L’INAIL sbaglia ad erogare prestazioni in favore degli eredi dell’infortunato … respinta l’azione di regresso nei confronti del datore di lavoro

Nell'accertamento e nella liquidazione delle prestazioni assicurative l'INAIL è vincolato a rigorosi parametri e criteri legali tali da non lasciare spazio a valutazioni discrezionali spetta quindi al datore di lavoro responsabile civile dell'infortunio, convenuto in giudizio dall'ente previdenziale che agisce in via di regresso, dimostrare che al lavoratore infortunato sono state riconosciute ed erogate prestazioni non spettanti ovvero eccedenti, con riguardo alla mancanza dei presupposti di fatto ed alla violazione dei criteri vincolanti posti dalla legge. Consegue che lo stesso datore di lavoro convenuto in sede di regresso dall’INAIL possa sottrarsi alla pretesa recuperatoria provando che al lavoratore o ai propri eredi siano state liquidate prestazioni indebite, con riguardo alle condizioni di derogabilità previste dalla legge.

Principio affermato dalla Corte di Cassazione, sezione Lavoro con la sentenza n. 13061, pubblicata il 23 giugno 2016 Il caso. A seguito di infortunio sul lavoro mortale, l’INAIL proponeva azione di regresso nei confronti del datore di lavoro dell’infortunato, allo scopo di recuperare le prestazioni erogate in favore della madre del lavoratore deceduto. Il Tribunale in primo grado respingeva la domanda. Proponeva appello l’ente previdenziale, ma analogamente la corte di merito rigettava il gravame. Ricorreva allora in Cassazione l’INAIL, adducendo come unica motivazione la violazione e falsa applicazione degli artt. 10 e 11 d.P.R. n. 1124/1965. La Corte rigettava il ricorso. Gli articoli 10 e 11 del d.P.R. n. 1124/1965. Gli articoli 10 e 11 del Testo unico delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali prevedono l’obbligo all’assicurazione del datore di lavoro, il quale, di conseguenza, è esonerato dalla responsabilità civile, ad eccezione del c.d. danno differenziale” e nei confronti dell’ INAIL che agisca in regresso, nel caso in cui vi sia illiceità penale del fatto e si tratti di lesioni perseguibili d’ufficio. L’azione di regresso può essere esercitata soltanto in relazione alle indennità liquidate a norma degli artt. 66 e seguenti. La giurisprudenza della Cassazione. Gli Ermellini si sono più volte pronunciati in punto, fino alla più recente sentenza delle Sezioni Unite. Per la Corte, l’azione di regresso da parte dell’INAIL ha natura contrattuale e compete all’ente iure proprio nei confronti delle persone civilmente responsabili. Pertanto, l’azione spiegata nei confronti del datore di lavoro è esercitata entro i limiti del danno civilistico ed assume una funzione sanzionatoria. Si configura pertanto un rapporto trilaterale tra l’infortunato, l’ente ed il datore di lavoro, che può sempre eccepire all’INAIL il superamento del quantum della responsabilità civile accertabile secondo le regole generali dei danni. Questo costituisce appunto il limite della responsabilità nei confronti dell’ente, a prescindere dall’importo erogato per le prestazioni assicurative. Inoltre l’INAIL, in sede di accertamento e liquidazione per infortunio, è vincolato a parametri e criteri legali stringenti, che lo sottraggono a qualsivoglia valutazione discrezionale. Dunque, nell’ipotesi in cui sia erogata una prestazione illegittima, il datore di lavoro convenuto in sede di regresso può sottrarsi alla pretesa dell’ente assicuratore provando che al lavoratore o agli eredi siano state liquidate prestazioni indebite, in relazione alle condizioni e alle norme stabilite dalla legge. A conclusione di tale ragionamento, la Cassazione ha rigettato il ricorso proposto dall’INAIL, allineandosi ancora una volta all’orientamento ormai consolidato dalle molteplici pronunce in punto, in quanto maggiormente aderente alla peculiarità dell’azione esperita, nonché al principio di legalità cui deve soggiacere l’attività amministrativa.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 6 aprile – 23 giugno 2016, numero 13061 Presidente Mammone – Relatore Riverso Svolgimento del processo Con la sentenza numero 503/2010, pubblicata il 24.11.2010, la Corte d'Appello di Caltanisetta rigettava l'appello proposto dall'INAIL contro la sentenza del Tribunale locale con cui era stata respinta la domanda di regresso ex artt. 10 e 11 dpr 1124165 esercitata dall'Istituto nei confronti di D’A.F., datore di lavoro di C.I. deceduto per infortunio sul lavoro il 30 gennaio 1991, allo scopo di recuperare le prestazioni erogate alla madre di questi a titolo di rendita ai superstiti e rimborso spese funerarie. Il primo giudice aveva respinto la domanda sul rilievo dell'insussistenza del requisito della vivenza e carico dei defunto da parte della madre beneficiaria delle prestazioni erogate dall'INAIL. La Corte d'Appello affermava che correttamente il giudice di primo grado avesse esaminato l'eccezione concernente il rapporto assicurativo in quanto nell'azione dì regresso a differenza che in quella di surrogazione ex articolo 1916 c.c. rivolta contro il terzo responsabile, il datore di lavoro è legittimato ad opporre all'assicuratore eccezioni concernenti il contenuto del rapporto assicurativo. Nel merito confermava che non sussistesse il requisito della vivenza a carico che è presupposto per l'attribuzione del diritto alla rendita per infortunio sul lavoro in favore dei superstiti ex artt. 85 e 106 d.p.r. 1124/65 così came per le somme erogate a titolo di rimborso spese funerarie, quando effettuate a favore dei medesimi superstiti in mancanza del coniuge e di figli . Avverso detta sentenza l'INAIL propone ricorso affidando le proprie censure ad un unico motivo con il quale chiede la cassazione integrale della sentenza. L'intimato non ha svolto attività difensiva. L'Inail ha depositato memoria ai sensi dell'articolo 385 c.p.c. Motivi della decisione 1.- Con un unico motivo di ricorso l'INAIL deduce la violazione e falsa applicazione degli articolo 10 e 11 d.p.r. numero 1124/1965 articolo 360 numero 3 c.p.c. in quanto il datore in sede di regresso non potrebbe sindacare l'operato dell'Istituto sulla ricorrenza della vivenza a carico, posto che ii destinatario dell'azione di rivalsa, sia essa surroga o regresso, non può sollevare eccezioni che riguardano il rapporto assicurativo che lega il lavoratore all'INAIL né tantomeno il giudice di merito può respingere l'azione di rivalsa perché l'istituto non avrebbe dovuto erogare le prestazioni di legge. E ciò sia perché il datore di lavoro è estraneo al rapporto tra infortunato ed ente assicuratore, sia perché essendo in ogni caso l'obbligo di rivalsa contenuto nei limiti del risarcimento del danno dovuto all'infortunato dal datore è escluso che 54 1'indebita maggiore liquidazione si risolva a danno del medesimo . 2.- Il motivo è infondato. L'azione di regresso dell'INAIL è una speciale azione, di natura contrattuale Cass. cent, 10529/2008, 16141/2007 che compete all'INAIL iure proprio nei confronti delle persone civilmente responsabili ed è regolata dagli artt. 10 e 11 del D.P.R. 1124/1965. In base alle stesse norme risulta anzitutto che il datore di lavoro, soggetto obbligato all'assicurazione ai sensi del D.P.R. 112411965, sia esonerato dalla responsabilità civile articolo 10, 1° comma, L'assicurazione a norma del presente decreto esonera il datore di lavoro dalla responsabiiità civile per gli infortuni sui lavoro . A seguito dei numerosi interventi della Corte costituzionale sul regime della responsabilità datoriale prevista dal t.u, sull'assicurazione per infortuni e malattie professionali v. Corte cost., sent, numero 102 dei 1981, numero 118 del 1986 e numero 372 dei 1988 , il datore di lavoro rimane comunque responsabile nei confronti dei lavoratore per il c.d, danno differenziale e nei confronti dell'INAIL che agisca in regresso, quando esista I'illiceltà penale dei fatto accertabile anche incidentalmente in sede civile e si tratti di lesioni perseguibili d'ufficio Cass. 2138/2005, 11986/2010, 10950/2000 . L'Inail può esercitare il regresso soltanto in relazione alle indennità liquidate a norma degli artt. 66 e seguenti articolo 10, cui rinvia pure l'articolo 11 dpr 1124/65 . 3.- Con la recente sentenza numero 5160 dei 2015 le Sezioni Unite, pronunciando sulla natura dei termine stabilito dall'articolo 112 del dpr 1124165 per l'esercizio dell'azione di regresso nei confronti del datore di lavoro, ove non sia iniziato alcun procedimento penale, hanno osservato che l'INAIL, con l'azione dì regresso prevista dal D.P.R. numero 1124, artt. 10 ed 11 cit., agendo contro il datore di lavoro dell'assicurato infortunato, fa valere in giudizio un diritto proprio, nascente direttamente dal rapporto assicurativo v., fra le altre, Cass. 2-4-1992 numero 4015, Cass. 18 -10-1994 numero 8467, Cass. S.O. 16-4-1997 numero 3288, Cass. 21-1-2004 numero 970, Cass. 18-8-2004 numero 16141, Cass. 7-3-2008 numero 6212, Cass. 28-3 2008 numero 8136 , spiegando un'azione nei confronti del datore di lavoro, che ha violato la normativa sulla sicurezza sul lavoro, in qualche misura assimilabile ad un'azione di risarcimento danni promossa dall'infortunato, tanto che il diritto viene esercitato entro i limiti del complessivo danno civilistico ed è funzionalizzato a sanzionare il datore di lavoro, consentendo contestualmente all'Istituto assicuratore di recuperare quanto corrisposto ai danneggiato v. fra le altre Cass. 20-8 1996 numero 7669, Cass. 16-6-2000 numero 8196, Cass. 9-8-2006 numero 17960 . 4.- Risulta dunque in base al D.P.R. 1124/65, anzitutto che il datore di lavoro è uno dei soggetti dei rapporto trilaterale che si instaura in virtù dell'assicurazione sociale INAIL e che pertanto non possa essere considerato terzo estraneo al rapporto assicurativo o al rapporto che si instaura tra infortunato ed ente assicuratore, coree sostiene l'INAIL richiamando alcune sentenze di questa Corte nelle quali però si fa per le più riferimento alta diversa fattispecie dell'azione di surrogazione esercitata dall'INAIL nei confronti dei terzo responsabile dei danno, ai sensi dell'articolo 1916 c.c., al di fuori di qualsivoglia rapporto assicurativo di carattere pubblicistico su cui da ultimo Cass. SU 8620/2015 . Peraltro, le pronunce Cass. sentenza numero 7772 del 07/08/1998, numero 17960 del 09/08/2006 , in cui la supposta situazione di estraneità rispetto al rapporto assicurativo è stata riferita anche al datore di lavoro ma in relazione alla percentuale di invalidità individuata in sede previdenziale , ammettono comunque che lo stesso datore possa sempre eccepire all'INAIL il superamento del quantum della responsabilità civile accertabile secondo le regole generali dei danni, che costituisce il limite massimo invalicabile della propria responsabilità nei confronti dell'INAIL, quale che sia l'entità delle prestazioni assicurative erogate. 5.- Inoltre, va pure considerato che questa Corte ha affermato che nell'accertamento e nella liquidazione delle prestazioni infortunistiche, l'I.N.A.I.L, è vincolato a rigorosi parametri ed a criteri legali che non lasciano adito a valutazioni discrezionali. E che se, in ipotesi, accada che siano state riconosciute ed erogate prestazioni illegittime perché non spettanti ovvero eccedenti, il datore di lavoro può sempre dimostrare ia stessa illegittimità da rapportare necessariamente alla mancanza dei presupposti di fatto e alla violazione dei criteri vincolanti posti dalla legge Cass. numero 9329/1994 e 1894/1988 . Si tratta di un orientamento al quale il collegio intende dare continuità perché, per le ragioni anzidette, risulta maggiormente aderente al sistema in cui si innesta la speciale azione in discorso ed ai principio di legalità cui deve soggiace l'attività amministrativa svolta dall'INAIL. Va pertanto affermato che il datore di lavoro convenuto in sede di regresso dall'INAIL possa sottrarsi alla pretesa recuperatoria provando che al lavoratore o ai propri eredi siano state liquidate prestazioni indebite, con riguardo alle condizioni di erogabilità previste dalla legge. 6. Le considerazioni sin qui svolte impongono dunque di rigettare il ricorso promosso dall'INAIL avverso la sentenza impugnata che ha fatto buon governo delle regole di diritto applicabili alla fattispecie. Nessuna pronuncia deve essere emessa sulle spese processuali non avendo l'intimata esercitato attività difensiva. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.