Concorso interno, proteste della lavoratrice esclusa: niente risarcimento

La vicenda si svolge in un ateneo. A finire sotto accusa il direttore amministrativo che ha escluso la donna, e i suoi successori, che le hanno negato la riammissione. Il provvedimento originario, però, si è rivelato corretto.

Mancata ammissione alla procedura concorsuale . Per questo motivo la dipendente dell’Università chiede un adeguato risarcimento, chiamando in causa non solo l’ateneo ma il direttore amministrativo. Ma la pretesa si rivela assolutamente fragile, non avendo ella rispettato uno dei requisiti previsti dal bando Cassazione, sentenza n. 17864/2016, Sezione Lavoro, depositata il 9 settembre 2016 . Concorso. Terreno di scontro è l’esclusione della lavoratrice dal concorso interno organizzato dall’Università della Basilicata. A finire nel mirino della donna è, innanzitutto, il direttore amministrativo che ha disposto la sua esclusione per mancanza della anzianità di almeno cinque anni di servizio . Allo stesso tempo, però, vengono chiamati in causa anche i successivi direttori amministrativi dell’ateneo, ritenuti colpevoli per non aver dato esecuzione al provvedimento con cui era stato disposto l’annullamento della sua esclusione dalla partecipazione alla procedura concorsuale . Obiettivo della dipendente è un risarcimento per il danno patrimoniale e professionale sopportato. E la richiesta viene parzialmente accolta in Appello i giudici riconoscono alla donna quasi 20mila euro, che dovranno però esserle versati dal secondo e dal terzo direttore amministrativo. Esclusa, invece, la responsabilità del direttore amministrativo che aveva sancito l’esclusione dal concorso. Esclusione. A ribaltare completamente le valutazioni compiute in Appello provvedono ora i magistrati della Cassazione. A loro avviso, difatti, manca la prova concreta del danno lamentato dalla lavoratrice. Più in dettaglio, viene spiegato che il danno da perdita di chance per mancata ammissione alla procedura concorsuale postulava, prima ancora che l’accertamento del punteggio che in teoria sarebbe stato attribuito alla lavoratrice, l’accertamento della sua possibilità di essere ammessa alla procedura selettiva , dunque la verifica del requisito dell’anzianità di servizio di almeno cinque anni . E tale possibilità, evidenziano i magistrati, è stata esclusa dal provvedimento adottato dal direttore amministrativo e non contestato dalla donna. Peraltro, non può essere ignorato che il provvedimento con cui era stata disposta la riammissione alla procedura selettiva e la riconvocazione della commissione esaminatrice trovava causa esclusiva nella conciliazione . Di conseguenza, una volta annullata proprio la conciliazione, la riammissione non poteva avere alcun appiglio. Tirando le somme, i magistrati ritengono che successivamente all’annullamento del verbale di conciliazione e alla consequenziale caducazione dell’atto di riammissione alla procedura selettiva , il provvedimento con cui era stata disposta l’ esclusione rappresenta l’unico atto a cui ricollegare i danni lamentati dalla lavoratrice. E quella decisione si è rivelato conforme alla legittima previsione del bando . Ciò significa che, nonostante le obiezioni mosse dalla donna, non vi è alcun danno risarcibile .

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 4 maggio – 9 settembre 2016, n. 17864 Presidente Macioce – Relatore Torrice Svolgimento del processo 1. Margherita Metastasio aveva convenuto in giudizio l'Università degli Studi della Basilicata ed i signori Michele Sinatra, Lucio Orlando e Arturo Cornetta, che si erano succeduti nel corso tempo nelle funzioni di Direttore Amministrativo, per chiederne la condanna al risarcimento del danno patrimoniale e professionale correlato alla mancata ammissione alla procedura concorsuale, indetta con provvedimento n. 121 del 14.3.2002, finalizzata al passaggio alla categoria EP, posizione economica EP1¬Area Amministrativa gestionale dei personale della ex VIII qualifica funzionale. 2. Aveva lamentato che il Sinatra, con provvedimento n. 228 del 13.5.2002, aveva disposto la sua esclusione dalla procedura concorsuale, per mancanza dei requisito dell'anzianità di servizio di almeno 5 anni nella ex qualifica alla data di sottoscrizione definitiva del CCNL che l'Orlando ed il Cornetta non avevano dato esecuzione al provvedimento n. 131 in data 14.3.2003, con il quale era stato disposto l'annullamento della sua esclusione dalla partecipazione alla procedura concorsuale. 3. II giudice dei lavoro del Tribunale di Potenza aveva ritenuto infondata l'eccezione di difetto di giurisdizione ed aveva escluso la responsabilità del Sinatra, dell'Orlando e dei Cornetta. 4. Adita in sede di gravame dalla Metastasio, la Corte di appello di Potenza, con la sentenza n 334/2013, in data 25.7.2013, in parziale accoglimento dell'appello ed in parziale riforma della sentenza impugnata, ha condannato l'Orlando ed il Cornetta al pagamento in solido della somma di € 19.937, 83 in favore della Metastasio. 5. La Corte territoriale ha ritenuto che si era formato il giudicato sulla affermata esclusione della responsabilità dei Sinatra nella causazione dei danni lamentati dalla Mestastasio, in quanto la statuizione dei giudice di primo grado non era stata impugnata da quest'ultima, la quale, pur avendo notificato l'appello, ai sensi dell'art. 332 c.c., non aveva formulato nei suo confronti alcuna domanda. 6. Ha ritenuto infondata l'eccezione di inammissibilità dell'appello avuto riguardo agli artt. 342 e 434 c.p.c, nella formulazione antecedente alle modifiche apportate dall'art. 54 D.L. 83/2012 conv.in legge n. 134/2012, ed applicabile ratione temporis . 7. Ha rilevato che non erano stati contestati né la modalità di calcolo dei punteggi ai quali la Metastasio avrebbe avuto diritto, ove fosse stata ammessa alla procedura concorsuale, né il punteggio finale, indicati nel ricorso di primo grado. 8. Ha ritenuto che in tema di responsabilità civile diretta dei funzionari e dei dipendenti delle P.A, ai sensi dell'art. 28 Costituzione, l'elemento costitutivo della responsabilità dell'agente è costituito dalla imputabilità colposa dell' atto dannoso al pubblico dipendente, derivante dalla violazione delle regole di comune prudenza o di leggi o di regolamenti, alla cui osservanza la PA è vincolata. 9. La condotta dell'Orlando e del Cornetta si era compendiata nella mancata esecuzione dei verbale di conciliazione e del provvedimento direttoriale n. 131 del 14.3.2003, con i quali era stata disposta l'ammissione della Metastasio alla procedura concorsuale. 10. In particolare, l'Orlando, succeduto al Sinatra nelle funzioni di Direttore Amministrativo, pur avendo manifestato l'intenzione di dare attuazione al provvedimento di ammissione della Metastasio alla procedura concorsuale, con la riserva di verificarne la legittimità, aveva nondimeno disposto il rinvio della convocazione della Commissione esaminatrice da luglio a settembre 2003 e, quindi, al marzo 2004. La circostanza che il Tribunale di Potenza aveva respinto, in data 7.8.2003, la domanda cautelare del dipendente Grassi, che aveva partecipato alla procedura selettiva, collocandosi al secondo posto, escludeva l'opportunità del rinvio della convocazione della commissione esaminatrice. 11. Il Cornetta, subentrato all'Orlando nelle funzioni di Direttore Amministrativo, aveva annullato solo il verbale di conciliazione ma non anche quello, consequenziale di ammissione della Metastasio alla procedura di selezione ed, a sua volta, non aveva dato attuazione a quest'ultimo convocando la commissione esaminatrice. 12. II danno patrimoniale lamentato dalla Metastasio, che se ammessa, si sarebbe collocata al primo posto in graduatoria, in ragione dei punteggio al quale aveva diritto, era conseguenza diretta ed immediata della condotta colposa dei direttori Amministrativi Orlando e Cornetta che avevano rinviato illegittimamente l'attività della Commissione esaminatrice relativa alla riapertura della procedura concorsuale. 13. Il CM aveva correttamente accertato l'entità del danno patrimoniale, costituito dalle differenze retributive tra le posizioni economiche D3 e EP1, per gli anni 2001 e 2002, e tra la posizione D4 e quella EP2, quanto al periodo successivo al 2003, con inclusione della retribuzione di posizione nel suo ammontare minimo e con detrazione del compenso per lavoro straordinario, delle indennità di responsabilità, di rischio, accessoria mensile, non riconosciute alle posizioni EP1 ed EP2, perché assorbite dalla retribuzione di posizione e di quella di risultato. 14. Avverso detta sentenza Lucio Orlando e Arturo Cornetta hanno proposto ricorso per cassazione, affidato a sei motivi, illustrati da successive memorie, al quale hanno resistito con controricorso la Metastasio ed il Sinatra. 15. 1 motivi di ricorso 16. Con il primo motivo i ricorrenti denunciano, ai sensi dell'art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., violazione degli artt. 332, 331 e 324 c.p.c., sostenendo che, contrariamente a quanto affermato dalla Corte territoriale, la vicenda dedotta in giudizio sarebbe sussumibile entro la fattispecie della causa inscindibile, essendovi stretta relazione tra l'eventuale responsabilità del Direttore Amministrativo dott. Sinatra, che aveva escluso la Metastasio dalla procedura concorsuale, e l'eventuale responsabilità di essi ricorrenti per la mancata riammissione di quest'ultima alla procedura e perché essi ricorrenti erano stati chiamati a rispondere anche dei danni patrimoniale relativi al periodo gennaio 2001-dicembre 2002, durante il quale e funzioni di direttore Amministrativo erano state svolte dal Sinatra. 17. Deducono che l'unico provvedimento non revocato era il provvedimento n. 228 dei 13.5.2002, con il quale il Sinatra aveva disposto l'esclusione della Metastasio dalla procedura concorsuale e che, pertanto, i danni lamentati derivavano da detto atto e non dalla mancata ottemperanza al verbale di conciliazione ed al consequenziale provvedimento di ammissione al concorso. 18. Precisato che con il motivo in esame si denuncia, al di là della rubrica che fa riferimento all'art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., un vizio che attiene alla corretta applicazione delle norme da cui è disciplinato il processo che ha condotto alla decisione impugnata, vizio che è pertanto ricompreso nella previsione dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, il motivo è infondato. 19. L'esistenza di un vincolo di solidarietà passiva tra più convenuti in distinti e riuniti giudizi di risarcimento dei danni genera un litisconsorzio processuale, per dipendenza della causa da quella intrapresa dall'attore, solo quando almeno uno dei primi chieda accertarsi la responsabilità esclusiva di altro tra loro, ovvero rideterminarsi, nell'ambito di un'azione di regresso anticipato, la percentuale di responsabilità ad essi ascrivibile pro quota , in tal modo presupponendo, sia pure in via eventuale e subordinata, la corresponsabilità affermata dall'attore Cass. 19584/2013 . 20. Non essendo stata questa domanda proposta dagli odierni ricorrenti con appello incidentale, è corretta la decisione impugnata che ha ritenuto coperta da giudicato I' esclusione della responsabilità dei Sinatra nella causazione dei danni dedotti in giudizio, esclusione affermata dal giudice di primo grado. 21. Va, comunque, rilevato che la Metastasio notificò l'appello anche al Sinatra, sia pure in termini di mera denuntiatio litis , per quanto emerge dalla sentenza oggi impugnata, che nella parte in cui ha ricostruito il tenore dell'atto di appello, non risulta contrastata da alcuna censura, essendosi limitati i ricorrenti a dedurre la inscindibilità di cause. 22. Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano, ai sensi dell'art. 360 comma 1 n. 3 c.p.comma violazione degli artt. 342 e 434 c.p.c., per non avere la Corte territoriale accolto l'eccezione di inammissibilità dell'appello, formulata sul rilievo della sua genericità. 23. Precisato che anche questo vizio, al di là dei titolo della rubrica, va ricondotto al mezzo impugnatorio previsto dall'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, il motivo è inammissibile. 24. Le Sezioni Unite di questa Corte, con la sentenza n. 8077 del 2012 hanno definitivamente chiarito che, ove i vizi dei processo si sostanzino nel compimento di un'attività deviante rispetto alla regola processuale rigorosamente prescritta dal legislatore, così come avviene nel caso che si tratti di stabilire se sia stato o meno rispettato il modello legale di introduzione dei giudizio, il giudice di legittimità non deve limitare la propria cognizione all'esame della sufficienza e logicità della motivazione con cui il giudice di merito ha vagliato la questione, ma è investito del potere-dovere di esaminare direttamente gli atti ed i documenti sui quali il ricorso si fonda. 25. E' stato anche precisato da numerose pronunce di questa Corte che, affinché il vizio del processo possa essere riscontrato, mediante l'esame diretto degli atti l'intero fatto processuale, è necessario, comunque, che la parte ricorrente indichi gli elementi caratterizzanti il fatto processuale di cui si chiede il riesame, nel rispetto delle disposizioni contenute nell'art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, ex plurimis, Cass. Sez. Un. 8077/2012, cit Cass. 16167/2015, 16534/2015, 24481/2014, 8008/ 2014, 896/2014 . 26. Ed, infatti, l'esercizio del potere di diretto esame degli atti del giudizio di merito, riconosciuto alla Corte di Cassazione nel caso, qui ricorrente, di deduzione di un error in procedendo , non esonera la parte dal riportare, in seno al ricorso per cassazione, gli elementi ed i riferimenti atti ad individuare nei suoi termini esatti, e non genericamente, il vizio processuale, in modo da consentire alla Corte di effettuare, senza compiere generali verifiche, il controllo dei corretto svolgersi dell'iter processuale Cass. 2143/2015, 4928/2013, 23420/ 2011 . 27. Sotto tale aspetto deve rilevarsi che il ricorso in esame non rispetta i richiamati canoni di specificità, considerato che non è stato riportato, seppur nelle parti salienti, il contenuto dell'atto di appello, atto che non risulta allegato, e nemmeno ne è indicata la sede di collocazione in atti. F', dunque, precluso a questa Corte di comprendere la portata della doglianza e di accedere all'esame diretto degli atti imposto dalla censura così come formulata. 28. Con il terzo motivo i ricorrenti denunciano, ai sensi dell'art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., violazione degli artt. 2909 c.comma e, ai sensi dell'art. 360 comma 1 n. 5 c.p.c, violazione 2697 c.c., lamentando che la Corte territoriale, pur prendendo atto della presenza nel processo di giudicati costituiti dalle sentenze dei TAR Basilicata n. 844 del 2004, del Consiglio di Stato n. 549 del 2006, dei TAR Basilicata n. 67 dei 2007, avrebbe, nondimeno, omesso di valutare se alle medesime poteva riconoscersi efficacia riflessa nei confronti di essi odierni ricorrenti, ovvero efficacia indiretta di prova in ordine alla situazione giuridica che aveva formato oggetto di accertamento giudiziale. 29. II motivo è inammissibile per la violazione delle prescrizioni contenute nell'art. 366 comma 1 n. 6 c.p.c., perché i ricorrenti si sono limitati a riportare in ricorso brevi stralci delle richiamate sentenze dei giudici amministrativi, dai quali non è possibile ricavare il decisum e l'oggetto del giudizio né, tampoco, il loro passaggio in giudicato le sentenze, inoltre, non risultano allegate al ricorso e non è specificata la sede di produzione nell'incarto processuale. 30. Con il quarto motivo i ricorrenti denunciano, ai sensi dell'art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., violazione dell'art. 2043 c.comma e, ai sensi dell'art. 360 comma 1 n. 5 c.p.c., vizi motivazionali, sostenendo che, contrariamente a quanto statuito dalla Corte territoriale, il fatto decisivo per la decisione del giudizio ed oggetto di discussione era costituito dalla insussistenza in capo alla Metastasio del requisito dell'effettivo servizio di cinque anni prestato nella ex VIII qualifica funzionale, richiesto per la partecipazione alla procedura selettiva, e che, pertanto , sarebbe del tutto irrilevante il punteggio che la medesima avrebbe conseguito ove fosse stata ammessa. 31. Assumono che l'accertamento di siffatta circostanza sarebbe stato dei tutto omesso dalla Corte territoriale la quale, inoltre, non avrebbe valutato se, per essi ricorrenti, costituiva atto di buona amministrazione sospendere ogni determinazione in ordine alla esecuzione dei verbale di conciliazione, concluso e sottoscritto dal direttore amministrativo dott. Fulco, incaricato in qualità di facente funzioni, solo per il compimento degli atti di ordinaria amministrazione e, per questa ragione, non abilitato alla conciliazione della controversia in corso con la Metastasio. Deducono che questo atto era stato sottoposto al vaglio del giudice ordinario nel processo promosso dal dipendente Grassi e dei giudice amministrativo. 32. Lamentano che la Corte territoriale avrebbe omesso di esaminare l'avvenuto assolvimento da parte della Metastasio dell'onere di provare la sussistenza della colpa nella condotta addebitata ad essi ricorrenti, e di accertare la configurabilità di colpa grave, sotto il profilo della violazione dei principi di imparzialità e di buona amministrazione, ai sensi degli artt. 97 Costituzione e 1 della legge 241/1990 che , se detti accertamenti fossero stati effettuati, la Corte territoriale sarebbe pervenuta ad una decisione diversa da quella adottata. 33. I ricorrenti denunciano, inoltre, la violazione dei principi generali dei diritto nella parte in cui la Corte territoriale ha individuato la responsabilità di essi ricorrenti nella mancata adozione dei provvedimento di annullamento in autotutela dei provvedimento n. 131 del 14.3.2003, con il quale era stata disposta I' ammissione della Metastasio alla procedura selettiva e la riconvocazione della Commissione esaminatrice, assumendo che all'annullamento della conciliazione conseguiva l'annullamento e la caducazione degli atti consequenziali e dunque, del provvedimento di ammissione alla procedura selettiva. 34. Il motivo è fondato. 35. Il danno da perdita di chance , per mancata ammissione alla procedura concorsuale, postulava, infatti, prima ancora che l'accertamento dei punteggio, che in teoria sarebbe stato attribuito alla Metastasio, l'accertamento della possibilità della medesima di essere ammessa alla procedura selettiva, e, dunque dell'esistenza del requisito dell' anzianità di servizio di almeno 5 anni nella ex qualifica alla data di sottoscrizione definitiva del presente CCNL, appartenente alle ex qualifiche V, VII ed VIII per il passaggio, rispettivamente, alle categorie C, D ed EP . 36. Possibilità rettamente esclusa dal provvedimento n. 228 del 13.5.2002, adottato dal Sinatra, Direttore Amministrativo del tempo, unico provvedimento idoneo ad incidere sulla posizione della Metastasio, la quale non ha mosso nei confronti di detto provvedimento, alcuna contestazione cfr. pgg. 17, 18 del controricorso , non ne ha chiesto la disapplicazione, ha rinunciato a proporre appello nei confronti del Sinatra ed ha invece fondato l'azione di responsabilità nei confronti degli odierni ricorrenti sulla mancata esecuzione, ovvero sulla ritardata esecuzione, dei provvedimento, con il quale era stata disposta la sua ammissione alla procedura selettiva concursuale. 37. Deve ritenersi, infatti che il provvedimento n. 131 del 14.3.2003, con il quale era stata disposta l'ammissione della Metastasio alla procedura selettiva e la riconvocazione della Commissione esaminatrice, trovava causa esclusiva , prima che presupposto, nella conciliazione, sicchè venuta meno questa, in conseguenza del suo annullamento, tale provvedimento finale rimaneva privo di effetti. 38. In conclusione, deve ritenersi che, successivamente all'annullamento dei verbale di conciliazione ed alla consequenziale caducazione dell'atto di ammissione alla procedura selettiva e di riconvocazione della Commissione amministratrice, il provvedimento in data n. 228 del 13.5.2002, con il quale era stata disposta la esclusione dalla procedura selettiva, per difetto del requisito dell' anzianità di servizio di almeno 5 anni nella ex qualifica, costituiva, l'unico atto al quale era possibile ricollegare i danni dedotti dalla Mestastasio. Danni che quest'ultima ha peraltro scelto di addebitare soltanto agli odierni ricorrenti, in ragione di condotte assunte come inadempienti dell'obbligo di dare corso alle attività necessarie per la riapertura delle attività della Commissione esaminatrice, attività, questa, ormai non più prevista ed imposta da alcun provvedimento. Ma quel provvedimento di esclusione, lungi dal potersi ritenere fonte di danni appunto da esclusione , deve ritenersi affatto conforme alla legittima previsione di bando, coerente con il disposto dell'art. 74 comma 5 CCNL di comparto con la conseguenza per la quale l'assorbente difetto dei requisito di ammissibilità in capo alla Metastasio esclude la stessa configurabilità di alcun danno risarcibile per effetto della sequenza ed inerzia successiva alla riammissione da esclusione revocata . 39. L'accoglimento del motivo assorbe le censure formulate nel quinto motivo, con il quale i ricorrenti denunciano, ai sensi dell'art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., violazione degli artt. 59, 65, 62, e 63 del CCNL relativo al quadriennio normativo 1998 - 2001 ed al biennio economico 1998 - 1999, dolendosi dell'erroneo computo della indennità risarcitoria liquidata a titolo di danno patrimoniale e dell'art. 195 comma 3 c.p.comma 40. Con il sesto motivo i ricorrenti denunziano, ai sensi dell'art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c, violazione degli artt. 51 comma 1 n. 4, 6 della CEDU e 47 par. 2 della Carta di Nizza, per avere partecipato al giudizio definito con la sentenza oggi impugnata, due magistrati, uno dei quali con funzioni di Presidente del Collegio, che avevano partecipato ad altro giudizio tra le stesse parti. 41. Il motivo è infondato perchè l'obbligo dei giudice di astenersi, previsto dall'art. 51, primo comma, n. 4, c.p.c., si riferisce ai casi in cui egli abbia conosciuto della causa in altro grado del processo, e non anche ai casi in cui lo stesso abbia trattato di una causa diversa vertente su un oggetto analogo, ancorché tra le stesse parti, né in tali ipotesi sussistono gravi ragioni di convenienza rilevanti come motivo di ricusazione. 42. In ogni caso, va rilevato che, nei casi in cui ricorrano le condizioni di cui all'art. 51, n. 4, c.p.c., la parte ha l'onere di far valere mediante tempestiva e rituale istanza di ricusazione ex art. 52 c.p.c., la sussistenza delle ragioni di doverosa astensione, senza che, in mancanza, possa invocare, in sede di gravame, come motivo di nullità della decisione, la violazione, da parte del giudice, dell'obbligo di astenersi ex multis Cass. SSUU 170/2001 Cass. 2593/2015, 13370/2005, 11273/2004, e, risalendo nel tempo, Cass. n. 2019/1976, 3440/1974 . 43. Nè in contrario assume rilievo decisivo il richiamo fatto dai ricorrenti all'art. 111. Cost. che, nella sua nuova versione introdotta dalla legge cost. n. 2 del 1999, eleva il principio della imparzialità dei Giudice a cardine dei processo, atteso che, come questa Corte ha già avuto modo di precisare, la disposizione costituzionale affida alla legge il compito di attuare i principi fondamentali dei giusto processo e, considerata la peculiarità del processo civile, fondato sul principio dell'impulso paritario delle parti, non può certo definirsi arbitraria o inadeguata la scelta del legislatore di garantire, nell'evenienza considerata, il valore della imparzialità e terzietà dei Giudice attraverso gli istituti della ricusazione e della astensione Cass. n. 11506 del 2006, 7702/2007, 7252/2004 . 44. Non ha miglior sorte l'ulteriore richiamo fatto da ricorrenti all'art. 6, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, resa esecutiva in l'Italia con la L. n. 848 del 1955, considerato che, con riferimento al valore della imparzialità del Giudice, tale disposizione non sembra aggiungere ulteriori contenuti rispetto a quanto dispone l'art. 111 Cost., mentre, con riguardo al principio dell'adeguatezza dei mezzi di tutela, la relativa indagine non può non dar conto dei fatto che gli strumenti della ricusazione e della astensione, a cui si aggiunge la successiva facoltà di impugnare la decisione nel caso in cui la ricusazione non sia accolta, appaiono rimedi congrui per ritenere sufficientemente garantito in modo efficace il diritto delle parti alla imparzialità del Giudice Cass. 20/ 2010, 14807/2008 . 45. In conclusione, rigettati i motivi primo, secondo, terzo e sesto, assorbito il quinto, va accolto il quarto motivo di ricorso e la sentenza va cassata in ordine a detto motivo. 46. Non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la controversia può essere decisa nel merito, con il rigetto della originaria domanda risarcitoria proposta dalla Metastasio nei confronti degli odierni ricorrenti. 47. Le spese dei giudizi di merito vanno compensate, avuto riguardo all'esito alterno della lite nel giudizio di primo grado ed in quello di appello. 48. Le spese del giudizio di legittimità vanno poste a carico della Metastasio, quanto al rapporto processuale tra quest'ultima ed i ricorrenti Orlando e Cornetta quanto al rapporto tra questi ultimi ed il Sinatra, vanno poste a carico dei ricorrenti, soccombenti rispetto al Sinatra, in relazione al primo motivo di ricorso. P.Q.M. Accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione. Cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda risarcitoria di Margherita Metastasio. Compensa le spese dei giudizi di merito. Condanna Margherita Metastasio alla refusione delle spese del giudizio di legittimità, nei confronti dei ricorrenti Cornetta ed Orlando, liquidate in complessivi € 5.000,00 per compensi professionali, oltre € 580,00 per esborsi, oltre 15% per rimborso spese generali forfettarie , oltre IVA e CPA, Condanna i ricorrenti Cornetta ed Orlando, tra loro in solido, a versare al contro ricorrente Sinatra le spese del giudizio di legittimità determinate in complessivi € 1.500 Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 9 aprile 2015 il Tribunale di sorveglianza di Bari, disponeva la revoca della misura alternativa della detenzione domiciliare concessa in favore di Sciarra Giuseppe con provvedimento del medesimo Tribunale in data 27.1.2015. A ragione, rilevava che con l'ordinanza che aveva concesso allo Sciarra la detenzione domiciliare erano state imposte al condannato specifiche prescrizioni e cioè quelle di svolgere attività lavorativa e di frequentare il Ser.T. e il C.S.M. che la verifica a pochi mesi dall'inizio dell'esecuzione di detta misura aveva consentito di accertare che risultavano del tutto inadempiute dette prescrizioni aggiungeva che, nonostante la difesa avesse documentato che la ditta Re Agricola s.r.l. non aveva potuto assumere lo Sciarra, costui avrebbe dovuto attivarsi per trovare altra opportunità lavorativa e che, pur non avendo il Ser.T. formulato un vero e proprio programma di recupero non ravvisandone la necessità, tuttavia si era reso disponibile a effettuare incontri periodici con lo Sciarra, il quale, però, non aveva ritenuto di aderire a tale opportunità specificava, inoltre, che non risultava alcuna adesione da parte dello Sciarra alla prescrizione di frequentare il C.S.M., non essendo rilevante la circostanza addotta secondo cui il predetto era stato ricoverato in un contesto psichiatrico e dimesso senza che gli venisse imposto di seguire una terapia. Riteneva, quindi, che la condotta posta in essere dal condannato costituiva grave violazione dei vincoli e delle prescrizioni della misura concessa e denotava la non partecipazione dello Sciarra al percorso rieducativo intrapreso con la misura alternativa. 2. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il condannato per il tramite dei suo difensore di fiducia, avvocata Innocenza Starace. Il ricorrente ha sostenuto che il provvedimento impugnato è affetto da evidente violazione di legge, travisamento della prova, errore nell'interpretazione della legge e soprattutto illogicità manifesta . In proposito, ha sostenuto, innanzitutto, che la motivazione dell'ordinanza è inficiata da illogicità laddove conferisce valore di prescrizione alle autorizzazioni concesse allo Sciarra in relazione alla possibilità di allontanarsi dal proprio domicilio per svolgere il programma terapeutico presso il Ser.T. e presso il C.S.M. nonché per espletare attività lavorativa presso l'azienda Re Agricola s.r.I. ha evidenziato che era stato documentato che la predetta ditta, nonostante la precedente dichiarazione di disponibilità, non aveva assunto lo Sciarra alle sue dipendenze, sicché era impossibile per il condannato trovare altra opportunità lavorativa in regime di detenzione domiciliare in brevissimo tempo che il Ser.T. non aveva ritenuto utile formulare un programma di recupero per lo Sciarra, tanto che aveva inviato comunicazione al Tribunale di sorveglianza con cui chiedeva le modalità 3 da seguire per il supporto allo Sciarra che nessun rimprovero poteva essere rivolto allo Sciarra riguardo alla frequenza del C.S.M. in quanto gli esperti del settore non avevano ritenuto che il predetto avesse necessità di svolgere alcun programma terapeutico. 3. Con requisitoria scritta, il Procuratore generale di questa Corte, d.ssa Marilia di Nardo, ha chiesto che il ricorso venga dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma a favore della cassa delle ammende. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato e merita accoglimento. Il percorso motivazionale dell'ordinanza impugnata che ritiene che lo Sciarra abbia violato le prescrizioni che gli erano state imposte con il provvedimento concessivo della misura alternativa delle detenzione domiciliare non appare congruo con il tenore del citato provvedimento laddove il Tribunale di sorveglianza, nell'ammettere il condannato al beneficio in parola, aveva stabilito che il predetto può allontanarsi [n.d.r. dal domicilio] soltanto - pena le sanzioni previste dall'art. 385 codice penale - per svolgere il programma terapeutico presso il Ser.T. e quello presso il Centro di Salute Mentale territorialmente competente in giorni e orari da comunicarsi all'U.E.P.E. di Foggia e alla P.S. di Manfredonia all'atto di sottoposizione alla detenzione domiciliare, nonché per espletare attività lavorativa presso l'Azienda Re Agricola s.r.l. [ ] nei giorni e orari previamente comunicati all'U.E.P.E. e alla P.S. suddetti . Più che vere e proprie prescrizioni , il Tribunale di sorveglianza aveva concesso al condannato specifiche autorizzazioni per allontanarsi dal proprio domicilio al fine di svolgere attività lavorativa e di frequentare il Ser.T. e il C.S.M Inoltre, lo stesso condannato aveva giustificato sia il mancato espletamento dell'attività lavorativa presso la ditta che in precedenza si era resa disponibile ad assumerlo, sia la mancata frequenza del Ser.T. e del C.S.M. di dette giustificazioni la stessa ordinanza ha dato atto reputandole veritiere sotto il profilo fattuale, salvo, poi, ritenere lo Sciarra responsabile di non essersi attivato per trovare altra opportunità lavorativa e di non avere aderito alla disponibilità del Ser.T. - che non aveva ravvisato la necessità di formulare un programma terapeutico - per incontri a fini preventivi. E però, così motivando l'ordinanza impugnata ha sostanzialmente sanzionato comportamenti che non erano stati imposti al condannato dall'ordinanza dei Tribunale di sorveglianza concessiva della detenzione domiciliare. Si impone, pertanto, l'annullamento senza rinvio dell'ordinanza impugnata. P.Q.M . Annulla senza rinvio l'ordinanza impugnata mandando alla Cancelleria per l'adempimento di cui all'art. 107, comma 2, DPR 30.6.2000, n. 230.