Patologie autoimmuni? Occhio alle controindicazioni del vaccino antinfluenzale

Nel risolvere un’importante questione procedurale, gli Ermellini hanno l’occasione di precisare che la persona affetta da una patologia autoimmune, qualora abbia necessità di sottoporsi ad un vaccino in ragione dell’ambiente lavorativo in cui è inserita, ha l’onere di sottoporsi preliminarmente ad un’attenta valutazione del medico curante.

Così la Suprema Corte con ordinanza n. 18359/17 depositata il 25 luglio. Il caso. La Corte d’Appello, in perfetta aderenza alla decisione del Tribunale, confermava il rigetto alla domanda di indennizzo proposta dall’attrice che sosteneva di aver contratto la sclerosi sistemica a seguito di una vaccinazione antinfluenzale a cui si era sottoposto dopo essere stata assunta dallo studio medico. La lavoratrice propone ricorso in Cassazione lamentando il fatto che la Corte territoriale è incorsa in ultrapetizione e violato il giudicato interno, avendo posto a fondamento della decisione la questione della controindicazione del vaccino per soggetti affetti da patologie autoimmuni, come nel suo caso, questione che però non era stata sottoposta al suo sindacato. Riproposizione in appello. Sul punto, i Giudici del Palazzaccio, rilevano quanto statuito dalle Sezioni Unite. In particolare, ribadiscono gli Ermellini, qualora un’eccezione di merito sia stata ritenuta infondata dal Giudice di primo grado, sia direttamente che indirettamente, la devoluzione al giudice d’appello della sua cognizione da parte del convenuto rimasto vittorioso nella lite, esige la proposizione da parte di quest’ultimo dell’appello incidentale, non essendo sufficiente la mera riproposizione di cui all’art. 346, c.p.c In tal senso, la mancanza dell’appello incidentale preclude, per il giudicato interno formatosi ex art 328, comma 2, c.p.c., anche il potere del giudice d’appello di rilevazione d’ufficio, di cui all’art. 345, comma 2, c.p.c. . Patologia autoimmune e vaccino. Nella fattispecie, il controricorrente ha riproposto la questione in sede d’appello nel proprio atto difensivo, pertanto, la censura sollevata dalla ricorrente deve dirsi infondata. Inoltre, la Corte aggiunge che la ricorrente, in virtù della patologia autoimmune che l’affliggeva, avrebbe dovuto sottoporsi al vaccino solo dopo a seguito di un attenta valutazione del medico curante, essendo la vaccinazione contrindicata nel caso di specie. La Cassazione rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – L, ordinanza 5 – 25 luglio 2017, n. 18359 Presidente Curzio – Relatore Ghinoy Fatto e diritto rilevato che 1. la Corte d’appello di Campobasso confermava la sentenza del Tribunale di Latino che aveva rigettato la domanda di indennizzo ex legge 210 del 1992, proposta da B.M. che deduceva di avere contratto sclerosi sistemica a seguito di vaccinazione antinfluenzale cui si era sottoposta in data 3.11.2009, dopo essere stata assunta in data 27 ottobre presso uno studio medico, così rientrando nelle categorie a rischio cui era rivolta la campagna contro l’influenza H1N1 promossa per l’anno 2008/2009 dalle autorità sanitarie. 2. Per la cassazione della sentenza B.M. ha proposto ricorso, affidato a tre motivi, cui ha resistito il Ministero della Salute con atto di costituzione ai soli fini della partecipazione alla discussione. 3. Il Collegio ha autorizzato la redazione della motivazione in forma semplificata. Considerato che 1. occorre premettere che la ricorrente richiede l’indennizzo per la vaccinazione antinfluenzale non obbligatoria alla quale si è sottoposta, sulla base della previsione dell’art. 1 comma 4 della legge n. 210 del 1992, a mente del quale esso spetta anche alle persone che si siano sottoposte a vaccinazioni che risultino necessarie, pur non essendo obbligatorie, per motivi di lavoro o per incarico del loro ufficio. La Corte territoriale ha ritenuto determinante ai fini del rigetto della domanda il rilievo in base al quale nel caso in esame, essendo la B. affetta da tiroidite di Hashimoto, malattia a base autoimmune, avrebbe dovuto effettuare il vaccino solo a seguito di un’attenta valutazione del medico curante, e dunque rientrava in una categoria disincentivata dall’effettuazione del vaccino, il che escludeva che rientrasse nelle categorie tutelate alla stregua dell’art. 1 comma 4 della legge n. 210 del 1992. 2. Con il primo motivo e secondo motivo di ricorso, la ricorrente censura la sentenza per violazione e falsa applicazione degli art. 323, 329, 342 e 346 c.p.c., nonché 112 c.p.c., e sostiene che la Corte d’appello abbia violato il giudicato interno e sia incorsa in ultrapetizione per avere posto a fondamento della decisione una questione, quella della controindicazione del vaccino inoculato per soggetti affetti da patologie autoimmuni, non sottoposta al suo sindacato in quanto non oggetto di censura in secondo grado. Sostiene che tale questione non era stata trattata nella motivazione del Tribunale e quindi che la regola di cui all’articolo 346 c.p.c. ne imponeva la specifica riproposizione nel secondo grado di giudizio. 3. Con il terzo motivo, deduce la violazione dell’articolo 112 c.p.c., per avere la Corte territoriale omesso di chiarire perché non ha ritenuto rilevante la circostanza che la ricorrente lavorasse in uno studio medico, a diretto contatto con i pazienti, che, se accertata, avrebbe potuto determinare l’inquadramento della fattispecie nella previsione del comma 4 dell’art. 1 della legge n. 210 del 1992. 4. I primi due motivi non sono fondati. Occorre premettere che le Sezioni Unite di questa Corte di Cassazione con la sentenza n. 11799 del 12 maggio 2017 hanno affermato il seguente principio di diritto Qualora un’eccezione di merito sia stata ritenuta infondata nella motivazione della sentenza del giudice di primo grado o attraverso un’enunciazione in modo espresso, o attraverso un’enunciazione indiretta, ma che sottenda in modo chiaro ed inequivoco la valutazione di infondatezza, la devoluzione al giudice d’appello della sua cognizione, da parte del convenuto rimasto vittorioso quanto all’esito finale della lite, esige la proposizione da parte sua dell’appello incidentale, che è regolato dall’art. 342 cod. proc. civ., non essendo sufficiente la mera riproposizione di cui all’art. 346 cod. proc. civ. Qualora l’eccezione sia a regime di rilevazione affidato anche al giudice, la mancanza dell’appello incidentale preclude, per il giudicato interno formatasi ex art. 329, secondo comma, cod. proc. civ., anche il potere del giudice d’appello di rilevazione d’ufficio, di cui al secondo comma dell’art. 345 cod. proc. civ. . Nel caso che ci occupa, la ricorrente stessa riferisce che la domanda era stata rigettata in primo grado in quanto il Tribunale aveva argomentato che, non operando ella in un centro sanitario, ma avendo sottoscritto un contratto di collaborazione coordinata e continuativa con uno studio medico per l’utilizzo di apparecchiature per la cura del corpo contro gli inestetismi della cellulite, non rientrava nella platea dei soggetti di cui all’art. 1 comma 1 della legge n. 210 del 1992. Risulta quindi che la soluzione adottata dal primo giudice non comportava esplicitamente né implicitamente l’esame dell’ulteriore, autonoma questione, dell’essere la ricorrente affetta da patologia autoimmune che comunque avrebbe sconsigliato la vaccinazione. 4.1. Risulta quindi che, sulla base della soluzione adottata dalla Corte di cassazione della sentenza a Sezioni Unite sopra citata, era sufficiente che il controricorrente riproponesse la questione nel proprio atto difensivo in sede d’appello. Ciò che nel caso è avvenuto, in quanto la Corte d’appello a pag. 3 - con argomentazione che non viene sul punto specificamente confutata - riferisce che il Ministero della salute, opponendosi all’accoglimento dell’appello, aveva insistito in tutte le ragioni di infondatezza della domanda argomentate in primo grado, in particolare rilevando che la pregressa patologia autoimmune costituiva ragione per escludere la buona volontà dalle categorie incentivate alla vaccinazione. 5. Il terzo motivo appare parimenti infondato, in quanto la Corte d’appello non è incorsa nell’omessa pronuncia così come sostenuto dalla ricorrente, ma ha ritenuto che, a prescindere dall’attività lavorativa svolta, la ricorrente per la pregressa patologia avrebbe dovuto effettuare il vaccino solo a seguito di attenta valutazione del medico curante, essendo la vaccinazione controindicata nel caso di specie, il che non era avvenuto. Motivazione che dunque è stata fornita, e che non viene specificamente contestata, in quanto non si sostiene che il vaccino antinfluenzale dovesse nel caso essere assunto anche a prescindere da ogni valutazione di compatibilità con il proprio stato di salute. 6. Il Collegio, condividendo la proposta del relatore, ritiene quindi che il ricorso risulti manifestamente infondato ai sensi dell’art. 375, comma 1 n. 5 c.p.c., e debba in tal senso essere deciso con ordinanza in camera di consiglio. 7. Non vi è luogo a pronuncia sulle spese, in assenza di attività difensiva della parte intimata. 8. Sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012. P.Q.M. rigetta il ricorso. Nulla per le spese. Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.lgs. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.