Spetta alla PA l’esatto inquadramento e la concreta disciplina del rapporto di lavoro dei dipendenti trasferiti da altro ente

In tema di mobilità del personale con riferimento al trasferimento del lavoratore dall’Ente Poste Italiane ad una Amministrazione pubblica, presso la quale si trovava già in posizione di comando, compete all’ente di destinazione l’esatto inquadramento e la concreta disciplina del rapporto di lavoro dei dipendenti trasferiti, dovendosi ritenere non estensibile la tabella di equiparazione allegata al D.M. 10 luglio 1997, relativa ai dipendenti trasferiti presso il Ministero delle Poste, la cui applicazione comporterebbe l’espropriazione, in danno dell’ente, dello specifico potere di gestione del rapporto nella fase dell’inquadramento professionale, in deroga al principio generale che attribuisce tale potere al datore di lavoro pubblico nell’ambito delle specifiche previsioni di legge e dei contratti collettivi.

Ad affermarlo è la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 4088 del 2 marzo 2016. Il caso . La Corte d’Appello di Bari ha confermato la sentenza di rigetto della domanda di un dipendente delle Poste Italiane, trasferito su sua richiesta alla Corte dei Conti, volta ad ottenere un diverso inquadramento in applicazione del D.M. 10 luglio 1997. La Corte territoriale ha confermato l’inapplicabilità del D.M. 10 luglio 1997 in quanto, secondo un’interpretazione letterale e logico sistematica, tale D.M. disciplinava esclusivamente il transito del personale ex Amministrazione delle Poste Italiane al Ministero delle Poste e Telecomunicazioni, né era ammissibile una sua applicazione analogica atteso che il comando del personale ex Amministrazione delle Poste Italiane presso altre amministrazioni era regolato da specifiche disposizioni normative. La Corte territoriale ha poi affermato la correttezza dell’inquadramento del ricorrente, rilevando la sostanziale sovrapponibilità delle declaratorie dell’inquadramento di provenienza e della qualifica da ultimo attribuita. Il potere di inquadramento della PA . La Suprema Corte, richiamando un proprio consolidato orientamento, ha affermato che nel trasferimento di un lavoratore dall’ente Poste Italiane ad una pubblica Amministrazione compete all’ente di destinazione l’esatto inquadramento e la concreta disciplina del rapporto di lavoro dei dipendenti trasferiti. Non è estensibile il D.M. 10 luglio 1997 a tale fattispecie in quanto la sua applicazione comporterebbe l’espropriazione, in danno dell’ente, dello specifico potere di gestione del rapporto nella fase di inquadramento professionale. Sostanziale uniformità delle declaratorie. Con riferimento all’inquadramento del lavoratore da parte della pubblica Amministrazione di destinazione, la Suprema Corte ha precisato che il trasferimento, su domanda del lavoratore, ad una diversa amministrazione, presso la quale il dipendente prestava attività in posizione di fuori ruolo o di comando al momento della trasformazione, determina la continuazione del rapporto di lavoro con l’amministrazione di destinazione, verificandosi un fenomeno di mera modificazione soggettiva nel lato datoriale del rapporto medesimo. Ne consegue l’inquadramento del dipendente sulla base della posizione già posseduta nella precedente fase del rapporto, che va individuato in quello maggiormente corrispondente nell’ambito della disciplina legale e contrattuale applicabile nell’ente ad quem . La Corte di Cassazione ha altresì osservato che al fine di contestare la correttezza dell’inquadramento attribuito dall’Amministrazione di destinazione, non è necessario che il lavoratore deduca specifici vizi dell’atto amministrativo per ottenerne la disapplicazione in senso tecnico, essendo sufficiente la deduzione dell’erroneità dell’inquadramento in relazione alla posizione ricoperta nella precedente fase del rapporto di lavoro ed alla corretta individuazione della posizione corrispondente secondo la disciplina applicabile nell’ambito dell’amministrazione di destinazione. Ciò posto, la Corte di Cassazione ha ritenuto che la Corte territoriale ha correttamente posto a raffronto le declaratorie, concludendo per la sostanziale sovrapponibilità tra le stesse ed escludendo diversità di funzioni.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza, depositata 17 dicembre 2015 - 2 marzo 2016, n. 4088 Presidente Macioce – Relatore D’Antonio Svolgimento del processo La Corte d'appello di Bari ha confermato la sentenza del Tribunale di rigetto della domanda di R.C., dipendente dal 1984 della Amministrazione delle Poste inquadrato in VI categoria dell'allora vigente classificazione dei personale , comandato dal novembre 1994 alla Corte dei Conti ed inquadrato con dpcm del 16/10/2001 nei ruoli della Corte dei Conti in area B posizione economica B3 , domanda volta all'inquadramento dal 16/10/2001 in area C, posizione C1, dei CCNL per i dipendenti dei Ministeri in applicazione DM 10/7/97. La Corte territoriale ha confermato l'inapplicabilità dei DM 10/7/1997 in quanto secondo un'interpretazione letterale e logico sistematica, tale DM disciplinava esclusivamente il transito del personale ex Amministrazione delle PPTT al Ministero delle Poste e Telecomunicazioni , né era ammissibile una sua applicazione analogica atteso che il comando del personale ex Amministrazione PPTT presso altre amministrazioni era regolato da specifiche disposizioni normative . La Corte territoriale ha affermato poi la correttezza dell'inquadramento del ricorrente, effettuata con dpcm del 28/3/2001 nella VI qualifica, rilevando la sostanziale sovrapponibilità della declaratoria della VI qualifica ricoperta nell'amministrazione di provenienza e la VI dei personale dello stato. Ha poi rilevato che a seguito del CCNL Ministeri del 1998/2001 e la riclassificazione dei personale in tre aree il ricorrente, appartenente alla ex 6° qualifica funzionale, era stato inquadrato nell'area professionale B dove erano confluiti i livelli dal IV al VI , posizione B3. Infine la Corte d'appello ha rilevato che le mansioni di fatto svolte non erano state adeguatamente indicate e che il giudizio non offriva elementi per procedere ad una comparazione tra le mansioni di fatto e le declaratorie ai fini della valutazione in concreto della correttezza dell'inquadramento . Avverso la sentenza ricorre il C. con due motivi . La Corte dei Conti ha rilasciato delega per la partecipazione all'udienza , alla quale peraltro, non è comparsa . Motivi della decisione Con il primo motivo il ricorrente denuncia vizio di motivazione e violazione dell'art 12 preleggi . Censura l'affermata inapplicabilità del DM 10/7/1997. Osserva che la Corte d'appello ha omesso di motivare su un fatto decisivo della controversia cioè l'applicabilità ìn via analogica del citato DM. Deduce infatti che il DM dei 1997 disciplina il transito dall'Amministrazione delle Poste nei ruoli del Ministero delle Poste e che la fattispecie era identica a quella dei ricorrente transitato dall'Amministrazione Postale alla Corte dei Conti il cui personale era inquadrato nel comparto ministeri non vi erano ragioni per non applicare in via analogica il DM citato . Censura l'affermazione della Corte secondo cui non sussisterebbe la necessità di un'interpretazione analogica del DM dato che il comando del personale ex Amministrazione PPTT presso altre pubbliche amministrazioni statali era regolato da specifiche disposizioni normative art 53 , comma 10, L n 449/1997 art 45 , comma 10, L n 44811998 art 51 L n 338/2000 . Con il secondo motivo il ricorrente denuncia vizio di motivazione . Censura l'affermazione della Corte secondo cui sarebbe corretto l'inquadramento nella posizione B3 disposto con DPCM del 28/3/2001 rigettando il secondo motivo d'appello con cui l'appellante denunciava, invece, l' illegittimità dell'inquadramento spettante ai dipendente dell'ex Amministrazione Postale già appartenente alla 6° qualifica funzionale secondo il previgente sistema pubblicistico di classificazione in conseguenza dei passaggio ad altra amministrazione pubblica . I motivi , congiuntamente esaminati stante la loro connessione sono infondati . La Corte territoriale si è uniformata aì principi già espressi da questa Corte cfr Cass10933/2011, n 12250/2015 secondo cui il criterio di riferimento per valutare l'esatto inquadramento non può essere il D.M. 10 luglio 1997. II D.L. n. 487 del 1993, art. 6, comma 2, cony. in L. n. 71 dei 1994, nello stabilire che una parte dei personale dell'Amministrazione Postale sarebbe transitato nei ruoli del Ministero delle Poste e Telecomunicazioni, rinviò ad una apposita decretazione ministeriale il compito di stabilire un quadro di equiparazione fra qualifiche funzionali dell'Amministrazione postale ed i profili professionali del D.P.R. n. 1219 del 1984 venne così emanato il D.M. 10 luglio 1997. Tuttavia, tale decreto ministeriale non trova applicazione nella specie. Deve affermarsi, infatti, cfr Cass. n. 10933 dei 2011 che , in tema di mobilità dei personale, con riferimento al trasferimento del lavoratore dipendente dell'Ente Poste Italiane ad una Amministrazione pubblica nella specie, alla Corte dei Conti , presso la quale si trovava già in posizione di comando, compete all'ente di destinazione l'esatto inquadramento e la concreta disciplina dei rapporto di lavoro dei dipendenti trasferiti, dovendosi ritenere non estensibile la tabella di equiparazione allegata al D.M. 10 luglio 1997, relativa ai dipendenti trasferiti presso il Ministero delle Poste, la cui applicazione comporterebbe l'espropriazione, in danno dell'ente, dello specifico potere di gestione del rapporto nella fase dell'inquadramento professionale, in deroga al principio generale che tale potere attribuisce al datore di lavoro pubblico nell'ambito delle specifiche previsioni di legge e dei contratti collettivi . Per quanto attiene alle doglianze circa l'illegittimità dell'inquadramento nella posizione B3 e con riferimento al carattere vincolante o meno dei D.P.C.M. dei 28/3/2001 con il quale il lavoratore fu inquadrato nei ruoli della Corte dei Conti , deve richiamarsi la giurisprudenza di questa Corte v. Sezioni unite, sentenza n. 503/2011 Cass. nn. 17764 e 18416 del 2014 che ha affermato ---che, il trasferimento, su domanda del lavoratore, già dipendente dell'Amministrazione delle Poste e delle Telecomunicazioni poi trasformata in ente pubblico economico e poi in S.p.A. ad una diversa amministrazione, presso la quale il medesimo prestava attività, in posizione di fuori ruolo o di comando al momento della trasformazione, determina la continuazione del rapporto di lavoro con l'amministrazione di destinazione, verificandosi un fenomeno di mera modificazione soggettiva nel lato datoriale del rapporto medesimo. Ne consegue l'inquadramento del dipendente sulla base della posizione già posseduta nella precedente fase del rapporto, che va individuato in quello maggiormente corrispondente - nell'ambito della disciplina legale e contrattuale applicabile nell'ente ad quem - a quello in essere presso l'ente di provenienza --- che, su tali profili, non può operare autoritativamente la Presidenza dei Consiglio dei Ministri con D.P.C.M., atto avente natura amministrativa in quanto proveniente da una autorità esterna al rapporto di lavoro , che non assolve la funzione di determinare la concreta disciplina del rapporto di lavoro mancando un fondamento normativo all'esercizio di un siffatto potere , ma ha l'unico scopo di dare attuazione alla mobilità volontaria tra pubbliche amministrazioni come previsto dalla L. n. 273 del 1995, art. 4 che attribuì alla Presidenza del Consiglio dei Ministri il solo compito di operare il trasferimento -- che, conseguentemente, ai fine di contestare la correttezza dell'inquadramento attribuito dall'Amministrazione di destinazione, non è necessario che il lavoratore deduca specifici vizi dell'atto amministrativo per ottenerne la disapplicazione in senso tecnico, essendo sufficiente la deduzione della erroneità dell'inquadramento in relazione alla posizione ricoperta nella precedente fase del rapporto di lavoro ed alla corretta individuazione della posizione corrispondente secondo la disciplina applicabile nell'ambito dell'amministrazione di destinazione. Pur applicando detti principi alla fattispecie in esame le censure non possono trovare accoglimento . La Corte territoriale ha posto a raffronto la declaratoria della VI qualifica funzionale dei personale dello stato e la VI qualifica ricoperta dal lavoratore nell'amministrazione di provenienza concludendo per la sostanziale sovrapponibilità tra le due declaratorie ed escludendo una diversità di funzioni in quanto superiori, nell'ente di provenienza e dunque la correttezza del DPCM del 28/3/2001 . In particolare, l'esame delle declaratorie relative ai due ordinamenti , consente di ritenere corretta l'interpretazione della normativa come effettuata dalla Corte territoriale secondo cui si è in presenza di profili di professionalità - possesso di conoscenze professionali specifiche , l'autonomia di disimpegno , le funzioni di indirizzo -direzione e coordinamento di unità operative di minore entità , la responsabilità dei risultati delle attività svolte anche dalle unità ' sott'ordinate - sostanzialmente omogenei ed equivalenti . A rilievo dei ricorrente secondo cui nelle mansioni ministeriali non erano comprese le attività di direzione , controllo e qualificata collaborazione riscontrabili nel VI livello dei postali , non colgono quanto, invece, evidenziato dalla Corte in aderenza ai contenuto delle declaratorie , e che cioè in entrambe le citate declaratorie era menzionata la funzione di indirizzo e coordinamento di unità operative . Infine prive di rilievo sono le censure che attengono alla parte della sentenza che ha rigettato la domanda anche con riferimento alle mansioni di fatto svolte dal lavoratore . Il ricorrente afferma di non essersi sottratto all'allegazione delle concrete mansioni svolte ed ha richiamato i documenti da 11 a 15 del fascicolo di primo grado da cui a suo dire sarebbe emerso il suo diritto al superiore inquadramento . A riguardo il ricorso difetta di autosufficienza avendo il ricorrente riportato soltanto il contenuto dell'ordine di servizio del 26/10/1998 doc 11 ed in parte di un protocollo di intesa firmato dalle RSU e da un rappresentante della Corte dei Conti doc n 15 . La Corte d'appello ha esaminato detta documentazione ed ha escluso che il giudizio offrisse elementi fattuali per procedere ad una comparazione tra le mansioni di fatto svolte dal lavoratore e le declaratorie delineate dalla contrattazione collettiva di riferimento ai fini della valutazione della correttezza in concreto dell'inquadramento . Tale affermazione della Corte non risulta censurata attraverso idonea esposizione del contenuto dei ricorso introduttivo, delle allegazioni ivi contenute e della prova che si era offerta di fornire al fine di dimostrare l'erroneità della sentenza che non aveva esaminato gli elementi probatori offerti i quali, invece , avrebbero condotto, senza dubbio ove valutati dalla Corte d'appello , all'accoglimento della domanda . Per le considerazioni che precedono il ricorso deve essere rigettato. Nulla per spese poiché la Corte dei Conti dopo essersi costituita al solo fine di partecipare all'udienza di discussione non vi è comparsa . P.Q.M. Rigetta il ricorso, nulla per spese.