Il giudice può pronunciarsi sulla revocazione della sua sentenza

La Corte afferma che non vi è alcuna incompatibilità in capo al giudice che abbia pronunciato la sentenza impugnata per revocazione a partecipare alla decisione sulla domanda di revocazione quando tratta un errore precettivo e non valutativo.

Così la Suprema Corte con la sentenza n. 23498/17, depositata il 9 ottobre. Il caso. Il lavoratore licenziato proponeva ricorso per revocazione avverso la sentenza che in riforma della sentenza di primo grado, disattendeva la domanda volta a veder accertata l’illegittimità del licenziamento. Tra i motivi di ricorso in Cassazione il ricorrente denunciava la violazione dell’art. 111, comma 2, cost. e dell’art. 158 c.p.c. anche alla luce della nuova formulazione dell’art. 2, comma 3, l. n. 1117/88. Il ricorrente lamentava la nullità della sentenza a causa della composizione del collegio costituito da 2 giudici che avevano preso parte alla precedente decisione oggetto di revocazione. Incompatibilità del giudice. La Cassazione afferma che sia consolidato orientamento della Corte ritenere che non vi è alcuna incompatibilità in capo al giudice che abbia pronunciato la sentenza impugnata per revocazione a partecipare alla decisione sulla domanda di revocazione. Per la Cassazione, quindi, non sussiste alcuna incompatibilità del giudice a decidere la causa in quanto la sentenza impugnata per revocazione tratta un errore precettivo e non valutativo, per cui ne deriva che può essere modificato anche dallo stesso giudice o collegio giudicante. Anche l’analisi della disciplina invocata dal ricorrente in tema di responsabilità civile dei magistrati di cui alla l. n. 117/88, conferma tale orientamento, quest’ultima, infatti, non impone che il collegio giudicante debba essere mutato qualora debba giudicare della revocazione, basata su un dedotto errore precettivo e non valutativo. Per questi motivi la Cassazione rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 4 aprile – 9 ottobre 2017, numero 23498 Presidente Napoletano – Relatore Balestrieri Svolgimento del processo Con ricorso per revocazione S.A. impugnava la sentenza della Corte d’appello di Reggio Calabria numero 298/15, con la quale, in riforma della sentenza di primo grado, era stata disattesa la sua domanda diretta alla declaratoria di illegittimità del licenziamento per giusta causa irrogatogli dalla datrice di lavoro Banca Nuova s.p.a. il 21.11.10, ed alla conseguente reintegrazione. Il S. sosteneva l’esistenza di errori di fatto, ai sensi dell’articolo 395 numero 4 c.p.c., in ordine a più punti della sentenza. Contestualmente chiedeva la sospensione dell’esecuzione della sentenza ai sensi degli artt. 373 e 401 c.p.c. deducendo l’esistenza di un grave ed irreparabile danno, chiedendo altresì la sospensione del termine per proporre ricorso per cassazione. Resisteva la Banca Nuova s.p.a. Con sentenza numero 916/15, depositata il 15 luglio 2015, la Corte d’appello di Reggio Calabria rigettava il ricorso e la richiesta sospensione dei termini. Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso il S. , affidato a due articolati motivi. Resiste la Banca con controricorso. Motivi della decisione 1.-Con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 365 recte 395 , comma 4, c.p.c Lamenta che la sentenza impugnata fondò il suo convincimento su di una rappresentazione della realtà frutto di una distorta ed impropria percezione degli atti di causa e di fatti che sono risultati nuovi perché in larga parte contenuti in una relazione interna della Banca, entrata a far parte degli atti del giudizio solo in modo residuale e senza una formale acquisizione da parte del giudicante. Lamenta ancora che la sentenza impugnata valutò erroneamente le dichiarazioni rese dal ricorrente in data 23.7.10 e nella lettera dell’11.10.10 che ritenne autografa la sigla apposta su di una autorizzazione di bonifico che ritenne erroneamente contestatagli anche la violazione delle norme antiriciclaggio, che non era mai stata oggetto di addebito nella lettera della Banca dell’8.10.10 che parimenti era incorsa in errore di fatto circa una presunta contestazione di mancata segnalazione, da parte del ricorrente, alla centrale allarme interbancaria in ordine all’emissione di assegni circolari su insoluti e di assegni tratti su Poste Italiane e di tutta una serie di presunte contestazioni disciplinari non contenute nella lettera di addebiti dell’8.10.10, ed in particolare circa i rapporti con tal G. . 1.1- Il motivo è inammissibile in base al principio desumibile dall’articolo 403 c.p.c., secondo cui Non può essere impugnata per revocazione la sentenza pronunziata nel giudizio di revocazione. Contro di essa sono ammessi i mezzi di impugnazione ai quali era originariamente soggetta la sentenza impugnata per revocazione . Ne consegue che nel ricorso per cassazione proposto avverso la sentenza emessa nel giudizio di revocazione non sono deducibili censure diverse da quelle previste dall’articolo 360 cod. proc. civ., e, in particolare, non sono denunciabili vizi revocatori ex articolo 395 cod. proc. civ., non rilevando in contrario la circostanza che la sentenza pronunciata nel giudizio di revocazione non possa essere a sua volta impugnata per revocazione Cass. numero 15386 del 28/06/2010, Cass. numero 6441 del 19/03/2007 . Nella specie l’odierno ricorrente evidenzia inammissibilmente, ai sensi dell’articolo 403 c.p.c., una serie di errori di fatto percettivi a suo avviso commessi dalla sentenza impugnata. Deve in ogni caso evidenziarsi che il ricorrente censura nella sostanza apprezzamenti di fatto compiuti dal giudice di merito, ivi compreso l’esercizio dei poteri istruttori rimessi alla sua prudente valutazione, nel regime di cui al novellato numero 5 dell’articolo 360, comma 1, c.p.c. che limita il sindacato sulla motivazione, ivi compresi l’esercizio dei poteri istruttori e la valutazione delle prove, all’omesso esame su di un fatto decisivo non esaminato dal giudice di merito Cass. numero 21439/15, Cass. numero 18817/15, Cass. numero 14324/15 . 2.- Con il secondo motivo il ricorrente denuncia la violazione dell’articolo 111, comma 2, Cost. e dell’articolo 158 c.p.c., anche alla luce della nuova formulazione dell’articolo 2, comma 3, della L. numero 117/88. Lamenta che la sentenza impugnata è affetta da nullità in quanto il collegio era costituito da due giudici che avevano preso parte alla precedente decisione oggetto di revocazione. Evidenzia che tale principio è stato rafforzato dalla citata norma costituzionale che statuisce il principio di un giudice terzo ed imparziale e dall’articolo 2, comma 3, della L. numero 117/88 in tema di responsabilità civile dei magistrati che ha aggiunto al riguardo esplicitamene l’ipotesi di travisamento del fatto o delle prove. 2.1- Il motivo è infondato. Questa Corte ha già affermato che, salvo che nell’ipotesi prevista dall’articolo 395 numero 6 cod. proc. civ. dolo del giudice , secondo l’ordinamento processuale vigente non sussiste, per i magistrati che abbiano pronunciato la sentenza impugnata per revocazione, alcuna incompatibilità a partecipare alla decisione sulla domanda di revocazione Cass. numero 19498/06, Cass. numero 8180/09 . In tali pronunce, che il Collegio condivide, si è affermato che è ben vero che la revocazione si propone davanti allo stesso giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata articolo 398 c.p.c. - da intendersi quale stesso ufficio giudiziario - ma è possibile, tuttavia, che il collegio giudicante sia formato in tutto o in parte dalle medesime persone - non sussistendo, secondo l’ordinamento processuale vigente, alcuna incompatibilità, a partecipare alla decisione sulla domanda di revocazione, per i magistrati che abbiano pronunciato la sentenza impugnata per revocazione, trattandosi di errore percettivo e non già valutativo che, come tale, ben può essere riparato anche dallo stesso giudice o collegio giudicante. Coerentemente, per i magistrati, che abbiano pronunciato la sentenza impugnata per revocazione, la incompatibilità, a partecipare alla decisione sulla domanda di revocazione, appunto, sussiste - secondo la giurisprudenza di questa Corte vedine le sentenze numero 19498/2006, 2222/1987, 1624/1965, 2342/1962 - soltanto nella ipotesi in cui risulti denunciato, nel caso concreto, il vizio revocatorio del dolo del giudice Fonti del diritto processuale, infatti, sono, essenzialmente, il codice di procedura civile, leggi speciali e principi fondamentali della Costituzione quali gli artt. 24, 25, 111 , nella stessa materia arg. ex articolo 1 c.p.c. , mentre gli atti amministrativi, che sogliono disciplinare il rito nei suoi aspetti organizzativi, e le consuetudini valgono - secondo la giurisprudenza di questa Corte vedine, per tutte, la sentenza numero 23543/2006 - solo se richiamati dal codice di rito o da legge speciale vedi, ad esempio, l’articolo 531 c.p.c., comma 1 . Tanto basta per ritenere irrilevante la prassi prospettata, anche a volere prescindere dalla palese differenza, che corre - secondo la giurisprudenza di questa Corte vedine, per tutte, le sentenze numero 1018/2006, 12869/2002, 12507/1999, 4231/1975, 713/1974, 1079/1972, 1226/1970 - tra prassi, appunto, e consuetudini, che costituiscono fonti di diritto. A prescindere dalle superiori argomentazioni - peraltro assorbenti - la eventuale incompatibilità di uno o più componenti di qualsiasi collegio giudicante - che, per quanto si è detto, non ricorre, tuttavia, nella specie - in nessun caso, costituisce causa di nullità della sentenza - secondo la giurisprudenza di questa Corte vedine, per tutte, la sentenza numero 5030/2007 - costituendo, semmai, la stessa circostanza elemento da valutare ai fini della astensione del giudice oppure della sua ricusazione ad opera delle parti ai sensi degli artt. 51 e 52 c.p.c. . Né rileva, poi, il principio costituzionale del giusto processo, invocato dal ricorrente, secondo cui ogni processo si svolge nel contraddittorio delle parti, in condizioni di parità, davanti ad un giudice terzo ed imparziale”, fornendo il quadro normativo in materia di incompatibilità ed eventuale ricusazione una adeguata garanzia circa l’imparzialità del giudice in ipotesi di giudizio di revocazione. Né può condurre a diverse conclusioni, in ordine alla composizione del collegio giudicante nel giudizio di revocazione, l’invocata disciplina in tema di responsabilità civile dei magistrati di cui alla L. numero 117/88 ove è prevista l’ipotesi del travisamento del fatto o delle prove , posto che essa, accanto alla possibilità di ricusazione del giudice, contribuisce a rafforzare e ad ulteriormente garantire l’imparzialità del collegio giudicante, e certamente comunque non imponendo che esso debba essere mutato qualora debba giudicare della revocazione, basata su di un dedotto errore percettivo e non valutativo. 3.-Il ricorso deve essere pertanto rigettato. Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 200,00 per esborsi, Euro 4.500,00 per compensi professionali, oltre spese generali nella misura del 15%, i.v.a. e c.p.a. Ai sensi dell’articolo 13, comma 1 quater, del d.P.R. numero 115/02, nel testo risultante dalla L. 24.12.12 numero 228, la Corte di atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.