I certificati medico-fiscali non valgono come giustificazione per le assenze

In caso di assenza per malattia, le pubbliche amministrazioni non sono più, sempre, obbligate a procedere con la cd. visita fiscale il controllo è a discrezione dell’amministrazione che deve valutare la condotta complessiva del dipendente e gli oneri connessi all’effettuazione della visita in ogni caso il controllo è richiesto quando la malattia segue giorni non lavorativi.

Così ha deciso la Corte di Cassazione con la sentenza n. 18858/2016, depositata il 26 settembre. Visita fiscale e certificato medico. Una dipendente comunale impugnava il licenziamento per giusta causa intimatole per assenze ingiustificate e prolungate. Secondo la lavoratrice, infatti, le sue assenze erano giustificate dai report delle visite medico – fiscali effettuate presso il suo domicilio durante i giorni di malattia. Secondo i Giudici di merito ed anche secondo la Suprema Corte, i certificati medico fiscali non rappresentano una valida giustificazione delle assenze per malattia. La Corte di Cassazione ragiona intorno alla lettera dell’art. 55- septies d.lgs. n. 165/2001 cd. Testo Unico sul Pubblico Impiego tale norma prevede che dopo una malattia prolungata per oltre dieci giorni e, comunque, dopo la seconda malattia intervenuta nello stesso anno solare, l’assenza è giustificata – esclusivamente – con certificato medico rilasciato da una struttura sanitaria pubblica o da un medico convenzionato con il servizio sanitario nazionale. Così disponendo, il legislatore ha inteso porre a carico del lavoratore una serie di oneri, la cui inottemperanza può essere sanzionata, anche, con il licenziamento per giusta causa. Gli oneri del lavoratore. Alla luce del Testo Unico per il Pubblico Impego, per giustificare la propria assenza prolungata come sopra descritto , il lavoratore deve ottenere idonea certificazione medica dal servizio sanitario nazionale, il quale la trasmette all’INPS, che, a sua volta la invia alla pubblica amministrazione datrice di lavoro. Non è, quindi, sufficiente che il lavoratore informi la pubblica amministrazione dell’assenza per malattia come avvenuto nel caso di specie , ma è altresì necessario che questi attivi tutto il procedimento di trasmissione appena descritto. La mancanza della certificazione medica che riconosca lo stato di malattia quale causa dell’assenza, è motivo di licenziamento per giusta causa. In questo senso, quindi, il certificato rilasciato dal medico fiscale in occasione della visita non sostituisce la certificazione rilasciata dalla struttura pubblica o da un medico convenzionato con il sistema sanitario nazionale, a cui deve – necessariamente - rivolgersi il lavoratore. Gli oneri della pubblica amministrazione. Dal canto suo, la pubblica amministrazione datrice di lavoro non è tenuta a verificare, sempre, con visite fiscali, la giustificatezza delle assenza per malattia dei propri dipendenti il controllo a tappeto” e sistematico sarebbe antieconomico e, forse, non sempre necessario. Da tali considerazioni discende la regola di cui all’art. 55- septies comma 5 del d.lgs. n. 165/2001 la pubblica amministrazione ha discrezionalità nel disporre il controllo medico fiscale presso il domicilio del lavoratore malato ed, in particolare, deve, innanzitutto, valutare la condotta complessiva del dipendente è assente per malattia molto di frequente? È assente per malattia in giorni sospetti o strategicamente individuati? , e, in secondo luogo, valutare la portata economica delle visite, bilanciando l’esigenza di contrastare e prevenire l’astensionismo con i costi dell’attività di controllo. L’unico caso in cui è sempre prevista la cd. visita del medico fiscale è l’assenza per malattia collocata nelle giornate precedenti o successive a giorni non lavorativi in questo caso la visita fiscale è richiesta sin dal primo giorno di assenza. Assenza ingiustificata e giusta causa di licenziamento. Infine, la Corte di Cassazione esclude che vi sia automatismo tra l’assenza ingiustificata e la giusta causa di licenziamento. Anzi, la Suprema Corte esclude – in generale – qualsivoglia automatismo tra una condotta anche grave e l’irrogazione di una sanzione disciplinare anche quando ad una tale condotta è ricollegata ex lege una determinata sanzione disciplinare, il Giudice di merito deve sempre verificare la proporzionalità tra condotta contestata e sanzione irrogata. Ciò vale a maggior ragione nel caso in cui la sanzione sia quella massima, ossia, il licenziamento.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 17 maggio – 26 settembre 2016, n. 18858 Presidente Macioce – Relatore Tricomi Svolgimento del processo 1. La Corte d’Appello di Bologna, con la sentenza n. 145 del 2015, depositata il 2 febbraio 2015, rigettava il reclamo proposto da B.P. , ai sensi dell’art. 1, comma 58, della legge n. 92 del 2012, nei confronti del Comune di Sala Bolognese e dell’Unione Terre d’Acqua, avverso la sentenza n. 751 del 2014 emessa tra le parti dal Tribunale di Bologna. 2. Con ricorso ai sensi dell’art. 1, comma 48, della legge n. 92 del 2012, la B. , in servizio presso il suddetto Comune come istruttore di polizia municipale, con inquadramento nella area C ex V qualifica funzionale , posizione economica C3, e transitata per mobilita’ alle dipendenze della Unione Terre d’Acqua dal 1 gennaio 2013, adiva il Tribunale per ottenere, previa declaratoria di illegittimita’ della sospensione dal servizio e dalla retribuzione per un giorno, 2 dicembre 2012, per 3 giorni dal 19 marzo 2012, e per cinque giorni dal 15 maggio 2012, l’annullamento delle sanzioni conservative e la condanna degli enti convenuti a rifondere le somme indebitamente trattenute, nonche’ per ottenere, previa declaratoria della nullita’ e/o inefficacia e/o ingiustificatezza dei licenziamenti con preavviso del 18 luglio 2012 e del 19 dicembre 2012, in via principale la tutela reale ex art. 18 legge 300 del 1970, in via subordinata, nel caso in cui non fosse stata riconosciuta la natura discriminatoria del recesso, il pagamento di una indennita’ risarcitoria pari a 12 mensilita’. In via di estremo subordine, nel caso in cui si fosse ritenuto applicabile il novellato art. 18, e non si fosse ravvisata la insussistenza del fatto o la punibilita’ dello stesso con sanzioni conservative, il pagamento di una indennita’ risarcitoria di 24 mensilita’. 3. Il Tribunale, con ordinanza in data 24 settembre 2013, ex art. 1, comma 51 della legge n. 92 del 2012, rigettava la domanda. 4. La B. proponeva opposizione. Il Tribunale di Bologna con la sentenza n. 751 del 2014 rigettava l’opposizione. 5. Per la cassazione della sentenza di appello, che decideva sul reclamo intentato contro la suddetta sentenza n. 751 del 2014, ricorre B.P. prospettando quattro motivi di ricorso. 6. Resistono con distinti controricorsi, entrambi assistiti da memoria, l’Unione Terre d’Acqua e il Comune. Motivi della decisione 1. Occorre premettere che la Corte d’Appello ha delimitato il thema decidendum limitandolo al licenziamento con preavviso irrogato ai sensi del d.lgs. n. 165 del 2001, il 2 gennaio 2013, previa contestazione dell’addebito il 19 dicembre 2012, per la mancata valida giustificazione relativamente all’assenza per sette giorni di malattia 21 giugno 3-5 luglio 9-11 luglio del 2012 . 2. Tanto premesso puo’ passarsi all’esame dei motivi di ricorso. 3. Con il primo motivo e’ dedotta la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 55-quater comma 1, lettera b , 55-septies, del d.lgs. n. 165 del 2001, per avere ritenuto che i certificati dei medici fiscali non rappresentassero valida giustificazione dell’assenza per malattia della ricorrente. Assume la ricorrente che, essendo intervenuta visita fiscale, all’esito della quale veniva rilasciato certificato medico che confermava l’esistenza della patologia inabilitante al lavoro, e facendo parte i medici fiscali di una struttura sanitaria pubblica, la malattia era stata certificata secondo quanto previsto dall’art. 55-septies del d.lgs. n. 151 del 2001. Erroneamente, quindi, la Corte d’Appello aveva affermato che il certificato del medico curante o della struttura sanitaria pubblica era l’unica documentazione giustificativa dell’impedimento del dipendente a recarsi al lavoro. 3.1. Il motivo non e’ fondato e deve essere rigettato. Occorre rilevare che l’art. 55-septies del d.lgs. n. 165 del 2001, introdotto dal decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, al comma 1, ha sancito che nell’ipotesi di assenza per malattia protratta per un periodo superiore a dieci giorni, e, in ogni caso, dopo il secondo evento di malattia nell’anno solare l’assenza viene giustificata esclusivamente mediante certificazione medica rilasciata da una struttura sanitaria pubblica o da un medico convenzionato con il Servizio sanitario nazionale . Dunque, il legislatore ha inteso porre a carico del lavoratore l’obbligo di attivarsi nei suddetti sensi, atteso che, come previsto dall’art. 55-quater, comma 1, lettera b, e’ prevista la sanzione disciplinare del licenziamento senza preavviso in presenza di assenza priva di valida giustificazione per un numero di giorni, anche non continuativi, superiore a tre nell’arco di un biennio o comunque per piu’ di sette giorni nel corso degli ultimi dieci anni ovvero mancata ripresa del servizio, in caso di assenza ingiustificata, entro il termine fissato dall’amministrazione . Parallelamente all’obbligo che grava sul lavoratore di rivolgersi ad una struttura sanitaria pubblica o ad un medico convenzionato, potendo solo la certificazione rilasciata dagli stessi giustificare l’assenza per malattia, il legislatore art. 55-septies, comma 2 ha stabilito che quest’ultimi provvedano ad inviare la certificazione per via telematica all’INPS che, a sua volta, la inoltra immediatamente all’Amministrazione interessata. Anche l’inosservanza di tale obbligo di trasmissione costituisce illecito disciplinare. Dunque non e’ sufficiente che il lavoratore informi il datore di lavoro dell’assenza per malattia, come avvenuto nella specie, ma il lavoratore deve attivare, rivolgendosi per l’accertamento del proprio stato di salute/malattia ad una struttura sanitaria pubblica o ad un medico convenzionato con il Servizio sanitario nazionale, il procedimento di cui all’art. 55-septies, commi 1 e 2, che si conclude con l’inoltro e la ricezione della certificazione medica al datore di lavoro da parte dell’INPS. Ed e’ alla mancanza di tale certificazione, che conforti la ragione della malattia quale causa dell’assenza, che l’art. 55-quater, comma 1, lettera b , riconduce il licenziamento senza preavviso. Su di un piano diverso si pone, dunque, la visita fiscale, che nella ratio della legge n. 150 del 2009 non e’ alternativa alla certificazione rilasciata dalla struttura sanitaria pubblica o da un medico convenzionato con il Servizio sanitario nazionale, a cui deve rivolgersi il lavoratore. Le Amministrazioni pubbliche, infatti, non sono piu’ obbligate a procedere sempre alla cd. visita fiscale, ma art. 55-septies, comma 5, d.lsg. n. 165 del 2001 dispongono per il controllo sulle assenze per malattia dei dipendenti valutando la condotta complessiva del dipendente e gli oneri connessi all’effettuazione della visita, tenendo conto dell’esigenza di contrastare e prevenire l’assenteismo . Il controllo, infatti, e’ richiesto, in ogni caso, sin dal primo giorno, solo quando l’assenza si verifica nelle giornate precedenti o successive a quelle non lavorative. Correttamente, quindi, la Corte d’Appello ha escluso che i referti medici fiscali non potevano costituire valida giustificazione alla assenza per malattia della B. . 4. Con il secondo motivo di ricorso e’ dedotta la violazione degli artt. 1175, 1375, 2104, 22105, 2016 cc, nonche’ degli artt. 55 e 55-quater del d.lgs. 165 del 2001, per avere ritenuto che la ricorrente fosse consapevole della necessita’ di munirsi di certificato del medico curante e per aver ritenuto il giudice di non potere sindacare la proporzionalita’ del licenziamento inflitto. Assume la ricorrente che persiste la discrezionalita’ del giudice, dovendosi valutare la gravita’ oggettiva e soggettiva dell’inadempimento anche nel caso in esame, verificando in concreto la gravita’ del fatto addebitato, in particolare con riguardo ai motivi del comportamento e alle circostanze in forza delle quali lo stesso e’ stato posto in essere, tenuto conto anche delle norme e dei principi generali di buona fede e correttezza. Nella specie, la ricorrente assolveva all’obbligo di comunicare la propria assenza per malattia e si era resa reperibile alla immediata visita del medico fiscale. 4.1. Il motivo e’ fondato e deve essere accolto. Come piu’ volte affermato da questa Corte Cass., n. 22798 del 2012 , deve escludersi la configurabilita’ in astratto di qualsivoglia automatismo nell’irrogazione di sanzioni disciplinari, specie laddove queste consistano nella massima sanzione, permanendo il sindacato giurisdizionale sulla proporzionalita’ della sanzione rispetto al fatto addebitato. Questa Corte, inoltre, ha affermato che la giusta causa di licenziamento deve rivestire il carattere di grave negazione degli elementi essenziali del rapporto di lavoro e, in particolare, dell’elemento fiduciario, dovendo il giudice valutare, da un lato, la gravita’ dei fatti addebitati al lavoratore, in relazione alla portata oggettiva e soggettiva dei medesimi, alle circostanze nelle quali sono stati commessi e all’intensita’ del profilo intenzionale, dall’altro, la proporzionalita’ fra tali fatti e la sanzione inflitta, per stabilire se la lesione dell’elemento fiduciario, su cui si basa la collaborazione del prestatore di lavoro, sia tale, in concreto, da giustificare la massima sanzione disciplinare quale evento che non consente la prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto , la giusta causa di licenziamento integra una clausola generale, che richiede di essere concretizzata dall’interprete tramite valorizzazione dei fattori esterni relativi alla coscienza generale e dei principi tacitamente richiamati dalla norma Cass. n. 6498 del 2012 . Cio’ precisato, deve rilevarsi che nella specie, ritenendo legittima la sanzione espulsiva, escludendo di dover vagliare la sussistenza della proporzionalita’ alla luce delle circostanze concrete - quali la circostanza che la visita fiscale era intervenuta, e in un breve arco di tempo, dopo al comunicazione, e che la malattia era risultata effettivamente sussistente - la Corte territoriale non ha fatto corretta applicazione dei principi affermati dalla giurisprudenza richiamata. 5. Con il terzo motivo di ricorso e’ dedotta la violazione degli artt. 18, 15 e 16 dello statuto dei lavoratori, dell’art. 3 della legge n. 108 del 1990, dell’art. 4 della legge n. 604 del 1966, per aver avere escluso la Corte d’Appello, la natura discriminatoria e/o ritorsiva del licenziamento. Espone la ricorrente che il provvedimento espulsivo costituiva un’ingiusta ed arbitraria reazione dell’Amministrazione al particolare interessamento dimostrato da essa lavoratrice proprio negli ultimi mesi dell’anno 2001, nei confronti della regolarita’ degli apparecchi autovelox situati nel Comune di Sala Bolognese, con la richiesta di informazioni sull’appalto relativo. 5.1. Il motivo non e’ fondato. Ed infatti, lo stesso si limita ad enunciare una circostanza del tutto generica quanto alle modalita’ con cui si sarebbe realizzata, senza precisare se la stessa fosse gia’ stata introdotta nel corso del giudizio, e senza chiarire il prospettato nesso causale, non potendo cio’ sostanziarsi nella mera successione temporale degli eventi prospettati. 6. All’accoglimento del secondo motivo di ricorso, segue l’assorbimento del quarto motivo, con il quale si censura la sentenza per violazione di norme di diritto relative al procedimento disciplinare art. 55-bis, commi 3 e 4, del d.lgs. n. 165 del 2001, art. 7 dello statuto dei lavoratori . 7. La sentenza deve esser cassata in relazione al secondo motivo accolto, con rinvio alla Corte d’Appello di Bologna in diversa composizione anche per le spese del presente giudizio. Rigettati il primo ed il terzo motivo di ricorso. Assorbito il quarto motivo di ricorso. P.Q.M. La Corte rigetta il primo ed il terzo motivo di ricorso. Accoglie il secondo. Assorbito il quarto. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia anche per le spese del presente giudizio alla Corte d’Appello di Bologna in diversa composizione.