Legittimo il licenziamento del dipendente se le sue mansioni possono essere suddivise tra più lavoratori

Rientra nel legittimo esercizio dei poteri del datore di lavoro la suddivisione, tra più lavoratori, delle attribuzioni ricoperte da un solo dipendente, nei cui confronti può, dunque, essere validamente intimato il licenziamento per giustificato motivo oggettivo, a seguito della soppressione del relativo posto di lavoro.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 19185/16, depositata il 28 settembre. Il caso. La Corte d’appello di Roma, in parziale riforma della sentenza di rigetto emessa dal Tribunale, dichiarava illegittimo il licenziamento intimato da una società attiva nel settore immobiliare nei confronti di un dipendente, in favore del quale ordinava la riassunzione entro 3 giorni, o, in mancanza, il pagamento di una indennità pari a 5 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto. Per la cassazione della sentenza ricorre la società. Giustificato motivo oggettivo di licenziamento. Con il primo motivo sostanziale la ricorrente lamenta il fatto che la Corte territoriale abbia ritenuto irrilevante come giustificato motivo oggettivo di licenziamento la pur accertata chiusura della sede di Roma della società medesima, cui era adibito l’attore, sol perché non erano state soppresse le mansioni affidategli . In questo modo, obietta la ricorrente, la sentenza impugnata ha trascurato che un giustificato motivo oggettivo può consistere anche nella soppressione di una singola posizione lavorativa con redistribuzione, fra altri lavoratori, delle mansioni assegnate al dipendente licenziato. Diversa ripartizione di mansioni fra il personale in servizio. Per la Suprema Corte il ricorso è fondato sulla base del seguente principio di diritto può costituire giustificato motivo oggettivo di licenziamento, ai sensi dell’art. 3 della l. n. 604/1966, anche soltanto una diversa ripartizione delle mansioni fra il personale in servizio, attuata ai fini di una più economica ed efficiente gestione aziendale, nel senso che, invece di essere assegnate ad un solo dipendente, certe mansioni possono essere suddivise tra più lavoratori, ognuno dei quali se le vedrà aggiungere tra quelle già espletate. Il risultato finale fa emergere come in esubero la posizione lavorativa di quel dipendente che vi era addetto in modo esclusivo o prevalente . Continua il Collegio sottolineando che in tale ultima evenienza, il diritto del datore di lavoro di ripartire diversamente determinate mansioni fra più dipendenti non deve far perdere di vista la necessità di verificare il rapporto di congruità causale tra la scelta imprenditoriale e il licenziamento, nel senso che è necessario che il riassetto organizzativo sia all’origine del licenziamento anziché costituirne mero effetto . La Corte, alla luce di quanto appena enunciato, accoglie pertanto il primo motivo di ricorso e cassa la sentenza impugnata in relazione ad esso, rinviando alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 8 giugno – 28 settembre 2016, n. 19185 Presidente Venuti – Relatore Manna Svolgimento del processo Con sentenza depositata il 7.8.13 la Corte d’appello di Roma, in parziale riforma della sentenza di rigetto del 6.4.11 emessa dal Tribunale capitolino, dichiarava illegittimo il licenziamento intimato il 15.8.08 da AIG Lincoln Italia S.r.l. società operante nel settore dello sviluppo di progetti immobiliari attraverso la loro individuazione, ideazione, realizzazione e vendita a C.P. , in favore del quale ordinava la riassunzione entro tre giorni o, in mancanza, il pagamento d’una indennità pari a cinque mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto. Rigettava nel resto le domande del lavoratore. Per la cassazione della sentenza ricorre AIG Lincoln Italia S.r.l. in liquidazione affidandosi a due motivi. C.P. resiste con controricorso. Motivi della decisione 1- Il primo motivo denuncia violazione e/o falsa applicazione dell’art. 3 legge n. 604/66, anche in relazione all’art. 41 Cost., per avere la Corte territoriale ritenuto irrilevante come giustificato motivo oggettivo di licenziamento la pur accertata chiusura della sede di Roma della società ricorrente cui era adibito l’attore, sol perché non erano state soppresse le mansioni affidategli l’odierno controricorrente si occupava della commercializzazione di immobili per conto della società in tal modo - si obietta in ricorso - la sentenza impugnata ha trascurato che un giustificato motivo oggettivo di licenziamento può consistere anche nella soppressione d’una singola posizione lavorativa con redistribuzione fra altri lavoratori delle mansioni assegnate al dipendente licenziato. Il motivo è fondato. Dalla lettura della sentenza impugnata emerge, in punto di fatto, che la sede di Roma della società ricorrente presso la quale lavorava C.P. è stata effettivamente chiusa, ma che le relative attività di commercializzazione - di cui si occupava nell’esercizio delle proprie mansioni l’odierno controricorrente sono proseguite anche dopo il 15.8.08 data del licenziamento per cui è causa . Da ciò la sentenza arguisce che dopo questa data le suddette mansioni sono state ancora espletate da altri dipendenti della società. Per tale ragione la ricorrente lamenta che erroneamente i giudici di merito hanno trascurato che il giustificato motivo oggettivo previsto dall’art. 3 legge n. 604/66 ben può consistere anche in una diversa distribuzione di determinate mansioni, tale da far emergere l’esubero della posizione lavorativa del lavoratore licenziato. Ciò è conforme alla giurisprudenza di questa S.C., secondo cui il giustificato motivo oggettivo di licenziamento è ravvisabile anche nella soppressione d’una posizione lavorativa derivante da una diversa ripartizione di date mansioni fra il personale in servizio cfr., ex aliis, Cass. n. 21121/04, seguita da altre conformi , attuata a fini di più economica ed efficiente gestione aziendale, nel senso che, invece di essere assegnate ad un solo dipendente, certe mansioni possono essere suddivise fra più lavoratori, ognuno dei quali se le vedrà aggiungere a quelle già espletate il risultato finale può far emergere come in esubero la posizione lavorativa di quel dipendente che vi era addetto in modo esclusivo o prevalente. Lo stesso si dica quando le mansioni di più lavoratori siano suddivise fra un numero più ridotto di dipendenti. In entrambi i casi v’è, alla base, quella riorganizzazione tecnico-produttiva che integra il nucleo irriducibile del concetto di giustificato motivo oggettivo di cui al cit. art. 3 legge n. 604/66. È appena il caso di ricordare che il diritto del datore di lavoro di ripartire diversamente determinate mansioni fra più dipendenti non deve far perdere di vista la necessità di verificare il rapporto di congruità causale fra la scelta imprenditoriale e il licenziamento, nel senso che non basta che i compiti un tempo espletati dal lavoratore licenziato risultino essere stati distribuiti ad altri, ma è necessario che tale riassetto sia all’origine del licenziamento anziché costituirne mero effetto di risulta cfr. in tal senso Cass. n. 24502/11 . Infatti, se tale redistribuzione fosse un mero effetto di risulta e non la causale del licenziamento si dovrebbe concludere che la vera ragione del licenziamento risiede altrove e non in un’esigenza di più efficiente organizzazione produttiva. Si rivela, infine, non conferente il richiamo che si legge in controricorso alla giurisprudenza secondo cui il licenziamento per giustificato motivo oggettivo ex art. 3 legge n. 604/66 deve essere valutato sulla base degli elementi di fatto realmente esistenti al momento della comunicazione del recesso e non su circostanze future ed eventuali, giacché la prosecuzione - da parte di altri - di mansioni identiche o analoghe a quelle espletate da C.P. è stata collocata proprio nel medesimo contesto temporale in cui è stato intimato il licenziamento per cui è causa. 2- Il secondo motivo prospetta violazione e/o falsa applicazione degli artt. 112 e 346 c.p.c. per vizio di ultrapetizione, avendo la sentenza impugnata pronunciato nel merito della domanda - sia pur rigettandola - di nullità del licenziamento perché ritorsivo, domanda che il lavoratore non aveva coltivato nelle conclusioni dell’atto d’appello. Ancor prima che infondato - perché il carattere ritorsivo del licenziamento aveva costituito apposito motivo di gravame e le conclusioni dell’atto d’appello, rinviando a quelle di primo grado che per detto carattere ritorsivo avevano, infatti, chiesto la reintegra nel posto di lavoro , lo hanno coltivato - il motivo è inammissibile per difetto di interesse ad impugnare v. art. 100 c.p.c. , atteso che sul punto la società ricorrente è risultata vittoriosa e che, proprio perché tale, non ha interesse ad impugnare al solo fine di ottenere una correzione della motivazione della sentenza cfr., ex aliis, Cass. 12.9.2011 n. 18674 Cass. 2.7.07 n. 14970 Cass. 29.3.05 n. 6601 Cass. 16.7.01 n. 9637 Cass. 9.9.98 n. 8924 . 3- In conclusione, si accoglie il primo motivo e si dichiara inammissibile il secondo, con conseguente cassazione della sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvio, anche per le spese, alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione, che dovrà attenersi al seguente principio di diritto Può costituire giustificato motivo oggettivo di licenziamento ai sensi dell’art. 3 legge n. 604/66 anche soltanto una diversa ripartizione di date mansioni fra il personale in servizio, attuata a fini di più economica ed efficiente gestione aziendale, nel senso che, invece di essere assegnate ad un solo dipendente, certe mansioni possono essere suddivise fra più lavoratori, ognuno dei quali se le vedrà aggiungere a quelle già espletate il risultato finale fa emergere come in esubero la posizione lavorativa di quel dipendente che vi era addetto in modo esclusivo o prevalente. In tale ultima evenienza il diritto del datore di lavoro di ripartire diversamente determinate mansioni fra più dipendenti non deve far perdere di vista la necessità di verificare il rapporto di congruità causale fra la scelta imprenditoriale e il licenziamento, nel senso che non basta che i compiti un tempo espletati dal lavoratore licenziato risultino essere stati distribuiti ad altri, ma è necessario che tale riassetto sia all’origine del licenziamento anziché costituirne mero effetto di risulta. . Si tratta di accertamento che dovrà essere svolto dal giudice di rinvio. P.Q.M. La Corte accoglie il primo motivo, dichiara inammissibile il secondo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione.