Il tetris delle retribuzioni di posizione

In applicazione dei criteri ermeneuti previsti dal codice civile, la retribuzione di posizione dei dirigenti pubblici è composta da una quota stabilita tabellarmente in sede contrattuale, divisa a sua volta in una parte fissa ed in una parte variabile, nonché, eventualmente, in un’ulteriore quota, sempre variabile, che concorre a determinare il trattamento retributivo complessivo, in base alla graduazione delle funzioni.

Così la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 2114/16 depositata il 3 febbraio, ha interpretato il CCNL Dirigenti Pubblici. La retribuzione di posizione step by step. Un dirigente di un ente locale sanitario reclamava il diritto ad una maggiore retribuzione, in conformità a quanto previsto dal Contratto Collettivo applicabile. La Corte di Cassazione nega la sussistenza di tale diritto fornendo un’interpretazione nomofilattica della contrattazione collettiva in tema di retribuzione di posizione”. E’ il CCNL Dirigenti Pubblici ad indicare i criteri di determinazione della retribuzione dei dirigenti. Con ordine - le aziende possono determinare una graduazione delle funzioni dirigenziali, cui corrisponde un trattamento economico graduato proporzionalmente alle funzioni svolte e chiamato trattamento retributivo di posizione” - la retribuzione di posizione è composta da una quota fissa ed una variabile, la cui somma complessiva corrisponde al valore economico degli incarichi attribuiti in base alla graduazione di funzioni - la componente variabile della retribuzione di posizione è determinata in sede aziendale e, sino al definitivo conferimento degli incarichi, essa è quantificata sulla base della tabella allegata al CCNL applicabile - in ogni caso, ad ogni dirigente è riconosciuta una retribuzione di posizione non inferiore a quella prevista contrattualmente e determinata in base alla posizione funzionale di provenienza. L’interpretazione della Corte di Cassazione Considerate le norme di riferimento artt. 50-55 CCNL Dirigenti Pubblici la Corte di Cassazione fornisce la sua interpretazione applicando gli artt. 1362 e 1363 cod. civ. sull’interpretazione dei contratti. Infatti, dapprima si considera il dato letterale e, successivamente, la manifestazione della volontà delle parti anche attraverso le loro condotte normative . La quantificazione della retribuzione di posizione è in parte affidata alla discrezionalità aziendale, in parte alla contrattazione collettiva. Da un lato, i contratti collettivi prevedono tabellarmente le quote delle retribuzioni di posizione, quote che sono composte da una voce fissa ed una variabile, che, a sua volta, può essere composta da un’ulteriore voce variabile che concorre a determinare il trattamento economico complessivo in base alla graduazione delle funzioni del dirigente. Fermi restando i limiti tabellari, la quota variabile è determinata a discrezionalità dell’azienda, in base alle funzioni effettivamente svolte dal dirigente. Ciò significa che la somma della quota fissa e di quella variabile non può portare ad un valore superiore a quello previsto contrattualmente per il medesimo incarico. Altrimenti la garanzia della contrattazione collettiva verrebbe meno. Il comportamento successivo della parti. Tale interpretazione risulta a maggior ragione equa e coerente se si considerano le modifiche al CCNL apportate dopo il 1998, anno in cui si colloca la controversia. Infatti, più chiaramente, il CCNL del 2000 prevede che la retribuzione di posizione dei dirigenti sia strettamente connessa all’incarico loro conferito in relazione alla graduazione di funzioni. In ogni caso, la componente fissa, stabilita dalle tabelle del CCNL, non è in alcun modo modificabile, mentre l’incremento della componente variabile minima contrattuale, stabilita dalle stesse tabelle, è competenza delle singole aziende. Ne consegue che il valore economico complessivo dell’incarico dirigenziale è la somma del minimo contrattuale fisso e della quota variabile definita da ciascuna azienda. Le conseguenza concrete La retribuzione di posizione minima contrattuale, prevista dal CCNL, è corrisposta come anticipazione della retribuzione totale e, pertanto, è assorbita nel valore economico complessivo attribuito all’incarico, in base alla famosa graduazione di funzioni stabilita dall’azienda. Ne consegue che, alla retribuzione minima contrattuale si aggiunge la somma variabile che manca per raggiungere il valore complessivo dell’incarico svolta in azienda, con l’unica garanzia che il valore dell’incarico non possa essere inferiore al minimo contrattuale già percepito. Viene, quindi, rigettato il ricorso del dirigente che avrebbe voluto ottenere la corresponsione di una somma complessivamente superiore al valore del suo incarico.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 11 novembre 2105 – 3 febbraio 2016, n. 2114 Presidente Roselli – Relatore Bronzini Svolgimento del processo II ricorrente in primo grado, dirigente presso l'Asi Benevento 1, chiedeva la condanna dell'Asl al pagamento della somma indicata in ricorso a titolo di parte variabile della retribuzione di posizione per l'anno 1998. La Asl contestava la fondatezza della domanda che invece il Tribunale accoglieva con relativa condanna della ASL. La Corte di appello di Napoli accoglieva l'appello della ASL. La Corte territoriale osservava che era fondata la tesi della parte appellante secondo cui la parte variabile era dovuta solo per raggiungere il valore complessivo dell'incarico, mentre a titolo di conguaglio era già stata corrisposta una somma almeno pari al valore complessivo dell'incarico, che comprendeva una parte fissa ed una variabile. Nel 2000 la Asl aveva determinato per il 1998 e 1999 una quota fissa ed una variabile e pertanto non poteva essere complessivamente attribuita all'appellato una somma superiore al valore dell'incarico l'indennità di posizione era stata quindi regolarmente corrisposta tenuto conto di quanto versato anche a titolo di conguaglio. La Corte aggiungeva che l'art. 24 del CCNL dei 2005 non poteva ritenersi norma di interpretazione autentica, posto che non era stata sottoscritta da tutte le sigle che avevano firmato la norma dubbia, ma che questo non poteva comportare l'accoglimento della domanda che non poteva dirsi fondata alla stregua delle ragioni già dette. Per la cassazione di tale decisione propone ricorso il D.M. con due motivi resiste controparte con controricorso. Motivi della decisione Con il primo motivo si allega la violazione e falsa applicazione degli artt. 53 e 55 CCNL dei 5.12.1996, nonché degli artt. 1362, 1363 e ss. e dei canoni di interpretazione dei CCNL come indicati dalla giurisprudenza di legittimità con riguardo alla posizione variabile per l'anno 1998 e che all'importo determinato a titolo di parte variabile andava sottratta soltanto la somma già percepita a tale titolo e non anche quanto percepito a titolo di posizione fissa. Il motivo appare infondato alla luce della giurisprudenza di questa Corte che si condivide pienamente. Questa Corte ha infatti affermato in una controversia di oggetto identico che l'art. 50 CCNL di settore 5.12.1996 prevede la determinazione da parte delle aziende della graduazione delle funzioni dirigenziali cui è correlato il trattamento economico di posizione comma 1 , attribuendo ad ogni posizione dirigenziale prevista nel proprio assetto organizzativo un valore economico secondo i parametri di riferimento di cui agli artt. 54 e 55 comma 3 il successivo art. 53 stabilisce che la retribuzione di posizione è composta di una parte fissa e di una parte variabile, la cui somma complessiva corrisponde al valore economico degli incarichi attribuiti in base alla graduazione delle funzioni comma 3 , che la componente variabile della retribuzione di posizione, salvo quanto previsto dal comma 8, e relativa tabella, è determinata in sede aziendale sulla base della graduazione delle funzioni in conformità degli incarichi di cui agli artt. 54 e 55 comma 7 e che sino al conferimento degli incarichi di cui al comma 7, per tutti i Dirigenti in servizio alla data di entrata in vigore del presente contratto, la retribuzione di posizione è costituita dai valori indicati per le due componenti fissa e variabile nella tabella allegato n. 2 del presente contratto comma 8 l'art. 54, prevede poi che A ogni Dirigente è riconosciuta una retribuzione di posizione comunque non inferiore, a titolo personale, a quella prevista dall'art. 53, comma 8, e relativa tabella allegato n. 2, secondo la posizione funzionale di provenienza comma 4 . Dal che discende, in applicazione dei criteri ermeneutici di cui agli artt. 1362 e 1363 c.c., che la retribuzione di posizione è composta da una quota stabilita tabellarmente in sede contrattuale, divisa a sua volta in una parte fissa e in una variabile, nonché, eventualmente, da una ulteriore quota, parimenti variabile, che concorre a determinare il trattamento complessivo in base alla graduazione delle funzioni. Tale interpretazione risulta avvalorata, avuto riguardo al comportamento delle parti posteriore alla conclusione del contratto art. 1362 c.c., comma 2 , dalle previsioni del CCNL di settore dell'8.6.2000, che, all'art. 40, prevede che la retribuzione di posizione dei dirigenti è collegata all'incarico loro conferito in relazione alla graduazione delle funzioni comma 1 e si compone di una parte fissa e di una variabile comma 2 in prima applicazione del CCNL 5.12.96, come integrato dal CCNL 1.7.97, il valore economico minimo contrattuale della retribuzione di posizione parte fissa e variabile per il personale già in servizio all'entrata in vigore del contratto medesimo è stato indicato tabellarmente comma 5 la componente fissa della retribuzione di posizione stabilita tabellarmente non è modificabile, mentre l'incremento della componente variabile minima contrattuale della medesima tabella sulla base della graduazione delle funzioni è competenza delle singole aziende comma 6 II valore economico complessivo dell'incarico è la risultante della somma dei minimo contrattuale e della quota aggiuntiva variabile definita aziendalmente e tale valore si ottiene mediante i relativi conguagli sulla parte variabile rispetto al minimo contrattuale in godimento fino al raggiungimento dei valore economico complessivo comma 7 . L'art. 24, comma 11, CCNL di settore 3.11.2005 così recita A titolo di interpretazione autentica dell'ari. 53, CCNL 5.12.96 e dell'art. 40, CCNL 8.6.00, con riguardo alle modalità di composizione della retribuzione di posizione complessiva di ciascun dirigente, le parti precisano che essa è definita in azienda sulla base della graduazione delle funzioni. La retribuzione di posizione minima contrattuale prevista dalle citate disposizioni e stabilita dalle disposizioni dei CCNL succedutisi nel tempo è corrisposta, quindi, quale anticipazione di detta retribuzione e, pertanto, è assorbita nel valore economico complessivo successivamente attribuito all'incarico in base alla graduazione delle funzioni, nel rispetto della disponibilità dell'apposito Fondo. Ne deriva che alla retribuzione minima contrattuale si aggiunge la somma mancante al valore complessivo dell'incarico stabilito in azienda con l'unica garanzia che il valore dell'incarico, in ogni caso, non può essere inferiore al minimo contrattuale già percepito. Si rinvia, per chiarezza, all'esempio dell'allegato 4 . Risulta dunque evidente che la testé ricordata clausola contrattuale non configura affatto, come pretenderebbe il controricorrente, una modifica radicale dei contenuti dei precedente testo sindacale , ma, piuttosto, esplicitazione e chiarificazione della strutturazione della retribuzione di posizione quale evincibile dalle disposizioni contrattuali richiamate e, pertanto, effettiva interpretazione delle medesime Cass. n. 12335/09, nonché Cass. n. 12564/11 . Alla luce dell'orientamento della giurisprudenza di legittimità la soluzione offerta dalla Corte di appello appare ineccepibile in quanto non si può accogliere la tesi di parte ricorrente che condurrebbe al dovere di corresponsione di una somma superiore al valore dell'incarico che è stato diviso contrattualmente in una parte fissa ed in una variabile le quali una volta sommate -evidentemente non possono portare ad un valore superiore a quello complessivamente stabilito per lo stesso incarico. Il chiarimento apportato nel 2005 non fa che esplicitare quanto però era già inequivoco nelle norme contrattuali originarie posto che l'attribuzione richiesta sarebbe priva di titolo. Con il secondo motivo si allega il difetto di motivazione. La Corte di appello di Napoli pur avendo ritenuto che l'Accordo sottoscritto con l'Aran valore di interpretazione autentica non ha esaminato la volontà delle parti già oggetto di interpretazione autentica. li motivo appare infondato non sussiste alcun vizio o carenza motivazionale posto che la Corte di appello ha risolto la controversia sulla base di una interpretazione motivata correttamente e coerentemente con la formulazione delle norme contrattuali delle disposizioni dei CCNL del 1996 e che come detto trova conferma nella giurisprudenza di legittimità. Si deve quindi rigettare il proposto ricorso. Le spese di lite dei giudizio di legittimità -liquidate come al dispositivo seguono la soccombenza. P.Q.M. La Corte Rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che si liquidano in euro 100,00 per esborsi, nonché in euro 3.000,00 per compensi oltre accessori come per legge.