Previdenza degli enti pubblici creditizi: la disciplina è incostituzionale?

La questione di legittimità costituzionale dell’art. 18, comma 10, d.l. n. 98/2011, convertito, con modificazioni, nella l. n. 111/2011, recante l’interpretazione autentica dell’art. 3, comma 2, d.lgs. n. 357/1990, non è manifestamente infondata in relazione al difetto di una situazione di oggettiva incertezza, sussistendo in materia un orientamento giurisprudenziale in senso opposto a quello espresso dalla norma di interpretazione autentica.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione – sezione Lavoro, con ordinanza n. 7135, depositata il 12 aprile 2016. Il caso. La pronuncia in commento trae origine dal giudizio promosso dal Fondo pensioni per il personale della ex Cassa di Risparmio di Torino nei confronti dell’INPS, avente ad oggetto la condanna dell’istituto di previdenza alla rifusione, in favore del Fondo, della quota di pensione da questo erogata in forma capitalizzata all’atto del pensionamento dei soggetti interessati. I giudici di merito hanno accolto la domanda, ritenendo di dover dare continuità alla pronuncia della Corte di Cassazione n. 1093/2006, secondo cui la gestione speciale istituita presso I’INPS con d.lgs. n. 357/1990 recante disposizioni sulla previdenza degli enti pubblici creditizi è tenuta ad assumere a proprio carico la percentuale di cui all’allegata tabella, riferita al trattamento pensionistico complessivo, goduto dai pensionati con decorrenza anteriore all’entrata in vigore della legge n. 218/1990, compresa nel medesimo la quota di pensione già eventualmente erogata in forma capitale ai pensionati che l’avessero richiesta, secondo la facoltà statutariamente prevista. Secondo tale orientamento, il dato da considerare è, dunque, il trattamento complessivamente erogato” e, seppure non è menzionata esplicitamente l’eventuale erogazione anticipata, mediante capitalizzazione, di una quota di pensione, secondo la previsione statutaria del Fondo, non può negarsi che la stessa faccia parte del trattamento complessivo erogato. Il calcolo della quota a carico della gestione speciale deve tener conto anche della quota capitalizzata? Avverso la decisione di merito, ha presentato ricorso per cassazione I’INPS, deducendo l’erroneità dell’interpretazione accolta dalla Corte territoriale, assumendo che, in base alla formulazione letterale dell’art. 3, d.lgs. n. 357/1990, il calcolo della quota da porre a carico della gestione speciale doveva essere effettuato con riguardo all’importo della pensione corrente, ossia concretamente erogata in rendita, non comprensiva quindi della quota capitalizzata. Con successiva memoria ex art. 378 c.p.c., l’istituto di previdenza ha poi ribadito la correttezza di tale assunto, rilevando che, nelle more, è sopravvenuta la norma di interpretazione autentica di cui all’art. 18, comma 10, d.l. n. 98/2011, convertito, con modificazioni, nella l. n. 111/2011 recante Interventi in materia previdenziale” , secondo cui il comma 2 del citato art. 3 si interpreta nel senso che la quota a carico della gestione speciale dei trattamenti pensionistici in essere alla data di entrata in vigore della l. n. 218/1990, va determinata con esclusivo riferimento all’importo del trattamento pensionistico effettivamente corrisposto dal fondo di provenienza alla predetta data, con esclusione della quota eventualmente erogata ai pensionati in forma capitale. Di contro, il Fondo pensioni ha sollevato questione di legittimità costituzionale della norma di interpretazione autentica sotto un duplice profilo l’uno attinente alla violazione degli artt. 3, 24, comma 1, e 102 Cost., per essere la legge interpretativa intervenuta in assenza di contrasti ermeneutici tali da riflettere un’incertezza applicativa della norma originaria così imponendovi un significato mai ritenuto possibile l’altro attinente alla violazione degli artt. 24, comma 1, 102, e 117 Cost. nonché dell’art. 6 della Convenzione Europea per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo, per aver la legge interpretativa interferito con l’esercizio della funzione giudiziaria intervenendo nelle more ad attribuire alla norma originaria un significato funzionale alla soluzione del caso singolo. Interpretazione autentica in assenza di un contrasto giurisprudenziale i dubbi della Cassazione. La Suprema Corte, ritenendo che la norma censurata abbia natura interpretativa, con conseguente sua retroattività, ritiene rilevante la questione di legittimità costituzionale sollevata dal Fondo pensioni, atteso che l’eventuale declaratoria di illegittimità costituzionale comporterebbe il rigetto del ricorso proposto dall’INPS. La questione è, altresì, non manifestamente fondata. Il dubbio di legittimità emerge, sotto il primo profilo, in relazione al difetto di una situazione di oggettiva incertezza, sussistendo in materia un orientamento giurisprudenziale in senso opposto a quello espresso dalla norma di interpretazione autentica e fondato sul necessario riferimento sistematico ai criteri di delega nonché sulla generale prassi applicativa della norma conseguentemente, il legislatore avrebbe oltrepassato i limiti generali all’efficacia retroattiva delle leggi individuati dalla Corte Costituzionale a presidio di fondamentali valori di civiltà giuridica, a loro volta posti a tutela dei destinatari della norma e dello stesso ordinamento, tra i quali vanno ricompresi il rispetto del principio generale di ragionevolezza che ridonda nel divieto di introdurre ingiustificate disparità di trattamento , la tutela dell’affidamento legittimamente sorto nei soggetti quale principio connaturato allo stato di diritto, la coerenza e la certezza dell’ordinamento giuridico, il rispetto delle funzioni costituzionalmente riservate al potere giudiziario. Quanto al secondo profilo di illegittimità, parimenti il dubbio sussiste in relazione alla circostanza che l’ambito di efficacia soggettivo della norma risulta, di fatto, limitata al Fondo resistente sicché, difettando essa di portata generale ed essendo, quindi, mirata ad intervenire in senso modificativo sulla condizione giuridica dell’unico soggetto destinatario – per di più in concomitanza del contenzioso che oppone questo all’INPS ed al fine, espressamente dichiarato nella relazione di accompagnamento al progetto di legge presentato alla Camera dei deputati, di condizionare l’esito di quel contenzioso, sollevando l’istituto di previdenza dal relativo onere economico – la norma medesima viene ad interferire con le funzioni costituzionalmente riservate al potere giudiziario, in violazione del principio sancito dall’art. 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo, che vieta l’ingerenza del legislatore nell’amministrazione della giustizia per influenzare la soluzione di controversie particolari. La Cassazione, pertanto, rimette la questione alla Consulta.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, ordinanza interlocutoria 18 febbraio – 12 aprile 2016, n. 7135 Presidente Venuti – Relatore De Marinis Ritenuto in fatto Con sentenza del 1 febbraio 2010, la Corte d’Appello di Torino confermava la decisione resa dal Tribunale di Torino ed accoglieva la domanda proposta dal Fondo pensioni per il personale della ex Cassa di Risparmio di Torino - Banca CRT nei confronti dell’INPS, avente ad oggetto la condanna dell’Istituto alla rifusione in favore del Fondo della quota di pensione da questo erogata in forma capitalizzata all’atto del pensionamento dei soggetti interessati. La Corte territoriale, premesso che, a norma dell’art. 3, comma 2, del d.lgs. 20 novembre 1990 n. 357, la gestione speciale assume a proprio carico, per ciascun titolare di trattamento pensionistico in essere all’entrata in vigore della legge 30 luglio 1990 n. 218, la quota del trattamento stesso determinata secondo le misure percentuali indicate nella tabella allegata al presente decreto , riteneva di dover dare continuità alla pronuncia di questa Corte n. 1093 del 20 gennaio 2006, secondo cui La Gestione speciale istituita presso l’INPS con d.lgs. n. 357 del 1990 per i titolari di trattamenti pensionistici già a carico delle forme di assicurazione I.V.S. esclusive o esonerative, per i dipendenti da enti creditizi pubblici dei quali era prevista la trasformazione in società per azioni è tenuta ad assumere a proprio carico la percentuale di cui alla tabella allegata al d. lgs. n. 357 del 1990, riferita al trattamento pensionistico complessivo, goduto dai pensionati con decorrenza anteriore all’entrata in vigore della legge n. 218 del 1990, compresa nel medesimo la quota di pensione già eventualmente erogata in forma capitale ai pensionati che l’avessero richiesta, secondo la facoltà statutariamente prevista . Si è osservato con l’anzidetta pronuncia n. 1093/06, che la legge-delega del 30 luglio 1990 n. 218, art. 3, comma 3, lettera a , recante Disposizioni materia di ristrutturazione e integrazione patrimoniale degli istituti di credito di diritto pubblico dispone che Per il personale in quiescenza dovrà essere previsto che la quota di pensione di pertinenza della Gestione speciale dell’I.N.P.S., rispetto al trattamento complessivamente erogato, venga fissata mediante aliquote percentuali determinate secondo parametri medi di riferimento ”. Il dato da considerare è, dunque, il trattamento complessivamente erogato , e, seppure non è menzionata esplicitamente l’eventuale erogazione anticipata, mediante capitalizzazione, di una quota di pensione, secondo la previsione statutaria del Fondo, non può negarsi che la stessa faccia parte del trattamento complessivo erogato del resto, nel concetto di capitalizzazione è insito quello di attualizzazione contabile di una rendita futura corrispondente nel caso in esame ad un trattamento pensionistico il cui diritto è previsto come persistente per un tempo determinato secondo calcoli attuariali tale persistenza è infatti il presupposto indefettibile della capitalizzazione e della determinazione del suo ammontare , e, anche se, per la parte corrispondente al capitale percepito, il diritto del pensionato si estingue, ai fini contabili della ripartizione dell’onere pensionistico tra la Gestione speciale e il fondo,esso rientra certamente nella determinazione del trattamento complessivo erogato . In tal senso, ed in conformità al contenuto della legge-delega, doveva essere interpretata l’espressione trattamento pensionistico in essere adottata dal decreto legislativo n. 357/90 sopra citato. Per contro, la diversa interpretazione della norma, proposta dall’I.N.P.S. - secondo cui il riferimento operato dalla norma ai soli trattamenti di pensione in essere indicava chiaramente che il calcolo della quota da porre a carico della gestione speciale dovesse essere effettuato con riguardo all’importo della pensione corrente, ossia concretamente erogata in rendita, non comprensivo quindi della quota capitalizzata - comportava la violazione, da parte del decreto legislativo, dei criteri direttivi indicati dalla legge-delega ed esponeva la prima a censure di incostituzionalità in relazione agli artt. 76 e 77 Cost Per la cassazione della suddetta decisione della Corte territoriale ha proposto ricorso l’INPS, affidando l’impugnazione ad un unico motivo, cui il Fondo resisteva con controricorso. In prossimità dell’udienza le parti hanno depositato memorie ex art. 378 cod. proc Considerato in diritto Con l’unico motivo del ricorso, l’INPS, nel denunciare la violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della legge 30 luglio 1990 n. 218 e dell’art. 3 D. Lgs. 20 novembre 1990, n. 357, deduce l’erroneità dell’interpretazione accolta dalla Corte territoriale, assumendo che in base alla formulazione letterale di quest’ultima disposizione - secondo cui, in funzione della prevista trasformazione del Fondo in questione da sostitutivo in integrativo, l’INPS avrebbe dovuto assumere a suo carico per ciascun titolare una quota del trattamento pensionistico in essere all’entrata in vigore della legge n. 218/1990 - il calcolo della quota da porre a carico della gestione speciale doveva essere effettuato con riguardo all’importo della pensione corrente, ossia concretamente erogata in rendita, non comprensiva quindi della quota capitalizzata, da intendersi, del resto, ai sensi della previsione di cui all’art. 20 dello statuto del Fondo, quale oggetto di un autonomo diritto di credito destinato ad estinguersi all’atto dell’adempimento e, pertanto, insuscettibile di essere computata nella pensione ancora spettante in rendita. Con la memoria ex art. 378 cod. proc. civ., l’Istituto ribadisce la correttezza di tale assunto, rilevando che nelle more è sopravvenuta la norma di interpretazione autentica di cui all’art. 18, comma 10, del d.l. 6.7.2011, n. 98, convertito, con modificazioni, nella legge 15.7.2011, n. 111, recante Interventi in materia previdenziale , secondo cui L’articolo 3, comma 2, del decreto legislativo 20 novembre 1990, n. 357, si interpreta nel senso che la quota a carico della gestione speciale dei trattamenti pensionistici in essere alla data di entrata in vigore della legge 30 luglio 1990, n. 218, va determinata con esclusivo riferimento all’importo del trattamento pensionistico effettivamente corrisposto dal fondo di provenienza alla predetta data, con esclusione della quota eventualmente erogata ai pensionati in forma capitale . L’Istituto, sottolineando il carattere di norma di interpretazione autentica della disposizione anzidetta e la conseguente sua retroattività, ha quindi insistito per l’accoglimento del ricorso, mentre il Fondo pensioni ha sollevato questione di legittimità costituzionale sotto un duplice profilo, l’uno attinente alla violazione degli artt. 3, 24, comma 1, e 102 Cost., per essere la legge interpretativa intervenuta in assenza di contrasti ermeneutici tali da riflettere un’incertezza applicativa della norma originaria così imponendovi un significato mai ritenuto possibile, l’altro attinente alla violazione degli artt. 24, comma 1, 102, e 117 Cost. nonché dell’art. 6 della Convenzione Europea per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo, per aver la legge interpretativa interferito con l’esercizio della funzione giudiziaria intervenendo nelle more ad attribuire alla norma originaria un significato funzionale alla soluzione del caso singolo. Il Collegio, premesso che, alla stregua della chiara formulazione letterale della norma di cui all’art. 3, comma 2, D. Lgs. n. 357/90, deve essere riconosciuta alla stessa natura interpretativa, con conseguente sua retroattività, ritiene rilevante la questione di legittimità costituzionale sollevata dal Fondo pensioni resistente, atteso che, in base all’orientamento già espresso al riguardo da questa Corte con la richiamata pronunzia n. 1093/2006, resa in analoga fattispecie, la declaratoria di illegittimità costituzionale della norma di interpretazione autentica comporterebbe il rigetto del ricorso qui proposto dall’INPS, tenuto conto dell’assenza di altre decisioni di senso contrario e della coerenza del testo normativo con i criteri posti dalla legge-delega. I rilievi che precedono valgono a fondare il convincimento che il Collegio qui intende esprimere in ordine alla non manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale sollevata dal Fondo pensione resistente e ciò sotto entrambi i profili in relazione ai quali la stessa è formulata. Il dubbio di legittimità emerge, sotto il primo profilo, in relazione al difetto di una situazione di oggettiva incertezza, sussistendo in materia un orientamento giurisprudenziale in senso opposto a quello espresso dalla norma di interpretazione autentica e fondato sul necessario riferimento sistematico ai criteri di delega nonché sulla generale prassi applicativa della norma, orientamento tale da escludere che la stessa sia valsa ad asseverare una possibile variante di senso del testo originario della norma oggetto di interpretazione, con conseguente superamento dei limiti generali all’efficacia retroattiva delle leggi individuati dalla Corte costituzionale e da questa ritenuti a presidio di fondamentali valori di civiltà giuridica a loro volta posti a tutela dei destinatari della norma e dello stesso ordinamento, tra i quali vanno ricompresi il rispetto del principio generale di ragionevolezza, che ridonda nel divieto di introdurre ingiustificate disparità di trattamento, la tutela dell’affidamento legittimamente sorto nei soggetti quale principio connaturato allo stato di diritto, la coerenza e la certezza dell’ordinamento giuridico, il rispetto delle funzioni costituzionalmente riservate al potere giudiziario, da cui discende la dedotta violazione degli artt. 3, 24, comma 1, e 102 Cost Quanto al secondo dei dedotti profili di illegittimità, parimenti il dubbio sussiste in relazione alla circostanza che l’ambito di efficacia soggettivo della norma risulta di fatto limitata al Fondo resistente sicché, difettando essa di portata generale ed essendo, quindi, mirata ad intervenire in senso modificativo sulla condizione giuridica dell’unico soggetto destinatario, per di più in concomitanza del contenzioso che oppone questo all’INPS e al fine, espressamente dichiarato nella relazione di accompagnamento al progetto di legge presentato alla Camera dei Deputati la norma interpretativa è finalizzata ad evitare che, a causa del contenzioso in atto, si determini una maggiore spesa per l’ente previdenziale non considerata negli andamenti di finanza pubblica a normativa vigente , di condizionare l’esito di quel contenzioso sollevando l’Istituto dall’onere economico relativo, la norma medesima viene ad interferire con le funzioni costituzionalmente riservate al potere giudiziario in spregio al principio sancito dall’art. 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo, che vieta l’ingerenza del legislatore nell’amministrazione della giustizia per influenzare la soluzione di particolari controversie, integrando, pertanto, il dedotto contrasto con i parametri costituzionali di cui agli artt. 24, comma 1, 102 e 117 Cost., quest’ultimo in relazione all’art. 6 CEDU. P.Q.M. La Corte, visti gli artt. 134 della Costituzione e 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, dichiara rilevante e non manifestamente infondata, in relazione agli artt. 3, 24, comma 1, 102 e 117 della Costituzione, quest’ultimo in relazione all’art. 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo, resa esecutiva con legge di autorizzazione alla ratifica 4 agosto 1955, n. 848, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 18, comma 10, del d.l. 6.7.2011, n. 98, convertito, con modificazioni, nella legge 15.7.2011, n. 111, nei termini di cui in motivazione. Sospende il presente giudizio. Dispone che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza sia notificata alle parti del giudizio di cassazione, al pubblico ministero presso questa Corte ed al Presidente del Consiglio del Ministri. Dispone altresì che l’ordinanza venga comunicata dal cancelliere ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Ordina l’immediata trasmissione degli atti, comprensivi della documentazione attestante il perfezionamento delle prescritte notificazioni e comunicazioni, alla Corte costituzionale.