Ancora una pronuncia in tema di requisito reddituale per la concessione della pensione di inabilità

In tema di verifica del requisito reddituale prescritto ai fini della pensione di cui all'art. 12, Legge n. 118/1971, assume rilievo non solamente il reddito personale dell'invalido, ma anche quello eventuale del coniuge del medesimo, onde il beneficio va negato quando l'importo di tali redditi, complessivamente considerati, superi il limite determinato con i criteri indicati dalla norma suindicata.

Tale soluzione interpretativa risulta fondata oltre che sul dato testuale dell'art. 14 septies, comma 4, d.l. n. 663/1979, il quale – nell'elevare i limiti di reddito anteriormente fissati non prevede, per la pensione di inabilità, l'esclusione del reddito percepito dagli altri componenti il nucleo familiare, diversamente da quanto stabilito per l'assegno di cui all'art. 13, Legge n. 118/1971 – anche su considerazioni di ordine generale attinenti alla funzione sostitutiva dell'intervento assistenziale pubblico riconosciuta alla solidarietà familiare nell'ambito del sistema di sicurezza sociale. È quanto emerge dalla sentenza n. 24361/15, depositata il 30 novembre. Il contrasto giurisprudenziale. Nella sentenza in commento la Suprema Corte ripercorre la successione dei diversi orientamenti interpretativi in tema di requisito reddituale per la concessione della pensione di inabilità. Inizialmente si è affermato un orientamento in linea con il principio appena richiamato, che è stato posto in discussione da alcune decisioni della Corte di Cassazione nelle quali si è sottolineato che il Legislatore, con la previsione dell'art. 14 septies citato, aveva inteso dare rilievo ai fini dell'erogazione della pensione di inabilità al solo limite di reddito individuale. Successivamente, la questione è stata oggetto di ulteriore rimeditazione e la Suprema Corte ha confermato l'orientamento più risalente, affermando che ai fini della pensione di cui all'art. 12, Legge n. 118/1971 il requisito reddituale deve essere verificato considerando anche il reddito dell'eventuale coniuge. I criteri ermeneutici alla luce dell'evoluzione normativa. In primo luogo, osservano gli Ermellini, l'intervento attuato dal Legislatore con l'art. 14 septies citato ha previsto che per l'attribuzione dell'assegno è preso a riferimento il solo reddito individuale dell'assistito ma l'importo da non superare per la pensione di inabilità corrisponde a più del doppio di quello stabilito per l'assegno. In questa prospettiva è stato ritenuto che il comma quinto dell'art. 14 septies costituisse deroga all'orientamento generale in tema di pensione di invalidità e di pensione sociale, in base al quale il limite reddituale va determinato tenendosi conto del cumulo del reddito dei coniugi e, di conseguenza, non esprimesse alcun principio generale con il quale dovrebbero essere coerenti disposizioni particolari. La Suprema Corte prosegue precisando che a conferma a livello sistematico di una disciplina differenziata, quanto al requisito reddituale per la pensione di inabilità e per l'assegno di assistenza, è da ravvisarsi nell'art. 12 della Legge n. 412/1991, nel quale la distinzione tra le due prestazioni continua ad essere mantenuta. Peraltro, guardando alla modifica operata dalla Legge n. 247/2007, è stato osservato che si tratta all'evidenza di un intervento con il quale viene ripristinato il collegamento tra le due prestazioni assistenziali quanto alle condizioni, anche economiche, richieste per la loro assegnazione. Ma determinare un'equiparazione che si vuole modulata sulla disciplina propria della prestazione prevista per gli invalidi civili assoluti è di per sé indicativo del fatto che tale disciplina – anche per quello che riguarda le condizioni reddituali – è diversa da quella nel frattempo dettata per l'assegno mensile, non avendo senso una siffatta formulazione normativa ove le condizioni reddituali richieste per la pensione di inabilità fossero le stesse previste per l'assegno. In tale quadro normativo si innesta il recente intervento del Legislatore che con il D.L. n. 76/2013 ha escluso dalla base di calcolo il reddito percepito da altri componenti del nucleo familiare del soggetto interessato, precisando però che il diritto alla pensione sulla base dei nuovi requisiti decorrerà solo dalla data di entrata in vigore della uova disposizione 28.6.2013 e ha aggiunto che non possono essere pagati importi arretrati sulle prestazioni riconosciute peraltro, ove tale pagamento sia già intervenuto, le somme erogate non sono comunque recuperabili purché il loro riconoscimento sia intervenuto prima del 28.6.2013.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 6 ottobre – 30 novembre 2015, numero 24361 Presidente Curzio – Relatore Pagetta Fatto e diritto La causa è stata chiamata all'adunanza in camera di consiglio del 6 ottobre 2015, ai sensi dell'art. 375 c.p.c. sulla base della seguente relazione redatta a norma dell'art. 380 bis c.p.c. C.A. adiva il giudice del lavoro del Tribunale di Roma chiedendo accertarsi il suo diritto alle prestazioni di cui all'art. 12 l. numero 118 del 1971 e all'art. 1 l. numero 18 del 1980. Il Tribunale respingeva la domanda. La decisione era confermata dalla Corte di appello di Roma. Il giudice di appello, in dichiarata adesione agli esiti della consulenza tecnica di ufficio rinnovata in secondo grado escludeva la sussistenza delle condizioni medico legali per la concessione della indennità di accompagnamento quanto alla pensione di inabilità rilevava, con riferimento all'epoca di insorgenza dello stato invalidante agosto 2006 , la sussistenza di redditi ostativi alla concessione del beneficio in quanto dalla documentazione in atti risultava che il nucleo familiare aveva sempre percepito redditi di gran lunga superiori ai limiti a tal fine stabiliti. Per la cassazione della decisione propone ricorso C.A. sulla base di un unico motivo. L'I.N.P.S. resiste con tempestivo controricorso proponendo contestuale ricorso incidentale condizionato, affidato ad un unico motivo. Il Ministero dell'economia e delle finanze è rimasto intimato. Con l'unico motivo di ricorso principale, C.A. , deducendo plurime violazioni di legge, censura la decisione di appello per avere, al fine della verifica del requisito reddituale, fatto riferimento al reddito posseduto dall'intero nucleo familiare anziché a quello individuale dell'aspirante al beneficio. Sostiene che la corretta interpretazione del disposto dell'art. 14 septie s l. numero 33 del 1980 comportava la esclusiva considerazione del reddito personale dell'interessato ai fini IRPEF, come confermato dallo ius supeveniens di cui all'art. 10 commi 5 e 6 l. numero 99 del 2013. L'I.N.P.S., con l'unico motivo di ricorso incidentale condizionato, deducendo plurime violazioni di legge, censura la decisione di appello per avere, al fine della verifica del requisito reddituale, preso in considerazione la documentazione reddituale, tardivamente prodotta, solo in seconde cure, dall'interessata. Il primo motivo di ricorso principale è manifestamente infondato. Si premette che questa Corte, con indirizzo consolidato vedi, in particolare, Cass. numero 16363 del 2002, numero 16311 del 2002, 12266 del 2003, 14126 del 2006, numero 13261 del 2007 aveva statuito che in tema di verifica del requisito reddituale prescritto ai fini della pensione di cui all'art. 12 l. numero 118 del 1971, assume rilievo non solamente il reddito personale dell'invalido, ma anche quello eventuale del coniuge del medesimo, onde il beneficio va negato quando l'importo di tali redditi, complessivamente considerati, superi il limite determinato con i criteri indicati dalla norma suindicata. Tale soluzione interpretativa risulta fondata oltre che sul dato testuale dell'art. 14 septies , comma quarto d.l. numero 663 del 1979 conv. in l. numero 33 del 1980 il quale, nell'elevare i limiti di reddito anteriormente fissati dagli artt. 6, 8 e 10 d.l. numero 30 del 1974 conv. in l. n 114 del 1974, non prevede, per la pensione di inabilità, l'esclusione del reddito percepito dagli altri componenti il nucleo familiare, diversamente da quanto stabilito dal comma quinto per l'assegno di cui all'art. 13 l. numero 118 del 1971 anche su considerazioni di ordine generale attinenti alla funzione sostitutiva dell'intervento assistenziale pubblico riconosciuta alla solidarietà familiare nell'ambito del sistema di sicurezza sociale. L'orientamento sopra richiamato è stato successivamente posto in discussione da alcune decisioni Cass. numero 18825 del 2008, numero 7259 del 2009 e numero 20426 del 2010 nelle quali si è sottolineato che il legislatore, con la previsione di cui all'art. 14 septies cit., aveva inteso dare rilievo ai fini dell'erogazione della pensione di inabilità al solo limite di reddito individuale, e così anche nel caso dell'assegno corrisposto agli invalidi parziali, secondo quanto disposto dal medesimo art. 14 septies , nonché dal d.l. numero 791 del 1981, art. 9, conv. l. numero 54 del 1982 e poi ancora dalla l. numero 412 del 1991, art. 12 v. Corte Costituzionale numero 400 del 1999 . La questione è stata oggetto di ulteriore rimeditazione in esito alla quale questa Corte, con condivisibile recente pronunzia Cass. numero 5003 del 2011 , seguita da altre conformi v. tra queste ord. numero 19658 del 2012 , ha confermato l'orientamento più risalente affermando che ai fini della pensione di cui all'art. 12 l. numero 118 del 1971 il requisito reddituale deve essere verificato considerando anche il reddito dell'eventuale coniuge. A tale approdo interpretativo la Corte è pervenuta sulla base delle seguenti considerazioni che solo in parte ripercorrono quelle a fondamento dell'indirizzo più risalente. È stato innanzitutto rilevato che l'intervento attuato dal legislatore con l'art. 14 septies comma quinto cit, costituisce intervento inteso a riequilibrare le posizioni dei mutilati e invalidi civili, a seguito dell'innalzamento del limite reddituale previsto ma esclusivamente per gli invalidi civili assoluti dalla l. numero 29 del 1977. Significativo di tale intento è che per l'attribuzione dell'assegno è, bensì, preso a riferimento il solo reddito individuale dell'assistito, ma l'importo da non superare per la pensione di inabilità comma quarto corrisponde a più del doppio di quello stabilito per l'assegno L. 5.200.000 annue a fronte di L. 2.500.000 annue . In questa prospettiva è stato ritenuto che il comma quinto dell'art. 14 septies costituisse deroga all'orientamento generale della legislazione in tema di pensioni di invalidità e di pensione sociale, in base al quale il limite reddituale va determinato tenendosi conto del cumulo del reddito dei coniugi vedi Corte cost. sent numero 769 del 1988 e numero 75 del 1991 vedi anche Corte cost. numero 454 del 1992, in tema di insorgenza dello stato di invalidità dopo il compimento del 65 anno e, di conseguenza, non esprimesse alcun principio generale con il quale dovrebbero essere coerenti disposizioni particolari. Si è quindi ribadito che la formulazione letterale della norma che fa menzione del solo assegno fino a quel momento equiparato alla pensione di inabilità quanto alla regola del cumulo con i redditi del coniuge non può che far concludere nel senso che la prestazione prevista per gli invalidi civili assoluti sia rimasta assoggettata a questa regola. Una conferma a livello sistematico della esistenza di una disciplina differenziata, quanto al requisito reddituale, per la pensione di inabilità e per l'assegno di assistenza, è stata ravvisata nella legge 30 dicembre 1991, numero 412, art. 12 da titolo requisiti reddituali delle prestazioni ai minorati civili nella quale la distinzione tra le due prestazioni continua ad essere mantenuta, disponendo la norma che con effetto dal 1 gennaio 1992 ai fini dell'accertamento, da parte del Ministero dell'Interno della condizione reddituale per la concessione delle pensioni assistenziali agli invalidi civili si applica il limite di reddito individuale stabilito per la pensione sociale, con esclusione, tuttavia, degli invalidi totali. Con riferimento alla sostituzione dell'art. 13 l. numero 118 del 1971 ad opera dell'art. 1, comma trentacinque, L. numero 247 del 2007 disposizione non tenuta presente nelle citate decisioni di questa Corte , il quale, testualmente, stabilisce che agli invalidi civili di una compresa fra il diciottesimo e il sessantaquattresimo anno nei cui confronti sia accertata una riduzione della capacità lavorativa, nella misura pari o superiore al 74 per cento, che non svolgono attività lavorativa e per il tempo in cui tale condizione sussiste, è concesso a carico dello Stato ed erogato dall'INPS, un assegno mensile di Euro 242.84 per tredici mensilità, con le stesse condizioni e modalità previste per l'assegnazione della pensione di cui all'art. 12 , è stato osservato che si tratta, all'evidenza, di un intervento con il quale viene ripristinato il collegamento tra le due prestazioni assistenziali quanto alle condizioni comprese, quindi, quelle economiche richieste per la loro assegnazione. Ma il prendere a riferimento, a tal fine, le condizioni stabilite per l'assegnazione della pensione di cui all'art. 12 , determinare cioè una equiparazione che si vuole modulata sulla disciplina propria della prestazione prevista per gli invalidi civili assoluti, è di per sé, indicativo del fatto che tale disciplina anche per quanto riguarda le condizioni reddituali rilevanti è diversa da quella nel frattempo dettata con la L. numero 33 del 1980, art. 14 septies, comma 5 per l'assegno mensile — non avendo senso, invero, una simile formulazione normativa ove le condizioni reddituali richieste per la pensione di inabilità fossero le stesse previste per l'assegno e, dunque, si dovesse dar rilevo al solo reddito personale dell'invalido, ancorché coniugato, piuttosto che al reddito di entrambi i coniugi Cass. numero 5003 del 2011 . Infine, in merito alla compatibilità di tale interpretazione con i principi della Carta costituzionale è stato chiarito che il giudice delle leggi cfr. in particolare le citate sent. numero 769 del 1988 e numero 75 del 1991 aveva affermato, in più occasioni, che il realizzare l'omogeneizzazione tra i livelli reddituali idonei ad individuare lo stato di bisogno di soggetti aventi diritto a prestazioni assistenziali a carico della collettività, così come il por mano all'opportuno adeguamento dei livelli di prestazione appartiene alla discrezionalità del legislatore. Del pari, al paradigma del principio di uguaglianza non può farsi ricorso quando le disposizioni della legge ordinaria, dalle quali si pretende di trarre il tertium comparationis , si rivelino derogatorie rispetto alla regola desumibile dal sistema normativo e perciò insuscettibili di estensione ad altri casi, pena l'aggravamento, anziché l'eliminazione, dei difetti di coerenza con esso l'attribuzione al reddito del coniuge e dei vari componenti il nucleo familiare tenuti all'assistenza dell'invalido di un rilievo preclusivo dell'intervento di sostegno a carico della collettività discende dal riconoscimento, nel vigente sistema di sicurezza sociale, di meccanismi di solidarietà particolari, concorrenti con quello pubblico e ugualmente intesi alla tutela dell'uguaglianza e della libertà dal bisogno, in attuazione dell'art. 3 Cost Non sono stati considerati ostativi alla suesposta interpretazione le affermazioni contenute nella motivazione di alcune sentenze della Corte costituzionale vedi, in particolare Corte cost. numero 88 del 1992 e numero 400 del 1999 secondo le quali gli interventi legislativi succedutisi nel tempo avrebbero equiparato le condizioni reddituali richieste per la pensione di inabilità e per l'assegno mensile, eliminando, per entrambe, la capacità ostativa del reddito del coniuge quale che ne fosse il livello è stato infatti rilevato che si è in presenza di affermazioni fatte incidentalmente in sentenze riguardanti il requisito reddituale di accesso dell'ultrasessantacinquenne alla pensione sociale ovvero all'assegno sociale sostitutivo della prima della l. numero 335 del 1995, ex art. 3, comma 6 , ossia una questione del tutto diversa da quella all'esame di questa Corte e che, d'altronde, presuppongono proprio il cumulo dei redditi, tanto da sollecitare il legislatore alla creazione sempre per la pensione sociale di un meccanismo differenziato in considerazione delle differenti esigenze di assistenza dell' invalido e della necessità, pertanto, di una valutazione differenziata del ragionevole punto di equilibrio circa il concorso tra la solidarietà coniugale e quella collettiva. Su questo quadro normativo e giurisprudenziale si innesta il recente intervento del legislatore che con il d.l. 28 giugno 2013, numero 76, recante Primi interventi urgenti per la promozione dell'occupazione, in particolare giovanile, della coesione sociale, nonché in materia di Imposta sul valore aggiunto IVA e altre misure finanziarie urgenti conv nella legge numero 99 del 2013, all'art. 10 comma 5 ha inserito dopo il sesto comma dell'art. 14-septies del decreto-legge 30 dicembre 1979, numero 663, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 febbraio 1980, numero 33, una ulteriore disposizione con la quale si specifica che Il limite di reddito per il diritto alla pensione di inabilità in favore dei mutilati e degli invalidi civili, di cui all'articolo 12 della legge 30 marzo 1971, numero 118, è calcolato con riferimento al reddito agli effetti dell'IRPEF con esclusione del reddito percepito da altri componenti del nucleo familiare di cui il soggetto interessato fa parte”. La disposizione si completa con il successivo comma sesto il quale stabilisce che La disposizione del settimo comma dell'articolo 14-septies del decreto-legge 30 dicembre 1979, numero 663, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 febbraio 1980, numero 33, introdotta dal comma 5, si applica anche alle domande di pensione di inabilità in relazione alle quali non sia intervenuto provvedimento definitivo e ai procedimenti giurisdizionali non conclusi con sentenza definitiva alla data di entrata in vigore della presente disposizione, limitatamente al riconoscimento del diritto a pensione a decorrere dalla medesima data, senza il pagamento di importi arretrati. Non si fa comunque luogo al recupero degli importi erogati prima della data di entrata in vigore della presente disposizione, laddove conformi con i criteri di cui al comma 5. . Come chiarito in recente pronunzia di questa Corte ord. numero 27812 del 2013, numero 28565 del 2013 , con tale previsione il legislatore ha inteso definire un nuovo regime reddituale senza, tuttavia, pregiudicare le posizioni di tutti quei soggetti che avendo presentato domanda nella vigenza della precedente normativa da interpretarsi nei termini più sopra riportati non avessero ancora visto la definizione in sede amministrativa del procedimento ovvero fossero parti di un procedimento giudiziario ancora sub iudice . Quasi a ribadire il suo carattere innovativo, poi, la norma precisa che il diritto alla pensione, sulla base dei nuovi requisiti stabiliti, decorrerà solo dalla data di entrata in vigore della nuova disposizione 28.6.2013 e soggiunge che non possono essere pagati importi arretrati sulle prestazioni riconosciute precisando quindi che, ove tale pagamento sia già intervenuto, le somme erogate non sono comunque recuperabili purché il loro riconoscimento sia intervenuto prima della data di entrata in vigore del nuovo requisito reddituale e risulti comunque rispettoso dello stesso. Da quanto sopra scaturisce che la statuizione di appello, laddove ha preso in considerazione anche i redditi del nucleo familiare dell'aspirante al beneficio risulta corretta in quanto conforme alla consolidata giurisprudenza di questa Corte, atteso che, solo a decorrere dalla data di entrata in vigore del d.l. 28 giugno 2013, numero 76, ai fini della verifica del requisito reddituale, occorrerà far riferimento esclusivo alla situazione individuale dell'aspirante al beneficio. In base alle considerazioni che precedono, assorbito il ricorso incidentale svolto dall'I.N.P.S. in via condizionata, il ricorso della C. deve essere respinto. Si chiede che il Presidente voglia fissare la data per l'Adunanza camerale . Preliminarmente va disposta, ai sensi dell'art. 335 cod. proc. civ., la riunione dei ricorsi principale ed incidentale. Nel merito ritiene questo Collegio che le considerazioni svolte dal Relatore sono del tutto condivisibili siccome coerenti alla ormai consolidata giurisprudenza in materia quanto al periodo antecedente alla data di entrata in vigore dello ius superveniens di cui al d.l. 28 giugno 2013, numero 76, conv nella legge numero 99 del 2013 per il periodo successivo, invece, e fino al compimento del sessantacinquesimo anno di età della C. — nata il 26 novembre 1949 -, in conformità del disposto dell'art. 10 comma 5 d.l. numero 76 cit., si impone il rinvio alla Corte di merito ai fini della verifica del requisito reddituale da effettuarsi avendo riguardo, ai soli redditi della odierna ricorrente. Il giudice del rinvio procederà anche al regolamento delle spese del presente giudizio. P.Q.M. La Corte riunisce i ricorsi rigetta il ricorso principale con riferimento al periodo fino al 28 giugno 2013, assorbito il ricorso incidentale accoglie il ricorso per il periodo successivo e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità alla Corte d'appello di Roma, in diversa composizione. Ai sensi dell'art. 13 comma 1 quater del d.p.r numero 115 del 2002, da atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale e del ricorrente incidentale dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.