Continuità e legittimità della professione di Commercialista, chi è competente ad esprimersi a riguardo?

Due orientamenti giurisprudenziali aprono a due diversi e contrastanti definizioni della competenza tra Cassa previdenziale e Consiglio dell’Ordine, viene così richiesto l’intervento delle Sezioni Unite al fine di tutelare il diritto alla previdenza.

Così si è espressa la Corte di Cassazione con sentenza n. 9489, depositata il 10 maggio 2016. Il caso. Viene sottoposta al giudizio del Tribunale di Bolzano una controversia circa la validità degli effetti contributivi e previdenziali del ricorrente per il periodo di iscrizione di questo alla Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza a favore dei Dottori Commercialisti. Il Tribunale, esprimendosi in senso favorevole, va ad annullare un provvedimento adottato dalla Cassa, la quale si era pronunciata sulla questione rilevando un’incompatibilità nell’esercizio della professione di commercialista in capo al ricorrente ed annullando così la sua iscrizione all’albo per il periodo di tempo preso in esame. Il Tribunale basa la sua decisone su di una competenza della Cassa inerente solo ad una verifica circa lo svolgimento della professione in modo continuo e non anche su di una regolarità della relativa iscrizione all’albo, essendo questa attività spettante solo al Consiglio dell’Ordine. La decisione così adottata è basata su di un orientamento della giurisprudenza della Cassazione e su quanto indicato a sua volta nella l. n. 21/1986 al suo articolo 22. In seconda battuta la Cassa procede con appello presentato alla Corte di appello di Trento, sezione distaccata di Bolzano. Questa, accogliendo il gravame, fonda la sua decisione su di un altro orientamento della Suprema Corte. In questo caso la Cassazione aveva precisato che la Cassa aveva competenza anche per un’indagine sulla legittimità, oltre che sulla continuità, della professione. Infine il ricorrente esegue un ricorso per cassazione, al quale si oppone la Cassa presentando controricorso e portando a sostegno della sua posizione quanto dedotto dalla Corte di appello. A sostegno della decisione del Tribunale. Il primo orientamento della Cassazione, sulla quale ha basato la propria decisione il Tribunale, trova sostegno anche a livello normativo con la l. n. 21/1986 all’articolo 22, commi 1 e 3. Da questi due riferimenti emerge che la Cassa è titolare solo di una attività di cognizione rivolta alla continuità – o meno – della professione e che questo intervento è destinato ad accertamenti di tipo previdenziale. Sarebbe invece di competenza esclusiva del Consiglio dell’Ordine un’analisi della regolarità dell’iscrizione all’albo ed anche un’adozione dei provvedimenti di cancellazione da questo. Quindi l’intervento realizzato dalla Cassa, e censurato dal Tribunale in un primo momento, andrebbe a confliggere con un procedimento spettante solo al Consiglio dell’Ordine, il tutto avvalorato anche dal fatto che sono presenti peculiari garanzie - art. 34 d.P.R. n. 1067/1953 - in capo al soggetto la cui situazione è così esaminata e che non sono state poste in essere dalla Cassa. Non solo, non sarebbero neppure presenti norme a sostegno di una siffatta competenza di tale Ente. A sostegno della decisione della Corte d’appello. Un secondo orientamento invece si pone in senso contrario. Questa giurisprudenza indica come sia competente anche la Cassa a conoscere non solo l’ambito della continuità, ma anche quello della legittimità. Questo si renderebbe necessario in via incidentale, non condurrebbe però a nessuna interferenza con l’operato del Consiglio dell’Ordine, dato che devono opportunamente essere tenuti distinti i due piani quello previdenziale e quello professionale. Non è dirimente la valorizzazione della potestà monopolistica del Consiglio dell’Ordine sui provvedimenti di cancellazione dall’albo per incompatibilità, perché tale potestà concerne la cancellazione come possibile esito di una cognizione sull’esistenza di ipotesi di incompatibilità nell’esercizio della professione, mentre nel caso di specie quella della Cassa sarebbe pur sempre una cognizione finalizzata non già a porre nel nulla l’iscrizione all’albo ma a verificare uno dei presupposti per l’erogazione del trattamento pensionistico, e cioè l’avvenuto legittimo esercizio della professione . Questo secondo filone giurisprudenziale fa riferimento al carattere implicito e ai fini suoi propri, di un’autonoma potestà di verifica del legittimo esercizio della professione . Per quanto concerne quelle garanzie sopra richiamate poste a tutela di chi è oggetto del procedimento di verifica del Consiglio dell’Ordine e che è destinato poi a sfociare in una – eventuale – cancellazione dall’albo, viene fatto presente che proprio per il motivo ora ricordato sono previste tali garanzie e che quindi non avrebbero ragione di essere presenti per il diverso procedimento di natura previdenziale previsto da parte della Cassa. Meglio sentire le Sezioni Unite. La Cassazione riconosce che una situazione di questo tipo può dare luogo a diverse definizioni della questione, da cui appunto i due indirizzi interpretativi entrambi con adeguate argomentazioni a loro sostegno. Tenuto conto della particolare importanza e visto che si va ad incidere su un diritto della persona costituzionalmente garantito come il diritto alla previdenza ex art. 38 Cost. viene chiesto l’intervento delle Sezioni Unite per un definitivo pronunciamento sull’argomento.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 2 marzo – 10 maggio 2016, n. 9489 Presidente Mammone – Relatore Della Torre Ragioni della decisione 1. II Tribunale di Bolzano ha accertato e dichiarato, accogliendo il ricorso dei dott. K.T., la validità ad ogni effetto contributivo e previdenziale dei periodo di iscrizione dei ricorrente alla Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza a favore dei Dottori Commercialisti di seguito, la Cassa dall'1 gennaio 1982 sino all'1 gennaio 2009 e ciò previo annullamento del provvedimento adottato, nella riunione del 28 ottobre 2009, dalla Giunta Esecutiva della Cassa, con il quale era stato deliberato di considerare lo svolgimento, in taluni periodi, della libera professione di commercialista, da parte del T., come effettuato in situazione di incompatibilità, con conseguente annullamento delle relative annualità di iscrizione. 2. A fondamento della propria decisione il Tribunale di Bolzano ha posto l'orientamento di cui a Cass. 15 giugno 2009 n. 13853, per il quale la Cassa ha unicamente, ai sensi dell'art. 22 I. 29 gennaio 1986, n. 21, il potere di accertare la continuità dell'esercizio della professione e non anche il potere di verificare il persistere nel tempo di una regolare iscrizione all'Albo professionale, tale ulteriore potere appartenendo in via esclusiva al Consiglio dell'Ordine competente. 3. Nei confronti di detta sentenza la Cassa ha proposto appello alla Corte d'appello di Trento, Sezione Distaccata di Bolzano, la quale, con la sentenza n. 22/2014, pubblicata il 10 maggio 2014, accogliendo il gravame, ha respinto la domanda dei ricorrente. 4. La Corte di appello ha richiamato, a sostegno della propria decisione, il contrastante orientamento di cui a Cass. 13 novembre 2013 n. 25526, per il quale la Cassa è titolare dei potere di verifica non soltanto di un esercizio della professione continuativo ma anche di un esercizio legittimo, che si manifesta, tra l'altro, nello svolgimento della professione in assenza di situazioni di incompatibilità, con la conseguenza di poter annullare i periodi contributivi che risultino caratterizzati da una di tali situazioni. 5. Contro la sentenza suddetta ha proposto ricorso per cassazione il dott. T., con unico motivo, assistito da memoria, con il quale, denunciando violazione e falsa applicazione di varie norme della l. 29 gennaio 1986, n. 21 e del d.P.R. 27 ottobre 1953, n. 1067 nonché dell'art. 4 disp. prel. cod. civ., ha sottoposto a critica l'indirizzo interpretativo fatto proprio dalla Corte di appello. 6. La Cassa ha resistito con controricorso, anch'esso assistito da memoria. 7. Come la vicenda processuale pone in luce con nitida evidenza, si confrontano nella giurisprudenza di questa Corte due opposti orientamenti. 8. Per il primo di essi cfr. Cass. 15 giugno 2009 n. 13853 conformi Cass. 13 aprile 1996 n. 3493 12 luglio 1988 n. 4572 6 luglio 1988 n. 4441 alla Cassa è attribuito, dall'art. 22 1. n. 21/1986, solo il potere di accertare la continuità dell'esercizio della professione e non anche quello di verificare la regolarità dell'iscrizione o di adottare i provvedimenti di cancellazione dall'albo, che, invece, ai sensi dell'art. 34 d.P.R. 27 ottobre 1953, n. 1067, appartengono alla competenza esclusiva del Consiglio dell'Ordine e, in ragione della gravità degli effetti, sono assistiti da specifiche garanzie, quali l'audizione dell'interessato e la possibilità di proporre ricorso, avente efficacia sospensiva della misura con la conseguenza della illegittimità del provvedimento di diniego della prestazione previdenziale richiesta adottato dalla Cassa per avere ravvisato una situazione di incompatibilità idonea a determinare la cancellazione dall'albo, dovendosi ritenere che, così disponendo, la Cassa abbia implicitamente statuito anche sul diritto all'iscrizione all'albo dell'interessato, senza che quest'ultimo potesse neppure avvalersi delle garanzie in tale ambito previste, contemplate solo nei confronti delle decisioni del Consiglio dell'Ordine. 9. Per il secondo e antitetico orientamento presente nella giurisprudenza di questa Corte cfr. Cass. 13 novembre 2013 n. 25526 conformi Cass. 12 novembre 2014 n. 24140 4 aprile 2003 n. 5344 25 gennaio 1988 n. 618 la Cassa ha il potere di annullare i periodi contributivi durante i quali la professione sia stata svolta in situazione di incompatibilità anche se tale condizione non sia stata preventivamente accertata e sanzionata dal competente Consiglio dell'Ordine, atteso che il potere di indagine riconosciuto alla Cassa, ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 20 e 22, terzo comma, della I. 29 gennaio 1986, n. 21, ha ad oggetto non solo il fatto storico dell'esercizio della professione ma anche, implicitamente e necessariamente, la sua legittimità. Tale requisito, infatti, assume rilievo su due piani diversi - quello strettamente professionale e quello previdenziale - tra loro paralleli e, dunque, senza reciproche interferenze, e il relativo accertamento, ai sensi dell'art. 22, terzo comma, I. n. 21 cit., va reiterato nel tempo sulla base dei criteri stabiliti dal comitato dei delegati, organo della Cassa, dovendosi, pertanto, ritenere tale soluzione rispondente ad una interpretazione costituzionalmente orientata in quanto - in coerenza con la sentenza n. 420 del 1988 della Corte costituzionale - l'art. 38, secondo comma, Cost. non può estendere la propria funzione di garanzia nei confronti di attività svolte in violazione delle norme poste a tutela dell'interesse generale alla continuità ed obiettività della professione. 10. In particolare, il primo indirizzo perviene alle proprie conclusioni essenzialmente sulla base dei seguenti argomenti 1 non vi è alcuna disposizione che attribuisca alla Cassa un potere di verifica della regolarità dei mantenimento dell'iscrizione, posto che ad essa - secondo ciò che emerge dall'art. 22, commi 1 e 3, I. n. 21/1986 Sono obbligatoriamente iscritti alla Cassa i dottori commercialisti iscritti all'albo professionale che esercitano la libera professione con carattere di continuità comma 1 L'accertamento della sussistenza dei requisito dell'esercizio della professione avviene sulla base dei criteri stabiliti datComitato dei delegati ed è effettuato dalla Cassa periodicamente e comunque prima dell'erogazione dei trattamenti previdenziali e assistenziali comma 3 - spetta unicamente un altro tipo di accertamento e cioè la verifica dell'esercizio della professione con carattere di continuità 2 la verifica che la professione sia stata svolta non solo in modo continuativo, così come previsto dalle norme richiamate, ma anche legittimamente, implicando di necessità l'esercizio di un sindacato sul diritto all'iscrizione all'albo ovvero sul permanere nel tempo di tale diritto , viene a interferire con l'ambito di competenze riservate, in via esclusiva, ad altro organo e cioè al consiglio dell'ordine 3 mentre l'art. 34 d.P.R. n. 1067/1953 prevede, per il procedimento di cancellazione dall'albo, in ragione della gravità dei suoi possibili effetti, istituti di garanzia a favore dell'interessato, il quale ha il diritto di essere sentito prima dell'emanazione del provvedimento e di proporre ricorso, con effetto sospensivo, al Consiglio Nazionale tali garanzie non trovano ingresso ove la Cassa, sottoponendo a verifica anche di legittimità l'esercizio della professione, individui una situazione di incompatibilità, che è ragione idonea a determinare la cancellazione dall'albo, e sulla base di essa pervenga all'annullamento dei corrispondenti periodi contributivi 4 non può neppure ritenersi che il potere della Cassa di rendere inefficaci alcuni periodi, ai fini previdenziali, a motivo dell'esistenza di situazioni di incompatibilità, possa desumersi dal Regolamento emanato dalla Cassa medesima nel 1994 e, in particolare, dal suo Allegato A, riguardando il potere regolamentare delegato unicamente l'accertamento della sussistenza del requisito dell'esercizio della professione art. 22, co. 3, I. n. 21/1986 , e cioè la determinazione dei relativi criteri, mentre a tale accertamento è estraneo ogni potere di indagine e di decisione circa l'esistenza di cause di incompatibilità, in quanto attribuito -- in via esclusiva e senza possibilità di deroga - ad organo diverso il Consiglio dell'Ordine 5 l'ordinamento della Cassa è privo di una disposizione analoga a quelle vigenti per la Cassa forense art. 2, comma 3, I. n. 319/1975 e per la Cassa dei geometri art. 22, comma 4, I. n. 773/1982 , disposizioni che, pur attraverso formulazioni diverse, stabiliscono, in capo alle rispettive casse, un autonomo potere di accertare eventuali situazioni di incompatibilità ai fini dei trattamento pensionistico. 11. II secondo indirizzo pone soprattutto in evidenza i seguenti argomenti 1 non è dirimente la valorizzazione della potestà monopolistica dei Consiglio dell'Ordine sui provvedimenti di cancellazione dall'albo per incompatibilità, perché tale potestà concerne la cancellazione come possibile esito di una cognizione sull'esistenza di ipotesi di incompatibilità nell'esercizio della professione, mentre nel caso di specie quella della Cassa sarebbe pur sempre una cognizione finalizzata non già a porre nel nulla l'iscrizione all'albo ma a verificare uno dei presupposti per l'erogazione dei trattamento pensionistico, e cioè l'avvenuto legittimo esercizio della professione art. 22, comma 3, I. n. 21/1986 2 inoltre, la tesi dell'attribuzione al Consiglio dell'Ordine, in via esclusiva, di qualsivoglia controllo circa il legittimo esercizio della professione trova ostacolo nel caso in cui l'iscrizione sia cessata per avere l'interessato chiesto alla Cassa il trattamento pensionistico di anzianità in tal caso, infatti, determinando la cessazione dell'iscrizione l'effetto di sottrarre al Consiglio dell'Ordine la potestà in discorso, ove si dovesse negare alla Cassa qualsivoglia verifica proprio nel momento in cui deve erogare il trattamento di maggior impegno economico, si perverrebbe al singolare esito interpretativo, per il quale nessuno potrebbe più verificare il legittimo e continuativo esercizio della professione di dottore commercialista, che pur costituisce, in realtà, un autonomo requisito per l'iscrizione non solo all'albo ma anche alla Cassa 3 diversamente da quanto potrebbe suggerire I'art. 22, comma 3, I. n. 21/1986, con il suo riferimento ai mero esercizio della professione , l'indagine della Cassa deve ritenersi implicitamente, quanto necessariamente, estesa anche al fatto che l'attività professionale sia stata svolta in modo legittimo, ovvero in assenza di cause di incompatibilità, e ciò in virtù del precedente art. 20 I. n. 21/1986, il quale attribuisce alla Cassa un potere di controllo esercitato attraverso la richiesta di fornire documenti e di compilare questionari su elementi rilevanti quanto all'iscrizione e alla contribuzione , disponendo contestualmente che l'eventuale mancata collaborazione da parte dell'interessato che non risponda entro novanta giorni dalla richiesta importa sospensione del trattamento pensionistico sarebbe davvero singolare attribuire alla Cassa la facoltà di esigere così si esprime il cit. art. 20 dall'iscritto o dai suoi aventi diritto, sotto comminatoria di sospensione del trattamento pensionistico, notizie e documenti concernenti solo il fatto storico dell'esercizio della professione e non anche la sua legittimità, ossia riconoscerle poteri autoritativi di natura oggettivamente amministrativa senza nel contempo pretendere che con essi si accerti che l'assicurato abbia maturato legittimamente il proprio credito pensionistico d'altra parte, se ai sensi dell'art. 20 cit. la Cassa può esigere dall'assicurato elementi rilevanti quanto all'iscrizione e alla contribuzione , ciò vuol dire che non deve limitarsi alla mera verifica formale dell'attuale iscrizione all'albo, deve intendersi, poiché la Cassa conosce per scienza diretta i propri iscritti o del perdurare di essa nel periodo oggetto della prestazione erogabile, essendo gli albi professionali pubblici e consultabili da chiunque. Ne consegue che, dovendo assegnare un senso alla norma, non può eliminarsi, dall'ampia dizione degli elementi rilevanti quanto all'iscrizione , proprio quello di maggiore spessore, vale a dire l'avere l'interessato mantenuto l'iscrizione alla Cassa legittimamente ovvero in assenza di cause di incompatibilità 4 l'attribuzione alla Cassa, sia pure per implicito e ai fini suoi propri, di un'autonoma potestà di verifica dei legittimo esercizio della professione e quindi dell'inesistenza di cause di incompatibilità trova ulteriore riscontro nella disposizione di cui al comma 3 dell'art. 22 citato, là dove è previsto che l'accertamento della sussistenza del requisito dell'esercizio della professione avviene sulla base dei criteri stabiliti dal comitato dei delegati ed è effettuato dalla Cassa periodicamente e comunque prima dell'erogazione dei trattamenti previdenziali e assistenziali disposizione che conferma come la Cassa non debba puramente e semplicemente attenersi al mero dato formale controllato da altri, cioè dal Consiglio dell'Ordine della perdurante iscrizione all'albo, diversamente non avendo senso alcuno né le verifiche periodiche né i relativi criteri stabiliti al proprio interno dalla Cassa medesima attraverso l'intervento di uno dei suoi organi i Comitato dei delegati 5 dall'autonomia della potestà di verifica anche in capo alla Cassa sia pure per fini suoi propri dei requisito dei legittimo esercizio della professione discende, quale logico corollario, che nulla impone che per negare il requisito in discorso debbano attivarsi necessariamente a favore dell'interessato le stesse garanzie difensive previste avanti al Consiglio dell'Ordine dall'art. 34 d.P.R. n. 1967/1953, trattandosi di garanzie stabilite in vista di un effetto diverso, vale a dire dell'eventuale cancellazione dall'albo per incompatibilità 6 la possibilità di una concorrente autonoma valutazione su una medesima situazione giuridica - la configurabilità o meno di una causa di incompatibilità - da parte di due differenti soggetti il Consiglio dell'Ordine e la Cassa può dare bensì luogo ad esiti contraddittori e tuttavia l'evenienza è nel sistema, potendo essa verificarsi per altri liberi professionisti, come gli avvocati ed i geometri 7 la mancanza per i dottori commercialisti di una disposizione analoga a quelle vigenti per questi ultimi non è da considerarsi decisiva, non essendo più tale neppure il brocardo ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit per suffragare assunti di completezza dell'ordinamento giuridico 8 la soluzione interpretativa così adottata risponde infine ad una interpretazione costituzionalmente orientata dell'art. 22, comma 3, I. n. 21/1986, avendo la Corte costituzionale affermato, con la sentenza n. 420/1988, che l'art. 38, co. 2, Cost. non può estendere la propria funzione di garanzia nei confronti di attività svolte in violazione di precise norme di legge e, in particolare, di quelle intese alla tutela dell'interesse generale alla continuità e all'obiettività della professione. 12. La questione, che ha dato luogo ai due contrastanti indirizzi interpretativi sopra richiamati, è da ritenere questione di massima di particolare importanza, avendo ad oggetto la titolarità di un potere destinato ad incidere su un diritto della persona costituzionalmente garantito come il diritto alla previdenza ex art. 38 Cost. . Appare, pertanto, necessario che su di essa abbiano a pronunciarsi le Sezioni Unite, anche al fine di evitare l'ulteriore protrarsi di contrapposte soluzioni. P.Q.M. la Corte dispone trasmettersi gli atti al Primo Presidente perché valuti l'opportunità di rimessione alle Sezioni Unite.