Obiettivi commerciali non raggiunti, responsabile delle vendite messo alla porta: abuso dell’azienda

Confermata la condanna oltre 100mila euro a titolo di indennità supplementare per l’ex dirigente. All’uomo è stato attribuito dalla società il mancato raggiungimento degli obiettivi commerciali fissati al momento della sua assunzione. Illogico parlare di licenziamento per giusta causa. Evidente la violazione compiuta dall’azienda col mancato rispetto delle garanzie procedimentali previste dallo ‘Statuto dei lavoratori’.

Numeri impietosi, secondo l’azienda. Non raggiunti, difatti, gli obiettivi commerciali previsti sulla carta. Consequenziale, in questa ottica, l’allontanamento del dirigente responsabile delle vendite. Forzata la risoluzione del rapporto di lavoro, realizzata senza rispettare le garanzie procedimentali” previste dallo ‘Statuto dei lavoratori’. Consequenziale l’indennità supplementare per il dipendente Cassazione, sentenza n. 5778/16, sezione Lavoro, depositata il 23 marzo . Vendite. Grossa soddisfazione economica per l’oramai ex dirigente. Azienda – che opera sia in ambito nazionale che europeo – condannata a versare all’uomo, inquadrato quale responsabile delle vendite , ben 108mila e 330 euro a titolo di indennità supplementare , come da contratto. Per i giudici d’appello, in sostanza, la decisione della società, cioè l’allontanamento del dipendente, è catalogabile come licenziamento senza giusta causa . Evidente, sempre secondo i giudici, la violazione delle garanzie procedimentali previste dallo ‘Statuto dei lavoratori’, a fronte di un provvedimento aziendale deciso per il mancato raggiungimento degli obiettivi commerciali che avevano motivato l’ assunzione del dirigente . Licenziamento. Secondo i legali dell’azienda, però, il licenziamento era stato basato su ragioni di carattere oggettivo . Rilievo decisivo, in questa ottica, ai fini della risoluzione del rapporto di lavoro , il mancato raggiungimento di predeterminati risultati minimi di produttività . Chiaro l’obiettivo della difesa dimostrare che il provvedimento è stato legittimo , soprattutto perché l’uomo aveva la qualifica di dirigente con mansioni di responsabile delle vendite . E per dar ancora più forza a questa tesi i legali sottolineano che le garanzie procedimentali previste dallo ‘Statuto dei lavoratori’ sono applicabili ai dirigenti solo per le ipotesi di licenziamenti ontologicamente disciplinari, ovvero per quelli nei quali il datore di lavoro contesta al lavoratore una violazione di natura soggettiva . Ogni obiezione, però, si rivela inutile. Per i Giudici della Cassazione, difatti, è evidente la natura disciplinare del licenziamento deciso dall’azienda nei confronti del dirigente e non caratterizzato da giusta causa . Non discutibile il fatto che l’allontanamento del lavoratore sia stato provocato da mancanza di fiducia personale , collegabile al mancato raggiungimento degli obiettivi commerciali previsti all’atto dell’assunzione . L’ ex dirigente è stato ritenuto incapace di assolvere i compiti di responsabilità correlati al suo ruolo . Ma, aggiungono i Giudici, il mancato raggiungimento di obiettivi commerciali predeterminati non può assurgere ad un fatto oggettivo , essendo invece conseguenza di un preciso inadempimento contestato dall’azienda al dirigente . Tutto ciò consente di ritenere obbligatorio il rispetto delle regole procedimentali previste nello ‘Statuto dei lavoratori’, e invece violate, in questo caso, dall’azienda, nonostante il licenziamento del dirigente, motivato da una sua condotta manchevole dovesse essere considerato di natura disciplinare . Per la società, quindi, la condotta del dipendente era idonea a far venire meno il vincolo societario . Di conseguenza, non essendo state rispettate le garanzie procedimentali previste, è da confermare la corposa indennità all’ ex dirigente.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 17 dicembre 2015 – 23 marzo 2016, n. 5778 Presidente Venuti – Relatore Berrino Svolgimento del processo Con sentenza dell'11 - 18.10.2012 la Corte d'appello di Brescia, in parziale riforma della sentenza n. 199/2011 del Tribunale di Mantova impugnata da M. A., ha condannato la Alsafil s.p.a, a pagare a quest'ultimo la somma di € 108.330,00 a titolo di indennità supplementare ex art. 19 del CCNL Dirigenti Aziende Industriali, oltre accessori di legge, mentre ha respinto l'appello incidentale della società volto alla rifusione delle spese. II primo giudice aveva ritenuto che al licenziamento dei predetto dirigente non fosse applicabile la garanzia procedimentale di cui all'art. 7 dello Statuto dei lavoratori e gli aveva riconosciuto solo il diritto a percepire l'indennità sostitutiva del preavviso e a vedersi riconosciuta l'incidenza di tale emolumento sul T.F.R. Al contrario la Corte territoriale ha ritenuto che il licenziamento, intimato per il lamentato mancato raggiungimento degli obiettivi commerciali costituenti la ragione dell'assunzione, era stato adottato senza le predette garanzie procedimentali, per cui trovavano applicazione le conseguenze economiche fissate dalla contrattazione collettiva di categoria per il licenziamento senza giusta causa, tra le quali la suddetta indennità supplementare, mentre il capo di condanna concernente il pagamento del preavviso era passato in giudicato. Per la cassazione della sentenza propone ricorso la società Alsafil s.p.a. con due motivi, illustrati da memoria ai sensi dell'art. 378 c.p.c. Resiste con controricorso A.M Motivi della decisione 1. Col primo motivo, dedotto per violazione o falsa applicazione dell'art. 7 della legge n. 300/70 e degli artt. 3, 10 e 19 dei CCNL per i dirigenti di aziende industriali del 25.11.2009, la ricorrente sostiene che il licenziamento in esame era basato su ragioni di carattere oggettivo avendo assunto rilievo decisivo ed unico, ai fini della risoluzione dei rapporto, il mancato raggiungimento di predeterminati risultati minimi di produttività, per cui lo stesso era pienamente legittimo, vista la qualifica di dirigente con mansioni di responsabile della vendita rivestita dal M. e considerato, altresì, che le garanzie procedimentali di cui all'art. 7 dello statuto dei lavoratori sono applicabili ai dirigenti solo per le ipotesi di licenziamenti ontologicamente disciplinari, ovvero per quelli nei quali il datore di lavoro contesta al lavoratore una violazione di natura soggettiva. TI motivo è infondato in quanto l'assunto difensivo è contraddetto dal fatto che la Corte d'appello di Brescia ha evidenziato, con motivazione congrua ed esente da rilievi di legittimità, che era indubbio che il licenziamento era stato intimato per mancanza di fiducia personale verso il dirigente, per non avere il medesimo assicurato il raggiungimento degli obiettivi previsti all'atto dell'assunzione, mostrandosi, in tal modo, incapace di assolvere i compiti di responsabilità correlati al suo ruolo. Quindi, contrariamente a quanto asserito in maniera infondata dalla ricorrente, il mancato raggiungimento di obiettivi commerciali predeterminati non poteva assurgere ad un fatto oggettivo, essendo, invece, una conseguenza di un preciso inadempimento contestato al dirigente che, secondo la stessa datrice di lavoro, se ne era reso responsabile. Ne conseguiva, secondo la Corte d'appello, che non poteva porsi alcun dubbio sulla necessità dei rispetto delle regole procedimentali di cui all'art. 7 della legge n. 30011970 che, invece, nella fattispecie erano state violate. Si è, infatti, statuito Cass, sez. lav. n. 18270 del 30/7/2013 che il licenziamento del dirigente, motivato da una condotta colposa o comunque manchevole, deve essere considerato di natura disciplinare, indipendentemente dalla sua inclusione o meno tra le misure disciplinari previste dallo specifico regime dei rapporto, sicché deve essere assoggettato alle garanzie dettate a tutela del lavoratore circa la contestazione degli addebiti e il diritto di difesa. conf. a Cass. sez. lav. n. 14326 dei 9.8.2012 v. altresì Cass. sez. lav. n. 2553 dei 10.2.2015 2. Coi secondo motivo il ricorrente denunzia la falsa applicazione dell'art. 23 del CCNL dei dirigenti di aziende industriali del 25.11.2009, degli artt. 2118 e 2119 cod. civ. e dell'art. 7 della legge n. 300 del 20.5.1970, in quanto contesta l'affermazione della Corte di merito secondo la quale la natura disciplinare del licenziamento era palese in considerazione del fatto che il datore di lavoro non aveva riconosciuto il diritto al preavviso, assumendo che non poteva qualificarsi come disciplinare un licenziamento per il solo fatto di essere stato intimato senza il rispetto del preavviso. Tale motivo è infondato in quanto non è vero che la Corte territoriale ha ricavato la natura disciplinare del licenziamento dal mancato pagamento del preavviso, il cui capo di condanna era, tra l'altro, coperto da giudicato. Infatti, la ratio decidendi riposa, al riguardo, sulla lettura testuale della motivazione adottata dalla datrice di lavoro per la giustificazione dell'atto di recesso e sulla evidenziazione dei rilevato venir meno del rapporto fiduciario per il mancato raggiungimento degli obiettivi commerciali che avevano costituito la ragione stessa dell'assunzione, per cui ciò che aveva avuto rilievo per il giudice di merito era il fatto stesso dell'inadempimento del dirigente nei termini sopra precisati. In realtà, il riferimento al licenziamento senza preavviso è stato adoperato dalla Corte territoriale solo a conferma dei convincimento sul carattere soggettivo del recesso, basato su una condotta del dirigente Idonea, secondo la parte datoriale, a far venir meno il vincolo fiduciario. Ne consegue che la contestata argomentazione aggiuntiva non inficia la validità della ragione principale della individuata natura disciplinare del licenziamento. II ricorso va, pertanto, rigettato. Le spese di lite del presente giudizio seguono la soccombenza della ricorrente e vanno liquidate a suo carico come da dispositivo, unitamente al contributo unificato di cui all'art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio nella misura di € 4000,00 per compensi professionali e di € 100,00 per esborsi, oltre accessori di legge. Ai sensi dell'art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.