Violazione di norme o difetto di motivazione: trova le differenze

Il vizio di violazione o falsa applicazione di una norma d diritto, ex art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., ricorre o non ricorre a prescindere dalla motivazione che può concernere soltanto una questione di fatto e mai di diritto posta dal giudice a fondamento della decisione al contrario, il sindacato sui vizi di motivazione, ex art. 360 comma 1 n. 5, recentemente riformulato, coinvolge un fatto ancora in contestazione.

Lo ribadisce la Corte di Cassazione con la sentenza n. 15678/16, depositata il 28 luglio. Licenziato per assenze ingiustificate. Un dipendente, licenziato per non aver giustificato le sue assenze al datore di lavoro, impugnava il licenziamento. Il giudizio di secondo grado si concludeva con l’accertamento della legittimità dell’atto espulsivo la corte territoriale prendeva atto di come le assenze fossero dovute ad uno stato di malessere psicologico del lavoratore, il quale era addirittura scomparso per un breve periodo. Tuttavia, secondo la Corte, la gravità dello stato morboso non era tale da ammettere la mancanza di giustificazioni alle assenze e, di conseguenza, riteneva il licenziamento legittimo. Il lavoratore ricorre in Cassazione denunciando sia il vizio di violazione e falsa applicazione di norme in particolare di quelle sull’onere della prova , sia il vizio di motivazione, per non aver la Corte territoriale adeguatamente motivato la propria decisione. La Corte di Cassazione, nel rigettare il ricorso, coglie l’occasione per rimarcare le differenze tra falsa applicazione di norme e vizio di motivazione. Si è discusso sul motivo delle mancate giustificazioni? E’ questo lo spartiacque tra il motivo di ricorso in Cassazione per vizio di motivazione e quello per violazione o falsa applicazione di norme di diritto. L’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. prevede che si possa ricorrere avanti la Corte di Cassazione per violazione o falsa applicazione di norme di diritto tale motivo di ricorso è ammissibile a prescindere dalla motivazione posta a fondamento della decisione, ossia dal processo di sussunzione operato dai giudici di merito. In altri termini, il sindacato sulla violazione o falsa applicazione presuppone la mediazione di una ricostruzione del fatto incontestata ipotesi non ricorrente nel caso di specie . Diversamente, l’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c. prevede che si possa ricorrere avanti la Corte di Cassazione per vizi della motivazione tale motivo coinvolge un fatto ancora oggetto di contestazione tra le parti ipotesi ricorrente nel caso di specie . I fatti motivo più ricorrenti in ambito giuslavoristico sono, ad esempio, la proporzionalità della sanzione e la gravità dell’inadempimento. Ne consegue che, mentre la sussunzione del fatto pacifico è soggetta al controllo di legittimità, ai sensi del motivo n. 3, l’accertamento di un fatto ancora controverso e la sua valutazione si sostanzia in un vizio motivo che può essere fatto valere ai sensi dell’art. 360 n. 5 come generale vizio di motivazione, quanto alle sentenze impugnate prima dell’11.9.2012 e, successivamente, sempre in base alla medesima norma, come omesso esame di fatto storico decisivo e non più come generale vizio di motivazione. Il nuovo vizio di motivazione. Una volta acclarato il ruolo del fatto controverso e del fatto pacifico nel procedimento avanti la Suprema Corte, è opportuno specificare quali siano le caratteristiche del neo introdotto motivo di ricorso l’omesso esame di un fatto decisivo. Il nuovo testo dell’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c., introduce un vizio specifico che riguarda l’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali. Esso, inoltre, deve aver costituito oggetto di discussione tra le parti ed avere carattere decisivo, vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia. L’omesso esame di elementi istruttori non integra di per sé vizio di omesso esame di un fatto decisivo, se il fatto storico rilevante in causa sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, benchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie. Pertanto il ricorrente che voglia evidenziare un vizio di motivazione per omessa valutazione di un fatto, deve indicare precisamente il fatto storico omesso, il dato testuale o extratestuale da cui ne risulti l’esistenza, il come e il quando, nel quadro processuale, esso sia stato oggetto di discussione tra le parti e, infine, la decisività del fatto stesso. Non riscontrando tali deduzioni nel ricorso de quo , e comunque rilevando come la corte territoriale abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie, la Corte di Cassazione rigetta il ricorso sottopostole per il nuovo” vizio di motivazione.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 13 aprile – 28 luglio 2016, numero 15678 Presidente Di Cerbo – Relatore Balestrieri Svolgimento del processo Con ricorso depositato il 21.3.07, S.G. conveniva in giudizio innanzi al Tribunale di Napoli la società Plastic Components and Module Auto Motive s.p.a. di seguito Plastic Components per far dichiarare l’illegittimità del licenziamento intimatogli con lettera del 14.8.06 per assenze ingiustificate dal 20 al 28.7.06, con ordine di reintegra in servizio ed il pagamento di tutte te retribuzioni maturate dal licenziamento all’effettiva reintegra. Si costituiva la società deducendo la illegittimità della condotta che aveva portato all’irrogazione del licenziamento, posto che nessuna documentazione medica tra quelle esibite dal ricorrente a sostegno del disturbo comportamentale attestava la sussistenza della patologia alla data del 20.7.06, primo giorno di assenza ingiustificata. Il Tribunale, con sentenza del 9.2.09, accoglieva parzialmente la domanda ed annullava il licenziamento, con ordine di reintegra e condanna della società al pagamento di cinque mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto. Il Giudice riteneva che l’assenza ingiustificata dal lavoro doveva ascriversi allo stato psicofisico dello S. che aveva alterato i suoi rapporti non solo familiari ma anche lavorativi, sicché la sua condotta non poteva essergli addebitata. In considerazione della buona fede del datore di lavoro il quale era ignaro della transitoria situazione mentale del lavoratore limitava tuttavia il risarcimento a cinque mensilità di retribuzione. Avverso tale sentenza proponeva appello lo S. , relativamente alla misura risarcitoria, evidenziando che la società era da tempo a conoscenza delle sue condizioni di salute. Si costituiva la società, resistendo al gravame e proponendo appello incidentale quanto alla ritenuta illegittimità del licenziamento. Con sentenza depositata il 12 aprile 2013, la Corte d’appello di Napoli, in riforma della sentenza impugnata, respingeva l’originaria domanda proposta dal lavoratore. Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso lo S. , affidato a tre motivi, poi illustrati con memoria. Resiste la società con controricorso. Motivi della decisione 1.-Con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2106, 2119, 2697 c.c., e 115 c.p.c Lamenta che la sentenza impugnata, pur dando atto della sussistenza di una patologia di tipo psichico in capo al lavoratore, non ne abbia tenuto, anche ai fini del giudizio di proporzionalità della sanzione, adeguato conto, non valutando, oltre alla giovane età del dipendente e le modeste mansioni affidategli, le deposizioni testimoniali assunte la denuncia di scomparsa presentata il 4.6.06 alla Questura di Napoli dal fratello Stanislao la cartella clinica della OMISSIS la relazione medica del dr. C. del novembre 2006 , circostanze tutte deponenti per una patologia di natura psichica grave tale da compromettere le facoltà di giudizio dello S. , e che comunque avrebbero dovuto indurre alla nomina di un c.t.u 2. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia la nullità della sentenza impugnata per violazione degli artt. 132 c.p.c. e 111 Cost., stante l’incoerenza, l’insufficienza ed illogicità della motivazione, tali da impedire di comprendere l’iter logico seguito dalla Corte di merito. Ciò derivava dal fatto che la sentenza, per un verso ritenne sussistente un’alterazione psichica del ricorrente, d’altro canto escluse la sua idoneità a giustificare il comportamento censurato assenza ingiustificata . 3. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti articolo 360, comma 1, numero 5 c.p.c. . Evidenzia che la nuova formulazione dell’articolo 360, comma 1, numero 5 c.p.c. non può comportare il venire meno del vizio di insufficienza della motivazione, sicché la superficiale valutazione della documentazione sanitaria in atti e della denuncia di smarrimento presentata dal fratello del ricorrente, avrebbero dovuto condurre ad una diversa conclusione. 4. I motivi, che possono esaminarsi congiuntamente stante la loro connessione, sono infondati. Premesso che la motivazione della sentenza impugnata non contiene argomentazioni contrastanti tali da non permettere di comprendere la ratio decidendi” che sorregge il decisum , cfr. Cass. sez.unumero numero 25984/10 nella specie sussistenza di una patologia psichica ma non tale da giustificare il comportamento addebitato , deve infatti considerarsi che in tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione o falsa applicazione di norma di diritto, ai sensi dell’articolo 360, comma 1, numero 3 c.p.c., ricorre o non ricorre a prescindere dalla motivazione che può concernere soltanto una questione di fatto e mai di diritto posta dal giudice a fondamento della decisione id est del processo di sussunzione , sicché quest’ultimo, nell’ambito del sindacato sulla violazione o falsa applicazione di una norma di diritto, presuppone la mediazione di una ricostruzione del fatto incontestata ipotesi non ricorrente nella fattispecie al contrario, il sindacato ai sensi dell’articolo 360, primo comma numero 5 c.p.c. oggetto della recente riformulazione interpretata quale riduzione al minimo costituzionale del sindacato di legittimità sulla motivazione Cass. sez.unumero 7 aprile 2014, numero 8053 , coinvolge un fatto ancora oggetto di contestazione tra le parti ipotesi ricorrente nel caso in esame . Ne consegue che mentre la sussunzione del fatto incontroverso nell’ipotesi normativa è soggetta al controllo di legittimità, l’accertamento del fatto controverso e la sua valutazione proporzionalità della sanzione Cass. numero 8293 del 25/05/2012, Cass. numero 144 del 08/01/2008, Cass. numero 21965 del 19/10/2007, Cass. numero 24349 del 15/11/2006, e gravità dell’inadempimento Cass. numero 1788 del 26/01/2011, Cass. numero 7948 del 07/04/2011 si sostanzia in un vizio motivo, pur qualificata la censura come violazione di norme di diritto, limitato al generale controllo motivazionale quanto alle sentenze impugnate depositate prima dell’11.9.12 e successivamente all’omesso esame di un fatto storico decisivo, in base al novellato articolo 360, comma 1, numero 5. c.p.c Deve allora rimarcarsi che Il nuovo testo del numero 5 dell’articolo 360 cod. proc. civ. introduce nell’ordinamento un vizio specifico che concerne l’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo vale a dire che se esaminato avrebbe determinato un esito diverso della controversia . L’omesso esame di elementi istruttori non integra di per sé vizio di omesso esame di un fatto decisivo, se il fatto storico rilevante in causa sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, benché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie. La parte ricorrente dovrà indicare nel rigoroso rispetto delle previsioni di cui all’articolo 366 c.p.c., comma 1, numero 6 e all’articolo 369 c.p.c., comma 2, numero 4 , il fatto storico , il cui esame sia stato omesso, il dato , testuale o extratestuale, da cui ne risulti l’esistenza, il come e il quando nel quadro processuale tale fatto sia stato oggetto di discussione tra le parti, e la decisività del fatto stesso Cass. sez. unumero 22 settembre 2014 numero 19881 . Il ricorso non rispetta il dettato di cui al novellato numero 5 dell’articolo 360, comma 1, c.p.c., limitandosi in sostanza a richiedere un mero ed inammissibile riesame delle circostanze di causa, ampiamente valutate dalla Corte di merito, che ha peraltro accertato che la dedotta infermità psichica non era comunque tale da ridurre la capacità di intendere e di volere del lavoratore. Al riguardo questa Corte ha già affermato Cass.numero 11900/2011, Cass. numero 4967/2005, Cass. numero 515/2004 che le dimissioni del lavoratore subordinato costituiscono atto unilaterale recettizio avente contenuto patrimoniale a cui sono applicabili, ai sensi dell’articolo 1324 c.c., le norme sui contratti, salvo diverse disposizioni di legge. Ne consegue che l’atto delle dimissioni è annullabile, secondo la disposizione generale di cui all’articolo 428 c.c., comma 1, ove il dichiarante provi di trovarsi, al momento in cui è stato compiuto, in uno stato di privazione delle facoltà intellettive e volitive anche parziale purché tale da impedire la formazione di una volontà cosciente dovuto a qualsiasi causa, pure transitoria, e di aver subito un grave pregiudizio a causa dell’atto medesimo, senza che sia richiesta, a differenza che per i contratti, per i quali vige la specifica disposizione di cui all’articolo 428 c.c., comma 2, la malafede del destinatario . Quanto poi alla lamentata lesione del diritto di difesa a seguito del nuovo testo del numero 5 dell’articolo 360, comma 1, c.p.c., deve rilevarsi che, come evidenziato dalla citata pronuncia delle sezioni unite di questa Corte, la ratio legis della novella è finalizzata, in un quadro perfettamente compatibile con i principi costituzionali, ad evitare l’uso dei ricorsi per cassazione basati sul vizio di motivazione non strettamente necessitati dai precetti costituzionali. Ciò a supporto della generale funzione nomofilattica della Corte di Cassazione, quale giudice dello ius constitutionis e non, se non nei limiti della violazione di legge, dello ius litigatoris. In questa prospettiva, proseguono le Sezioni Unite, la scelta operata dal legislatore è quella di limitare la rilevanza del vizio di motivazione, quale oggetto del sindacato di legittimità, alle fattispecie nelle quali esso si converte in violazione di legge e ciò accade solo quando il vizio di motivazione sia così radicale da comportare, con riferimento a quanto previsto dall’articolo 132 c.p.c., numero 4, la nullità della sentenza per mancanza della motivazione cfr. Cass. sez.unumero 17 aprile 2014 numero 8053 . 5. Il ricorso deve essere pertanto rigettato. Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo. Ai sensi dell’articolo 13, comma 1 quater, del d.P.R. numero 115/02, nel testo risultante dalla L. 24.12.12 numero 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti, come da dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 100,00 per esborsi, Euro 4.500,00 per compensi professionali, oltre spese generali nella misura del 15%, i.v.a. e c.p.a. Ai sensi dell’articolo 13, comma 1 quater, del d.P.R. numero 115/02, nel testo risultante dalla L. 24.12.12 numero 228, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.