L’INPS deve sempre contestare l’insussistenza del requisito reddituale

Nei giudizi volti al riconoscimento del diritto a pensione o ad assegno di invalidità civile, il requisito reddituale, al pari dei requisiti sanitari e di quello socio-economico, cosiddetto dell’incollocazione al lavoro, costituisce elemento costitutivo del diritto, la cui sussistenza va verificata anche d’ufficio ed è preclusa solo dalla relativa non contestazione, ove la situazione reddituale sia stata specificamente dedotta, nonché dal giudicato, nel caso in cui non sia stato proposto sul punto specifico motivo d’appello.

E’ quanto affermato dalla Corte di Cassazione, sezione Lavoro, con la sentenza del 6 settembre 2016 n. 17642. Il caso. La Corte d’appello di Firenze ha rigettato l’impugnazione dell’INPS avverso la sentenza di primo grado che l’aveva condannato a corrispondere all’assistita ricorrente l’assegno di invalidità. La Corte fiorentina ha rilevato che l’INPS nulla aveva dedotto in ordine al grado di invalidità dell’assistita, accertato nella misura del 75% e che aveva altresì omesso ogni valutazione in merito alla documentazione prodotta dalla stessa fin dal deposito del ricorso di primo grado, attestante l’esistenza del requisito reddituale per gli anni precedenti la data della domanda amministrativa e l’iscrizione negli elenchi degli invalidi civili di cui alla l. n. 68/1999. Con ricorso per cassazione l’INPS ha sostenuto di aver eccepito in appello il fatto che l’assistita non aveva prodotto una valida documentazione ai fini della dimostrazione della sussistenza del requisito del suo incollocamento al lavoro e di quello reddituale, requisiti aventi natura costitutiva del diritto alla fruizione del preteso assegno di invalidità e che avrebbero dovuto essere accertati dal giudice di secondo grado. La difesa dell’assistita ha obiettato che la documentazione prodotta non poteva che essere antecedente alla data di presentazione della domanda in via amministrativa. Quanto all’accertamento relativo ai periodi successivi alla domanda, esso doveva essere espletato dall’INPS che, in caso di sopraggiunta carenza del requisito socio-economico, avrebbe potuto revocare il beneficio, senza maturazione di alcun indebito L’onere di contestazione. La Suprema Corte ha rigettato il ricorso proposto dall’INPS. Invero, premesso che era incontestata la sussistenza del requisito socio-sanitario per il periodo antecedente la presentazione della domanda, le censure dell’INPS fondate su tale contestazione non superano il fatto che nel giudizio d’appello l’INPS non ha espresso alcuna valutazione in merito alla documentazione prodotta dalla controparte. Dunque, sostiene la Suprema Corte, il richiamo ai poteri di accertamento d’ufficio operato con il ricorso per cassazione, non consente di superare il rilievo di fondo in base al quale nel giudizio di secondo grado la difesa dell’INPS non aveva investito in modo diretto l’avvenuta produzione della documentazione attestante la sussistenza dello specifico requisito reddituale con riferimento all’epoca della domanda amministrativa, essendosi limitata a richiamare l’attenzione sulla successiva situazione, per cui non può dolersi in tale sede del mancato esercizio del potere di verifica della Corte d’appello. Peraltro, anche nel giudizio di Cassazione, la difesa dell’INPS ha fatto richiamo proprio ad un documento prodotto dall’assistita sin dal primo grado, finendo per avvalorare il contenuto della sentenza impugnata in ordine alla mancata confutazione della predetta documentazione. La Corte di Cassazione ha quindi affermato il principio secondo cui la rilevabilità d’ufficio – o la deducibilità ad opera delle parti - dell’inosservanza di un elemento costitutivo o di un requisito di fondatezza della domanda è esclusa allorché la sussistenza di tale elemento o requisito sia configurabile, alla stregua delle istanze e delle deduzioni delle parti, come fatto pacifico e incontroverso e perciò estraneo al thema decidendum . Pertanto, in tema di riconoscimento del diritto all’assegno di invalidità ai sensi dell’art. 13 l. n. 118/1971, l’ente che in appello si sia limitato a censurare la sentenza di primo grado in ordine al giudizio di invalidità, senza più insistere nella contestazione, avanzata in primo grado, della sufficienza della prova del requisito reddituale, non può dolersi in sede di ricorso per cassazione della mancata verifica, da parte del giudice d’appello, della sussistenza del requisito anzidetto.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 24 maggio – 6 settembre 2016, n. 17642 Presidente D’Antonio – Relatore Berrino Svolgimento del processo Con sentenza del 16 - 26.2.2010 la Corte d’appello di Firenze ha rigettato l’impugnazione dell’Inps avverso la sentenza del giudice del lavoro del Tribunale della stessa sede che l’aveva condannato a corrispondere a C.V. l’assegno di invalidità a decorrere dall’1/4/2006. La Corte fiorentina ha rilevato che l’Inps nulla aveva dedotto in ordine al grado di invalidità della C. , accertato nella misura del 75%, e che aveva, altresì, omesso ogni valutazione in merito alla documentazione prodotta dall’assistita fin dal deposito del ricorso di primo grado, attestante l’esistenza del requisito reddituale per gli anni 2005 - 2006 la domanda amministrativa era del marzo del 2006 , e l’iscrizione della medesima negli elenchi degli invalidi civili di cui alla legge n. 68/1999. Per la cassazione della sentenza propone ricorso l’Inps con un solo motivo, illustrato da memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c Resiste con controricorso la C. . Rimangono solo intimati il Ministero dell’Economia e delle Finanze e la Regione Toscana. Motivi della decisione Con un solo motivo l’Inps deduce la violazione ed errata applicazione dell’art. 13 della legge n. 118 del 1971, dell’art. 2697 cod. civ., degli artt. 112 e 116 c.p.c. in relazione all’art. 360, n. 3 e n. 4 c.p.c., nonché l’omessa, contraddittoria ed insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia in relazione all’art. 360 n. 5 c.p.c. Sostiene la difesa dell’istituto ricorrente che in appello aveva eccepito il fatto che la controparte non aveva prodotto una valida documentazione ai fini della dimostrazione della sussistenza del requisito del suo incollocamento al lavoro e di quello reddituale, requisiti, questi, aventi natura costitutiva del diritto alla fruizione del preteso assegno di invalidità e che avrebbero dovuto essere accertati dal giudice di secondo grado. In particolare, la difesa dell’ente previdenziale evidenzia che la certificazione del settore lavoro della Provincia di Firenze attestava una situazione cristallizzata al mese di luglio del 2004, mentre il perdurare dello stato di incollocamento avrebbe dovuto essere verificato per il periodo successivo al mese di aprile del 2006, in quanto da tale data era stato riconosciuto il diritto all’assegno mensile di assistenza inoltre, era stato documentato che la C. aveva svolto attività lavorativa negli anni 2005-2007 e 2008, percependo redditi di lavoro inconciliabili con uno stato di disoccupazione e di incollocamento, per cui la Corte di merito si era trovata in possesso degli elementi per poter accertare l’insussistenza di quest’ultimo requisito, oltre che di quello reddituale dal 2008 in poi. Invece, aggiunge la difesa di parte ricorrente, la Corte territoriale aveva fornito una motivazione illogica ed inconferente allorché aveva ritenuto provati i predetti requisiti sulla base di un certificato che attestava l’incollocamento relativo al pregresso anno 2004 e di un altro che comprovava i redditi esclusivamente per gli anni 2005 e 2006. Da parte sua la controricorrente obietta che la domanda per il riconoscimento dell’invalidità civile era stata presentata in data 29/3/2006 e che la visita della Commissione era avvenuta il 10/5/2006, per cui la documentazione reddituale prodotta non poteva essere che quella riferita all’anno immediatamente precedente, vale a dire il 2005. Quanto all’accertamento relativo ai periodi successivi alla domanda tesa al conseguimento della provvidenza, la difesa della C. ha obiettato che una tale operazione era a carico dell’Inps che, in caso di sopraggiunta carenza del requisito socio-economico, poteva procedere alla revoca dello stesso beneficio, come di fatto accaduto, senza maturazione di alcun indebito. Il ricorso è infondato. Invero, premesso che è incontestata la sussistenza del requisito sanitario, le odierne censure dell’Inps, incentrate sulla contestata ricorrenza del requisito socio-economico-reddituale necessario per il conseguimento del beneficio in esame, non superano il dato di fondo ineludibile rappresentato dal fatto che la Corte d’appello ha dato espressamente atto della circostanza che l’assistita aveva prodotto sin dal deposito del ricorso di primo grado la certificazione reddituale per gli anni 2005-2006, essendo la domanda amministrativa del marzo del 2006, nonché quella riguardante l’iscrizione negli elenchi degli invalidi civili di cui alla legge n. 68/1999, senza che la difesa dell’ente previdenziale si fosse preoccupata di esprimere le proprie valutazioni di merito riguardo a tale documentazione nel giudizio d’impugnazione. Ne consegue che il richiamo ai poteri di accertamento d’ufficio, operato nel presente ricorso, non consente di superare il rilievo di fondo in base al quale nel giudizio di secondo grado la difesa dell’ente previdenziale non aveva investito in modo diretto l’avvenuta produzione della documentazione attestante la sussistenza dello specifico requisito reddituale con riferimento all’epoca della domanda amministrativa, essendosi limitata a richiamare l’attenzione sulla successiva situazione reddituale degli anni 2007 - 2008, per cui non può ora dolersi del mancato esercizio del potere di verifica della Corte d’appello con riferimento alla situazione reddituale successiva al 2006. Sintomatica della predetta omissione valutativa riferita alla produzione documentale reddituale attestata al momento della domanda, omissione posta bene in risalto dalla Corte di merito, è la circostanza che anche nel presente giudizio, a pagina 9 del ricorso, la difesa dell’Inps deduce che, tralasciandosi la riproduzione del certificato relativo ai redditi dell’anno 2005 in quanto antecedente all’1.4.2006, si deve aver riguardo al documento riproducente i redditi posseduti dalla C. negli anni 2007 e 2008, finendo, in tal modo, per avvalorare il rilievo contenuto nella sentenza impugnata in ordine alla mancata confutazione della documentazione prodotta dall’assistita sin dal primo grado. Si è, infatti, affermato Cass. Sez. Lav. n. 4933 del 6/5/1995 che la rilevabilità d’ufficio - o la deducibilità ad opera delle parti - dell’inosservanza di un elemento costitutivo o di un requisito di fondatezza della domanda è esclusa allorché la sussistenza di tale elemento o requisito sia configurabile, alla stregua delle istanze e delle deduzioni delle parti, come fatto pacifico e incontroverso e perciò estraneo al theme decidendum. Pertanto, in tema di riconoscimento del diritto all’assegno d’invalidità ai sensi dell’art. 13 della legge 30 marzo 1971 n. 118, il Ministero dell’Interno - che in appello si sia limitato a censurare la sentenza del pretore in ordine al giudizio d’invalidità, senza più insistere nella contestazione, avanzata in primo grado, della sufficienza della prova del requisito reddituale - non può dolersi, in sede di ricorso per cassazione, della mancata verifica, da parte del giudice di appello, della sussistenza del requisito anzidetto . Si è, altresì, chiarito Cass. Sez. Lav. n. 16395 del 17/6/2008 che nei giudizi volti al riconoscimento del diritto a pensione o ad assegno di invalidità civile, il requisito reddituale, al pari dei requisiti sanitari e di quello socio-economico, cosiddetto della incollocazione al lavoro, costituisce elemento costitutivo del diritto, la cui sussistenza va verificata anche d’ufficio ed è preclusa solo dalla relativa non contestazione, ove la situazione reddituale sia stata specificamente dedotta, nonché dal giudicato, nel caso in cui non sia stato proposto sul punto specifico motivo di appello . Pertanto, il ricorso va rigettato. Le spese di lite del presente giudizio seguono la soccombenza del ricorrente e vanno liquidate come da dispositivo, con loro attribuzione agli avvocati Barletta e Cassiano dichiaratisi antistatari. Non va, invece, adottata alcuna statuizione nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze e della Regione Toscana che sono rimasti solo intimati. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Condanna l’Inps al pagamento delle spese nei confronti della C. nella misura di Euro 2600,00, di cui Euro 2500,00 per compensi professionali, oltre 15% per spese generali ed accessori di legge, con distrazione ai difensori antistatari. Nulla per le spese nei confronti degli altri intimati.