Ciechi civili assoluti: la pensione non reversibile rientra nel novero delle prestazioni assistenziali

La pensione non reversibile per i ciechi civili assoluti, di cui all'art. 7 della l. n. 66/1962, è erogata a condizione della permanenza in capo al beneficiario dello stato di bisogno economico, trattandosi di prestazione assistenziale rientrante nell'ambito di cui all'art. 38, primo comma, Cost., con conseguente cessazione dell'erogazione al superamento del limite di reddito previsto per la pensione di inabilità.

Così ha stabilito la Suprema Corte con la sentenza n. 17398/16, depositata in cancelleria il 29 agosto. Il caso. La Corte d’appello di Roma aveva rigettato l’appello proposto dall’INPS contro la sentenza del Tribunale di Roma che aveva riconosciuto il diritto del ricorrente al ripristino del trattamento pensionistico erogatogli in quanto persona cieca, ritenendo che il disposto dell’art. 68, comma 1, della l. n. 153/1969 avesse introdotto per i ciechi una deroga al generale divieto di cumulare la pensione di invalidità con il reddito da lavoro dipendente. Contro la suddetta sentenza, l’INPS propone ricorso per cassazione ritenendo che, sulla base del quadro normativo di riferimento, il disposto degli articoli 6 e 8 della l. n. 638/1983, che derogano in favore dei non vedenti al generale divieto di cumulare la pensione di invalidità con reddito anche elevato, non è applicabile ai ciechi titolari di pensione di invalidità civile prevista dalla l. n. 66/1962. La deroga riguarda la pensione di invalidità a carico dell'assicurazione generale obbligatoria, cioè di una pensione che presuppone comunque il versamento di una pur minima contribuzione versata dagli interessati, non anche la pensione di invalidità civile che è una prestazione esclusivamente assistenziale. Inoltre, assume l'erroneità della pronuncia nella parte in cui ha riconosciuto il diritto alla pensione di invalidità già goduta dall’uomo in quanto cieco civile assoluto, nonostante avesse superato i limiti di reddito previsti dalla l. n. 382/1970. Il diritto dei ciechi civili alla pensione non reversibile. I motivi, a detta del Supremo Collegio, devono ritenersi fondati. La Corte ha infatti più volte osservato che il diritto dei ciechi civili alla cosiddetta pensione non reversibile avente una funzione assistenziale , introdotto dalla l. n. 66/1962, è rimasto subordinato, diversamente da quello all'indennità di accompagnamento a favore dei ciechi assoluti, alla sussistenza di uno stato di bisogno, individuato dall'art. 5 della l. n. 382/1970 nella non iscrizione nei ruoli per l'imposta complementare sui redditi e successivamente nel possesso di redditi assoggettabili all'imposta sul reddito delle persone fisiche di ammontare inferiore a un certo limite . In particolare, è stata statuita la cessazione dell'erogazione al superamento del limite di reddito previsto per la pensione di inabilità, dovendosi ritenere inapplicabili a detta prestazione sia l'art. 68 della legge, n 153/1969, dettato per la pensione di invalidità erogata dall'INPS, sia l'art. 8, comma 1 bis , del d.l. n. 463/1983, che consentono l'erogazione della pensione INPS in favore dei ciechi che abbiano recuperato la capacità lavorativa. Lo stato di bisogno economico. Per il caso in esame, trova applicazione il principio secondo cui la pensione non reversibile per i ciechi civili assoluti di cui all'art. 7 della l. n. 66/1962, è erogata a condizione della permanenza in capo al beneficiario dello stato di bisogno economico, trattandosi di prestazione assistenziale rientrante nell'ambito di cui all'art. 38, primo comma, Cost., con conseguente cessazione dell'erogazione al superamento del limite di reddito previsto per la pensione di inabilità di cui all'art. 12 della legge n. 118/1971, dovendosi ritenere inapplicabili a detta prestazione sia l'art. 68 della legge n. 153/1969, dettato per la pensione di invalidità erogata dall'INPS, sia l’art. 8, comma 1 bis del d.l. n. 463/1983, che consentono l'erogazione della pensione INPS in favore dei ciechi che abbiano recuperato la capacità lavorativa, trattandosi di norme di stretta interpretazione, il cui fondamento si rinviene nella diversa disposizione di cui all'art. 38, secondo comma, Cost., intese a favorire il reinserimento dei pensionato cieco nel mondo del lavoro senza che subisca la perdita della pensione e, dunque, insuscettibili di applicazione analogica . Il ricorso merita pertanto accoglimento.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 24 maggio – 29 agosto 2016, numero 17398 Presidente D’Antonio Relatore Doronzo Svolgimento del processo 1. La Corte d'appello di Roma, con sentenza depositata il 14 maggio 2009, ha rigettato l'appello proposto dall'Inps contro la sentenza resa dal Tribunale di Roma che aveva riconosciuto il diritto di F.S. al ripristino del trattamento pensionistico erogatoli in quanto cieco, ritenendo che il disposto dell'articolo 68, comma 10, legge numero 153 del 1969, abbia introdotto per i ciechi una deroga al generale divieto di cumulare la pensione di invalidità con il reddito da lavoro dipendente. 2. Contro la sentenza, l'Inps propone ricorso per cassazione sostenuto da due motivi. Lo S. non svolge attività difensiva. L'Inps deposita memoria ex articolo 378 cod.proc.civ. Motivi della decisione 1. II primo motivo di ricorso è costituito dalla violazione e falsa applicazione degli artt. 6 e 8 legge 11 novembre 1983, numero 638 e dell'articolo 68 della legge 30 aprile 1969, numero 153, in relazione all'articolo 12 delle preleggi tiene che, sulla base dei quadro normativo di riferimento, il disposto degli articoli indicati rubrica, che derogano in favore dei non vedenti ai generale divieto di cumulare la pensione di invalidità con reddito anche elevato, non è applicabile al ciechi titolari di pensione di invalidità civile prevista dalla legge 10 febbraio 1962, numero 66 e successive modifiche e integrazioni. La deroga riguarda la pensione di invalidità a carico dell'assicurazione generale obbligatoria, cioè di una pensione che presuppone comunque il versamento di una pur minima contribuzione versata dagli interessati, non anche la pensione di invalidità civile che è una prestazione esclusivamente assistenziale. Invoca la pronuncia delle Sezioni Unite di questa Corte numero 3814 del 2005. Il motivo si conclude con un quesito di diritto ai sensi dell'articolo 366 bis cod.proc.civ., applicabile ratione temporis. 2. II secondo motivo è invece fondato sulla violazione e falsa applicazione dell'articolo 1 legge 10 febbraio 1962, numero 66, in relazione all'articolo 5 della legge 27 maggio 1970, numero 382, e all'articolo 14 septíes del decreto-legge 30 dicembre 1979, numero 663, convertito in legge 29 febbraio 1980, numero 33, come interpretato dalla legge 8 ottobre 1984, numero 600. Assume l'erroneità della pronuncia nella parte in cui ha riconosciuto il diritto alla pensione di invalidità già goduta dallo S. in quanto cieco civile assoluto, nonostante avesse superato i limiti di reddito previsti dalla legge numero 382 del 1970, come integrata dall'articolo 14 septies cit., per il quale la pensione non reversibile di cui alla legge numero 66 del 1962 spetta ai ciechi civili sempre che il beneficiario non possegga redditi assoggettabili all'imposta sul reddito delle persone fisiche in un ammontare superiore ai limiti previsti dalla stessa legge. Chiede che si dichiari che doveva applicarsi al caso di specie la disciplina di cui agli artt. 1 e ss. della legge numero 66/1962 in relazione alle altre norme indicate rubrica, con conseguente sospensione della pensione non reversibile riconosciuta l'interessato in quanto cieco civile assoluto, titolare di un reddito lavorativo superiore alla normativa In vigore. 3. 1 motivi, che per la loro connessione possono essere congiuntamente esaminati, sono fondati. Questa Corte ha in materia più volte osservato che il diritto dei ciechi civili alla cosiddetta pensione non reversibile avente una funzione assistenziale, rientrante nell'ambito di cui all'articolo 38, primo comma, Cost. , introdotto dalla legge 10 febbraio 1962 numero 66, è rimasto subordinato, diversamente da quello all'indennità di accompagnamento a favore dei ciechi assoluti, alla sussistenza di uno stato di bisogno, individuato dall'articolo 5 della legge numero 382 dei 1970 nella non iscrizione nei ruoli per l'imposta complementare sui redditi e successivamente nel possesso di redditi assoggettabili all'imposta sul reddito delle persone fisiche di ammontare inferiore a un certo limite articolo 6 D.L. numero 30 del 1974, convertito dalla legge numero 114 del 1974, e poi articolo 14 septies del D.L. numero 663 del 1979, convertito con modificazioni dalla legge numero 33 dei 1980 in tal senso, Cass. 5 agosto 2000, numero 10335 Cass. numero Cass. 25 ottobre 2013, numero 24192 . 4. In tale ultima pronuncia, in particolare, è stata statuita la cessazione dell'erogazione al superamento del limite dl reddito previsto per la pensione di inabilità dl cui all'articolo 12 della legge 30 marzo 1971, numero 1181 di conversione del dl. del 30 gennaio 1971, numero 5, dovendosi ritenere inapplicabili a detta prestazione sia l'articolo 68 della legge 30 aprile 1969, n 153, dettato per la pensione di invalidità erogata dall'INPS, sia l'articolo 8, comma 1 bis, del d.l. 12 settembre 1983, numero 463, convertito con modificazioni in legge 11 novembre 1983, numero 638, che consentono l'erogazione della pensione INPS in favore dei ciechi avente natura previdenziale il R.D.L. numero 636 del 1939, articolo 9, fa riferimento alla pensione riconosciuta all'invalido a qualsiasi età quando siano maturati determinati requisiti contributivi che abbiano recuperato la capacità lavorativa, trattandosi di norme di stretta interpretazione aventi quale presupposto non uno stato di invalidità generica bensì di invalidità lavorativa , il cui fondamento si rinviene nella diversa disposizione di cui all'articolo 38, secondo comma, Cost., intese a favorire il reinserimento del pensionato cieco nel mondo del lavoro senza che subisca la perdita della pensione e, dunque, insuscettibili di applicazione analogica nello stesso senso cfr. Cass. 15 aprile 2014, numero 8752 Cass. ord. 11 novembre 2014, nnumero 24003 24011 Cass. 10 aprile 2015, numero 7289, sicché il principio può dirsi consolidato . 5. La fattispecie in esame rientra nelle ipotesi contemplate dalla normativa suindicata e pertanto, in conformità ai precedenti, trova a4sso applicazione il principio secondo cui La pensione non reversibile per i ciechi civili assoluti di cui all'articolo 7 legge 10 febbraio 1962, numero 66, è erogata a condizione della permanenza in capo al beneficiario dello stato di bisogno economico, trattandosi di prestazione assistenziale rientrante nell'ambito di cui all'articolo 38, primo comma, Cost., con conseguente cessazione dell'erogazione al superamento del limite di reddito previsto per la pensione di inabilità di cui all'articolo 12 della legge 30 marzo 1971, n 118 di conversione del d.l. del 30 gennaio 1971, numero 5, dovendosi ritenere inapplicabili a detta prestazione sia l'articolo 68 della legge 30 aprile 1969, numero 153, dettato per la pensione di invalidità erogata dall'INPS, sia l'articolo 8, comma 1 bis, del d.l. 12 settembre 1983, numero 463, convertito con modificazioni in legge 11 novembre 1983, numero 638, che consentono l'erogazione della pensione INPS in favore dei ciechi che abbiano recuperato la capacità lavorativa, trattandosi di norme di stretta interpretazione, il cui fondamento si rinviene nella diversa disposizione di cui all'articolo 38, secondo comma, Cost., intese a favorire il reinserimento dei pensionato cieco nel mondo del lavoro senza che subisca la perdita della pensione e, dunque, insuscettibili di applicazione analogica' in tal senso, oltre alle sentenze succitate, Cass., 28 settembre 2015, numero 19150 . 6. II ricorso deve pertanto accogliersi, la sentenza impugnata cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti, la causa decisa nel merito direttamente da questa Corte, con il rigetto della domanda proposta dallo S Le alterne fasi del giudizio ed il recente stabilizzarsi dell'orientamento di legittimità, consigliano la compensazione delle spese dell'intero processo. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda proposta dallo S. in primo grado. Compensa tra le parti le spese dell'intero processo.