Promozioni ai clienti all’insaputa dell’azienda: licenziamento possibile

Ricostruita la vicenda, è emerso che oltre 2000 promozioni sono state attivate illegittimamente ai clienti della multinazionale della telefonia. Sanzione drastica anche per il lavoratore che ha fatto da complice silenzioso ai colleghi.

Promozioni a raffica ai clienti. Alla loro soddisfazione fa da contrappeso il danno economico subito dall’azienda, che reagisce individuando i colpevoli. Il licenziamento però tocca anche al dipendente che ha svolto il ruolo di semplice complice Cassazione, sentenza n. 7792/2017, Sezione Lavoro, depositata oggi . Promozioni. La vicenda – con strascichi anche penali – riguarda oltre 2000 promozioni attivate indebitamente dai dipendenti di una multinazionale che opera nel settore della telefonia fissa e mobile . A finire sotto accusa sono alcuni dipendenti, a cui viene contestato di avere realizzato una miriade di operazioni truffaldine, attivando indebite promozioni commerciali in favore dei clienti e percependo somme di denaro . La reazione dell’azienda è drastica, e, alla luce di alcune verifiche interne, si concretizza nel licenziamento . E questo provvedimento viene ritenuto corretto sia in Tribunale che in Appello per i giudici è accertata la realizzazione di un’attività illecita organizzata in forma associativa di ampie proporzioni, consumata con l’uso di strumenti aziendali, nell’orario di lavoro, e cessata solo con l’introduzione del sistema di riconoscimento tramite impronta digitale dell’operatore . Fedeltà. A contestare la decisione è uno dei lavoratori sotto accusa. A lui è stato addebitato soprattutto di non avere avvisato l’azienda degli illeciti commessi ai suoi danni , pur avendo personalmente assistito alle illegittime operazioni compiute dai colleghi. Secondo il legale, però, è eccessivo il licenziamento nei confronti del suo cliente. Questa visione però viene respinta anche dai magistrati della Cassazione, che ritengono evidente come l’uomo abbia platealmente violato l’obbligo di fedeltà nei confronti della sua datrice di lavoro. Inequivocabile, in sostanza, il comportamento tenuto dal dipendente. Dalle videoregistrazioni e dalle registrazioni telefoniche è emerso la collaborazione da lui prestata ai colleghi, e la volontà di questi ultimi di dargli del denaro . Tutto ciò fa ritenere evidente, secondo i magistrati, la irrimediabile lesione del vincolo fiduciario con l’azienda.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 22 dicembre 2016 – 27 marzo 2017, numero 7792 Presidente Nobile – Relatore Bronzini Fatti di causa 1. Con sentenza dell'11.5.2015 la Corte di appello di Napoli rigettava l'appello proposto da C. F. avverso la sentenza del 30.5.2014 del Tribunale di Napoli che aveva confermato il rigetto in sede di opposizione della domanda ex legge numero 92/2012 del C., dipendente della Vodafone con mansioni di addetto al contratto con i clienti che chiedevano la portabilità del proprio numero telefonico, diretta alla dichiarazione di illegittimità del licenziamento intimato dalla datrice di lavoro per giusta causa con i consequenziali provvedimenti reintegratori e risarcitori. 2. A fondamento della propria decisione la Corte territoriale osservava che nella contestazione disciplinare del 21.12.2012 si era addebitato al lavoratore quale dipendente della società appellata di aver proceduto unitamente ad altri dipendenti all'attivazione di indebite promozioni di Infinity one Tutti su utenze mobili Vodafone. La contestazione non era tardiva in quanto dopo una denuncia della stessa società era iniziata una indagine penale su 2.379 promozioni con l'utilizzazione di 12 account della società i cui esiti erano stati conosciuti nel novembre del 2012 con l'ordinanza del GIP di rigetto della misura cautelare. La società aveva a questo punto compiuto le verifiche necessarie e il 21.12.2012 aveva contestato i fatti al dipendente ed il 9.1.2013 era stata irrogata la sanzione pertanto il principio di immediatezza risultava rispettato. Circa il principio di specificità della contestazione per la Corte di appello risultava rispettato risultando chiara la condotta addebitata, le fonti di conoscenza , le circostanze di tempo e di luogo, i concorrenti nelle operazioni truffaldine. Insieme ai colleghi Esposito e Bossi il lavoratore si era introdotto nel sistema Vodafone attivando indebite promozioni commerciali ed erano state percepite somme di denaro. Il lavoratore era stato visto in alcuni giorni insieme agli altri due dipendenti mentre costoro stavano attivando le indebite promozioni, il 3 aprile era stato visto anche operare materialmente su una postazione non propria cfr. pagg. 7 ed 8 della sentenza impugnata . Al C. ed agli altri due colleghi era stata formulata l'imputazione di cui all'art. 416 cod. penumero in relazione ai detti accessi abusivi ed alle correlate promozioni abusive erano state prodotte le riprese effettuate nel corso delle indagini penali e la Vodafone aveva prodotto le dichiarazioni rese in analogo giudizio dai marescialli della Guardia di Finanza Sacchetti e Consolato quest'ultimo aveva dichiarato che gli orari delle videoregistrazioni corrispondevano al minuto con quelli della verifica da parte di Vodafone della presenza dei dipendenti e delle relative attività informatiche. Era stata quindi accertata la veridicità dei dati di provenienza aziendale quanto all'orario in cui erano state eseguite le operazioni illecite. La Corte di appello riassumeva il contenuto delle riprese video dei giorni 22.2, 2.3 e 3.4 nei primi due giorni si vedeva il C. seguire le operazioni degli altri due colleghi imputati da postazioni non loro ed il 3 aprile lo si vedeva anche operare invece direttamente su postazione di altro dipendente. La Corte di appello indicava i comportamenti circospetti dei tre dipendenti ed altri elementi che rendevano non credibile la tesi difensiva dell'appellante. Inoltre venivano depositati stralci di intercettazioni telefoniche nelle quali coimputati per la stessa vicenda parlavano di somme da corrispondersi al C. con un linguaggio cifrato. Pertanto per la Corte di appello questa serie di elementi comprovava la partecipazione del C. ad un'attività illecita, organizzata in forma associativa di ampie proporzioni consumata con l'uso di strumenti aziendali, nell'orario di lavoro e cessata in relazione all'introduzione del sistema di riconoscimento tramite impronta digitale dell'operatore . Quanto meno il C. aveva violato platealmente l'obbligo di fedeltà non avendo avvisato il datore di lavoro di illeciti commessi ai suoi danni avendo personalmente assistito alla commissione di questi. La massima sanzione risultava quindi giustificata per la lesione irrimediabile del vincolo fiduciario. 3. Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso il C. con tre motivi corredati da memoria ex art. 378 cod. civ. proc resiste con controricorso corredato da memoria la controporte. Ragioni della decisione 1. Con il primo motivo si allega la violazione e falsa applicazione degli artt. 7 L. numero 300/1970 e 115 e 116 cod. civ. proc. Nonché l'omissione di motivazione su un punto decisivo della controversia. La contestazione non era immediata ed era generica. 2. Il motivo appare inammissibile nella seconda parte e nella prima infondato. Non sussiste alcun vizio di motivazione prospettabile alla luce della nuova formulazione dell'art. 360 numero 5 cod. civ. proc, applicabile ratione temporis , posto che la Corte di appello ha specificamente esaminato le eccezioni di non immediatezza della contestazione e di non specificità della stessa con una complessa, articolata e non illogica motivazione pertanto il fatto cfr. per la nozione di fatto Cass. 7 aprile 2014, sez. unumero civ. numero 8053 di cui si parla è stato compiutamente esaminato. Circa, invece, la dedotta violazione dell'art. 7 la Corte di appello ha osservato che la società ha ritenuto opportuno, dopo la denuncia sporta all'A.G., attendere i primi esiti dell'indagine giudiziaria comunicati nel novembre del 2012 e dopo una celere verifica di questi già nel dicembre del 2012 vi è stata la contestazione e il 9.1.2013 l'applicazione della sanzione. Pertanto non sussiste alcuna tardività vista la connotazione penalistica dei fatti emersi appare del tutto razionale e condivisibile il comportamento tenuto dal datore di lavoro che, una volta conosciuto l'esito delle indagini, ha con prontezza tratto le conseguenze sul piano disciplinare. Circa la genericità della contestazione che è stata riportata per stralci a pag. 6-7 della sentenza impugnata va condivisa l'opinione dei Giudici di merito che l’ hanno giudicata chiara in ordine alla condotta addebitata, alle fonti di conoscenza, alle circostanze di tempo e di luogo, ai concorrenti nelle operazioni truffaldine. Peraltro le censure sul punto sono del tutto generiche richiamando il ricorrente precedenti difese secondo un metodo inammissibile nel processo di cassazione nel quale il ricorso ed in specifico il motivo deve riassumere le doglianze sviluppate nei precedenti gradi ed indicare le ragioni per le quali si ritengono erronee le soluzioni adottate nella sentenza impugnata. 3. Con il secondo motivo si allega la violazione degli artt. 1218,1453, 1455, 2106, 2119, 2697, 2927, 2729,2699, 2701, 2708, 2711, 2713, 2714, 2719, 2720, 2721, 2729, 2730, 2735, 2736 cod. civ. degli artt. 115,116, 416, 420, 421, cod. civ. proc degli artt. 18 L. numero 300/70 e del comma 49 L numero 92/2012, nonché l'omissione di motivazione su un punto decisivo della controversia oggetto di discussione. Si era proceduto alla prova per presunzioni ma gli elementi acquisiti al processo non erano idonei a trarre le conseguenze raggiunte dal Giudice di appello. Si era proceduto secondo un metodo di presunzioni tratte a loro volta da presunzioni del tutto arbitrario e vietato dalla legge. Nulla era emerso che indicasse la conoscenza del ricorrente del carattere illecito dell'attività svolta dai suoi colleghi. Era stata mal ricostruito quanto emergeva dalle videoregistrazioni. 4. Il motivo va dichiarato inammissibile in quanto, sebbene sviluppato come plurima violazione di norme di diritto, in realtà è diretto ad una rivalutazione del fatto come tale inammissibile in questa sede, soprattutto dopo la modifica dell'art. 360 numero 5 cod. civ. proc. che non consente più di dedurre vizi motivazionali se non concernenti l'omessa valutazione di un fatto decisivo. Nel caso in esame il fatto e cioè la veridicità degli addebiti mossi al ricorrente è stata ampiamente e dettagliatamente valutata dai Giudici di appello che hanno analiticamente indicato gli elementi da cui hanno tratto il convincimento della fondatezza degli addebiti, in primis l'esame delle videoregistrazioni che attestano i comportamenti tenuti dal ricorrente, nonché le prove testimoniali raccolte ed anche alcune registrazioni telefoniche dalle quali emergeva, attraverso un linguaggio cifrato, la volontà di dazione da parte di coimputati di somma di denaro al ricorrente. Pertanto le inferenze della sentenza impugnata appaiono razionalmente e logicamente motivate sulla base di obiettivi, gravi ed univoci elementi e non sussistono le violazioni contestate dalla difesa del ricorrente che in realtà mirano alla sostituzione della propria valutazione con quella concorde dei Giudici di merito. Peraltro certamente questo Collegio non può sindacare quanto i Giudici di merito hanno positivamente accertato e verificare se in ipotesi il C. durante una registrazione fosse in piedi o accucciato e cosa stesse in concreto facendo essendo tale compito del tutto eccentrico rispetto alla funzione di controllo di legalità che è affidata alla Corte di cassazione ed avendo il Legislatore riportato il vizio di motivazione entro precisi limiti confronta, per tutte, la sentenza cass. a sez. unumero prima citata 8053/2014 certamente non ricorrenti nella presente controversia nella quale il fatto è stato dettagliatamente ed analiticamente valutato con una congrua ed articolata motivazione che eccede di molto il cosiddetto minimo costituzionale . 5. Con l'ultimo motivo si allega la violazione e falsa applicazione dell'art. 112 cod. civ. proc. La convenuta non aveva mai invocato come strumento probatorio gli artt. 2727 e 2729 cod. civ. 6. Il motivo è infondato essendo le citate norme dirette a disciplinare l'attività del Giudice nel valutare le prove e non costituiscono, pertanto, norme sostanziali di carattere regolativo che la parte debba indicare ed invocare a pena di nullità o di decadenza. 7. Si deve quindi rigettare il proposto ricorso. Le spese del giudizio di legittimità liquidate come al dispositivo seguono la soccombenza. 8. Ai sensi dell'art. 13, comma 1 quater , del D.P.R. numero 115/02, nel testo risultante dalla legge 24.12.2012 numero 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti, come da dispositivo. P.Q.M. Rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che si liquidano in Euro 100,00 per esborsi, nonché in Euro 4.500,00 per compensi nonché spese generali al 15% ed accessori come per legge. Ai sensi dell'art. 13, comma 1 quater , del D.P.R. numero 115/02, nel testo risultante dalla legge 24.12.2012 numero 228, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.