Cade dal ponteggio: inutile l’azione di regresso dell’INAIL nei confronti del committente

Il committente di lavori edili è responsabile della violazione dell’obbligo di adottare le misure di sicurezza a tutela del lavoratore solo quando si sia reso garante della vigilanza relativa all’adozione delle stesse.

Lo ha ribadito la Suprema Corte con sentenza n. 11213/17 depositata il 9 maggio. La vicenda. La controversia ha origine dal crudele destino del lavoratore che, vittima di un infortunio sul lavoro, perdeva la vita cadendo dal ponteggio fatiscente di proprietà della ditta appaltatrice durante l’esecuzione dell’opera presso la proprietà del committente. Quest’ultimo, condannato in primo grado al pagamento di una somma in favore dell’INAL, appellava la sentenza dinanzi alla Corte territoriale di Cagliari dove la sua impugnazione trovava accoglimento, in virtù dell’accertata mancanza di qualsiasi ingerenza, da parte dello stesso committente di lavori edili, nell’espletamento del lavoro in cui l’operaio aveva perso la vita. L’INAIL, vedendosi rigettata l’azione di regresso nei confronti del committente, ricorre per cassazione. La tutela dell’integrità fisica del lavoratore. La Cassazione ha qui l’occasione di ribadire il principio costantemente affermato dalla giurisprudenza secondo cui in materia di appalto, la responsabilità per la violazione dell’obbligo di adottare le misure necessarie a tutelare l’integrità fisica dei prestatori di lavoro si estende al committente ove lo stesso si sia reso garante della vigilanza relativa alla misura da adottare in concreto e si sia riservato i poteri tecnico organizzativi dell’opera da eseguire . Inoltre, prosegue la Corte, l’art. 2087 c.c. recante Tutela delle condizioni di lavoro che impone all’imprenditore di adottare tutte le misure necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro si applica anche al committente, il quale è tenuto a provvedere alle misure di sicurezza dei lavoratori, anche se non dipendenti da lui, ove egli, riservandosi i poteri tecnico-organizzativi dell’opera da eseguire, si sia reso garante della vigilanza relative alle misure sopra citate. Nella fattispecie, però, non risulta alcuna ingerenza, da parte del committente, nell’espletamento del lavoro durante il quale si è registrato l’infortunio, pertanto, non sussistendo alcuna responsabilità di quest’ultimo, la Cassazione rigetta il ricorso dell’INAIL. Fonte www.ilgiuslavorista.it

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 30 gennaio 9 maggio 2017, n. 11311 Presidente D’Antonio Relatore Berrino Fatti di causa Si controverte della fondatezza o meno dell’azione di regresso svolta dell’Inail nei confronti di S.G.P. quale committente dei lavori eseguiti nella sua proprietà in occasione dei quali perdeva la vita a causa di infortunio sul lavoro P.B. , il quale era caduto da un ponteggio di proprietà della ditta appaltatrice P. . La Corte d’appello di Cagliari ha accolto l’impugnazione del S. avverso la sentenza del Tribunale di Nuoro, che l’aveva condannato al pagamento della somma di Euro 145.000 in favore dell’Inail, e, per l’effetto, ha rigettato la domanda dell’Istituto, dopo aver accertato che non vi era stata alcuna ingerenza dell’appellante nell’espletamento del lavoro in cui aveva perso la vita il P. , tanto meno per quel che riguardava l’adozione di misure di sicurezza o di vigilanza. Inoltre, la stessa Corte ha rilevato che il S. non era stato nemmeno rinviato a giudizio in sede di accertamento delle responsabilità penali. Per la cassazione della sentenza ricorre l’Inail con due motivi, illustrati da memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c Resiste con controricorso S.G.P. . Ragioni della decisione 1. Col primo motivo l’Inail deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 10 e 11 del d.P.R. n. 1124/65, dell’art. 7 del d.lgs. n. 626/94 e del d.lgs n. 494/96, ponendo il seguente quesito di diritto Premesso che la Corte di appello di Cagliari, Sezione distaccata di Sassari, ha rigettato l’azione di regresso esercitata dall’Inail nei confronti del committente di lavori edili, sulla semplice scorta che quest’ultimo non è responsabile del decesso di un lavoratore caduto da un’impalcatura fatiscente, di altezza superiore ai tre metri, se non sia reso garante della vigilanza e in assenza di poteri tecnico organizzativi dell’opera da eseguire, dica codesta Suprema Corte se, al contrario, il committente conservi una posizione di garanzia soprattutto in presenza di violazioni palesi della disciplina in materia di sicurezza sul lavoro e di affidamento dei lavori a lavoratori o imprese prive delle competenze necessarie . In pratica, il ricorrente contesta la decisione della Corte d’appello che ha respinto l’azione di regresso dell’Inail, reputando che in caso di lavori in economia affidati dal proprietario committente, quest’ultimo diviene responsabile per eventuali incidenti che si dovessero verificare nel cantiere solo qualora si sia reso garante della vigilanza relativa alle misure da adottare in concreto, riservandosi i poteri tecnico-organizzativi dell’opera da eseguire. 2. Col secondo motivo, dedotto per violazione degli artt. 10 e 11 del d.P.R. n. 1124/65, il ricorrente pone il seguente quesito di diritto Premesso che la Corte di Appello di Cagliari, Sezione distaccata di Sassari, ha rigettato l’azione di regresso esercitata dall’Inail nei confronti del committente di lavori edili, ritenendo che quest’ultimo non sarebbe un destinatario dell’azione di rivalsa, non essendo datore di lavoro in senso formale del P. , dica codesta Suprema Corte se, al contrario, il committente, rivestendo una posizione di garanzia nei confronti del lavoratore deceduto, sia destinatario dell’azione di regresso, soprattutto in presenza di violazioni palesi della disciplina in materia di sicurezza sul lavoro e di affidamento dei lavori a imprese prive delle competenze necessarie . Si contesta, cioè, la parte della motivazione da cui traspare il convincimento del giudicante sul fatto che l’azione di regresso dell’Inail, esercitata in conseguenza di indennizzo liquidato per infortunio sul lavoro, sia esperibile solo nei confronti del datore di lavoro o dei suoi ausiliari. 3. Osserva la Corte che i due motivi, che per ragioni di connessione possono essere trattati congiuntamente, sono infondati. Invero, come questa Corte ha già avuto occasione di statuire Cass. sez. lav. n. 22818 del 28.10.2009 , in materia di appalto, la responsabilità per la violazione dell’obbligo di adottare le misure necessarie a tutelare l’integrità fisica dei prestatori di lavoro si estende al committente ove lo stesso si sia reso garante della vigilanza relativa alla misura da adottare in concreto e si sia riservato i poteri tecnico organizzativi dell’opera da eseguire . Si è, altresì, ribadito Cass. sez. lav. n. 17092 dell’8.10.2012 che l’art. 2087 cod. civ., che, integrando le disposizioni in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro previste da leggi speciali, impone all’imprenditore l’adozione di misure necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro, è applicabile anche nei confronti del committente, tenuto al dovere di provvedere alle misure di sicurezza dei lavoratori anche se non dipendenti da lui, ove egli stesso si sia reso garante della vigilanza relativa alle misure da adottare in concreto, riservandosi i poteri tecnico - organizzativi dell’opera da eseguire . 4. Orbene, la Corte di merito si è sostanzialmente attenuta a tali principi allorquando ha affermato che dagli atti del procedimento non era risultata alcuna ingerenza del committente S. nell’espletamento del lavoro nel corso del quale si registrò l’infortunio del P. , tanto meno in misura di sicurezza o di vigilanza. La stessa Corte ha aggiunto che né a diverse conclusioni portava l’assoluzione in sede penale del P. , per non avere questi commesso il fatto, poiché non era stata dimostrata neppure in quel procedimento la qualità di P. , e che il S. non era stato neanche rinviato a giudizio. Inoltre, secondo i giudici d’appello, le incertezze sulla individuazione del soggetto tenuto nella fattispecie all’osservanza delle norme di prevenzione degli infortuni erano dipese anche dal fatto che la figlia e la moglie del lavoratore deceduto avevano indicato nominativi diversi di datori di lavoro, mentre dalle informazioni risultava che P. , lavoratore in proprio, veniva chiamato dagli imprenditori della zona, ma che nel caso in esame non esisteva un contratto di sorta e sia il P. che il S. avevano negato qualunque rapporto di dipendenza. Quindi, secondo la Corte territoriale, non poteva affermarsi che il S. fosse stato responsabile, ai fini dell’azione esercitata dall’Inail, della inosservanza di cautele doverose concernenti il ponteggio che era risultato di proprietà del P. , ponteggio rispetto al quale non era risultato sussistere un collegamento con la posizione dell’appellante, per cui quest’ultimo non poteva rispondere civilmente dell’infortunio occorso al P. . 5. In definitiva, il ricorso va rigettato. Le spese di lite del presente giudizio seguono la soccombenza del ricorrente e vanno liquidate come da dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio nella misura di Euro 4200,00, di cui Euro 4000,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.