Tutto è soggetto a contribuzione, salvo prova contraria

Ai sensi dell’art. 12, legge n. 153/1969 deve essere assoggettato a contribuzione tutto ciò che il lavoratore riceve dal datore di lavoro in denaro o in natura, al lordo di qualsiasi ritenuta, salva la prova che l’erogazione appartenga ad una delle categorie espressamente escluse dalla legge.

Ad affermarlo è la Corte di Cassazione, nella sentenza n. 8382 depositata il 27 aprile 2016. Il caso. La Corte di Appello di Roma, riformando la pronuncia di primo grado, revocava il decreto con cui il Tribunale di Roma aveva ingiunto ad un nota società televisiva di pagare all’INPGI taluni contributi asseritamente evasi, relativi alla concessione gratuita ai propri dipendenti giornalisti di un c.d. pacchetto televisivo. Ad avviso dei Giudici di merito, in particolare, l’abbonamento ai programmi televisivi concesso gratuitamente doveva considerarsi strumento idoneo ad accrescerne la professionalità, come tale escluso dalla base imponibile a fini contributivi a prescindere dallo specifico settore di informazione al quale il singolo giornalista era addetto. Contro tale sentenza l’INPGI ricorreva alla Corte di Cassazione, articolando vari motivi. La regola generale è che su ogni erogazione si paghino i contributi. In particolare, ad avviso dell’Istituto, i Giudici di merito avevano errato nel ritenere che l’abbonamento omaggiato ai dipendenti potesse costituire - nella sua interezza - strumento professionale, in grado di accrescerne e migliorarne la capacità di lavoro. Motivo che viene condiviso dalla Cassazione la quale, affermando il principio esposto in massima, accoglie il ricorso. Ed infatti, la Corte ritiene che l’art. 12, Legge n. 153/1969 generi una presunzione generale di assoggettamento a contribuzione di tutto ciò che il lavoratore riceve dal datore di lavoro, che può essere vinta solo dalla dimostrazione che la specifica erogazione appartenga ad una delle categorie espressamente escluse dal comma 2 della stessa norma a mente del quale, per quanto qui interessa, Sono esclusi dalla base imponibile a le somme corrisposte a titolo di trattamento di fine rapporto b le somme corrisposte in occasione della cessazione del rapporto di lavoro al fine di incentivare l'esodo dei lavoratori, nonché quelle la cui erogazione trae origine dalla predetta cessazione [ ] c i proventi e le indennità conseguite [ ] a titolo di risarcimento danni d le somme poste a carico di gestioni assistenziali e previdenziali obbligatorie per legge [ .] e [ ] le erogazioni previste dai contratti collettivi aziendali, ovvero di secondo livello, delle quali sono incerti la corresponsione o l'ammontare e la cui struttura sia correlata dal contratto collettivo medesimo alla misurazione di incrementi di produttività, qualità ed altri elementi di competitività assunti come indicatori dell'andamento economico dell'impresa e dei suoi risultati [ ] . Ê necessario provare che una erogazione sia strumentale alle mansioni svolte. In questo contesto, prosegue la Cassazione, la tesi avallata dalla Corte di Appello - per la quale la concessione ai giornalisti dell’abbonamento gratuito rientrerebbe tra le spese strumentali all’attività di impresa e come tali estranee alla nozione di retribuzione imponibile di cui all’art. 51, d.p.r. n. 917/1986 - poteva essere condivisa solo nei limiti in cui l’abbonamento concerna programmazioni che afferiscano ai contenuti dell’attività giornalistica svolta dal singolo dipendente, non già quando abbia ad oggetto la totalità della programmazione televisiva . Lo stesso principio è affermato dal CCNL applicato al rapporto. Nello stesso senso doveva essere letto anche l’art. 45 del CCNL applicato al rapporto, che confinava la rilevanza dell’interesse datoriale all’incremento della professionalità dei propri giornalisti nell’ambito delle attività attinenti le loro specifiche competenze . Alla luce di quanto sopra, conclude la Corte, l’esonero contributivo sul controvalore dell’abbonamento televisivo poteva essere legittimamente rivendicato solo previa dimostrazione e nei limiti della correlazione tra i programmi oggetto dell’abbonamento e le competenze del giornalista che ne beneficia, rientrando diversamente nella presunzione generale di cui all’art. 12, Legge n. 153/1969 .

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 23 febbraio – 27 aprile 2016, n. 8382 Presidente Bronzini – Relatore Cavallaro Fatto Con sentenza depositata il 18.7.2013, la Corte d'appello di Roma, in riforma della statuizione di primo grado, revocava il decreto ingiuntivo con cui il Tribunale di Roma aveva ingiunto a Sky Italia s.r.l. di pagare all'INPGI somme per contributi evasi sul c.d. pacchetto Sky e sui buoni pasto. La Corte, per quanto qui interessa, riteneva che l'abbonamento ai programmi televisivi gratuitamente concesso ai taluni dei giornalisti dipendenti dell'azienda dovesse considerarsi strumento idoneo ad accrescere la loro professionalità e come tale fosse estraneo alla nozione di retribuzione imponibile ai fini contributivi, a prescindere dal particolare settore di informazione cui il singolo giornalista era addetto. Per la cassazione di tali statuizioni ricorre l'INPGI, affidandosi a due motivi di ricorso. Resiste Sky Italia s.r.l. con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memoria. Diritto Con il primo motivo, l'Istituto ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 115 e 414 n. 4 c.p.c. nonché dell'art. 2697 c.c. per avere la Corte escluso l'assoggettabilità a contribuzione dei controvalore del c.d. pacchetto completo Sky nonostante che la società controricorrente avesse dedotto contraddittoriamente al riguardo che si trattava di un'erogazione riconducibile ad attività ricreative e di formazione professionale. Con il secondo motivo, l'Istituto ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione dell'art. 12, I. n. 153/1969, dell'art. 51, d.P.R. n. 917/1986, e dell'art. 45 CCNL per i dipendenti di imprese giornalistiche, in relazione agli artt. 1362 ss. e 1369 c.c., per avere la Corte territoriale sostenuto che l'abbonamento potesse costituire nella sua interezza strumento professionale in grado di accrescere e migliorare la capacità di lavoro dei giornalisti dipendenti e dunque non fosse riconducibile in quanto tale alla nozione di retribuzione imponibile ai fini contributivi. I due motivi, che possono esaminarsi congiuntamente in considerazione dell'intima connessione delle censure svolte, sono fondati. Come noto, l'art. 12, I. 153/1969, stabilisce che debba essere assoggettato a contribuzione tutto ciò che il lavoratore riceve dal datore di lavoro in denaro o in natura, al lordo di qualsiasi ritenuta, in dipendenza dei rapporto di lavoro e dà luogo una presunzione generale di assoggettamento che può essere vinta solo dalla dimostrazione che l'erogazione appartenga ad una delle categorie espressamente escluse da contributo dal secondo comma dei medesimo art. 12 v. da ult. Cass. n. 461 del 2011 . Nel caso di specie, la Corte di merito ha ritenuto che l'esenzione dalla contribuzione dell'intero controvalore dell'abbonamento dovesse giustificarsi per , essere quest'ultimo rectius per l'attitudine ili quest'ultimo a costituire strumento professionale in grado di accrescere e migliorare la capacità di lavoro dei dipendenti giornalisti, [ ] anche nella prospettiva del più ampio e diversificato impiego del proprio personale e del legittimo esercizio del ius variandi , così implicitamente facendo propria la tesi aziendale secondo cui si tratterebbe di spese strumentali all'attività d'impresa e come tali estranee alla nozione di retribuzione imponibile di cui all'art. 51, d.P.R. n. 917/1986. Tuttavia, come già ritenuto da questa Corte in fattispecie analoga v. Cass. n. 1255 del 2016 , codesta strumentalità può essere sicuramente riconosciuta solo nei limiti in cui l'abbonamento concerna programmazioni che afferiscano ai contenuti dell'attività giornalistica svolta dal singolo dipendente, non già quando abbia ad oggetto la totalità della programmazione televisiva per quanto possa essere interesse dell'azienda il miglioramento del capitale umano dei propri dipendenti, l'art. 45 CCNLG confina la rilevanza giuridica di codesto interesse nell'ambito delle attività attinenti le loro specifiche competenze , onde l'esonero contributivo sul controvalore dell'abbonamento televisivo può essere legittimamente rivendicato solo previa dimostrazione e nei limiti della correlazione tra i programmi oggetto dell'abbonamento e le competenze del giornalista che ne beneficia, rientrando diversamente nella presunzione generale di cui all'art. 12, 1- n. 153/1969, cit. Non essendosi attenuta la Corte di merito ai superiori principi, la sentenza impugnata va cassata e rinviata per nuovo esame alla Corte d'appello di Roma, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del presente giudizio di legittimità. Tenuto conto dell'accoglimento dei ricorso, non sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d'appello di Roma, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del presente giudizio di legittimità. Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.