanto richiesto nell’atto introduttivo del giudizio ovvero nell’atto di impugnazione della sentenza, deve essere contemperato dal criterio del decisum 7. che nel caso di specie, di fronte ad una indennità di accompagnamento riconosciuta in favore di V.G. a far data dal 17.5.2014 e sino al 30.6.2014, e dunque, per meno di due mesi, era al relativo ammontare dei ratei secondo la prospettazione dell’INPS ammontante ad Euro 1,008,14 che occorreva fare riferimento per la liquidazione delle spese, laddove il Tribunale, senza alcuna indicazione dei criteri utilizzati, ha proceduto ad una liquidazione Euro 1800,00 esorbitante anche rispetto ai valori massimi previsti dal D.M. n. 55/2014, ratione temporis applicabile, per lo scaglione da utilizzare da Euro 1.101,00 ad Euro 5.200,00 8. che, pertanto, in dissenso rispetto alla proposta del relatore, il ricorso va accolto ed il provvedimento impugnato va cassato in parte qua, con ordinanza, ai sensi dell’art. 375, n. 5, cod. proc. civ. 9. che si ritiene che la causa possa essere decisa nel merito, ex art. 384 cod. proc. civ., non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, e che, avendo riguardo ai valori medi previsti - con riferimento allo scaglione fino ad Euro 5200,00 - per le tre fasi dei procedimenti di istruzione preventiva - l’importo liquidabile ammonti a complessivi Euro 805,00, in tale misura reputandosi corretta la determinazione delle spese dovute e provvedendosi nella presente sede 10. che le spese del presente giudizio di legittimità vanno compensate in coerenza con la valutazione del comportamento processuale della V. , che non ha opposto resistenza alcuna al ricorso dell’INPS, rimanendo intimata. P.Q.M. accoglie il ricorso, cassa il provvedimento impugnato in relazione al capo sulle spese e, decidendo nel merito, liquida le spese relative all’ATP in Euro 805,00. Compensa tra le parti le spese del presente giudizio di legittimità.