Come si determina il valore della causa nelle controversie relative a prestazioni assistenziali ai fini della liquidazione delle spese di lite?

Nelle controversie relative a prestazioni assistenziali, ai fini della determinazione del valore della causa per la liquidazione delle spese di giudizio deve essere applicato il criterio previsto dall’art. 13, comma 1, c.p.c., per cui, se il titolo è controverso, il valore si determina in base all’ammontare delle somme dovute per due anni.

Il caso. La sentenza impugnata in cassazione, nulla disponendo sulle spese del giudizio di secondo grado, ha confermato la decisione di primo grado che, in punto di spese di lite, aveva ritenuto applicabile alle controversie relative alle prestazioni assistenziali, l’art. 13, comma primo, c.p.c. in luogo del criterio di cui al comma secondo della stessa norma. Sul punto la Corte territoriale aveva statuito che le prestazioni assistenziali partecipano della natura delle prestazioni alimentari, non essendo condivisibile il diverso orientamento della Corte di Cassazione secondo cui il valore di tali controversie deve essere determinato in base al criterio dettato dal secondo comma dell’art. 13 c.p.c. per le cause relative a rendite temporanee o vitalizie. La norma. Come è noto, l’art. 13 c.p.c. detta i criteri di determinazione del valore delle cause relative a prestazioni alimentari e a rendite vitalizie, stabilendo, al primo comma, che nelle cause per prestazioni alimentari periodiche, se il titolo è controverso, il valore si determina in base all'ammontare delle somme dovute per due anni, mentre nelle cause relative a rendite temporanee o vitalizie, il valore si determina cumulando le annualità domandate fino a un massimo di dieci. Nella controversia in esame, il ricorrente ha affermato l’applicabilità del comma secondo della predetta norma a tutte le prestazioni periodiche previdenziali e assistenziali, rilevando che le prestazioni per gli invalidi civili sono sempre state assimilate in tutto e per tutto alle prestazioni assicurative, di tal ché nel caso in cui sia contestato il diritto alla prestazione, il valore della causa non può che essere pari a dieci annualità. La natura delle prestazioni assistenziali. La questione è già stata risolta dalle recenti sentenze delle Sezioni Unite n. 10454/2015 e n. 10455/2015 nelle quali, in primo luogo, è stato sottolineato che le prestazioni previdenziali e quelle assistenziali hanno una loro natura che le accomuna nel sistema di sicurezza sociale disegnato dall’art. 38 Cost. e che le distingue sia dalle prestazioni alimentari periodiche sia dalle rendite temporanee vitalizie. Ciò nonostante, sebbene l’art. 38 Cost. sancisca una tutela effettiva, costituzionalmente vincolata, del diritto alla previdenza e sebbene tale diritto, diretto a porre riparo allo stato di bisogno del lavoratore e della sua famiglia, garantisca anche un quid pluris volto a tener conto, almeno parzialmente, del merito che deriva dal lavoro e dalla contribuzione, soltanto le prestazioni di assistenza sociale sono fondate e parametrate totalmente ed esclusivamente sullo stato di bisogno e sulla necessità di assicurare i mezzi necessari per vivere, mentre le prestazioni previdenziali presuppongono un rapporto assicurativo che è assente nelle prestazioni assistenziali e sono strutturate in funzione di una tutela più ampia e diversa. Dunque, solo le prestazioni assistenziali hanno totalmente e propriamente una natura alimentare, di tal ché alle stesse non può disconoscersi la piena assimilabilità alle prestazioni alimentari ai fini della scelta del criterio di determinazione del valore della causa per la liquidazione delle spese.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 16 giugno – 5 ottobre 2015, n. 19826 Presidente Amoroso – Relatore Tria Svolgimento del processo 1.- La sentenza attualmente impugnata, nulla disponendo sulle spese del giudizio di secondo grado, respinge l'appello proposto da M.E.L. avverso la sentenza del Tribunale di Cagliari in data 12 aprile 2006, che 1 ha dichiarato la cessazione della materia del contendere nel giudizio introdotto dal M. al fine di ottenere l'accertamento del proprio diritto all'indennità di accompagnamento e la condanna dell'INPS al pagamento dei ratei scaduti, con gli interessi legali e le spese da distrarre 2 ha condannato l'INPS alla rifusione delle spese processuali liquidate in complessivi Euro 499,00 di cui Euro 274,00 per diritti ed Euro 170,00 per onorari. La Corte d'appello di Cagliari, per quel che qui interessa, precisa che a l'appellante deduce la violazione dei minimi tariffari da parte del Tribunale b egli sostiene che, in base all'art. 13, secondo comma, seconda parte, cod. proc. civ., dovendosi determinare il valore della controversia attraverso la moltiplicazione del rateo mensile Euro 433,83 della prestazione assistenziale in oggetto da riscuotere per dodici mensilità si perviene al risultato che lo scaglione tariffario di riferimento è quello compreso tra Euro 51.700,01 ed Euro 103.300,00, sicché la misura minima degli onorari è pari ad Euro 1.165,00, cui va aggiunto il rimborso delle spese generali nella misura forfetaria del 12,5% c tale tesi non è fondata, in quanto, come ha affermato la giurisprudenza di legittimità, le prestazioni assistenziali partecipano della natura delle prestazioni alimentari , sicché il valore delle relative controversie va determinato in base all'art. 13, comma primo, cod. proc. civ., moltiplicando per due l'ammontare delle somme dovute per ogni anni Euro 433,83 x 24 = 10.411,92 , non essendo da condividere il diverso orientamento della Corte di cassazione secondo cui il valore delle controversie in oggetto deve essere determinato alla stregua del criterio dettato dal secondo comma dell'art. 13 cod. proc. civ. per le cause relative a rendite temporanee o vitalizie d ne consegue che — come ritenuto dal primo giudice e come dallo stesso appellante indicato in via subordinata - lo scaglione tariffario di riferimento nella specie è quello compreso tra Euro 5.164,57 ed Euro 25.822,84 e peraltro, poiché, data la estrema semplicità della presente controversia, il rispetto dei minimi tariffari comporterebbe, nella specie, una manifesta sproporzione tra la prestazione del professionista e l'onorario previsto, applicando lo scaglione suddetto e considerando le voci indicate dall'appellante - studio della controversia Euro 52,50 , consultazioni con il cliente Euro 27,50 , ricerca documenti Euro 17,50 , redazione dell'atto introduttivo del giudizio Euro 52,50 , assistenza a due udienze Euro 30,00 - si giunge ad una somma totale per onorari pari ad Euro 170,00, come stabilito del primo giudice f le spese generali, dovute per legge, non richiedono liquidazione g le spese non seguono la soccombenza dovendosi escludere la manifesta infondatezza e temerarietà della domanda . 2.- Il ricorso di M.E.L. domanda la cassazione della sentenza per un unico motivo l'INPS intimato si limita a produrre delega in calce al ricorso notificato e partecipa alla discussione in udienza. Motivi della decisione I - Sintesi del ricorso. 1.- Con l'unico motivo di ricorso si denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 13, secondo comma, cod. proc. civ., censurando la decisione della Corte d'appello per avere, nella determinazione del valore della causa ai fini delle spese di lite, ritenuto applicabile il criterio di cui all'art. 13 cod. proc. civ., primo comma, anziché il criterio di cui al comma secondo del medesimo art. 13 che comporta il cumulo, sino ad un massimo di dieci, delle annualità della prestazione assistenziale richiesta . In particolare il ricorrente, riportandosi alla giurisprudenza consolidata, ribadisce la applicabilità del detto comma secondo a tutte le prestazioni periodiche previdenziali e assistenziali ed all'uopo rileva che le prestazioni agli invalidi civili sono state sempre e in tutto assimilate alle prestazioni assicurative e che, nel caso in cui sia contestato il diritto alla prestazione, il valore della causa non può che essere pari a dieci annualità . II - Esame delle censure. 1- Il motivo non è fondato, in applicazione del principio di recente affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte, nelle sentenze 21 maggio 2015, n. 10454 e n. 10455, condiviso dal Collegio. 2.1.- Tali pronunce delle Sezioni Unite sono intervenute in sede di composizione del contrasto tra due indirizzi giurisprudenziali riguardanti la determinazione del valore della causa ai fini della liquidazione delle spese di lite nelle controversie relative a prestazioni assistenziali e previdenziali e tradottisi nell'adozione di due differenti criteri, riferiti rispettivamente al primo e al secondo comma dell'art. 13 cit. In particolare, come precisato in tali sentenze - secondo l'indirizzo di gran lunga prevalente, ed altresì consolidato - in materia di controversie previdenziali e assistenziali il valore della causa va determinato in base al secondo comma, ultima parte, del citato art. 13, cumulando le annualità domandate fino a un massimo di dieci , in quanto le relative prestazioni, pur partecipando della natura delle prestazioni alimentari, si concretizzano in una somma di denaro da corrispondere periodicamente e sono assimilabili alla rendita temporanea o vitalizia vedi, per tutte con riferimento sia alle pensioni di invalidità Cass. n. 714/1965, 2310/1975, 2109/1978, 2573/1978, 3398/1978, 5789/1978, 4391/1982, 157/1985, 2837/1986, 373/1989 per l'assegno ordinario di invalidità Cass. 15656/2012 per le rendite INAIL Cass. 23274/2004, 4258/2007, 21841/2007, 2148/2011 per la pensione di inabilità e indennità di accompagnamento Cass. 7203/2004 . In base all'indirizzo minoritario e risalente vedi Cass. n. 4626 del 13 dicembre 1976 invece è stato attribuito rilievo - ai fini che qui interessano - al carattere alimentare della pensione d'invalidità civile e alla sua diversità rispetto alla rendita vitalizia o ad una indennità assicurativa. 2.2.- Al riguardo, le Sezioni Unite, nelle citate sentenze, hanno, in primo luogo, sottolineato che le prestazioni previdenziali e quelle assistenziali hanno una loro natura, che le accomuna nel sistema di sicurezza sociale disegnato dall'art. 38 Cost. v. fra le altre, Corte cost. n. 85/1979 e n. 196/1993 e che le distingue entrambe dalle figure sia delle prestazioni alimentari periodiche sia delle rendite temporanee o vitalizie di cui all'art. 13 cod. proc. civ. tuttavia, con riguardo ai criteri stabiliti dal codice di rito ai fini della determinazione del valore della causa nella specie rilevanti ai fini della liquidazione delle spese giudiziali , la verifica riguardante una ragionevole assimilabilità all'una o all'altra ipotesi, deve essere compiuta nel rispetto sia dell'evidente intento del legislatore di rendere più accessibili i giudizi di natura alimentare sia, prima ancora, del dettato costituzionale. Partendo, quindi, da tale dettato è stato evidenziato che il primo comma dell'art. 38 Cost. sancisce il diritto al mantenimento e all'assistenza sociale del cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari ed il secondo comma stabilisce che i lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria , secondo un elenco non tassativo di eventi, tutti peraltro riferibili lato sensu alla categoria degli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana di cui all'art. 3 Cost, secondo comma. Il terzo comma dello stesso art. 38 riconosce espressamente, tra i diritti, quelli degli invalidi e dei minorati all'istruzione e alla formazione professionale. Dalla norma costituzionale discende, quindi, una tutela effettiva, costituzionalmente vincolata, del diritto alla previdenza, considerato alla stregua di un diritto fondamentale, imprescrittibile e irrinunciabile, tanto che la Corte costituzionale, in molteplici pronunce, ha affermato l'irripetibilità vedi Corte cost n. 383/1990, n. 431/1993 , l'imprescrittibilità vedi Corte cost. n. 206/1988 , l’indisponibilità vedi Corte cost. n. 22/1969 e, infine, la parziale impignorabilità della prestazione vedi Corte cost. n. 468/2002, n. 506/2002 . Il diritto alla previdenza, diretto a porre riparo allo stato di bisogno del lavoratore e della sua famiglia vedi Corte cost. n. 926/1988 , in conseguenza di una serie di eventi idonei ad incidere sulla capacità lavorativa e sulla possibilità di produrre reddito, garantisce anche un quid pluris volto a tener conto, almeno parzialmente, del merito che dal lavoro ma anche dalla contribuzione deriva e che trova riscontro nel tenore di vita raggiunto dal lavoratore alla conclusione della sua vita lavorativa. 2.3.- In definitiva mentre l'art. 38 Cost, al primo comma, garantisce ai cittadini inabili e bisognosi il minimo esistenziale necessario per vivere il secondo comma garantisce ai lavoratori non soltanto la soddisfazione dei bisogni alimentari di pura sussistenza materiale, bensì anche il soddisfacimento di ulteriori esigenze relative al tenore di vita consentito da un pregresso reddito di lavoro, per cui solo per queste ultime è possibile far capo al parametro dell'art. 36 Cost., primo comma vedi Corte cost. n. 196/1993 cit. . Seppure, quindi, è vero che nel tempo a livello legislativo vi è stata una progressiva integrazione fra le due figure, con la estensione della solidarietà anche a soggetti non facenti parte del sistema previdenziale, l'assistenza e la previdenza, in definitiva, sono rimaste pur sempre concettualmente separate e tale separazione, all'interno del sistema di sicurezza sociale, trova fondamento proprio nell'art. 38 Cost. citato. Invero, ed in sostanza, soltanto le prestazioni di assistenza sociale sono fondate e parametrate totalmente ed esclusivamente sullo stato di bisogno e sulla necessità di assicurare i mezzi necessari per vivere , laddove le prestazioni previdenziali da un lato presuppongono un rapporto assicurativo, che è assente nelle prime, e dall'altro sono strutturate e finalizzate in funzione di una tutela più ampia e diversamente strutturata, prevista per i lavoratori assicurati. 2.4.- A ben vedere, quindi, soltanto le prime hanno totalmente e propriamente una natura alimentare, di guisa che alle stesse non può di certo disconoscersi la piena assimilabilità alle prestazioni alimentari al fine, che qui interessa, della scelta del criterio per la determinazione del valore della causa per la liquidazione delle spese. Viceversa tale piena assimilabilità non può essere riconosciuta alle prestazioni previdenziali, pur obbligatorie, le quali, seppure certamente partecipino in parte di una natura alimentare, sono però strutturate e parametrate in funzione diversa e più ampia. 2.5.- Conseguentemente, le Sezioni Unite pur confermando il suindicato indirizzo consolidato con riguardo alle prestazioni previdenziali, hanno stabilito che, nelle controversie relative a prestazioni assistenziali, ai fini della determinazione del valore della causa per la liquidazione delle spese di giudizio deve essere invece applicato il criterio previsto dall'art. 13 cod. proc. civ., primo comma, per cui, se il titolo è controverso, il valore si determina in base all'ammontare delle somme dovute per due anni . III – Conclusioni. 3.- In sintesi, il ricorso deve essere respinto. Quanto alle spese del presente giudizio di cassazione va precisato che non è applicabile l'esonero previsto dalla disciplina dell'art. 152 disp. att. cod. proc. civ. nel testo precedente alla modifica introdotta dall'art. 42, comma 11, del d.l. n. 269 del 2003 convertito legge n. 326 del 2003 perché - essendo stato il ricorso introduttivo del giudizio depositato nel 2005 - nella specie si deve fare riferimento alla suddetta novella, applicabile ai ricorsi conseguenti a fasi di merito introdotte in epoca posteriore al 2 ottobre 2003, data di entrata in vigore dell'indicato decreto legge vedi Cass. 30 marzo 2004, n. 6324 Cass. 12 dicembre 2005, n. 27323 Cass. 16 gennaio 2012, n. 452 Cass. 11 ottobre 2012, n. 17349 . Tuttavia, in considerazione dell'evoluzione giurisprudenziale sulle questioni dibattute e della problematicità delle stesse nel contesto del progressivo assetto del diritto vivente, sussistono giustificati motivi per compensare tra le parti le suddette spese processuali in tal senso, vedi per tutte Cass. 17 gennaio 2014, n. 898 . P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Compensa, tra le parti, le spese del presente giudizio di cassazione.