Quiescenza anticipata e beneficio pensionistico riparatorio

Il Collegio di legittimità, sulla scorta dell’art. 3, comma 57, l. n. 350/2003, affronta la questione relativa al riconoscimento o meno al dipendente, sottoposto a procedimento penale conclusosi con assoluzione, del beneficio pensionistico di tipo riparatorio.

Così con sentenza n. 20454/17 depositata il 28 agosto. Il caso. La Corte d’Appello di Palermo accoglieva l’appello proposto dall’INPS avverso la sentenza che dichiarava fondata la domanda del dipendente il quale, collocato anticipatamente in quiescenza per sua richiesta, a seguito di procedimento penale conclusosi con assoluzione, chiedeva di ottenere dall’Istituto la restituzione dell’onere contributivo, preteso in virtù dell’art. 3, comma 57, l. n. 350/2003. Avverso la decisione della Corte territoriale, il dipendente decide di ricorrere in Cassazione. In particolate, il ricorrente sostiene che la fattispecie introdotta dall’articolo sopra citato gli avrebbe riconosciuto, proprio per essere stato ingiustamente sottoposto a procedimento penale e, dunque, costretto alle dimissioni, il diritto di ottenere il miglior trattamento pensionistico, a seguito del computo del servizio non reso, per ragioni di tipo risarcitorio. Beneficio pensionistico riparatorio. La Cassazione, sulla scorta della disciplina prevista dall’art. 3, comma 57, l. n. 350/2003, affronta la questione relativa al riconoscimento o meno al dipendente, sottoposto a procedimento penale conclusosi con assoluzione, il beneficio pensionistico, di tipo riparatorio, della ricostruzione della carriera con i relativi oneri a carico esclusivamente dello Stato. Premesso che, in tale caso, la ragione dell’intervento del legislatore si identifica con l’esigenza di giustizia, gli Ermellini affermano che anche la giustizia amministrativa, nella concreta applicazione della previsione normativa ha dovuto fare i conti con i limiti interni ed esterni a questa. Tra questi, prosegue la S.C., vi è indubbiamente quello per cui la facoltà di poter chiedere il riconoscimento del beneficio deve postulare l’esistenza di una specifica domanda e di un’effettiva esigenza da parte del destinatario, poiché egli potrebbe anche non ritenere utile la richiesta. In linea generale, comunque, la Cassazione esclude che esista un principio di gratuità del beneficio pensionistico in questione, anzi, afferma la necessità di un’espressa indicazione legislativa che, finora, non ha previsto alcuna copertura finanziaria. Gli Ermellini rigettano il ricorso e compensano le spese di giudizio.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 6 aprile – 28 agosto 2017, numero 20454 Presidente Mammone – Relatore Calafiore Fatti di causa La Corte d’appello di Palermo, con sentenza numero 11/2010, ha accolto l’appello proposto dall’INPS avverso la sentenza di primo grado che aveva giudicato fondata la domanda di A.V. , dipendente dell’INPS collocato anticipatamente in quiescenza su sua richiesta dal 1°gennaio 1994 a seguito di procedimento penale conclusosi con assoluzione, tesa ad ottenere la restituzione dall’INPS dell’onere contributivo preteso in applicazione dell’art. 3, comma 57, della legge finanziaria per l’anno 2004 numero 350/2003 e succ. modif. ed integr., pari ad Euro 54.413,55. La Corte territoriale ha affermato che l’aver attribuito, attraverso tale disposizione, al pubblico dipendente la facoltà di richiedere il miglior trattamento pensionistico derivante dalla ricostruzione di carriera includendo il periodo di sospensione dal servizio in caso di sentenza irrevocabile di proscioglimento intervenuta anteriormente al quinquennio dalla data di entrata in vigore della legge, non aveva introdotto alcuna deroga al generale principio di corrispondenza tra prestazioni previdenziali e contribuzione versata. Da ciò la correttezza dell’operato dell’INPS che aveva preteso il pagamento dei contributi relativi al periodo oggetto di ricostruzione della carriera. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione A.V. prospettando un unico motivo. Resiste l’INPS con contro ricorso. Ragioni della decisione 1. Con l’unico motivo di ricorso A.V. deduce la violazione dell’art. 3, comma 57, della legge numero 350/2003, modificato ed integrato con d.l. numero 66/2004 conv. con modif. in L. numero 126/2004. In sostanza, sostiene il ricorrente, che la fattispecie introdotta dall’art. 3 comma 57 della L. numero 350/2003 con le successive modifiche, avrebbe riconosciuto al dipendente ingiustamente sottoposto a procedimento penale e per questo costretto alle dimissioni il diritto ad ottenere il miglior trattamento pensionistico a seguito del computo del servizio non reso per ragioni di tipo risarcitorio. Da tale ragione sottesa dovrebbe, dunque, farsi discendere l’inconfigurabilità di oneri a carico del beneficiario. Peraltro, in assenza di corresponsione della retribuzione nessuna contribuzione si sarebbe potuta concretamente calcolare. 2. Il ricorso è infondato. La L. 24 dicembre 2003, numero 350, art. 3 nel testo vigente al tempo di presentazione della domanda di riconoscimento del beneficio 22.3.2004 , ed a seguito delle modifiche apportate dal D.L. 16 marzo 2004, numero 66, convertito con modificazioni dalla L. 11 maggio 2004, numero 126, in G.U. 15/5/2004, numero 113 , ha previsto che Il pubblico dipendente che sia stato sospeso dal servizio o dalla funzione e, comunque, dall’impiego o abbia chiesto di essere collocato anticipatamente in quiescenza a seguito di un procedimento penale conclusosi con sentenza definitiva di proscioglimento perché il fatto non sussiste o l’imputato non lo ha commesso o se il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato ovvero con decreto di archiviazione per infondatezza della notizia di reato, anche se pronunciati dopo la cessazione dal servizio, e, comunque, nei cinque anni antecedenti la data di entrata in vigore della presente legge, anche se già collocato in quiescenza alla data di entrata in vigore della presente legge, ha il diritto di ottenere, su propria richiesta, dall’amministrazione di appartenenza il prolungamento o il ripristino del rapporto di impiego, anche oltre i limiti di età previsti dalla legge, comprese eventuali proroghe, per un periodo pari a quello della durata complessiva della sospensione ingiustamente subita e del periodo di servizio non espletato per l’anticipato collocamento in quiescenza, cumulati tra loro, anche in deroga ad eventuali divieti di riassunzione previsti dal proprio ordinamento, con il medesimo trattamento giuridico ed economico a cui avrebbe avuto diritto in assenza della sospensione. Alle sentenze di proscioglimento di cui al presente comma sono equiparati i provvedimenti che dichiarano non doversi procedere per una causa estintiva del reato pronunciati dopo una sentenza di assoluzione del dipendente imputato perché il fatto non sussiste o perché non lo ha commesso o se il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato. Ove la sentenza irrevocabile di proscioglimento sia stata emanata anteriormente ai cinque anni antecedenti alla data di entrata in vigore della presente legge, il pubblico dipendente può chiedere il riconoscimento del migliore trattamento pensionistico derivante dalla ricostruzione della carriera con il computo del periodo di sospensione dal servizio o dalla funzione o del periodo di servizio non espletato per l’anticipato collocamento in quiescenza . 3. L’oggetto della questione dedotta in giudizio, pacificamente regolata dalla seconda ipotesi prevista dall’articolo appena richiamato, è costituito dall’inquadramento sistematico della facoltà riconosciuta all’ex dipendente andato in quiescenza di poter ottenere la ricostruzione della carriera al fine di avere liquidato il miglior trattamento pensionistico. In particolare, va stabilito se, come prospetta il ricorrente, con tale norma si sia voluto riconoscere al dipendente, fatto oggetto di procedimento penale conclusosi nei termini sopra indicati e per questo costretto alle dimissioni, il beneficio pensionistico, di tipo riparatorio, della ricostruzione della carriera con assunzione dei relativi oneri esclusivamente a carico dello Stato. 4. La tesi non è del tutto fondata. Va condivisa la considerazione iniziale secondo cui il legislatore del 2003 fu certamente mosso dall’intento di concedere ai dipendenti dimessisi ingiustificatamente un rimedio al pregiudizio professionale sofferto e di ciò può trarsi prova nella relazione governativa al decreto legge attuativo numero 66/2004 la ragione dell’intervento del legislatore viene in tale sede identificata nell’esigenza di giustizia - espressione del principio sovraordinato della riparazione, in forma risarcitoria o meno, degli errori giudiziari di cui all’art. 24, ult. comma Cost. - consistente nell’apprestare una tutela risarcitoria in forma specifica a soggetti che abbiano effettivamente subito un’ingiusta sospensione o siano stati indotti ad abbandonare il pubblico impiego in ragione di un procedimento penale conclusosi con la loro assoluzione cfr. relazione al decreto legge numero 66/2004 . 5. Occorre, poi, calare la norma di favore nel contesto ordinamentale complessivo per verificarne i concreti limiti non specificati espressamente. Così anche la giustizia amministrativa, nella concreta applicazione del disposto legislativo, ha avuto modo di approfondire i limiti della previsione in esame. In particolare, si è ad esempio affermato che la previsione della riammissione in servizio dopo la ingiusta sospensione seguita alle dimissioni dà luogo alla piena reintegrazione anche relativamente a tale periodo dando luogo alla valutazione dei relativi periodi ai fini giuridici ed economici con la conseguenza che il periodo di servizio non prestato non A possa essere valutato in modo deteriore e quindi come demerito correlativamente, però, non può attribuirsi allo stesso, di per sé, un valore tale da renderlo rilevante ai fini di una positiva valutazione di funzioni, che, di fatto, non sono state svolte, rispondendo una tale diversificazione degli effetti della reintegrazione a differenti esigenze, apprezzabili in vario modo dal legislatore Cons. St., IV, 13 aprile 2005, numero 1711 . 6. Sono state, così, vd. Cons. St. IV,7 dicembre 2006 numero 7210 correttamente messe in evidenza ulteriori esigenze presenti nell’ordinamento ravvisate in quel caso nel buon funzionamento dell’organizzazione giudiziaria, che inevitabilmente comprimono la ratio risarcitoria della norma in questione e che non le consentono di disattenderle o sottovalutarle. 7. La portata della norma deve, dunque, essere sperimentata all’interno del sistema previdenziale per saggiare i limiti interni ed esterni del beneficio. In particolare, non può non evidenziarsi quanto ai primi che la facoltà di poter chiedere il riconoscimento del migliore trattamento pensionistico derivante dalla ricostruzione della carriera con il computo del periodo di sospensione dal servizio o dalla funzione o del periodo di servizio non espletato per l’anticipato collocamento in quiescenza” comporta innanzi tutto la implicita considerazione che il beneficio postuli l’esistenza di una specifica domanda e che della effettiva utilità del beneficio sia arbitro lo stesso destinatario il quale potrebbe non ritenere opportuno l’esercizio della facoltà in base a considerazioni di carattere economico derivante dal raffronto tra costo e beneficio. 8. La struttura del diritto conferito al dipendente si connota, dunque, in senso analogo a quello delle diversificate situazioni in cui il legislatore previdenziale consente di incrementare la posizione assicurativa mediante il riferimento a periodi ulteriori rispetto a quelli per cui vale l’obbligo assicurativo di legge. È il caso ad es. del riconoscimento della cd. anzianità figurativa accordata a chi si è trovato in condizioni di lavoro particolarmente gravoso si pensi agli esposti all’amianto di cui alla legge numero 257/1992 o alle lavoratrici madri ai sensi della legge numero 335/1995 o della prosecuzione ‘ volontaria che la legge consente a chi si trovi in determinate condizioni come nel caso previsto dalle leggi numero 114/1974 o numero 47 /1983, o ancora delle ipotesi in cui viene consentito il riscatto di periodi di vita produttiva che, all’epoca, non davano diritto al versamento dei contributi così per gli anni del corso di laurea ex L. 114/1974 ed ex L. numero 247/2007 , ovvero laddove si concedano periodi di contribuzione fittizia o figurativa per gravidanza, servizio militare, malattia od infortunio r.d.l. numero 1827/1935 . 9. In tali ipotesi, tuttavia, la disciplina positiva non è omogenea e mostra sensibili differenze quanto non solo alla presenza del presupposto della domanda o alla concessione d’ufficio ma soprattutto in ordine al sistema di finanziamento che solo talvolta è posto a carico dello Stato, mentre più frequentemente si riverbera sull’interessato. 10. Ciò si traduce nell’affermazione che sia assente un principio generale di gratuità del beneficio pensionistico ed, anzi, si evidenzia la necessità, arguibile dal contenuto dell’art. 81 della Cost. e dalla necessità di copertura finanziaria della disposizione di spesa pubblica, di una espressa indicazione legislativa. Il testo legislativo ora in rilievo, al contrario, non ha previsto alcuna copertura finanziaria di tal ché non può che trarsi la consequenziale conclusione che l’onere della contribuzione figurativa gravi sul richiedente. 11. Il ricorso va, quindi, rigettato. Le spese del giudizio di legittimità vanno compensate attesa l’assoluta novità della questione esaminata. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso dichiara compensate le spese del giudizio di legittimità.