Per l’assegno di assistenza si consideri il reddito individuale

Il reddito da prendere in considerazione per l’assegno di assistenza è quello individuale dell’aspirante beneficiario, mentre per la pensione di inabilità si deve considerare il reddito dell’aspirante in cumulo con quello del coniuge.

Questa la decisione della Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 7698/2016, depositata il 18 aprile. Il caso. Una lavoratrice si era vista respingere la propria domanda volta al conseguimento della pensione di inabilità prima e dell’assegno d assistenza poi , per aver superato il requisito reddituale. I giudici di merito, infatti, per verificare la sussistenza dei requisiti reddituali previsti per le due prestazioni sociali avevano cumulato il reddito dell’aspirante beneficiario con quello del coniuge, determinando così il superamento della soglia prevista ex lege . Un principio chiaro. La Corte di Cassazione ribadisce un suo consolidato orientamento distinguendo tra pensione di inabilità ed assegno di assistenza per la pensione di inabilità, il reddito da prendere in considerazione è in cumulo con quello dell’eventuale coniuge, mentre per l’assegno di assistenza ciò che conta è il reddito individuale. Certamente, il riferimento è ai redditi individuali rilevanti ai fini IRPEF. Il dato letterale della norma primo criterio di interpretazione. Il principio espresso dalla Suprema Corte si fonda sulla lettera dell’art. 14- septies, comma 5, d.l. n. 663/1979 e successive modificazioni che, nell’elevare le soglie reddituali previste per gli assegni di assistenza sociale aveva esplicitamente previsto che il limite del reddito per il diritto all’assegno mensile in favore dei mutilati e degli invalidi civili è fissato in lire 5.200.000, calcolati agli effetti dell’IRPEF con esclusione del reddito percepito da altri componenti del nucleo familiare di cui il soggetto interessato fa parte . Poiché la norma aveva innalzato la soglia da lire 2.500.000 a lire 5.200.000 più del doppio , qualche interprete aveva ritenuto che l’innalzamento indicasse che il limite reddituale dovesse essere calcolato cumulando i redditi familiari. Per contro la Corte di Cassazione ha continuato ad avvalorare il chiaro dato letterale la norma menziona solo l’assegno per i mutilati e per gli invalidi civili - fino ad allora equiparato alla pensione di inabilità, quanto alla regola del cumulo dei redditi – pertanto per esso vale il reddito individuale, mentre per la pensione di inabilità resta ferma la regola del cumulo dei redditi. Tale distinzione trova conforto anche a livello sistematico, infatti l. n. 412/1991, all’art 12 requisiti reddituali delle prestazioni ai minorati civili mantiene la differenza tra assegno di assistenza e pensione di inabilità. Nulla si dice sulla ratio dei delle due diverse ma non troppo forme di assistenza.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile - L, ordinanza 11 febbraio – 18 aprile 2016, numero 7698 Presidente Curzio – Relatore Pagetta Fatto e diritto La causa è stata chiamata all’adunanza in camera di consiglio dell’i 1 febbraio 2016, ai sensi dell’art. 375 cod. proc. civ., sulla base della seguente relazione redatta a norma dell’art. 380 bis cod. proc.civ. La Corte di appello di Lecce, in parziale accoglimento dell’appello proposto da T.A. avverso la sentenza di primo grado che aveva respinto la sua domanda intesa al conseguimento della pensione di inabilità di cui all’art. 12 della legge numero 118 del 1971 e, in subordine, dell’assegno di assistenza di cui all’art. 13 1. cit., ha dichiarato il diritto dell’appellante a quest’ultima prestazione con decorrenza dal 28.6.2013 ed ha condannato l’INPS alla relativa erogazione oltre accessori. Il giudice di appello, premesso che in base alla condivisibile consulenza tecnica d’ufficio rinnovata in secondo grado, la T. , a decorrere dal 15.9.2008, risultava affetta da un complesso invalidante che comportava la riduzione della capacità lavorativa in misura pari alP80%, ha ritenuto che la prestazione ex art. 13 della legge numero 118 del 1971 potesse essere riconosciuta solo con decorrenza dal 28.6.2013, data di entrata in vigore del d.l. numero 28.6.2013 conv. in legge numero 99 del 2013. Secondo il giudice di appello, infatti, prima della modifica legislativa introdotta dall’art. 10 comma 5 d.l. cit., occorreva tenere conto, al fine della verifica del requisito reddituale, anche del reddito del coniuge il quale - nel caso di specie - cumulato con quello della aspirante al beneficio determinava il superamento della soglia di legge. Per la cassazione della decisione ha proposto ricorso T.A. sulla base di un unico motivo. Il Comune di Gallipoli è rimasto intimato. L’INPS non ha svolto attività difensiva. Con l’unico motivo di ricorso parte ricorrente, deducendo violazione e falsa applicazione di norme di diritto, ha censurato la decisione per avere ritenuto che per il periodo antecedente alla modifica introdotta dall’art. 10 comma 5, d.l. numero 28.6.2013 conv. in legge numero 99 del 2013, occorresse, al fine della verifica del requisito reddituale prescritto per l’assegno di assistenza di cui all’art. 13 della legge numero 118 del 1971, considerare oltre al reddito dell’interessato anche quello dell’eventuale coniuge. Ha argomentato che il regime applicato dal giudice di secondo grado era proprio della pensione di inabilità ex art. 12 della legge numero 118 cit. mentre, per l’assegno di assistenza era pacifico, come ribadito dalla giurisprudenza di legittimità, che occorresse avere riguardo al solo reddito del richiedente. Preliminarmente il Collegio dovrà verificare la ritualità della notifica del ricorso per cassazione effettuata all’INPS - rimasto contumace in secondo grado - presso la sede di Lecce. Nel merito il ricorso è manifestamente fondato. Come ripetutamente affermato da questa Corte Cass. numero 16363 del 2002, numero 16311 del 2002, 12266 del 2003, 14126 del 2006, numero 13261 Cass. numero 5003 del 2011, ord. numero 19658 del 2012 , in pronunzie nelle quali veniva rimarcata la differenza tra pensione di inabilità e assegno di assistenza quanto al reddito da prendere in considerazione individuale. per l’assegno di assistenza e in cumulo con quello dell’eventuale coniuge per la pensione di inabilità per verificare il mancato superamento della soglia di legge per l’accesso alle suddette prestazioni, nel caso di assegno ex art. 13 della legge numero 118 del 1971 occorre fare riferimento al soli redditi individuali rilevanti ai fini IRPEF. Tale affermazione è stata fondata sul dato letterale dell’art. 14 septies comma 5 D.L. 30 dicembre 1979, numero 663, convertito con modificazioni dalla L. 29 febbraio 1980, numero 33 il quale il quale, nell’elevare i limiti di reddito anteriormente fissati dal D.L. numero 30 del 1974, artt. 6, 8 e 10 conv. in L. n 114 del 1974, ha previsto che il limite di reddito per il diritto all’assegno mensile in favore dei mutilati e degli invalidi civili, di cui agli articoli 13 e 17 della legge 30 marzo 1971, numero 118, e successive modificazioni ed integrazioni, è fissato in lire 1500.000 annui, calcolati agli effetti dell’IRPEF con esclusione del reddito percepito da altri componenti del nucleo familiare di cui il soggetto interessato fa parte e su quello di disposizioni successive art. 9 d.l. numero 791 del 1981 convertito con modificazioni dalla numero 54 del 1982 e dall’art. 12 della legge numero 412 del 1991 . In particolare questa Corte, con condivisibile recente pronunzia Cass. numero 5003 del 2011 , seguita da altre conformi v. tra queste ord. numero 19658 del 2012 , per il profilo che viene in rilievo nel presente giudizio, ha osservato che l’intervento attuato dal legislatore con l’art. 14 septies comma quinto cit., costituisce intervento inteso a riequilibrare le posizioni dei mutilati e invalidi civili, a seguito dell’innalzamento del limite reddituale previsto - ma esclusivamente per gli invalidi civili assoluti - dalla L. numero 29 del 1977. Significativo di tale intento è che per l’attribuzione dell’assegno è, bensì, preso a riferimento il solo reddito individuale dell’assistito, ma l’importo da non superare per la pensione di inabilità comma quarto corrisponde a più del doppio di quello stabilito per l’assegno L. 5.200.000 annue a fronte di L. 2.500.000 annue . In questa prospettiva è stato ritenuto che il comma 5 dell’art. 14 septies costituisse deroga all’orientamento generale della legislazione in tema di pensioni di invalidità e di pensione sociale, in base al quale il limite reddituale va determinato tenendosi conto del cumulo del reddito dei coniugi vedi Corte cost. sent numero 769 del 1988 e numero 75 del 1991 vedi anche Corte cost. numero 454 del 1992, in tema di insorgenza dello stato di invalidità dopo il compimento del 65^ anno e, di conseguenza, non esprimesse alcun principio generale con il quale dovrebbero essere coerenti disposizioni particolari. Si è quindi ribadito che la formulazione letterale della norma che fa menzione del solo assegno - fino a quel momento equiparato alla pensione di inabilità quanto alla regola del cumulo con i redditi del coniuge - non può che far concludere nel senso che la prestazione prevista per gli invalidi civili assoluti sia rimasta assoggettata a questa regola. Una conferma a livello sistematico della esistenza di una disciplina differenziata, quanto al requisito reddituale, per la pensione di inabilità e per l’assegno di assistenza, è stata ravvisata nella L. 30 dicembre 1991, numero 412, art. 12 da titolo requisiti mela nati delle prestazioni ai minorati civili nella quale la distinzione tra le due prestazioni continua ad essere mantenuta, disponendo la norma che con effetto dal 1 gennaio 1992 ai tini dell’accertamento, da parte del Ministero dell’Interno della condizione reddituale per la concessione delle pensioni assistenziali agli invalidi civili si applica il limite di reddito individuale stabilito per la pensione sociale, con esclusione, tuttavia, degli invalidi totali. Con riferimento alla sostituzione della L. numero 118 del 1971, art. 13 ad opera della L. numero 247 del 2007, art. 1, comma 35, disposizione non tenuta presente nelle citate decisioni di questa Corte , il quale, testualmente, stabilisce che agli invalidi civili di una compresa fra il diciottesimo e il sessantaquattresimo anno nei cui confronti sia accertata una riduzione della capacità lavorativa, nella misura pari o superiore al 74 per cento, che non svolgono attività lavorativa e per il tempo in cui tale condizione sussiste, è concesso a carico dello Stato ed erogato dall’INPS, un assegno mensile di Euro 242.84 per tredici mensilità, con le stesse condizioni e modalità previste per l’assegnazione della pensione di cui all’art. 12 , è stato osservato che si tratta, all’evidenza, di un intervento con il quale viene ripristinato il collegamento tra le due prestazioni assistenziali quanto alle condizioni comprese, quindi, quelle economiche richieste per la loro assegnazione. Ma il prendere a riferimento, a tal fine, le condizioni stabilite per l’assegnazione della pensione di cui all’art. 12 , determinare cioè una equiparazione che si vuole modulata sulla disciplina propria della prestazione prevista per gli invalidi civili assoluti, è di per se, indicativo del fatto che tale disciplina - anche per quanto riguarda le condizioni reddituali rilevanti - è diversa da quella nel frattempo dettata con la L. numero 33 del 1980, art. 14 septies, comma 5 per l’assegno mensile - non avendo senso, invero, una simile formulazione normativa ove le condizioni reddituali richieste per la pensione di inabilità fossero le stesse previste per l’assegno e,dunque, si dovesse dar rilevo al solo reddito personale dell’invalido, ancorché coniugato, piuttosto che al reddito di entrambi i coniugi Cass. numero 5003 del 2011 . In base quindi alle considerazioni in diritto che precedono, previa verifica della ritualità della notifica all’INPS, il ricorso dovrà essere accolto. Si chiede che il Presidente voglia fissare la data per l’Adunanza camerale. Ritiene questo Collegio, dato atto della rituale notifica all’INPS del ricorso per cassazione che le considerazioni svolte dal Relatore sono del tutto condivisibili siccome coerenti alla ormai consolidata giurisprudenza in materia. Ricorre con ogni evidenza il presupposto dell’art. 375, comma 1, numero 5 cod. proc. civ., per la definizione camerale. Il ricorso deve essere pertanto accolto con rinvio, anche ai fini del regolamento delle spese relative al presente giudizio, alla Corte di appello di Lecce in diversa composizione la quale procederà alla verifica del requisito reddituale in capo alla T. sulla base dei principi sopra richiamati. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità alla Corte d’appello di Lecce, in diversa composizione. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. numero 115 del 2002, dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a Solo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.