Incostituzionalità della norma che consente concorsi riservati: i limiti alla retroattività

In caso di dichiarazione di incostituzionalità della norma che aveva consentito una procedura concorsuale riservata e non pubblica, il limite alla naturale retroattività della pronuncia non può essere costituito dalla definitiva approvazione della graduatoria, posto che quest’ultima definisce solo la fase prodromica alla costituzione del rapporto, che anche successivamente, resta condizionato, quanto alla validità, dall’atto presupposto. Non può quindi essere ravvisata una situazione giuridica irrevocabile o esaurita a fronte di un rapporto che sia ancora in atto e che sia sorto per effetto della norma dichiarata incostituzionale.

Così la Sezione Lavoro della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 14314/16, depositata il 13 luglio. Il caso. La Corte di appello di Lecce riformando la sentenza del Tribunale di Taranto, accoglieva la domanda del medico proposta nei confronti dell’A.S.L. di Taranto e dichiarava l’illegittimità della risoluzione del contratto di lavoro a tempo indeterminato stipulato tra le parti con condanna della controparte alla reintegrazione del posto di lavoro. La Corte riteneva elemento fondante della sua decisione il fatto che la sentenza n. 42/11 con cui la Corte Costituzionale avevo dichiarato l’illegittimità dell’art. 3, comma 4, l. regione Puglia in base al quale era stato stipulato tra le parti il contratto a tempo indeterminato, non trovava applicazione trattandosi di rapporto esaurito, essendo la stipula del predetto contratto intervenuta in epoca anteriore alla sentenza della Corte Costituzionale. Avverso detta sentenza ricorre l’A.S.L. di Taranto, sulla base di 7 censure. Gli effetti nel tempo delle sentenze di accoglimento della Corte Costituzionale. I motivi di censura vengono analizzati congiuntamente dalla Corte, che li ritiene fondati nella parte in cui addebitano alla sentenza impugnata la violazione dei principi che regolano gli effetti nel tempo delle sentenze di accoglimento della Corte Costituzionale. Infatti, è consolidato nella giurisprudenza del Giudice delle leggi l’orientamento per cui l’efficacia retroattiva delle pronunce di illegittimità costituzionale costituisce principio generale, limitato solo dalla necessità di non compromettere la certezza dei rapporti giuridici e di evitare che la retroattività della dichiarazione di incostituzionalità possa pregiudicare altri diritti di rilievo costituzionale . Quindi, l’efficacia delle sentenze di accoglimento non retroagisce fino a travolgere le situazioni giuridiche divenute irrevocabili ovvero i rapporti esauriti, che restano regolati dalla legge dichiarata invalida e, detto limite alla retroattività, deve essere individuato nell’ambito dell’ordinaria attività interpretativa di competenza del giudice comune. È invece riservata alla Corte Costituzionale la graduazione degli effetti temporali della dichiarazione di illegittimità, quando questa sia imposta dalla necessità di assicurare una tutela sistematica e non frazionata di tutti i diritti di rilievo costituzionali coinvolti dalla decisione. Ma tale ultima ipotesi non ricorre nella fattispecie, dato che la Corte aveva dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 3, comma 40, l.r. Puglia n. 40/07, ossia della norma in forza della quale il concorso riservato era stato bandita, senza porre limiti alla naturale retroattività della pronuncia. E’ applicabile dunque il principio generale per cui gli effetti dell’incostituzionalità non si estendono esclusivamente ai rapporti ormai esauriti in modo definitivo, per avvenuta formazione del giudicato o per essersi verificato altro evento cui l’ordinamento collega il consolidamento del rapporto medesimo, ovvero per essersi verificate preclusioni processuali, o decadenze e prescrizioni non direttamente investite, nei loro presupposti normativi, dalla pronuncia d’incostituzionalità . I limiti alla naturale retroattività della pronuncia. Nel sistema delineato dal d.lsg. n. 165/01 – che assegna al diritto pubblico le procedure concorsuali per l’assunzione dei dipendenti delle PA, mentre riserva al diritto privato la fase successiva della gestione ed esecuzione del rapporto – gli atti principali della procedura concorsuale presentano una duplicità di natura giuridica, poiché il bando e la graduatoria finale hanno la natura sostanziale di proposta al pubblico e di atto d’individuazione del futuro contraente. Sussiste quindi un legame inscindibile tra la procedura concorsuale e il rapporto di lavoro con l’amministrazione pubblica, poiché la prima costituisce l’atto presupposto del contratto individuale, del quale condiziona la validità. L’approvazione della graduatoria e la successiva sottoscrizione del contratto individuale da un lato segnano il limite all’esercizio del potere di autotutela, ma dall’altro non impediscono al datore di lavoro di far valere l’assenza del vincolo contrattuale conseguente la nullità delle operazioni concorsuali. Da ciò discende che ove venga dichiarata – come nel caso sub specie – la incostituzionalità della norma che aveva consentito la procedura concorsuale riservata e non pubblica, il limite alla naturale retroattività della pronuncia non può essere costituito dalla definitiva approvazione della graduatoria, posto che quest’ultima definisce solo la fase prodromica alla costituzione del rapporto, che anche successivamente, resta condizionato, quanto alla validità, dall’atto presupposto. Non può quindi essere ravvisata una situazione giuridica irrevocabile o esaurita a fronte di un rapporto che sia ancora in atto e che sia sorto per effetto della norma dichiarata incostituzionale. Diversamente, si finirebbe per mortificare gli interessi che la norma costituzionale mira a salvaguardare, posto che, com’è noto, il criterio di accesso al lavoro pubblico mediante concorso, aperto alla generalità dei soggetti in possesso dei requisiti richiesti, è strumentale alla realizzazione del buon andamento della PA, poiché consente di selezionare i più meritevoli attraverso il metodo comparativo. La sentenza della Corte Costituzionale. Tutto ciò trova poi conferma nella motivazione della sent. n. 73/13 con cui la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 1, comma 2, l.r. Puglia n. 11/12, che, in considerazione della dichiarazione di incostituzionalità dell’art. 3, comma 40, l.r. n. 40/07, aveva autorizzato le aziende e gli enti del servizio sanitario regionale ad avvalersi delle graduatorie formate all’esito delle procedure riservate per concludere contratti di lavoro a tempo determinato della durata di 6 mesi, in attesa dell’espletamento dei concorsi pubblici. La Corte infatti, dopo aver osservato che la necessità di garantire la continuità dell’azione amministrativa non è ragione sufficiente per derogare al principio del concorso pubblico, ha evidenziato che contrasta con l’art. 97 Cost. l’utilizzazione delle graduatorie formatesi all’esito di procedure non rispondenti al principio del pubblico concorso ed ha ritenuto violato il giudicato costituzionale, perché il legislatore regionale aveva preteso di utilizzare gli esiti della procedura di stabilizzazione, pur a fronte della ritenuta illegittimità costituzionale della stessa. La Corte ha poi escluso la portata innovativa dell’art. 16, comma 8, d.l. n. 98/11, convertito in l. n. 111/11, che ha previsto la nullità delle assunzioni, inquadramenti e promozioni posti in essere in base a disposizioni dichiarate costituzionalmente illegittime stabilmente anche l’obbligo per il dirigente di procedere senza indugio a comunicare agli interessati gli effetti della predetta sentenza sul relativo rapporto di lavoro e sul correlato trattamento economico e al ritiro degli atti nulli . La disposizione in esame, ha infatti reso esplicito un precetto già desumibile dai principi generali relativi alla efficacia delle sentenze della Corte Costituzionale ed ai rapporti tra procedimento concorsuale e stipulazione del contratto di lavoro. La norma, inoltre, ha voluto rendere ugualmente esplicito il principio in forza del quale la necessità di assicurare il buon andamento e l’imparzialità della PA impone l’immediato rispristino della legalità attraverso la rimozione degli atti affetti da nullità.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 27 aprile – 13 luglio 2016, n. 14314 Presidente Macioce – Relatore Napoletano Svolgimento del processo La Corte di Appello di Lecce, riformando la sentenza del Tribunale di Taranto accoglieva la domanda del medico indicato in epigrafe, proposta nei confronti dell’Azienda Sanitaria locale di Taranto e per l’effetto dichiarava l’illegittimità della risoluzione del contratto di lavoro a tempo indeterminato stipulato tra le parti con condanna della controparte alla reintegrazione del posto di lavoro. A fondamento del decisum la Corte del merito poneva il fondante rilievo secondo il quale la sentenza n. 42 del 2011 della Corte Costituzionale che aveva dichiarato l’illegittimità dell’art. 3, comma 4, della legge regione Puglia in base al quale era stato stipulato tra le parti il contratto a tempo indeterminato, non trovava applicazione trattandosi di rapporto esaurito essendo la stipula del predetto contratto intervenuta in epoca precedente alla richiamata sentenza della Corte costituzionale. Avverso questa sentenza l’ASL di ricorre in cassazione sulla base di sette censure cui resiste con controricorso la parte intimata. La causa è stata discussa all’udienza del 27 aprile 2016 unitamente ad altri ricorsi aventi tutti il medesimo oggetto, in relazione ai quali la Corte ha preso atto della cessazione della materia del contendere, intervenuta a seguito della sottoscrizione di verbali di conciliazione che hanno previsto la definitiva assunzione dei dirigenti medici, sia pure con decorrenza successiva a quella dell’originario contratto individuale. Motivi della decisione Con il primo motivo di ricorso la ricorrente denuncia, ex art. 360 n. 3 c.p.c., violazione o falsa applicazione di norme di diritto art. 97 comma quarto e art. 136 della Costituzione art. 30 comma terzo L. 87/53 art. 36 d.lgs. 30 marzo 2001 n. 165 . Premesso che le sentenze dichiarative di illegittimità costituzionale spiegano effetti su tutti i rapporti non ancora esauriti, rileva la ricorrente che non può considerarsi esaurito il rapporto di lavoro in essere al momento della pubblicazione della pronuncia, atteso che occorre avere riguardo non alla sottoscrizione del contratto, bensì alla sua esecuzione. Aggiunge che nel caso di specie le parti avevano espressamente concordato nel contratto individuale la risoluzione automatica del vincolo negoziale quale conseguenza della illegittimità della procedura concorsuale. Con il secondo motivo si censura la sentenza impugnata per violazione dell’art. 97 Cost., dell’art. 36 d.lgs n. 165 del 2001, dell’art. 21 septies della legge n. 241 del 1990. Rileva la ricorrente che la sentenza della Corte Costituzionale ha negato il potere della ASL di procedere alla stabilizzazione, con la conseguenza che detta carenza di potere riverbera i suoi effetti su tutti gli atti della procedura, rendendoli nulli e non semplicemente annullabili. Aggiunge che non è meritevole di tutela l’affidamento che il privato abbia riposto su norma in contrasto con i principi dettati dalla Carta Costituzionale. Con il terzo motivo è denunciata la violazione delle norme sopra indicate e dell’art. 16, comma 8, del d.l. n. 98 del 2011, convertito nella legge n. 111 del 2011. Si duole la ricorrente della interpretazione data dalla Corte territoriale al richiamato art. 16, applicabile a tutti i rapporti ancora in corso, con la sola eccezione di quelli fatti salvi dalla legge 24.2.2012 n. 14. Precisa che l’art. 16 si è limitato ad affermare un principio già ricavabile dall’ordinamento giuridico ed aggiunge che proprio la sanatoria limitata ai soli rapporti decennali conferma indirettamente la applicabilità della disposizione in tutti i restanti casi non rientranti nella fattispecie derogatoria. Con il quarto motivo si denuncia omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione fra le parti art. 360 n. 5 c.p.c. art. 5 del contratto individuale di lavoro a tempo determinato stipulato tra l’ASL di XXXXXXX e la dott.ssa M. . Ribadisce la ricorrente che le parti avevano previsto la automatica risoluzione del rapporto quale effetto della illegittimità della procedura di selezione ed aggiunge che detta clausola era stata sottoscritta quando già pendeva la questione di legittimità costituzionale sollevata dal TAR con ordinanze del 28 aprile e 19 maggio 2009. Con il quinto motivo è dedotta la violazione degli artt. 18 della legge n. 300 del 1970 e 2043 e 2697 cc quanto alla pronunciata condanna al risarcimento dei danni. Con la sesta censura è allegato vizio di motivazione relativamente alle spese giudiziali. Con la settima critica è prospettato vizio di motivazione in ordine alla responsabilità della Regione Puglia ed alle relative conseguenze risarcitorie. I motivi, che per la loro stretta connessione logico-giuridica vanno trattati unitariamente, sono fondati nella parte in cui addebitano alla sentenza impugnata la violazione dei principi che regolano gli effetti nel tempo delle sentenze di accoglimento della Corte Costituzionale. È consolidato nella giurisprudenza del Giudice delle leggi si rimanda fra le più recenti a Corte Cost. 11.2.2015 n. 10 l’orientamento secondo cui l’efficacia retroattiva delle pronunce di illegittimità costituzionale costituisce principio generale, limitato solo dalla necessità di non compromettere la certezza dei rapporti giuridici e di evitare che la retroattività della dichiarazione di incostituzionalità possa pregiudicare altri diritti di rilievo costituzionale. È stato, quindi, affermato che l’efficacia delle sentenze di accoglimento non retroagisce fino al punto di travolgere le situazioni giuridiche divenute irrevocabili ovvero i rapporti esauriti, i quali restano regolati dalla legge dichiarata invalida, ed è stato precisato al riguardo che l’individuazione in concreto del limite alla retroattività, dipendendo dalla specifica disciplina di settore, rientra nell’ambito dell’ordinaria attività interpretativa di competenza del giudice comune principio affermato, ex plurimis, sin dalle sentenze n. 58 del 1967 e n. 49 del 1970 e richiamato dalla citata sentenza n. 10 del 2015 . È, invece, riservata alla Corte Costituzionale la graduazione degli effetti temporali della dichiarazione di illegittimità, quando questa sia imposta dalla necessità di assicurare una tutela sistemica e non frazionata di tutti i diritti di rilievo costituzionali coinvolti dalla decisione. Detta ultima ipotesi non ricorre nella fattispecie, poiché la Corte, con la sentenza n. 42 dell’11 febbraio 2011, ha dichiarato la illegittimità costituzionale dell’art. 3, comma 40, L. R. Puglia n. 40 del 2007, ossia della norma in forza della quale il concorso riservato era stato bandito, senza porre alcun limite alla naturale retroattività della pronuncia. Risulta, pertanto, applicabile il principio generale, consolidato anche nella giurisprudenza di legittimità, secondo cui gli effetti dell’incostituzionalità non si estendono esclusivamente ai rapporti ormai esauriti in modo definitivo, per avvenuta formazione del giudicato o per essersi verificato altro evento cui l’ordinamento collega il consolidamento del rapporto medesimo, ovvero per essersi verificate preclusioni processuali, o decadenze e prescrizioni non direttamente investite, nei loro presupposti normativi, dalla pronuncia d’incostituzionalità Cass. 8.5.2014 n. 9977 . La Corte territoriale ha ritenuto che il contratto individuale sottoscritto dalla controricorrente ed il rapporto di impiego instaurato con la Azienda Sanitaria di Taranto dovessero restare insensibili alla dichiarazione di incostituzionalità della norma che aveva consentito il concorso riservato, perché la approvazione della graduatoria e la mancata impugnazione della stessa nel termine di legge avevano determinato il definito consolidamento del diritto soggettivo alla assunzione. Dette conclusioni non sono condivisibili. Le Sezioni Unite di questa Corte hanno da tempo affermato che nel sistema delineato dal d.lgs n. 165 del 2001 - che assegna al dominio del diritto pubblico le procedure concorsuali per l’assunzione dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni mentre riserva al diritto privato la fase successiva della gestione ed esecuzione del rapporto gli atti principali della procedura concorsuale presentano una duplicità di natura giuridica, poiché il bando e la graduatoria finale, pur inserendosi nell’ambito del procedimento di evidenza pubblica, hanno anche la natura sostanziale, rispettivamente, di proposta al pubblico e di atto di individuazione del futuro contraente Cass. S.U. 16 aprile 2007 n. 8951, Cass. S.U. 26.2.2010 n. 4648, Cass. S.U. 2.10.2012 n. 16728 . Sussiste, quindi, un inscindibile legame fra la procedura concorsuale ed il rapporto di lavoro con l’amministrazione pubblica, poiché la prima costituisce l’atto presupposto del contratto individuale, del quale condiziona la validità, posto che sia la assenza sia la illegittimità delle operazioni concorsuali si risolvono nella violazione della norma inderogabile dettata dall’art. 35 del d.lgs n. 165 del 2001, attuativo del principio costituzionale affermato dall’art. 97, comma 4, della Carta fondamentale. Non a caso questa Corte ha evidenziato che la approvazione della graduatoria e la successiva sottoscrizione del contratto individuale se, da un lato, segnano il limite all’esercizio del potere di autotutela, tipico del rapporto di diritto pubblico, dall’altro non impediscono al datore di lavoro, che agisce con le capacità proprie del soggetto privato, di far valere, anche a rapporto già instaurato di fatto, la assenza del vincolo contrattuale conseguente alla nullità delle operazioni concorsuali in tal senso Cass. 1.10.2015 n. 19626 . Da detti principi discende che ove, come nella fattispecie, venga dichiarata la incostituzionalità della norma che aveva consentito la procedura concorsuale riservata e non pubblica, il limite alla naturale retroattività della pronuncia non può essere costituito dalla definitiva approvazione della graduatoria, posto che quest’ultima definisce solo la fase prodromica alla costituzione del rapporto, che, anche successivamente, resta condizionato, quanto alla validità, dall’atto presupposto. Non può, quindi, essere ravvisata una situazione giuridica irrevocabile o esaurita a fronte di un rapporto che sia ancora in atto e che sia sorto per effetto della norma dichiarata incostituzionale. Diversamente opinando si finirebbe per mortificare gli interessi che la norma costituzionale mira a salvaguardare, posto che, come è noto, il criterio di accesso al lavoro pubblico mediante concorso, aperto alla generalità dei soggetti in possesso dei requisiti richiesti, è strumentale alla realizzazione del buon andamento della pubblica amministrazione, poiché consente di selezionare i più meritevoli attraverso il metodo comparativo. È evidente che detta finalità sarebbe frustrata ove si consentisse la prosecuzione dei rapporti instaurati in violazione dell’art. 97, comma 4, facendo leva solo sulla definitività della graduatoria approvata all’esito della procedura riservata. I principi di diritto sopra esposti trovano conferma anche nella motivazione della sentenza n. 73 del 23 aprile 2013, con la quale la Corte Costituzionale ha dichiarato illegittimità dell’art. 1, comma 2, della legge reg. Puglia n. 11 del 2012, che, in considerazione della dichiarazione di incostituzionalità dell’art. 3, comma 40, della L.R. 31 dicembre 2007 n. 40, aveva autorizzato le aziende e gli enti del servizio sanitario regionale ad avvalersi delle graduatorie formate all’esito delle procedure riservate per concludere contratti di lavoro a tempo determinato della durata di mesi sei, in attesa dell’espletamento dei concorsi pubblici. La Corte, infatti, dopo avere osservato che la necessità di garantire la continuità dell’azione amministrativa non è regione sufficiente per derogare al principio del concorso pubblico, ha evidenziato che contrasta con l’art. 97 cost. l’utilizzazione delle graduatorie formatesi all’esito di procedure non rispondenti al principio del pubblico concorso ed ha ritenuto violato il giudicato costituzionale, perché il legislatore regionale aveva preteso di utilizzare gli esiti della procedura di stabilizzazione, pur a fronte della ritenuta illegittimità costituzionale della stessa. Quanto sin qui si è detto induce anche la Corte ad escludere la portata innovativa dell’art. 16, comma 8, del d.l. 6 luglio 2011 n. 98, convertito con modificazioni dalla legge n. 111/2011, che ha previsto la nullità delle assunzioni, degli inquadramenti e delle promozioni posti in essere in base a disposizioni dichiarate costituzionalmente illegittime stabilendo anche l’obbligo per il dirigente di procedere senza indugio a comunicare agli interessati gli effetti della predetta sentenza sul relativo rapporto di lavoro e sul correlato trattamento economico e al ritiro degli atti nulli . La disposizione in esame, infatti, ha reso esplicito un precetto già desumibile dai principi generali relativi alla efficacia delle sentenze della Corte Costituzionale ed ai rapporti fra procedimento concorsuale e stipulazione del contratto di lavoro. La norma, inoltre, ha voluto rendere egualmente esplicito il principio in forza del quale la necessità di assicurare il buon andamento e l’imparzialità della pubblica amministrazione, impone l’immediato ripristino della legalità attraverso la rimozione degli atti affetti da nullità. La Corte territoriale ha, quindi, errato nel ritenere inapplicabile alla fattispecie la norma sopra richiamata solo perché alla data della sua entrata in vigore era già stata pubblicata la sentenza n. 42 dell’11 febbraio 2011, dichiarativa della illegittimità dell’art. 3, comma 40 L. R. Puglia n. 40 del 2007. Nelle considerazioni sopra svolte rimangono assorbite le ulteriori censure. La sentenza impugnata va, pertanto, cassata con rinvio al giudice di appello indicato in dispositivo, che si atterrà ai principi di diritto innanzi enunciati, provvedendo anche i sulle spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte di Appello di Lecce in diversa composizione.