Gomme e caramelle costano il licenziamento al dipendente del supermercato

L’uomo è stato fermato mentre provava a portar via alcune confezioni senza pagare il relativo importo, pari ad appena 9 euro e 80 centesimi. Drastica la reazione dell’azienda, legittimata ora dai giudici che ritengono evidente la gravità della condotta, a prescindere dal minimo valore economico della merce.

Ha portato via dal supermercato, dopo aver concluso la propria giornata di lavoro, alcune confezioni di gomme e alcune confezioni di caramelle. Non è passato dalla cassa, non ha provveduto a pagare la merce, e il sistema antitaccheggio lo ha tradito. Quella scelta gli è costata carissima l’azienda lo ha licenziato in tronco. E il provvedimento è ora ritenuto corretto dai giudici, nonostante il risibile valore economico, pari a neanche 10 euro, dei prodotti sottratti Corte di Cassazione, sentenza n. 24014/17, sez. Lavoro, depositata oggi . Beccato. Linea dura adottata già in Tribunale e in Corte d’Appello i giudici sono stati concordi nel ritenere legittimo il licenziamento del lavoratore, beccato, come detto, a portar via dal supermercato confezioni di gomme e di caramelle per un valore complessivo di 9euro e 80centesimi . Respinte le obiezioni proposte dal dipendente della struttura commerciale e centrate soprattutto sul minimo valore della merce. Su questo fronte, difatti, i Giudici ritengono comunque evidente la gravità della condotta , soprattutto alla luce della organizzazione del lavoro esposizione delle merci alla pubblica fede e delle mansioni affidate al lavoratore che era stato prima addetto alla sicurezza e poi addetto al rifornimento degli scaffali . Fiducia. La decisione messa per iscritto in Appello viene ora confermata e resa definitiva dalla Cassazione. Inutile si rivela il ricorso proposto nelle aule del Palazzaccio dal legale del lavoratore, che può dire addio definitivamente al proprio vecchio impiego. Una volta accertata, come in questo caso, l’asportazione di beni dell’azienda , i magistrati sottolineano la necessità di valutare il peso della condotta rispetto al vincolo fiduciario che dovrebbe legare datore di lavoro e dipendente. Ebbene, in questa vicenda pare decisivo, secondo i giudici della Cassazione, il riferimento alla organizzazione aziendale, caratterizzata dalla esposizione della merce nei banchi di vendita e alle mansioni affidate al lavoratore, che comportavano diretto contatto con la merce . Non trascurabile, poi, viene ritenuto il carattere fraudolento della condotta , desumibile, osservano i giudici, dalla convinzione del lavoratore che la sottrazione non sarebbe stata scoperta, poiché le confezioni di gomme e di caramelle erano prive dei tradizionali visibili dispositivi antitaccheggio , mentre, in realtà, erano stati apposti sulla merce, all’insaputa dei lavoratori, adesivi idonei a far scattare l’allarme antifurto . Tutti questi elementi fanno emergere, a parere dei magistrati, la inaffidabilità del lavoratore, con conseguente lesione irrimediabile del rapporto con l’azienda. Ecco perché il licenziamento non può essere ritenuto esagerato, nonostante la modesta entità del danno patrimoniale e la mancanza di precedenti disciplinari a carico dell’oramai ex dipendente.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 10 maggio – 12 ottobre 2017, numero 24014 Presidente Napoletano – Relatore Torrice Svolgimento del processo 1. La Corte di Appello di Napoli con la sentenza numero 7271 in data 30.10.2014 ha confermato la sentenza del Tribunale di Napoli, che aveva respinto il ricorso proposto da Ra. Av. nei confronti della società S.S.C.- Società Sviluppo Commerciale s.r.l. spa volto all'accertamento della illegittimità del licenziamento intimato il 2.5.2009 ed alla pronuncia dei provvedimenti restitutori, economici e reali. 2. La Corte territoriale ha rilevato che il giorno 5.4.2009 alle ore 13.10, l'Av., scattato l'allarme antitaccheggio al momento del suo passaggio nella portineria del Supermercato ove prestava servizio, era stato trovato in possesso di confezioni di gomme e di caramelle del valore complessivo di Euro 9.80 né nella immediatezza dei fatti né in sede disciplinare il lavoratore aveva spiegato le ragioni del possesso dei beni rivenuti nel giacchetto e nei pantaloni non era stata provata l'esistenza di dissapori tra l'Av. ed il capo della sicurezza era rimasta indimostrata l'esistenza di un piano volto ad incastrare l'Av. in quanto la merce era stata rinvenuta non solo nel giacchetto, che il lavoratore aveva riferito di avere lasciato incustodito, ma anche nei pantaloni che il ricorrente indossava l'elemento intenzionale era desumibile dalla circostanza che l'Av., al pari degli altri dipendenti, non era a conoscenza del fatto che sui prodotti esposti negli scaffali erano stati apposti dispositivi antitaccheggio non visibili adesivi la gravità della condotta e la proporzione della sanzione espulsiva non potevano ritenersi escluse dal valore esiguo dei beni sottratti, avuto riguardo alla organizzazione del lavoro esposizione delle merci alla pubblica fede , alle mansioni affidate all'Av. sino al 2008 addetto alla sicurezza al momento di commissione dei fatti sottesi al licenziamento addetto rifornimento degli scaffali l'inesistenza di precedenti disciplinari non costituiva elemento sufficiente per escludere la lesione del vincolo fiduciario in ragione della oggettiva gravità del comportamento e dell'elemento soggettivo, compendiatosi nella negazione dei doveri fondamentali che incombono sul lavoratore e su qualsiasi cittadino. 3. Avverso detta sentenza Ra. Av. ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo, al quale ha resistito con tempestivo controricorso la società S.S.C. Società Sviluppo Commerciale srl. Entrambe le parti hanno depositato memorie ex articolo 378 c.p.comma Motivi della decisione Sintesi del motivo 4. Con l'unico motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell'articolo 360 comma 1 numero 3 c.p.c, violazione e falsa applicazione dell'articolo 2119 c.c Asserisce che la Corte territoriale, nel formulare il giudizio di gravità della condotta addebitata ad esso ricorrente e quello di proporzionalità della sanzione espulsiva comminata, non avrebbe considerato che i fatti oggetto di contestazione disciplinare non risultavano accertati in modo incontrovertibile, che il valore dei beni assunti come sottratti era esiguo Euro 9,80 , che prima del licenziamento non era stata irrogata alcuna sanzione disciplinare. Esame del motivo 5. E' utile osservare che la giurisprudenza di questa Corte ha da tempo precisato che il vizio di violazione di norme di diritto consiste nella deduzione di un'erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie normativa astratta e, quindi, implica necessariamente un problema interpretativo della stessa viceversa, l'allegazione di una errata ricostruzione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è esterna all'esatta interpretazione della norma ed inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, sotto l'aspetto del vizio di motivazione. Il discrimine tra l'una e l'altra ipotesi è segnato dal fatto che solo quest'ultima censura, e non anche la prima, è mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa Cass. 6099/2017, 24029/2016, 10057/2016, 14468/2015 . 6. Da detto principio generale è stata tratta la conseguenza, in tema di licenziamento per giusta causa, della possibilità di configurare un vizio di sussunzione solo qualora la combinazione e il peso dei dati fattuali, così come definito dal giudice del merito, non consente comunque la riconduzione alla nozione legale di giusta causa di licenziamento. Altrimenti occorrerà dedurre che è stato omesso l'esame di un parametro tra quelli individuati dalla giurisprudenza ai fini dell'integrazione della giusta causa avente valore decisivo, nel senso che l'elemento trascurato avrebbe condotto ad un diverso esito della controversia con certezza e non con grado di mera probabilità ma in tal caso il vizio è attratto nella sfera di applicabilità dell'articolo 360, co. 1, numero 5, c.p.comma Cass. 18715/2016 e, quindi, per le sentenze, quali quella oggi impugnata, pronunciate decorsi trenta giorni dall'entrata in vigore della legge 7 agosto 2012 numero 134 pubblicata sulla G.U. numero 187 dell'11.8.2012 , di conversione del D.L. 22 giugno 2012 numero 83, sarà denunciabile unicamente l'omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione fra le parti. 7. Alla luce dei principi innanzi richiamati, il motivo è inammissibile nella parte in cui il ricorrente deduce che la condotta oggetto di contestazione disciplinare e posta a base del licenziamento non risulterebbe accertata in modo incontrovertibile. La doglianza è, infatti, estranea al perimetro del vizio dedotto e riconducibile, in sostanza, all'articolo 360 comma 1 numero 5 c.p.c, perché non è stato denunciato l'omesso esame di un fatto storico decisivo per il giudizio ma è stata sollecitata, in realtà, una nuova, lettura del materiale istruttorio, inammissibile in sede di legittimità Cass.SSU 8053/2014 e 24148/2013 Cass. 1541/2016, 15208/2014, 24148/2013, 21485/2011, 9043/2011, 20731/2007, 181214/2006, 3436/2005, 8718/2005 . 8. Il motivo è infondato nella parte in cui il ricorrente, denunciando violazione e falsa applicazione dell'articolo 2119 c.c., propone un diverso apprezzamento della gravità dei fatti e della concreta ricorrenza degli elementi che integrano il parametro normativo della giusta causa, apprezzamento che, ponendosi sul piano del giudizio di fatto, è demandato al giudice di merito ed è sindacabile in cassazione solo a condizione che la contestazione contenga una specifica denuncia di incoerenza rispetto agli standards, conformi ai valori dell'ordinamento, esistenti nella realtà sociale Cass. 5707/2017, 23862/2016, 7568/2016, 2692/2015, 25608/2014, 6498/2012, 5095/2011, 35/2011, 19270/2006, 9299/2004 . 9. Va, al riguardo, osservato che secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale di questa Corte, la valutazione in ordine alla ricorrenza della giusta causa e al giudizio di proporzionalità della sanzione espulsiva deve essere operata con riferimento agli aspetti concreti afferenti alla natura e alla utilità del singolo rapporto, alla posizione delle parti, al grado di affidamento richiesto dalle specifiche mansioni del dipendente, al nocumento eventualmente arrecato, alla portata soggettiva dei fatti stessi, ossia alle circostanze del loro verificarsi, ai motivi e all'intensità dell'elemento intenzionale o di quello colposo tra le più recenti, Cass. 1977/2016, 1351/2016, 12059/2015 25608/2014 . Con la precisazione, quanto a quest'ultimo che, al fine di ritenere integrata la giusta causa di licenziamento, non è necessario che l'elemento soggettivo della condotta del lavoratore si presenti come intenzionale o doloso, nelle sue possibili e diverse articolazioni, posto che anche un comportamento di natura colposa, per le caratteristiche sue proprie e nel convergere degli altri indici della fattispecie, può risultare idoneo a determinare una lesione del vincolo fiduciario così grave ed irrimediabile da non consentire l'ulteriore prosecuzione del rapporto. Cass. 13512/2016, 5548/2010 . 10. Con riguardo ai casi nei quali siffatta indagine debba compiersi, come nel caso concreto, in relazione ad una contestazione di asportazione di beni dell'azienda, questa Corte ha sottolineato Cass. 3122/2015, 19684/2014, 6219/2014, 6447/2005, 15320/2004, 14507/2003, 6609/2003, 7462/2002, 5633/2001, 11806/1997 che la modesta entità del fatto può essere ritenuta non tanto con riferimento alla tenuità del danno patrimoniale, quanto in relazione all'eventuale tenuità del fatto oggettivo, sotto il profilo del valore sintomatico che lo stesso può assumere rispetto ai futuri comportamenti del lavoratore e, quindi, alla fiducia che nello stesso può nutrire l'azienda, essendo necessario al riguardo che i fatti addebitati rivestano il carattere di grave negazione degli elementi del rapporto di lavoro e, specialmente, dell'elemento essenziale della fiducia, cosicché la condotta del dipendente sia idonea a porre in dubbio la futura correttezza del suo adempimento. 11. Alla luce di tali principi deve, quindi, essere condiviso il giudizio valoriale di gravità della condotta contestata e di proporzionalità della sanzione espulsiva, formulato dalla Corte territoriale in corretta applicazione dei principi innanzi richiamati. 12. La Corte territoriale ha, infatti, tenuto conto della peculiarità della organizzazione aziendale caratterizzata dalla esposizione della merce esposta nei banchi di vendita, del fatto che le mansioni affidate al lavoratore comportavano diretto contatto con la merce il ricorrente fino al settembre 2008 aveva svolto mansioni di addetto alla sicurezza ed all'epoca della commissione dell'illecito era addetto al rifornimento degli scaffali e del carattere fraudolento della condotta, desunto dalla convinzione del lavoratore che la sottrazione non sarebbe stata scoperta perché le confezioni di gomme e di caramelle trovate nelle tasche del giacchetto e dei pantaloni erano prive dei tradizionali visibili dispostivi antitaccheggio di recente e all'insaputa dei lavoratori erano stati apposti sulla merce adesivi idonei a far scattare l'allarme antifurto . Proprio il dimostrato carattere fraudolento, nella specie palesemente doloso e premeditato, della condotta del lavoratore è stato ritenuto sintomatico della sua, anche prospettica, inaffidabilità e, come tale, idoneo ad incidere in maniera grave ed irreversibile sull'elemento fiduciario, nonostante la modesta entità del danno patrimoniale e la mancanza di precedenti disciplinari. 13. La produzione ad opera del ricorrente in sede di memoria ex articolo 378 c.p.comma della sentenza penale, in ordine alla quale manca la certezza del suo passaggio in giudicato, non è ammissibile ai sensi dell'articolo 372 c.p.c, che consente la produzione di documenti non prodotti nei precedenti gradi solo se idonei a dimostrare la nullità della sentenza impugnata o l'ammissibilità del ricorso e del controricorso Cass. SSUU 7375/2004 Cass. 13392/2017, 25267/2007, 4872/2010 . 14. Sulla scorta delle considerazioni svolte il ricorso va rigettato. 15. Le spese seguono la soccombenza. 16. Ai sensi dell'articolo 13 e. 1 quater del D.P.R. numero 115 del 2002, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13. P.Q.M. La Corte Rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente a rifondere alla controricorrente le spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 3.500,00 per compensi professionali, Euro 200,00 per esborsi, oltre 15% per rimborso spese generali forfettarie, oltre IVA e CPA Ai sensi dell'articolo 13 comma 1 quater del D.P.R. numero 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.