Sulle scelte dell’imprenditore non si discute … punto!

Le scelte del datore di lavoro relative all’impresa di cui è a capo non possono essere sindacate nel merito, né le sue decisioni essere sempre sostenute da ragioni aventi il carattere dell’inevitabilità. Quel che conta è che i provvedimenti che ritiene di adottare rispondano a ragionevoli esigenze tecniche, organizzative e produttive.

E’ quanto sostiene la Corte di Cassazione nella sentenza n. 11126/16, depositata il 30 maggio. Accadeva che Una donna si rivolgeva al Tribunale di Roma, sostenendo di essere stata assunta in qualità di terapista della riabilitazione presso una s.r.l. con orario di lavoro part-time. Dopo qualche tempo, la stessa società datrice di lavoro comunicava alla donna l’aumento delle ore di servizio, avvertendola che, nel caso in cui non avesse aderito alla richiesta, sarebbe stata trasferita presso altra sede. A fronte del suo rifiuto, la lavoratrice veniva licenziata. La stessa lamentava, quindi, non solo l’illegittimità del trasferimento ma anche il suo carattere discriminatorio non essendo motivato da ragioni tecniche, organizzative e produttive. Dopo una sentenza sfavorevole in primo grado, la Corte d’appello dava ragione alla donna, affermando che la modifica dell’orario di lavoro non poteva essere decisa unilateralmente dal datore, essendo necessario il mutuo consenso di entrambe le parti. Inoltre, non risultavano provate le esigenze organizzative poste alla base del trasferimento. Il licenziamento, pertanto, risultava illegittimo la lavoratrice doveva essere reintegrata e risarcita dei danni subiti. La s.r.l. propone ricorso in Cassazione. Le scelte dell’imprenditore possono essere sindacate sempre e comunque? Secondo la ricorrente, il licenziamento deve essere giustificato da ragioni tecniche, organizzative e produttive le quali erano presenti nel caso di specie. Tuttavia, i giudici di merito non le avevano minimamente considerate, sindacando una scelta – quella datoriale - che non poteva essere discussa nel merito ma valutata solo in relazione al nesso di causalità che l’ha resa necessaria la decisione relativa al trasferimento, infatti, spetta solo all’imprenditore che non è tenuto a dimostrare l’inutilizzabilità della lavoratrice nella sede di provenienza. L’imprenditore non è tenuto a dare spiegazioni. La Corte di Cassazione accoglie il ricorso, evidenziando che le decisioni dell’imprenditore circa il trasferimento non devono essere per forza di cose essere sostenute da ragioni inevitabili. È sufficiente, in altre parole, che si tratti di cause ragionevoli, in relazione a quelle che sono le esigenze tipiche dell’impresa. Allo stesso modo, il datore di lavoro che opta per il trasferimento del dipendente ad altra sede non è tenuto a dimostrarne l’inutilizzabilità in quella di provenienza. La decisione, di conseguenza, deve essere rivista.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 25 febbraio – 30 maggio 2016, n. 11126 Presidente Nobile – Relatore Esposito Svolgimento del processo 1. F.S. adì il Tribunale di Roma esponendo di essere stata assunta a tempo indeterminato il 18/2/1997 dalla San Raffaele s.r.l. quale terapista della riabilitazione presso la sede di San Raffaele Pisana di aver raggiunto un accordo con la datrice di lavoro sin dal 22/1/2009, con il quale si stabiliva la definitiva trasformazione dei rapporto in part-time con l'osservanza di 24 ore settimanali, e precisamente dal lunedì al sabato dalle 9.30 alle 12.00 e dalle 12.30 alle 14.00 di avere ricevuto nell'aprile 2009 richiesta del datore di lavoro di variazione dell'orario, con previsione di turni anche pomeridiani, con l'avviso che, in caso di mancata adesione alla richiesta, si sarebbe proceduto al trasferimento presso la casa di cura San Raffaele di Rocca di Papa, ove vi era esigenza di personale della sua qualifica per l'espletamento di lavoro mattutino di essersi opposta alla variazione dell'orario di lavoro concordato perché incompatibile con le sue esigenze familiari che dopo il trasferimento, efficace dal 18/5/2009, aveva continuato a recarsi presso la sede di lavoro negli orari concordati di essere stata sottoposta a procedimento disciplinare a causa del rifiuto di ottemperare agli illegittimi provvedimenti di essere stata licenziata in esito a un secondo provvedimento disciplinare. La ricorrente ha dedotto, tra l'altro, per quanto in questa sede interessa, l'illegittimità dei trasferimento perché disposto in violazione del patto di inamovibilità di cui all'accordo sindacale del 15/12/2004 ed inoltre perché discriminatorio in quanto non sorretto da ragioni tecniche, organizzative e produttive, oltre che illegittimo per violazione delle previsioni di cui all'art. 7 l. 300/70, per essere legittimo il suo rifiuto di ottemperare a provvedimenti illegittimi, per inesistenza dei fatti addebitati e per mancanza di proporzionalità tra addebito e sanzione. 2. Il Tribunale rigettava le domande. 3.Con sentenza del 27/3/2013 la Corte d'Appello Roma, in riforma della sentenza di primo grado, accoglieva la domanda. Rilevava che la ricorrente aveva ottenuto a suo tempo la trasformazione dei rapporto in part time, che l'accordo prevedeva una determinata distribuzione dell'orario di lavoro e non prevedeva clausole flessibili o elastiche che, pertanto, ogni modifica dell'orario non poteva essere attuata unilateralmente dal datore di lavoro, essendo necessario il mutuo consenso di entrambe le parti. Osservava il collegio che la società non aveva provato la sussistenza di un effettivo nesso causale tra le esigenze derivanti dalla riorganizzazione aziendale addotta riduzione dei posti letto in day Hospital ed aumento dei posti di degenza nel reparto di riabilitazione neuromotoria, richiedente quest'ultimo fisioterapisti che eseguissero terapia nel corso dell'intera giornata, sì da consentire la continuità terapeutica e il mutamento dell'orario di lavoro concordato con la lavoratrice, né l'inutilizzabilità della prestazione della medesima secondo tale l'orario presso la Casa di cura di via della Pisana, o l'impossibilità di adottare presso tale sede una diversa soluzione organizzativa alternativa al trasferimento e meno gravosa per la dipendente, la quale esponeva ragioni familiari tali da rendere particolarmente gravoso il chiesto mutamento di orario e l'assegnazione a diversa sede lavorativa. Dichiarava, pertanto, l'illegittimità del trasferimento e dei conseguenti provvedimenti sanzionatori adottati per la mancata ottemperanza dei lavoratore, disponendo la reintegra della F. nel posto di lavoro e il risarcimento dei danni in favore della lavoratrice. 4. Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione il San Raffaele s.p,a. sulla base di quattro motivi. Resiste la F. con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memorie. Motivi della decisione 1. Con la prima censura la ricorrente deduce violazione ed erronea applicazione degli artt. 2103 c.c., 414 5°, 421 2°, 112, 115 1° e 2°, 416 e 116 2° c.p.c., nonché dell'art. 2697 c.comma Rileva che ai sensi dell'art. 2103 c.c., il lavoratore non può essere trasferito se non per comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive e il controllo giudiziale sulla legittimità dei trasferimento deve limitarsi all'accertamento della sussistenza delle ragioni poste alla base del provvedimento datoriale. Osserva che tali ragioni erano costituite nella specie dall'esigenza di incrementare il numero dei fisioterapisti nella sede di destinazione, a cui si aggiungeva la sussistenza di rilevanti esuberi di fisioterapisti presso la sede di provenienza e che tali ragioni erano state provate dal datore di lavoro. Rileva che la proposta di cambiamento della distribuzione dell'orario non era la ragione del trasferimento, ma veniva avanzata esclusivamente quale trattamento di miglior favore. Evidenzia che la Corte territoriale aveva valutato la legittimità dei trasferimento non sulla base dell'accertamento della sussistenza delle ragioni tecnico organizzative, bensì sulla base della presunta mancanza di prova dell'inutilizzabilità della lavoratrice presso la sede di provenienza. 2. Con il secondo motivo la società deduce, ai sensi dell'art. 360 n. 5 c.p.c., omessa motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione. La Corte non avrebbe considerato l'assenza di discriminatori età dei comportamento datoriale, dovendosi definire discriminatorio il licenziamento laddove il motivo ritorsivo costituisca l'unico esclusivo e determinante, mentre la riorganizzazione e il mutamento degli orari di lavoro coinvolse tutto il personale. 3. Deduce, ancora, la ricorrente, ai sensi dell'art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c., violazione ed erronea applicazione degli artt. 2103, 1175 e 1366 c.comma e dell'art. 13 l. 300/70 anche con riferimento agli artt. 2697 c.comma 115 c.p.comma e 41 cost. - omessa motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio. Rileva che la Corte territoriale, dando per acclarata la riduzione di posti letto assegnati in day hospital e l'aumento dei posti di degenza nel reparto riabilitazione, ha rilevato che il datore di lavoro non aveva chiarito perché la F. non potesse essere utilizzata con l'orario concordato per seguire i pazienti in day hospital, con ciò entrando nel merito delle scelte imprenditoriali. Invero il controllo giudiziale sulla facoltà del datore di lavoro di trasferire il lavoratore è limitato alla sussistenza del nesso di causalità tra il provvedimento e le ragioni tecnico organizzative poste a fondamento dello stesso ma non si estende fino alla valutazione del merito della scelta dei datore per verificare se sia idonea a soddisfare le esigenze suddette. 4. Con l'ultimo motivo deduce, ai sensi dell'art. 360 n. 3 c.p.c., violazione ed erronea applicazione dell'art. 2103 c.c., anche con riferimento all'art. 2697 c.comma Osserva che il datore di lavoro non è tenuto a dimostrare l'inevitabilità del trasferimento sotto il profilo della inutilizzabilità del lavoratore presso la sede di provenienza, essendo sufficiente che il trasferimento concreti una delle possibili scelte che il datore può adottare sul piano tecnico organizzativo e produttivo, concretandosi, altrimenti, un sindacato sulle scelte dell'imprenditore. 5. I motivi sub 1, 3 e 4 possono essere trattati congiuntamente in ragione dell'intima connessione, involgendo l'interpretazione di norme di legge con assorbimento del motivo sub 2 . Va osservato in proposito che la Corte territoriale risulta aver trattato confusamente le questioni attinenti all'immutabilità dell'orario nel lavoro a tempo parziale, nonché alla presunta illegittimità dapprima del disposto trasferimento e, poi, dell'intervenuto licenziamento. 6. Scindendo le valutazioni, infatti, occorreva verificare in primo luogo l'incidenza, nell'ambito segnato dalla previsione di immutabilità dell'orario di lavoro part time, del disposto trasferimento, e ciò alla luce dei principi enunciati a tale ultimo riguardo da questa Corte di legittimità, in forza dei quali Il controllo giurisdizionale delle comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive che legittimano il trasferimento del lavoratore subordinato deve essere diretto ad accertare che vi sia corrispondenza tra il provvedimento adottato dal datore di lavoro e le finalità tipiche dell'impresa, non può essere dilatato fino a comprendere il merito della scelta operata dall'imprenditore quest'ultima, inoltre, non deve presentare necessariamente i caratteri dell'inevitabilità, essendo sufficiente che il trasferimento concreti una delle possibili scelte, tutte ragionevoli, che il datore di lavoro può adottare sul piano tecnico, organizzativo e produttivo in tal senso Cass. Sez. L, Sentenza n. 9921 del 28/04/2009, Rv. 607978, conformi Cass. Sez. L, Sentenza n. 5099 del 2/3/2011, Rv. 616283 Cass. sez. lav. n. 20469 del 2014 . In conformità al suddetto principio questa Corte insegna, altresì, che è insindacabile la scelta imprenditoriale tra più soluzioni organizzative e che non è necessario che il datare di lavoro dimostri l'inevitabilità del provvedimento di trasferimento sotto il profilo della sicura inutilizzabilità del dipendente presso la sede di provenienza Sez. L, Sentenza n. 9921 del 28/04/2009, Rv. 607978 Sez. L, Sentenza n. 5099 del 02/03/2011, Rv. 616283 . 7. A tali principi non si é attenuta la Corte territoriale, che si è addentrata nel merito delle valutazioni delle scelte imprenditoriali. Il vizio rilevato in ordine all'applicazione dei suddetti principi non può che avere indotto in un successivo procedimento argomentativo a sua volta viziato. 8. Tanto basta a determinare la cassazione della sentenza impugnata, con rinvio al giudice del merito, il quale si atterrà ai principi di diritto enunciati sub 6 e provvederà, altresì, in relazione alle spese dei presente giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese dei presente giudizio di legittimità, alla Corte d'appello di Roma in diversa composizione.