In caso di rimpatrio definitivo sono liquidati solo i contributi versati per la pensione

Nell'ipotesi di cessazione del rapporto previdenziale in conseguenza dell'estinzione del rapporto di lavoro e rimpatrio definitivo del lavoratore extracomunitario, spetta, in virtù di quanto previsto dall’art. 22, comma 11, d.lgs. n. 286/1998, la liquidazione dei contributi versati in suo favore, maggiorati del 5% annuo, limitatamente ai soli contributi versati presso la gestione IVS, con esclusione della contribuzione afferente titoli diversi, quali maternità, malattia, disoccupazione, assistenza sanitaria. Ciò in quanto non esiste nel sistema delle assicurazioni sociali un principio generale di restituzione dei contributi legittimamente versati in relazione ai quali non si siano verificati né possano più verificarsi i presupposti per la maturazione del diritto ad una prestazione previdenziale.

Così deciso dalla Corte di Cassazione, Sezione Lavoro con la sentenza n. 19469, pubblicata il 30 settembre 2015. Il caso in esame. Una lavoratrice extracomunitaria, avendo cessato l’attività lavorativa in Italia e lasciato il territorio nazionale, domandava la liquidazione dei contributi versati nel periodo lavorativo, in base a quanto previsto dall’articolo 22 d.lgs. n. 286/1998. La domanda veniva accolta ma la corte d’appello, riformando la sentenza di primo grado, limitava la liquidazione ai soli contributi versati presso la gestione IVS, escludendo la contribuzione riferiti a diversi titoli, quali maternità, malattia, disoccupazione, S.S.N. e CUAF. Ricorreva così in Cassazione la lavoratrice, per la riforma della pronuncia d’appello. La norma di riferimento d. lgs. n. 286/1998. La domanda proposta dalla ricorrente si fonda su quanto stabilito dall’articolo 22, comma 11, d.lgs. n. 286/1998, nel testo precedente alle modifiche introdotte con la l. n. 189/2002. Così recita la norma salvo quanto previsto, per i lavoratori stagionali, dall'art. 25, comma 5, in caso di rimpatrio il lavoratore extracomunitario conserva i diritti previdenziali e di sicurezza sociale maturati e può goderne indipendentemente dalla vigenza di un accordo di reciprocità. I lavoratori extracomunitari che abbiano cessato l'attività lavorativa in Italia e lascino il territorio nazionale hanno facoltà di richiedere, nei casi in cui la materia non sia regolata da convenzioni internazionali, la liquidazione dei contributi che risultino versati in loro favore presso forme di previdenza obbligatoria maggiorati del 5 per cento annuo . Il principio di diritto affermato dalla Corte. La sentenza di merito impugnata viene ritenuta corretta dalla Suprema Corte. I Giudici di legittimità premettono che nel sistema nazionale delle assicurazioni sociali non vi è un diritto in via generale alla restituzione dei contributi legittimamente versati in relazione ai quali non si siano verificati né possano più verificarsi i presupposti per la maturazione del diritto ad una prestazione previdenziale. Richiama la Corte precedenti pronunce rese, con riferimento ad altre normative similari si veda, ad esempio, Cass. n. 10649/ 1990 . Ora secondo il Supremo Collegio la finalità della norma invocata è quella di consentire al lavoratore extracomunitario, mediante il rimborso della contribuzione versata in Italia, la ricostituzione della posizione previdenziale presso lo Stato di appartenenza, ove non vi siano convenzioni internazionali che gli permettano di far valere nello stato estero la contribuzione versata in Italia. E dunque una corretta interpretazione dell’articolo 22 d.lgs. n. 286/1998, secondo i principi generali sopra ricordati, porta ad affermare che il rimborso debba avere ad oggetto unicamente le somme destinate a copertura assicurativa di eventi futuri, che permettano l’erogazione di prestazioni pensionistiche al momento della maturazione dei relativi requisiti. Vanno viceversa esclusi dal rimborso gli importi versati in relazione ai diversi eventi, quali maternità, malattia, disoccupazione, assistenza sanitaria, che avrebbero potuto verificarsi o si sono effettivamente verificati, in costanza di rapporto di lavoro in Italia. Eventi cioè che trovano la loro causa nella copertura di rischio assicurativo per il tempo in cui il rapporto di lavoro, ormai cessato, si è svolto. Alla luce del principio di diritto affermato dalla Corte di Cassazione, deriva che la sentenza d’appello impugnata ha fatto corretta applicazione della norma di riferimento e debba così considerarsi immune da vizi di motivazione. Con conseguente sua conferma e rigetto del ricorso proposto.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 10 giugno – 30 settembre 2015, n. 19469 Presidente Coletti De Cesare – Relatore Ghinoy Ragioni della decisione 1. La Corte d'appello di Roma, in riforma sentenza del Tribunale della stessa sede, riconosceva a L.E.P. la liquidazione dei contributi versati in suo favore, maggiorati del 5% annuo - così come previsto nel testo originario dell'art. 22 comma 11 del D.Lgs. n. 286 del 1998 per i lavoratori extracomunitari che abbiano cessato l’attività lavorativa in Italia e lascino il territorio nazionale - ma limitandola ai soli contributi versati presso la gestione IVS, con esclusione della contribuzione afferente titoli diversi quali maternità, malattia, disoccupazione, CUAF, servizio sanitario nazionale. 2. Per la cassazione di tale sentenza L.E.P. ha proposto ricorso, affidato ad un motivo, cui ha resistito l'Inps con controricorso. 3. La ricorrente sostiene che la Corte avrebbe violato l'art. 22 comma 11 del D.lgs. 25 luglio 1998 n. 286, il cui tenore letterale determinerebbe la restituzione dei contributi nella loro interezza, ed aggiunge che la ratio della decisione del giudice d'appello sarebbe smentita dall'osservazione che, trattandosi di lavoro domestico, il lavoratore non usufruisce di alcuna indennità da parte dell'Inps per il caso di malattia, così come non gode di trattamento di integrazione salariale o di mobilità, sicché sarebbe priva di fondamento la decurtazione della corrispondente parte di contribuzione. 4. Il ricorso non è fondato. Viene all'esame di questa Corte di legittimità la disposizione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 22, comma 11 Testo Unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero , nel testo anteriore alle modifiche introdotte dalla L. n. 189 del 2002, art. 18, comma 13, che sono inapplicabili al caso per cui è processo ratione temporis . La disposizione prevede che in caso di rimpatrio il lavoratore extracomunitario conserva i diritti previdenziali e di sicurezza sociale maturati e può goderne indipendentemente dalla vigenza di un accordo di reciprocità. I lavoratori extracomunitari che abbiano cessato l'attività lavorativa in Italia e lascino il territorio nazionale hanno facoltà di richiedere, nei casi in cui la materia non sia regolata da convenzioni internazionali, la liquidazione dei contributi che risultino versati in loro favore presso forme di previdenza obbligatoria maggiorati dal 5 per cento annuo . A seguito delle modifiche intervenute nel 2002, la norma è stata così riformulata Salvo quanto previsto per i lavoratori stagionali dall'art. 25, comma 5, in caso di rimpatrio il lavoratore extracomunitario conserva i diritti previdenziali e di sicurezza sociale maturati e può goderne indipendentemente dalla vigenza di un accordo di reciprocità al verificarsi della maturazione dei requisiti previsti dalla normativa vigente, al compimento del sessantacinquesimo anno di età, anche in deroga al requisito contributivo minimo previsto dalla L. 8 agosto 1995, n. 335, art. 1, comma 20 . 5. L'interpretazione della normativa del 1998 adottata dalla Corte di merito, che ha limitato la liquidazione alla contribuzione accreditata nella gestione IVS, è conforme a diritto. Occorre premettere che, secondo un generale principio del nostro sistema delle assicurazioni sociali, improntato al criterio solidaristico, non esiste in via generale il diritto alla restituzione dei contributi legittimamente versati, in relazione ai quali non si siano verificati i presupposti per la maturazione del diritto alla prestazione previdenziale cfr., con riferimento ad altre previsioni normative, Cass. n. 10649 del 1990, Cass. ord., n. 16419 del 2014, Cass. n. 4470 del 2015, Cass. n. 4471 del 2015 , per cui, quando la legge dispone la liquidazione di tali contributi, o di una parte di essi, si è in presenza di un beneficio attribuito all'interno del rapporto previdenziale, con intento, dunque, non retributivo, né restitutorio. Ciò significa che l'ammontare della restituzione non coincide necessariamente con l'integralità di quanto versato, ma dipende dalla specifica previsione normativa che la dispone. 5.1. Nel caso in esame, la finalità della previsione, alla quale occorre avere riguardo, è quella di consentire al lavoratore extracomunitario, tramite il rimborso della contribuzione versata in Italia, qualora non vi siano convenzioni internazionali che gli permettano di far valere nello Stato estero detta contribuzione, la ricostituzione di una posizione previdenziale presso lo Stato di appartenenza. Ciò comporta che il rimborso debba avere ad oggetto le somme destinate alla copertura assicurativa di eventi futuri, che permettano l'erogazione di prestazioni pensionistiche al momento della maturazione dei relativi requisiti al contrario, quanto pagato per l'assicurazione contro i diversi eventi quali maternità, disoccupazione, carichi familiari e assistenza sanitaria, che avrebbero potuto verificarsi in Italia nel periodo di occupazione ovvero si sono effettivamente verificati, trovano la loro causa nella copertura del rischio assicurativo per il tempo in cui il rapporto di lavoro si è già svolto. 5.2. Un'indiretta conferma della correttezza dell'interpretazione offerta dalla Corte distrettuale, con riferimento alla funzione pensionistica del mantenimento della contribuzione versata, può ricavarsi anche dal nuovo testo dell'articolo 22 del D.lgs. n. 286 del 1998, introdotto dalla L. n. 189 del 2002, art. 18, comma 13 e sopra riportato, che ha cancellato la facoltà del lavoratore di chiedere la liquidazione dei contributi versati in suo favore, ma ha previsto la conservazione dei diritti previdenziali di sicurezza sociale maturati, che possono essere fruiti al momento della maturazione dei requisiti previsti dalla normativa vigente, anche in deroga al requisito contributivo minimo, al compimento del 65D anno di età. 6. Neppure è vero che i lavoratori domestici non godano di tutele diverse da quella pensionistica, considerato che l’art. 1 del D.P.R. n. 1403 del 1971 elenca le assicurazioni cui sono soggetti i lavoratori domestici, qualunque sia la durata delle prestazioni svolte, individuandole nelle assicurazioni per l'invalidità, la vecchiaia ed i superstiti, contro la tubercolosi e la disoccupazione involontaria disciplinate dal regio decreto-legge 4 ottobre 1935, n. 1827, convertito, con modificazioni, nella legge 6 aprile 1936, n. 1115, e successive modifiche ed integrazioni, nelle norme sugli assegni familiari, di cui al testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 1955, n. 797, e successive modifiche ed integrazioni, nell'assicurazione per la maternità delle lavoratrici disciplinata dal titolo II della legge sulla tutela delle lavoratrici madri, nell'assicurazione contro le malattie di cui alla legge 11 gennaio 1943, n. 138, nelle forme e nei limiti indicati nei successivi articoli 2 e 3, secondo le tutele oggi predisposte dal Servizio Sanitario Nazionale , nell'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro disciplinata dal Decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124, potendo, ovviamente, ricevere le relative prestazioni con riferimento in particolare alla tutela della maternità v. Cass. 22 giugno 1998, n. 6199 . 6.1. Le aliquote contributive corrispondenti a ciascuna delle suddette forme assicurative sono poi stabilite dal successivo art. 5, come modificato dall'art. 22 della L. n. 843 del 1978, con riferimento alla generalità dei lavoratori addetti ai servizi domestici e familiari, sicché per tale verso la destinazione a fini pensionistici della sola contribuzione IVS è un istituto di carattere generale, con esclusione quindi di alcun trattamento deteriore nei confronti dei lavoratori extracomunitari che chiedano la liquidazione dei contributi versati secondo la normativa in esame. 6.3. L'ammontare dei contributi la cui liquidazione è stata riconosciuta alla lavoratrice è stato peraltro determinato nel giudizio di primo grado mediante c.t.u. contabile, con riferimento alla sola contribuzione IVS, con quantificazione che non è stata fatta oggetto di specifica doglianza. 7. Segue il rigetto del ricorso. 7.1. L'assenza di precedenti di questa Corte di legittimità sulla questione determina la compensazione tra le parti delle spese processuali del giudizio. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Compensa tra le parti le spese del presente giudizio di legittimità.