Concorso concluso e poi annullato: salvo il contratto del vincitore

Inefficace la delibera della giunta comunale, con cui era stata dichiarata la decadenza del contratto, a seguito dell’annullamento della procedura concorsuale. Vittoria definitiva per il lavoratore, assunto dal Comune in qualità di autista impiego salvo.

Concorso pubblico concluso individuata la persona – un uomo – destinata all’assunzione, da parte del comune, in qualità di autista. Per chiudere il cerchio arriva anche la stipula – a maggio 2007 – del contratto individuale di lavoro. Tardivo e inutile il dietrofront dell’amministrazione pubblica, che ha dato il ‘la’ a un procedimento, in via di autotutela, finalizzato all’annullamento del bando di gara, alla luce di specifiche violazioni di legge. Illegittima, in sostanza, la delibera di giunta – a ottobre 2007 – con cui è stato dichiarato decaduto il contratto di lavoro. L’uomo assunto come autista, quindi, riesce a salvare il proprio impiego. Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza n. 19626/15 depositata oggi Concorso nullo. Passaggio decisivo, nella battaglia giudiziaria, è quello in appello, dove i giudici ritengono legittime le pretese di un uomo, prima assunto alle dipendenze di un comune – come autista , a seguito di regolare pubblico concorso , e poi cacciato via in malo modo, con una delibera della giunta comunale , che aveva sancito la decadenza del contratto di lavoro . La delibera , per la verità, è praticamente la punta dell’iceberg, ossia la conseguenza logica, secondo l’amministrazione pubblica, dell’ annullamento dell’intera procedura concorsuale . Ma tale visione viene ritenuta, dai giudici di secondo grado, non corretta per questo, è messa ‘nero su bianco’ la condanna del comune al ripristino del rapporto di lavoro , con relativo risarcimento del danno in favore dell’uomo, con una cifra pari alle retribuzioni non percepite da ottobre 2007. Contratto. Pronta, e piccata, la replica dei rappresentanti del comune, i quali, proponendo ricorso in Cassazione, da un lato sostengono che i giudici di merito non potevano disapplicare l’atto di autotutela dell’ente pubblico, e dall’altro pongono in evidenza le lacune del bando di gara , lacune che avevano richiesto l’ annullamento dell’intera procedura concorsuale . Tali obiezioni, però, si rivelano inutili e irrilevanti per i Giudici del Palazzaccio, i quali ribattono spiegando che, una volta esclusa la presenza di procedimenti e atti amministrativi , allora il potere amministrativo autoritativo si trasforma in potere privato che si esercita mediante atti di natura negoziale . Detto in maniera chiara, sul fronte del lavoro pubblico privatizzato , l’ atto con cui l’amministrazione revoca un incarico , sul presupposto della nullità dell’atto di conferimento , equivale alla condotta del contraente che non osservi il contratto stipulato, ritenendolo inefficace perché affetto da nullità, trattandosi di comportamento con cui si fa valere l’assenza di un vincolo contrattuale e non potendo darsi esercizio del potere di autotutela in capo all’amministrazione datrice di lavoro . Di conseguenza, gli atti e i procedimenti posti in essere dall’amministrazione, sottolineano i giudici, ai fini della gestione dei rapporti di lavoro subordinati debbono essere valutati secondo gli stessi parametri che si utilizzano per i privati datori di lavoro, stante la scelta legislativa dell’adozione di moduli privatistici dell’azione amministrativa . Tutto ciò comporta, ovviamente, la conferma della decisione emessa in appello valido, e intoccabile, il contratto di lavoro dell’uomo assunto come autista.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 16 aprile – 1 ottobre 2015, n. 19626 Presidente Roselli – Relatore Amoroso Svolgimento del processo 1. Con ricorso depositato il 28.9.2009 il sig. D.G.S. esponeva di essere stato assunto alle dipendenze del Comune di Andati, in qualità di autista, a seguito di espletamento di pubblico concorso. Il contratto individuale di lavoro era stato stipulato in data 26.52007. L'Amministrazione aveva successivamente avviato il procedimento in via di autotutela volto all'annullamento del bando di gara e del relativo contratto, in considerazione delle riscontrate violazioni di legge. A seguito di delibera di Giunta n. 70 dei 4.10.2007, il Comune aveva dichiarato decaduto il contratto di lavoro stipulato con il ricorrenre, in considerazione dell'annullamento dell'intera procedura concorsuale. II ricorrente in particolare lamentava l'illegittimità della citata delibera, non avendo l'Amministrazione il potere di recedere unilateralmente dal rapporto di lavoro in via di autotutela. Chiedeva quindi il ripristino del rapporto di lavoro, nonché il risarcimento del danno patrimoniale pari alle retribuzioni non corrisposte a far data dal 4.10.2007. Si costituiva il Comune di Andati contestando in fatto e in diritto la pretesa avversaria. Eccepiva, preliminarmente, il difetto di giurisdizione dei giudice ordinario, venendo in considerazione, nel caso di specie, un potere in via autotutela. Nel merito, affermava la legittimità della revoca del bando di concorso e del successivo contratto di lavoro, in ragione delle numerose violazioni di legge riscontrate. Da ciò discendeva la caducazione automatica del contratto di lavoro. La causa, istruita documentalmente, veniva discussa e decisa all'udienza del 9.7.2010. Il Tribunale Civile di Catanzaro, sezione lavoro, con sentenza n. 1532/10 dello 09/07/2010 - 30/0712010, rigettava la domanda. 2. Avverso tale sentenza il D.G.S. proponeva appello. Si costituiva il comune contestando la fondatezza dell'impugnazione. La Corte di Appello di Catanzaro, con sentenza n. 525/2012, accoglieva l'appello ed in riforma della sentenza di primo grado impugnata, condannava il Comune di Andati al ripristino del rapporto di lavoro con l'appellante e al risarcimento del danno in misura pari retribuzioni non percepite dal 4 ottobre 2007. 3. Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per Cassazione il Comune di Andati articolando i due seguenti motivi di gravame Resiste con controricorso la parte intimata. Motivi della decisione 1. II ricorso è articolato in due motivi. Con il primo motivo il comune ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell'art. 16 della legge n, 56/1987 e dell'art. 35 del d.lgs. 165/2001 art. 360 n. 3 c.p.c. , nonché omessa e insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia e omesso esame di fatti e documenti. Evidenzia in particolare che bando di gara non parlava di autista di scuolabus né si faceva menzione della patente C. Con il secondo motivo il comune ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell'art. 5 della legge 2248/1865 ai sensi 'dell'art. 360 c.p.c. n. 3 in ordine a Ila dis applicazione de 1 p rovvedimento amministrativo i g iudici di m erito non potevano disapplicare l'atto di autotutela del comune. 2. li ricorso - i cui motivi possono essere esaminati congiuntamente in quanto connessi - è infondato. Va ribadito quanto già affermato da questa Corte Cass., sez. lav., 8 aprile 2010, n. 8328 che ha più volte posto in evidenza che in tema di lavoro pubblico privatizzato, nel cui ambito gli atti di gestione del rapporto di lavoro sono adottati con i poteri e le capacità del privato datore di lavoro, l'atto con cui l'amministrazione revochi un incarico quale la revoca di un'assunzione con contratto di lavoro a tempo indeterminato sul presupposto della nullità dell'atto di conferimento per inosservanza dell'ordine di graduatoria, equivale alla condotta del contraente che non osservi il contratto stipulato ritenendolo inefficace perché affetto da nullità, trattandosi di un comportamento con cui si fa valere l'assenza di un vincolo contrattuale, e non potendo darsi esercizio del potere di autotutela in capo all'amministrazione datrice di lavoro. Ne consegue che gli atti e procedimenti posti in essere dall'amministrazione ai fini della gestione dei rapporti di lavoro subordinati devono essere valutati secondo gli stessi parametri che si utilizzano per i privati datori di lavoro, stante la scelta legislativa dell'adozione di moduli privatistici dell'azione amministrativa scelta che la Corte costituzionale ha ritenuto conforme al principio di buon andamento del l'amministrazione di cui all'art. 97 Cost. sentenze nn. 275 del 2001 e 11 del 2002 . Ne consegue che, esclusa la presenza di procedimenti e atti amministrativi, non possono trovare applicazione i principi e le regole proprie di questi, ma il potere amministrativo autoritativo si trasforma in potere privato che si esercita mediante atti di natura negoziale, così come correttamente ha ritenuto la Corte territoriale. 3. Il ricorso va quindi rigettato. Alla soccombenza consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali di questo giudizio di cassazione nella misura liquidata in dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso condanna il ricorrente al pagamento delle spese di questo giudizio di cassazione liquidate in euro 100,00 cento per esborsi e oltre euro 3.000,00 tremila per compensi d'avvocato ed oltre accessori di legge.