La 13ma rientra nella retribuzione pensionabile anche in caso di opzione per rimanere in servizio

Gli Ermellini vengono chiamati a pronunciarsi in merito alla determinazione della retribuzione pensionabile per il lavoratore che abbia esercitato l’opzione e goduto del bonus relativo al posticipo del pensionamento di cui alla l. n. 243/2004.

Così l’ordinanza della Corte di Cassazione n. 21668/17 depositata il 19 settembre. Il caso. Un dipendente Telecom, in possesso dei requisiti per il godimento della pensione di anzianità, esercitava l’opzione per rimanere in servizio ex art. 1, comma 12, l. n. 243/2004 Norme in materia pensionistica e deleghe al Governo nel settore della previdenza pubblica, per il sostegno alla previdenza complementare e all'occupazione stabile e per il riordino degli enti di previdenza ed assistenza obbligatoria e chiedeva che nella retribuzione pensionabile fosse inclusa anche una quota della tredicesima relativa all’anno di permanenza in servizio. A seguito dell’accoglimento della domanda nei due gradi di merito, l’INPS ricorre in Cassazione. Calcolo della retribuzione pensionabile. Gli Ermellini, dovendo risolvere la questione del computo nella retribuzione pensionabile dei ratei di 13ma già maturati all’esercizio dell’opzione per il conseguimento del bonus e la prosecuzione del rapporto di lavoro, negano ogni fondamento alla doglianza dell’INPS che invocava il ricorso al criterio di cassa per la determinazione della retribuzione pensionabile. La sentenza impugnata ha infatti correttamente affermato che la pensione si cristallizza nel momento in cui viene esercitata l’opzione, con inclusione dei ratei di 13ma già maturati e su cui erano dovuti i contributi. In conclusione, afferma la S.C., la retribuzione pensionabile equivale alla retribuzione imponibile, dovendo invece il criterio di cassa operare solo per i normali rapporti in corso in relazione al pagamento dei contributi dovuti in relazione a gratifiche, conguagli e premi. Per questi motivi, il ricorso viene rigettato.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, ordinanza 16 maggio – 19 settembre 2017, numero 21668 Presidente Mammone – Relatore Riverso Ritenuto che V.E. , dipendente Telecom in possesso dei requisiti per godere della pensione di anzianità, esercitata in data 26.10.04 l’opzione per rimanere in servizio ai sensi dell’articolo 1, comma 12, della l. 243/04, chiedeva che nella retribuzione pensionabile fossero inclusi i 10/12 della 13 mensilità relativa all’anno 2004 anno di esercizio dell’opzione che accolta la domanda e proposto appello dall’INPS, la Corte d’Appello di Roma sentenza 4.07.11 rigettava l’impugnazione, rilevando che per il disposto dell’articolo 1, comma 12-13, della l. 243 per il calcolo della pensione avrebbe dovuto calcolarsi la retribuzione in godimento al momento dell’esercizio dell’opzione, considerando non solo le somme effettivamente percepite, ma anche quelle che sarebbero state percepite se il rapporto fosse effettivamente cessato alla data di esercizio dell’opzione che propone ricorso per cassazione l’INPS con unico motivo nel quale deduce la violazione di legge atteso che ai fini della determinazione della retribuzione pensionabile, a favore dei lavoratori che hanno esercitato l’opzione, si applica il principio generale secondo cui le gratifiche e le mensilità eccedenti la 13 devono essere computati nel periodo di paga in cui sono effettivamente percepite, secondo il generale criterio di cassa che regola la contribuzione pertanto la contribuzione corrisposta direttamente al lavoratore per effetto dell’opzione, ex articolo 1, comma 12-13, della l. 243, includeva i ratei di 13 già maturati i quali non potevano quindi entrare nella retribuzione pensionabile che V.E. resiste con controricorso, illustrato da memoria Considerato che secondo l’articolo 1, comma l2 della l. 243/2003 Per il periodo 2004-2007, al fine di incentivare il posticipo del pensionamento, ai fini del contenimento degli oneri nel settore pensionistico, i lavoratori dipendenti del settore privato che abbiano maturato i requisiti minimi indicati alle tabelle di cui all’articolo 59, commi 6 e 7, della legge 27 dicembre 1997, numero 449, per l’accesso al pensionamento di anzianità, possono rinunciare all’accredito contributivo relativo all’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia ed i superstiti dei lavoratori dipendenti e alle forme sostitutive della medesima. In conseguenza dell’esercizio della predetta facoltà viene meno ogni obbligo di versamento contributivo da parte del datore di lavoro a tali forme assicurative, a decorrere dalla prima scadenza utile per il pensionamento prevista dalla normativa vigente e successiva alla data dell’esercizio della predetta facoltà. Con la medesima decorrenza, la somma corrispondente alla contribuzione che il datore di lavoro avrebbe dovuto versare all’ente previdenziale, qualora non fosse stata esercitata la predetta facoltà, è corrisposta interamente al lavoratore. che il successivo comma 13 stabilisce All’atto del pensionamento il trattamento liquidato a favore del lavoratore che abbia esercitato la facoltà di cui al comma 12 è pari a quello che sarebbe spettato alla data della prima scadenza utile per il pensionamento prevista dalla normativa vigente e successiva alla data dell’esercizio della predetta facoltà, sulla base dell’anzianità contributiva maturata alla data della medesima scadenza. Sono in ogni caso fatti salvi gli adeguamenti del trattamento pensionistico spettanti per effetto della rivalutazione automatica al costo della vita durante il periodo di posticipo del pensionamento che la questione oggetto del giudizio attiene alla determinazione della retribuzione pensionabile per il lavoratore che ha esercitato l’opzione e goduto del c.d. bonus relativo al posticipo del pensionamento stabilito dalle norme citate dovendosi in particolare stabilire se, in seguito al godimento del bonus, la retribuzione pensionabile includa anche il computo dei ratei di 13ma che erano già maturati all’atto della domanda di esercizio dell’opzione per il conseguimento del bonus e la prosecuzione del rapporto di lavoro che a fronte della tesi sostenuta dalla difesa del controricorrente ed accolta della sentenza impugnata secondo cui la pensione e la sua base pensionabile si cristallizza al momento dell’esercizio dell’opzione, con inclusione dei ratei di 13ma maturati e su cui erano dovuti i contributi si contrappone la tesi dell’INPS secondo la quale nel maturato che integra la base pensionabile non si calcolano i ratei di 13ma in quanto i contributi sulla 13ma sarebbe stati pagati solo a dicembre, secondo il criterio di cassa e che, pertanto, essi sarebbero dovuti al lavoratore nel corso della prosecuzione del rapporto, in conformità al criterio stabilito dalla legge secondo cui con l’esercizio dell’opzione il lavoratore rinuncia alla contribuzione e la somma corrispondente alla contribuzione che il datore di lavoro avrebbe dovuto versare all’ente previdenziale, qualora non fosse stata esercitata la predetta facoltà, è corrisposta interamente al lavoratore che la tesi patrocinata dall’INPS è infondata essendo smentita dal comma 13 dell’articolo 1 dal quale risulta chiaramente che il trattamento pensionistico liquidato a favore del lavoratore che abbia esercitato la facoltà di opzione deve essere pari a quello che sarebbe spettato ove egli non avesse esercitato la stessa facoltà e, poiché in caso di cessazione del rapporto sui ratei di 13ma maturati sarebbero stati versati i contributi, in quanto rientranti nella retribuzione imponibile, lo stesso deve accadere per l’ipotesi di opzione e prosecuzione del rapporto, in base al criterio di parità ed alla fictio iuris previsti dalla norma che la retribuzione pensionabile equivale quindi alla retribuzione imponibile, mentre il criterio di cassa per il pagamento dei contributi dovuti in relazione a gratifiche, conguagli e premi, stabilito dall’articolo 6, comma 9 del d.lgs. numero 314 del 1997, può operare soltanto per i normali rapporti in corso, ma non per quelli cessati prima del mese di corresponsione delle stesse somme che la tesi accolta non sarebbe smentita neppure ove la contribuzione di cui si discute, relativa ai ratei di 13ma maturati prima della domanda di opzione, fosse stata per errore versata al lavoratore nel mese di corresponsione della somma secondo il principio stabilito dall’articolo 1 comma 12 cit. venendosi in tal caso a configurare l’ipotesi del pagamento indebito che pertanto la sentenza della Corte territoriale si sottrae alle censure di cui al ricorso dell’INPS che va rigettato che le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in Euro 2200 di cui 2000 per compensi professionali, oltre al 15% di spese generali ed oneri accessori.