Rilevazione in tempo reale delle operazioni allo sportello: a rischio la privacy dei dipendenti

Censurata la condotta di ‘Poste Italiane’ che ha provveduto all’installazione prima e all’attivazione poi del ‘giornale di fondo’, senza però prima confrontarsi con i sindacati. Tecnologia finalizzata alle esigenze aziendali, ma che si tramuta in un invasivo sistema di controllo dell’operato dei lavoratori addetti allo sportello.

Sistema informatico nell’ufficio postale per la rilevazione automatica e in tempo reale delle operazioni di sportello. Tutto legittimo, almeno sulla carta. In pratica, però, è a rischio la privacy dei dipendenti. Ciò consente di ritenere non corretta la condotta dell’azienda, che non ha provveduto a un confronto con i sindacati prima della installazione dell’apparecchiatura Cassazione, sentenza n. 2531/2016, Sezione Lavoro, depositata oggi . ‘Giornale di fondo’. Sia in Tribunale che in Corte d’appello è stato censurato l’operato di ‘Poste’. Illegittima e antisindacale l’ installazione , presso una filiale in un paesino lombardo, di un sistema informatico per la rilevazione automatica, in tempo reale, delle operazioni di sportello . Prima di far partire il cosiddetto ‘giornale di fondo’, sarebbe stato necessario, ad avviso dei giudici, un confronto con le organizzazioni sindacali. Corrette, in sostanza, le contestazioni mosse da Slp Cisl, Slc Cgil e Uil Post nei confronti dell’azienda. Contestazioni centrate su una possibile violazione della privacy dei dipendenti operativi agli sportelli. Su quest’ultimo punto, in particolare, i giudici di merito evidenziano che il responsabile dell’ufficio poteva, in qualsiasi momento e in tempo reale, visualizzare sul suo personal computer le operazioni che venivano eseguite agli sportelli e seguirle a video e, quindi, poteva controllare, minuto per minuto, l’attività prestata da ogni singolo addetto allo sportello e il suo rendimento, le incertezze nell’eseguire le operazioni e i tempi di esecuzione . Ci si trova di fronte a un sistema adottato per soddisfare le esigenze aziendali ma che, sottolineano i giudici, consentiva anche il controllo a distanza dei lavoratori . Controllo sui dipendenti. Nodo gordiano, quindi, è la presunta necessità di una consultazione coi sindacati, prima di dare il via all’operatività del cosiddetto ‘giornale di fondo’. E anche per i giudici della Cassazione la linea seguita da ‘Poste’ non è condivisibile. Sia chiaro, è plausibile la scelta di ricorrere a un sistema informatico per la rilevazione delle operazioni di sportello . Ciò che però stona è la possibilità, per il responsabile dell’ufficio , di visualizzare in tempo reale le operazioni del dipendente . Appare evidente, spiegano dal ‘Palazzaccio’ concordando con i giudici di merito, che ci si trova di fronte a un sistema adottato per soddisfare esigenze aziendali ma che consente anche il controllo a distanza dei lavoratori addetti allo sportello . Proprio per questo salta agli occhi l’errore compiuto da ‘Poste’, che avrebbe dovuto provvedere a una consultazione ad hoc coi sindacati. Soprattutto tenendo presente che la vigilanza sul lavoro, ancorché necessaria nell’organizzazione produttiva, va mantenuta in una dimensione umana, e cioè non esasperata dall’uso di tecnologie che possono rendere la vigilanza continua e anelastica, eliminando ogni zona di riservatezza e di autonomia nello svolgimento del lavoro . Tutto ciò conduce alla conferma della censura nei confronti dell’operato di ‘Poste’.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 3 dicembre 2015 – 9 febbraio 2016, numero 2531 Presidente Macioce – Relatore Blasutto Svolgimento del processo Con sentenza depositata il 20 ottobre 2010 la Corte di appello di Brescia confermava la pronuncia del Tribunale di Bergamo, che aveva dichiarato l'antisindacalità dell'installazione, da parte di Poste Italiane s.p.a., presso la filiale di Treviglio, del sistema informatico di rilevazione automatica in tempo reale delle operazioni di sportello giornale di fondo , senza l'osservanza della procedura di cui all'art. 4, comma 2, L. numero 300/70. La Corte di appello, preliminarmente, respingeva l'eccezione di inammissibilità della domanda sollevata da Poste Italiane con riferimento specifico alla procedura giornale di fondo , perché non inclusa nel ricorso introduttivo. Osservava la Corte che il ricorso ex art. 28 Stat. Lav. recava la descrizione di due sistemi di rilevazione dati, uno relativo alle operazioni di sportello con la clientela, oggetto della dichiarazione di antisindacalità, l'altro relativo alla gestione code le allegazioni in fatto erano state, dunque, tempestive ed esaustive. Nel merito, osservava che il sistema informatico di rilevazione automatica delle operazioni di sportelleria era costituito dalla trasmissione in via informatica su un server locale, accessibile solo dall'ufficio di Treviglio, di tutti i dati relativi alle varie operazioni con i clienti, destinate ad essere trascritte/stampate sul giornale di fondo la trasmissione riguardava i dati relativi alla natura dell'operazione, al cliente, all'operatore dello sportello ed era finalizzata alla gestione della contabilità giornaliera, che a sua volta consentiva, in caso di errore, di individuare l'operatore che lo aveva effettuato il responsabile dell'ufficio poteva, in qualsiasi momento e in tempo reale, visualizzare sul suo personal computer le operazioni che venivano eseguite agli sportelli e seguirle a video in tal modo il superiore gerarchico poteva controllare minuto per minuto l'attività prestata da ogni singolo addetto allo sportello e il suo rendimento, le incertezze nell'eseguire le operazioni e i tempi di esecuzione. Si era in presenza di un sistema adottato per soddisfare esigenze aziendali, ma che consentiva anche il controllo a distanza dei lavoratori, sistema per il quale occorreva osservare la procedura di cui all'art. 4 citato, che non impedisce l'iniziativa del datore di lavoro e le innovazioni tecnologiche in caso di mancato accordo, ma semplicemente impone una verifica, prima in sede sindacale e poi eventualmente con l'Ispettorato del lavoro, degli impianti,delle apparecchiature e dei sistemi che consentono il controllo a distanza per evitare un uso degli stessi in violazione dei diritti di libertà e riservatezza dei lavoratori. Per la cassazione di tale sentenza Poste Italiane propone ricorso affidato a due motivi. Resistono con controricorso le oo.ss. SLP CISL, SLC CGIL e UIL Poste. La ricorrente ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c Motivi della decisione Con il primo motivo di ricorso si ripropone l'eccezione di inammissibilità della domanda. Nella fase monitoria, le oo.ss. ricorrenti non avevano svolto alcuna eccezione con riferimento a sistemi informatici diversi da quello relativo alla gestione delle code, lasciando intendere che solo a tale sistema fosse da riferire il denunciato carattere antisindacale della condotta datoriale. Con il secondo motivo si denuncia violazione e/o falsa applicazione dell'art. 4 legge 20 maggio 1970 numero 300. Si deduce che il secondo comma di tale norma fa espresso riferimento ad impianti e apparecchiature di controllo presupposto dell'operatività della prescrizione è pertanto la natura tout court di strumento di sorveglianza che, nel caso del giornale di fondo , è del tutto assente. Tale strumento è utilizzato - come prospettato negli atti di parte ed emergente anche dall'istruttoria - per la verifica e la tenuta della contabilità, ma non è impiegato per il controllo della prestazione lavorativa, né tanto meno del comportamento del dipendente nel corso delle operazioni e durante l'orario di lavoro esso è diretto ad evitare errori od omissioni e a rimediare alle conseguenze di essi, senza implicare alcuna ingerenza nella privacy e nella sfera personale del dipendente, né comportare controlli occulti sul suo comportamento. Il ricorso è infondato. La questione che si pone è se sia legittima l'installazione, da parte di Poste Italiane, presso una filiale, del sistema informatico giornale di fondo , di rilevazione automatica in tempo reale delle operazioni di sportello, senza l'osservanza della procedura di consultazione di cui all'art. 4 Stat. Lav Occorre premettere che la fattispecie è regolata ration temporis dall'art. 4 legge 20 maggio 1970, numero 300 nel testo anteriore alle modifiche apportate dal d.lgs. 14 settembre 2015, numero 151, art. 23, attuativo della legge 10 dicembre 2014, numero 183, art. 1, comma 7, lett. f , recante il criterio di delega relativo alla revisione della disciplina dei controlli a distanza sugli impianti e sugli strumenti di lavoro . Quanto al primo motivo, deve osservarsi che il giudice del merito, nell'indagine diretta all'individuazione del contenuto e della portata delle domande sottoposte alla sua cognizione, non è tenuto ad uniformarsi al tenore meramente letterale degli atti nei quali esse sono contenute, ma deve, per converso, avere riguardo al contenuto sostanziale della pretesa fatta valere, come desumibile dalla natura delle vicende dedotte e rappresentate dalla parte istante, mentre incorre nel vizio di omesso esame ove limiti la sua pronuncia alla sola prospettazione letterale della pretesa, trascurando la ricerca dell'effettivo suo contenuto sostanziale Cass. numero 26159 del 2014 v. pure 23794 del 2011, numero 3012 del 2010, numero 19331 del 2007 . D'altra parte, l'interpretazione della domanda deve essere diretta a cogliere, al di là delle espressioni letterali utilizzate, il contenuto sostanziale della stessa, desumibile dalla situazione dedotta in giudizio e dallo scopo pratico perseguito dall'istante con il ricorso all'autorità giudiziaria S.U. numero 10840 del 2003 . Inoltre, anche nel processo del lavoro, l'interpretazione della domanda rientra nella valutazione del giudice di merito e non è censurabile in sede di legittimità ove motivata in modo sufficiente e non contraddittorio Cass. 12944 del 2012 . Nel caso in esame, la Corte di appello ha dato conto, con motivazione congrua e non illogica, che il ricorso introduttivo recava la descrizione di entrambi i sistemi informatici di rilevazione dati ed ha ritenuto che la domanda di accertamento dell'antisindacalità, complessivamente considerata, avuto riguardo al contenuto sostanziale della pretesa fatta valere, includesse entrambe le procedure informatiche adottate presso la Filiale di Treviglio, dirette a rilevare, insieme ai dati relativi alle varie operazioni con i clienti, le modalità operative del singolo addetto allo sportello. Il secondo motivo è, invece, inammissibile. Esso muove da una ricostruzione fattuale del tutto parziale rispetto a quella risultante dalla sentenza impugnata, neppure specificamente impugnata in ordine al suo iter motivazionale. La censura risulta avulsa da tale ricostruzione e dunque, nella sostanza, non pertinente rispetto al decisum art. 366 numero 4 c.p.c. , non avendo colto la ratto decidendi posta a fondamento della sentenza. Questa ha infatti rappresentato, alla stregua delle risultanze istruttorie, ossia secondo un apprezzamento dei fatti di competenza del giudice di merito e neppure censurato nella specie , che il responsabile dell'ufficio poteva, in qualsiasi momento e in tempo reale, visualizzare sul suo personal computer le operazione che venivano eseguite agli sportelli e seguirle a video. La possibilità di una visualizzazione delle operazioni del dipendente in qualsiasi momento il direttore ritenesse opportuno procedervi, faceva ricadere il genere di controllo nella previsione di cui al secondo comma dell'art. 4 Legge numero 300/70, procedura che nella specie non è stata osservata, come è incontestato in giudizio. Si era difatti in presenza di un sistema adottato per soddisfare esigenze aziendali, ma che consentiva anche il controllo a distanza dei lavoratori addetti allo sportello. La soluzione interpretativa seguita dalla Corte di appello è del tutto conforme alla giurisprudenza di questa Corte formatasi nella vigenza del testo originario dell'art. 4 Stat. Lav., ora sostituito dall'art. 23 d.lgs. 14 settembre 2015, numero 151. E' stato affermato da questa Corte che l'art. 4 fa parte di quella complessa normativa diretta a contenere in vario modo le manifestazioni del potere organizzativo e direttivo del datore di lavoro che, per le modalità di attuazione incidenti nella sfera della persona, si ritengono lesive della dignità e della riservatezza del lavoratore Cass., 17 giugno 2000, numero 8250 , sul presupposto espressamente precisato nella Relazione ministeriale - che la vigilanza sul lavoro, ancorché necessaria nell'organizzazione produttiva, vada mantenuta in una dimensione umana, e cioè non esasperata dall'uso di tecnologie che possono rendere la vigilanza stessa continua e anelastica, eliminando ogni zona di riservatezza e di autonomia nello svolgimento del lavoro Cass., numero 8250/2000, cit., principi poi ribaditi da Cass., 17 luglio 2007, numero 15892, e da Cass., 23 febbraio 2012, numero 2722 . Il potere di controllo del datore di lavoro deve dunque trovare un contemperamento nel diritto alla riservatezza del dipendente, ed anche l'esigenza, pur meritevole di tutela, del datore di lavoro di evitare condotte illecite da parte dei dipendenti non può assumere portata tale da giustificare un sostanziale annullamento di ogni forma di garanzia della dignità e riservatezza del lavoratore v. da ultimo, Cass. 10955 del 2015 v. pure Cass. 16622 del 2011 . D'altra parte, la stessa società ricorrente ha dato atto della differenza tra la previsione del primo comma e quella di cui al secondo comma di tale norma, consistente nel fatto che nel primo caso il datore di lavoro pone in essere forme di controllo diretto ed esclusivo dell'attività lavorativa, mentre nel secondo installa apparecchiature ed impianti per finalità lecite, individuate nelle esigenze della produzione, della sicurezza e dell'organizzazione, che però nei fatti consentono il controllo dell'attività lavorativa, anche potenziale. Il fatto - prospettato nel ricorso - secondo cui la possibilità della sorveglianza a distanza sarebbe, nel caso di specie, del tutto accidentale, ipotizza il carattere involontario della captazione dati, del tutto esclusa dalla sentenza impugnata, che invece ha bene evidenziato come il direttore della filiale potesse procedervi ad libitum, anche se la conservazione dei relativi dati sarebbe stata limitata nel tempo 48 ore . Il ricorso va, pertanto, respinto. Le spese del giudizio di legittimità, poste a carico del soccombente, sono liquidate nella misura indicata in dispositivo per esborsi e compensi professionali, oltre spese forfettarie nella misura del 15 per cento del compenso totale per la prestazione, ai sensi dell'art. 2 del D.M. 10 marzo 2014, numero 55. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese, che liquida in € 100,00 per esborsi ed € 2.500,00 per compensi, oltre spese generali nella misura del 15% e accessori di legge.