Somministrazione a termine? Sì, se si specificano i motivi

Nel contratto di somministrazione devono essere indicate le ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, anche se riferibili all’ordinaria attività dell’utilizzatore. L’indicazione in questione deve avvenire per iscritto e in modo specifico.

Lo stabilisce la Suprema Corte di Cassazione nella sentenza n. 24744/17, depositata il 19 ottobre. La vicenda. Un uomo affermava di aver prestato attività lavorativa per una s.p.a. in forza di tre contratti, il primo di fornitura di lavoro temporaneo e gli altri due di somministrazione. Chiedeva che tali contratti fossero dichiarati nulli e che fosse accertata l’esistenza di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato con la società utilizzatrice. Poiché sia in secondo grado che in appello gli veniva data ragione, la s.p.a. proponeva ricorso in Cassazione. Non basta a risolvere il rapporto a tempo indeterminato Secondo la ricorrente, il lasso di tempo intercorso tra cessazione del rapporto di lavoro e l’impugnazione giudiziaria attestavano la volontà di controparte di risolvere il contratto. La Corte di Cassazione non condivide questa tesi e, anzi, afferma che il mero decorso del tempo tra la scadenza del contratto e la proposizione dell’azione giudiziale non può bastare – da solo – a risolvere il rapporto a tempo indeterminato. Allo stesso modo, il mutuo consenso alla risoluzione del rapporto non si può desumere dal decorso del tempo rispetto all’esercizio dell’azione e dalla percezione del TFR. Le ragioni della somministrazione devono essere indicate nel contratto. La s.p.a., inoltre, sostiene che, in modo errato, sono state applicate al contratto di lavoro somministrato le forme prescritte per il contratto di lavoro subordinato a termine il contratto di somministrazione a termine non è condizionato all’esistenza di esigenze temporanee dell’azienda utilizzatrice, richiedendosi semplicemente esigenze oggettive anche se non temporanee. Anche queste tesi vengono prontamente respinte dalla Corte di Cassazione nel contratto di somministrazione devono essere indicate le ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, anche se riferibili all’ordinaria attività dell’utilizzatore. L’indicazione in questione deve avvenire per iscritto e in modo specifico. Per tali motivi il ricorso si intende respinto.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 9 maggio – 19 ottobre 2017, n. 24744 Presidente Napoletano – Relatore Spena Fatti di causa Con ricorso al Tribunale di Trani dell’11 gennaio 2007 C.A. , premesso di avere prestato attività lavorativa per la società BAR.S.A. spa in forza di tre contratti sottoscritti con la società Etjca spa il primo di fornitura di lavoro temporaneo, gli altri di somministrazione di lavoro temporaneo chiedeva accertarsi la nullità dei contratti e la esistenza di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato con la società utilizzatrice. Il giudice del lavoro, con sentenza del 28.4.2011, accoglieva la domanda, ritenendo costituito un rapporto di lavoro a tempo indeterminato decorrente dal primo contratto di somministrazione 19.1.2004 . La Corte d’appello di Bari, con sentenza del 10.7-5.9.2014 nr. 1947/2014 , rigettava l’appello della società BAR.S.A. spa. Per quanto rileva in causa la Corte territoriale escludeva la risoluzione consensuale del contratto di lavoro, ritenendo che gli elementi addotti dalla società appellante ovvero il lasso temporale intercorso tra la scadenza dell’ultimo contratto il 30.9.2004 e la iniziativa giudiziaria dell’11.1.2007 e la assenza di contestazioni all’atto della cessazione del rapporto di lavoro non fossero indicativi della volontà del lavoratore di scogliere il contratto. Nel merito esponeva che a norma dell’articolo 20, co. 4, D.L.vo 276/2003 nel contratto di somministrazione a tempo determinato dovevano essere enunciate, a pena di nullità, le ragioni di carattere tecnico, produttivo organizzativo o sostitutivo, anche se riferite all’ordinaria attività dell’utilizzatore tali ragioni dovevano essere, altresì, indicate nel collegato contratto di lavoro subordinato a tempo determinato, come prescritto dall’articolo 1 del decreto legislativo 368/2001, quest’ultimo richiamato dall’articolo 22 co. 2 del D.L.gs. 276/2003. Non era pertanto condivisibile l’assunto della società appellante secondo cui la indicazione delle causali e la relativa forma scritta valevano soltanto per il contratto commerciale di somministrazione, concluso con la agenzia di somministrazione di lavoro, contratto che, peraltro, non era stato prodotto in giudizio. Nel contratto di lavoro del 19.1.2004 vi era un mero richiamo ai casi previsti dal CCNL che non assolveva al requisito di specificità della causale del termine dalla lettura del CCNL del 25.5.2001, articolo 17, emergevano, infatti, ipotesi diverse e del tutto eterogenee. Il successivo contratto del 16.9.2004 presentava la stessa genericità, poiché faceva riferimento a ragioni di carattere produttivo-intensificazione straordinaria di attività che non erano state individuate neppure in giudizio. Non era invocabile a tal fine la nota del Comune di Barletta del 13.9.2004 in cui si faceva riferimento ai servizi aggiuntivi di igiene urbana effettuati dalla BAR.S.A. posto che i servizi aggiuntivi si riferivano al periodo dall’1 gennaio al 30 agosto 2004 mentre il secondo contratto era stato concluso il 16 settembre 2004. Ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza la società BAR.S.A. spa, articolato in due motivi il ricorso è capitolato in tre punti, di cui il primo relativo allo svolgimento del processo , al quale ha opposto difese C.A. con controricorso. La società ETJCA spa è rimasta intimata. Ragioni della decisione 1. Con il primo motivo la società ricorrente ha dedotto -ai sensi dell’articolo 360 nr 3 cod.proc.civ. violazione e falsa applicazione dell’articolo 1372 cod.civ e dell’articolo 2697 cod.civ. nonché ai sensi dell’articolo 360 nr. 5 cod.proc.civ. omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine a fatti decisivi del giudizio. Ha dedotto che il lasso di tempo intercorso tra la cessazione del rapporto di lavoro e la impugnazione giudiziaria, unitamente al ritiro del libretto di lavoro ed alla riscossione del TFR, attestavano la volontà del C. di risolvere il contratto. Ha esposto di avere richiesto, tanto in primo che in secondo grado, la acquisizione di informazioni presso l’INPS per accertare se il lavoratore avesse prestato attività lavorativa dopo la cessazione del rapporto di causa, richiesta non esaminata in entrambi i gradi di merito. Il motivo è infondato. Invero, la giurisprudenza di questa Suprema Corte cui va data continuità è ormai consolidata nello statuire che nel rapporto di lavoro a tempo determinato la mera inerzia del lavoratore dopo la scadenza del contratto a termine è di per sé insufficiente a far ritenere una risoluzione del rapporto di lavoro per mutuo consenso. Affinché possa configurarsi una tale risoluzione è necessario che sia accertata sulla base del lasso di tempo trascorso dopo la conclusione dell’ultimo contratto a termine nonché del comportamento tenuto dalle parti e di eventuali circostanze significative una chiara e certa volontà comune di porre fine ad ogni rapporto lavorativo, tenuto conto, altresì, del fatto che l’azione diretta a far valere l’illegittimità del termine apposto al contratto di lavoro si configura come azione di nullità parziale del contratto per contrasto con norme imperative ex artt. 1418 e 1419 cpv. c.c., per sua natura imprescrittibile cfr., ex aliis, 24/11/2015, n. 23965 Cass. 15.11.2010 n. 23057 conf. Cass. 1.2.2010 n. 2279 . Il mero decorso del tempo tra la scadenza del contratto e la proposizione della azione giudiziale non può, di per sé solo, costituire elemento idoneo ad esprimere in maniera inequivocabile la volontà delle parti di risolvere il rapporto a tempo indeterminato, in un ottica che svaluti il ruolo e la rilevanza della volontà delle parti intesa in senso psicologico in favore di un elemento obiettivo, socialmente e giuridicamente valutabile come risoluzione per tacito mutuo consenso v. Cass., 15/12/97 n. 12665 Cass., 25/3/93 n. 824 . La Corte territoriale ha correttamente escluso che un mutuo consenso alla risoluzione del rapporto di lavoro potesse desumersi dal decorso del tempo rispetto all’esercizio dell’azione e dalla percezione del TFR la accettazione del TFR non costituisce, infatti, elemento di valutazione significativo perché risponde più direttamente, stante la perdita del reddito da lavoro, ad esigenze alimentari. Non determina un vizio motivazionale il mancato riscontro della istanza della società di acquisire informazioni presso l’INPS, istanza che non rappresentava fatti decisivi, in quanto aveva palesemente una inammissibile finalità esplorativa. 2. Con il secondo motivo la società BAR.S.A. spa ha dedotto violazione e falsa applicazione degli artt. 20, 21 e 27 del DLgs. 276/2003 nonché omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine a fatti decisivi. Ha censurato la sentenza per avere affermato che le specifiche ragioni del ricorso della somministrazione a tempo determinato devono essere richiamate nel contratto di lavoro individuale a termine. La società ricorrente ha assunto la erroneità della applicazione al contratto di lavoro somministrato delle forme prescritte per il contratto di lavoro subordinato a termine il contratto di somministrazione a termine non era condizionato alla esistenza di esigenze temporanee della azienda utilizzatrice, richiedendosi semplicemente esigenze oggettive anche se non-temporanee. Inoltre le norme sulla somministrazione non solo non prescrivevano che le ragioni tecniche, produttive, organizzative o sostitutive dovessero essere indicate nel contratto di lavoro ma addirittura lo escludevano, poiché prevedevano la possibilità di accertarne la esistenza in giudizio articolo 27 comma 3 D.L.vo 276/203 . Nella fattispecie di causa doveva ritenersi sufficiente il richiamo ai casi previsti nel CCNL , poiché l’articolo 20 co. 4 D.Lvo 276/2003 conteneva una delega in bianco alla contrattazione collettiva il CCNL del 2003 consentiva una diffusa applicazione del lavoro in somministrazione con l’unico limite del rispetto del limite percentuale dell’8% dei lavoratori a termine occupati, limite che non veniva contestato in causa e che non riguardava, in ogni caso, i contratti di durata non superiore a 7 mesi. Le esigenze tecnico produttive del secondo contratto erano state documentate con la nota del Comune di Barletta e la delibera del Consiglio Comunale, versate in atti il contratto del settembre 2014 aveva avuto durata di soli 15 giorni ed i servizi aggiuntivi per il Comune di Barletta potevano essere ultimati entro un mese dalla scadenza indicativamente prevista, come risultava dalla lettera del 7.9.2014. Dalla stessa documentazione versata da controparte emergeva che la società aveva inteso ricoprire posti vacanti in attesa dell’espletamento dei concorsi per la assunzione. Il motivo è infondato. La Corte di merito ha rilevato che non era stato prodotto in causa il contratto di somministrazione stipulato tra la società BAR.S.A. spa e la agenzia di somministrazione ETJCA spa ma unicamente i due contratti di lavoro temporaneo sottoscritti tra la agenzia di somministrazione ETJCA ed il lavoratore. Correttamente la sentenza ha evidenziato foglio 11 della sentenza, in fine e foglio 12, in principio che la norma dell’articolo 21 co. 4 del D.L.gs. 276/2003 nel testo applicabile ratione temporís, anteriore alle modifiche apportate dal D.Lgs. 251/2004, articolo 5, comma 1 sanzionava di nullità il contratto di somministrazione in mancanza di forma scritta e della indicazione tra l’altro e per quanto rilevante in causa degli elementi di cui alla lettera c del precedente comma 1 e prevedeva che in tale ipotesi i lavoratori erano considerati a tutti gli effetti alle dipendenze dell’utilizzatore. La richiamata lettera c dell’articolo 21, comma 1, indicava tra gli elementi necessari del contratto di somministrazione i casi e le ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo di cui ai commi 3 e 4 dell’articolo 20 . Il termine ragioni è riferito al quarto comma dell’articolo 20, che ammette il contratto di somministrazione a tempo determinato in presenza di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, anche se riferibili all’ordinaria attività dell’utilizzatore . Questa Corte ha già affermato,con orientamento cui in questa sede si intende assicurare continuità Cass. civ. sezione lavoro 3 aprile 2013 nr. 8120 26 ottobre 2012 nr. 18474 1 agosto 2014 nr. 17540 in fattispecie regolata dal testo dell’articolo 21 co. 4 D.Lvo 276/2003 come modificato dal D.Lgs. 251/2004 , che le ragioni del contratto di somministrazione a termine devono essere indicate per iscritto nel contratto e devono essere indicate, in quella sede, con un grado di specificazione tale da consentire di verificare tanto se rientrino nella tipologia di legge tanto se ricorrano nel caso concreto. Appare dunque autonomamente decisiva nel senso della nullità del contratto di somministrazione e della costituzione del rapporto di lavoro con l’utilizzatore la motivazione con cui la Corte di merito ha evidenziato che il contratto di somministrazione non era stato neppure prodotto in causa pagina 15 della sentenza, in principio . Il ricorso deve essere conclusivamente respinto. Le spese, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza. Trattandosi di giudizio instaurato successivamente al 30 gennaio 2013 sussistono le condizioni per dare atto ai sensi dell’articolo 1 co 17 L. 228/2012 che ha aggiunto il comma 1 quater all’articolo 13 DPR 115/2002 della sussistenza dell’obbligo di versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la impugnazione integralmente rigettata. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrente al pagamento delle spese, che liquida in Euro 200 per esborsi ed Euro 4.000 per compensi professionali oltre spese generali al 15% ed accessori di legge. Ai sensi dell’articolo 13 co. 1 quater del DPR 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.