Rientra al lavoro dopo oltre un mese dall’intervento chirurgico, senza dare alcuna notizia: il datore di lavoro lo considera dimissionario

Il comportamento - interpretato alla luce dei principi di buona fede e correttezza di cui agli artt. 1175 e 1375 c.c. - del contraente titolare di una situazione creditoria o potestativa, che per lungo tempo trascuri di esercitarla e generi così un affidamento della controparte nell'abbandono della relativa pretesa, è idoneo come tale a determinare la perdita della medesima situazione soggettiva.

Ne consegue che l’inerzia del lavoratore il quale dopo l’intervento chirurgico al quale deduce di essere stato sottoposto, ha lasciato trascorrere un mese prima di rientrare al lavoro, senza inviare alla parte datoriale alcuna certificazione medica o comunicare alcuna notizia al riguardo costituisce comportamento atto a ingenerare nel datore di lavoro il ragionevole affidamento in ordine alla volontà del lavoratore di cessare dal rapporto di lavoro. Principio affermato dalla Corte di Cassazione, sezione Lavoro, con la sentenza n. 6900, pubblicata l’8 aprile 2016. Il caso domanda di accertamento di inefficacia di licenziamento intimato in forma orale. Un lavoratore chiedeva al Tribunale del lavoro l’accertamento dell’inefficacia del licenziamento intimatogli in forma orale. Il Tribunale accoglieva la domanda. Proposto appello da parte dell’azienda, la Corte riformava parzialmente la sentenza di primo grado, respingendo la domanda di inefficacia del licenziamento e condannando l’azienda al pagamento del T.F.R. maturato. Il lavoratore ricorreva in Cassazione. I principi di correttezza e buona fede. Ai fini della decisione della controversia in esame la Suprema Corte richiama i principi di diritto in materia di comportamento secondo buona fede e correttezza contrattuale, di cui agli artt. 1175 e 1375 c.c. Secondo tali principi il comportamento del contraente titolare di una situazione creditoria o potestativa, che per lungo tempo trascuri di esercitarla e generi così un affidamento della controparte nell'abbandono della relativa pretesa, è idoneo come tale a determinare la perdita della medesima situazione soggettiva. Effettuando anche una comparazione con ordinamenti di altri Stati quale quello tedesco , i giudici di legittimità osservano che già da tempo l’orientamento della Corte sul punto tende a dare rilevanza al comportamento del contraente titolare di una situazione creditoria o potestativa, che per lungo tempo trascuri di esercitarla e generi così un affidamento della controparte nell’abbandono della relativa pretesa, nel senso di ritenerlo idoneo a determinare la perdita della stessa situazione soggettiva. L’inerzia del lavoratore nel dare notizie di sé lo fa considerare dimissionario. Così richiamati i principi di diritto in materia di buona fede contrattuale, il Supremo Collegio afferma la correttezza della sentenza impugnata in sede di legittimità. Rilevante è infatti il comportamento inerte del lavoratore, il quale dopo essere stato sottoposto ad un intervento chirurgico o meglio così ebbe ad affermare ha lasciato trascorrere oltre un mese prima di rientrare al lavoro, senza inviare alcuna certificazione medica né comunicare, anche soltanto in forma orale, notizie in merito al proprio stato di salute. Così facendo ha ingenerato nel datore di lavoro il ragionevole affidamento in ordine alla propria volontà di non proseguire ulteriormente nel rapporto di lavoro. D’altra parte, la Corte di Cassazione ebbe modo di affermare in precedenti decisioni che nel caso in cui non sia prevista alcuna forma convenzionale per il recesso del lavoratore, un determinato comportamento da lui tenuto può essere tale da esternare esplicitamente, o da lasciar presumere secondo il principio dell'affidamento , una sua volontà di recedere dal rapporto di lavoro, restando incensurabile in sede di legittimità il relativo accertamento del giudice di merito, ove congruamente motivato. Il ricorso è stato così rigettato.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 16 dicembre 2015 - 8 aprile 2016, numero 6900 Presidente Stile – Relatore Lorito Svolgimento del processo La Corte di Appello di Roma, in parziale riforma della sentenza di primo grado, respingeva la domanda proposta da R.O. nei confronti della INCAL di B.P. e c. s.numero c. avente ad oggetto l'accertamento dell'inefficacia del licenziamento intimatogli oralmente in data 10/12/08, e condannava la società al pagamento del T.F.R. in aggiunta alle differenze retributive già liquidate in suo favore in prime cure. A fondamento del decisum argomentava - per quel che in questa sede rileva - che dal quadro istruttorio delineato era emerso che dopo l'intervento chirurgico al quale il lavoratore aveva dedotto di esser stato sottoposto, parte datoriale ne aveva atteso il rientro per circa un mese, senza ricevere notizie né certificazioni mediche attestanti il suo stato di salute, sicché aveva provveduto ad assumere altro personale per l'espletamento delle mansioni alle quali in precedenza esso era stato adibito. La Corte distrettuale interpretava i dati fattuali emersi alla stregua della attività istruttoria espletata, quale manifestazione di volontà del ricorrente di dismettere la propria posizione di lavoro, che aveva ingenerato - secondo i principi generali di correttezza e buona fede - un legittimo affidamento della parte datoriale circa il mancato ripristino del rapporto. Reputava, pertanto il rapporto consensualmente risolto. Avverso tale pronuncia R.O. ha proposto ricorso per cassazione sostenuto da tre motivi di censura illustrati da memoria ex articolo 378 c.p.c Parte intimata non ha svolto attività difensiva. Motivi della decisione 1. Con il primo motivo si denuncia violazione del principio di corrispondenza fra chiesto e pronunciato, sancito dall'articolo 112 c.p.c. non avendo alcuna delle parti sollevato una specifica eccezione in riferimento alla risoluzione del rapporto per mutuo consenso. 2. Con i1 secondo motivo è dedotta violazione o falsa applicazione dell'articolo 2697 c.c. Si lamenta che gli approdi ai quali è pervenuta la Corte territoriale siano in contrasto con i principi consolidati nella giurisprudenza di legittimità secondo cui l'assenza dal lavoro ingiustificata di per sé sola, non presenta il carattere della univocità tale da consentire di ravvisarvi la volontà di dimissioni, e l'indagine compiuta dal giudice di merito deve essere particolarmente rigorosa in considerazione della rilevanza dell'interesse oggetto della disposizione. 3. Il terzo mezzo di impugnazione attiene all'omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione fra le parti. Si critica la pronuncia impugnata per aver tralasciato di considerare che il rapporto inter partes non era regolarizzato sotto il profilo contributivo, sicchè anche la mancanza di prova relativa alla comunicazione e certificazione della malattia doveva essere riguardata sotto tale profilo. Le censure, il. cui esame congiunto è consentito dalla connessione che li connota, sono infondati. 4. Occorre premettere, per un ordinato iter motivazionale, che nel giudizio di impugnazione del licenziamento, nel caso in cui non sia prevista alcuna forma convenzionale per il recesso del lavoratore, un determinato comportamento da lui tenuto può essere tale da esternare esplicitamente, o da lasciar presumere secondo il principio dell'affidamento , una sua volontà di recedere dal rapporto di lavoro, restando incensurabile in sede di legittimità il relativo accertamento del giudice di merito, ove congruamente motivato, purchè l'indagine circa la sussistenza di dimissioni del lavoratore sia condotta in conformità a canoni di rigorosità, essendo in discussione beni giuridici primari, oggetto di particolare tutela da parte dell'ordinamento vedi Cass. 11-11-2010 numero 22901 . 5. Occorre altresì rimarcare che la prevalente giurisprudenza di questa Corte, circa la natura dell'eccezione di risoluzione del rapporto per mutuo consenso tacito, è nel senso che debba intendersi come eccezione in senso lato, in quanto rappresentante un fatto oggettivamente estintivo dei diritti nascenti dal contratto, che può essere accertato d'ufficio , v. Cass. 6-8-1997 numero 7270, Cass. 22-11-2006 numero 24802, Cass. 24 5-2007 numero 12075, Cass. 20-6-2012 ri. 10201, Cass. 17-3-2014 numero 61-25 . 6. Non possono tralasciarsi, inoltre gli approdi ai quali è pervenuta la giurisprudenza dì legittimità sul tema della interpretazione della condotta delle parti, nel cui contesto è stata conferita precipua rilevanza al principio dell'affidamento. E' stato infatti affermato che il comportamento - interpretato alla luce dei principi di buona fede e correttezza di cui agli artt. 1175 e 1375 cod. civ. - del contraente titolare di una situazione creditoria o potestativa, che perr lungo tempo trascuri di esercitarla e generi così un affidamento della controparte nell'abbandono della relativa pretesa, è idoneo come tale essendo irrilevante qualificarlo come rinuncia t.ac ita ovvero oggettivamente contrastante con gli anzidetti principi a determinare la perdita della medesima situazione soggettiva vedi Cass. 28-04-2009 numero 9924 . Dall'articolo 1175 c.c., che assoggetta il creditore alle regole della correttezza, e dall'articolo 1375 c.c., che impone alle parti di eseguire il contratto secondo buona fede, nonché dalla comparazione con ordinamenti prossimi al. nostro, la giurisprudenza di questa Corte da tempo valuta il comportamento del contraente titolare di una situazione creditoria o potestativa, che per lungo tempo trascuri di esercitarla e generi così un affidamento della controparte nell'abbandono della relativa pretesa, come idoneo a determinare la perdita della stessa situazione soggettiva. La dottrina tedesca parla in questi casi di Verwirkung come di una sorta di decadenza derivante dal divieto di venire contra factum proprium. Si ha così la preclusione di un'azione, o eccezione, o più generalmente di una situazione soggettiva di vantaggio, non per illiceità o comunque per ragioni di stretto diritto, ma a causa di un comportamento del titolare, prolungato, non conforme ad essa e perciò tale da portare a ritenere l'abbandono. Che poi di questo comportamento rilevi l'atteggiamento soggettivo di rinuncia tacita ovvero la valutazione oggettiva, resa dall'interprete, di non conformità alla correttezza o alla buona fede, tutto ciò non importa ai fini del risultato finale di perdita della situazione di vantaggio in questi termini, vedi in motivazione, Cass. cit. numero 9924/2009 e relativi riferimenti a Cass. 15-3-2003 numero 5240, 26-2-2004 numero 3861, 26-6-2008 numero 13549 secondo cui il ritardo nell'esercizio del diritto può portare, nell'insieme delle specifiche circostanze, a ravvisare una tacita rinuncia alla situazione giuridica di vantaggio di cui si è titolari . 7. Alla stregua di tali orientamenti appare corretta in diritto la sentenza impugnata che ha ritenuto rilevante l'inerzia del lavoratore il quale, dopo l'intervento chirurgico al quale deduce di esser stato sottoposta, ha lasciato trascorrere un mese prima di rientrare al lavoro, senza inviare alla parte datoriale alcuna certificazione sanitaria concernente le proprie condizioni fisiche, né comunicare oralmente alcuna notizia al riguardo, in tal guisa ingenerando nel datore di lavoro, un ragionevole affidamento in ordine alla volontà del dipendente di non dare seguito al rapporto. 8. Gli approdi ad quali è pervenuta la Corte territoriale appaiono altresì sorretti da un tessuto argomentativo che resiste anche alla terza censura, modulata in relazione all'articolo 360 comma primo numero 5 c.p.c. nel testo novellato ex lege numero 134/2012, in base al quale l'anomalia motivazionale denunciabile in sede dì legittimità è solo quella che si tramuta in violazione dì legge costituzionalmente rilevante e attiene all'esistenza della motivazione in sè, come risulta dal testo della sentenza e prescindendo dal confronto con le risultanze processuali, e si esaurisce, con esclusione di alcuna rilevanza del difetto di sufficienza , nella mancanza assoluta di motivi sotto l'aspetto materiale e grafico , nella motivazione apparente , nel contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili , nella motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile . Come questa Corte ha avuto modo di rimarcare vedi Cass. S.U. numero 8054 del 2014 il nuovo testo della disposizione introduce nell'ordinamento un vizio specifico che concerne l'omesso esame di un fatto storica, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuaali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo vale a dire che se esaminato avrebbe determinato un esito diverso della controversia con la precisazione che l'omesso esame di elementi istruttori non integra di per se vizio di omesso esame di un fatto decisivo, se il fatto storico rilevante in causa sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, benché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze istruttorie. 9. Nello specifico la motivazione, fondata sulla accurata disamina delle deposizioni testimoniali raccolte, si presenta completa alla luce dei canoni innanzi descritti, interpretando il fatto storico rilevante in causa con motivazione perfettamente comprensibile ed in equilibrio fra le sue componenti, che sottrae, pertanto, alle censure all'esame. In definitiva il ricorso è respinto. Nessuna statuizione va emessa in ordine alle spese del presente giudizio, non avendo l'intimata svolto attività difensiva. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese. Ai sensi dell'articolo 13 comma 1 quater del d.p.r. numero 115 del 2002, già atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.