Il pregiudizio derivante dal contratto non basta a dimostrare la malafede della controparte

Non può ritenersi accertata in presenza di un pregiudizio per una delle parti del contratto la malafede dell’altro contraente, in quanto diverse possono essere le ragioni per le quali un soggetto si determini a stipulare un contratto per lui svantaggioso – ragioni che la controparte non è tenuta ad indagare, a meno che risulti evidente o almeno percepibile con l’ordinaria diligenza che la determinazione della controparte costituisce l’estrinsecazione di turbe o menomazioni della sfera volitiva o intellettiva.

Lo ha riaffermato la Corte di Cassazione con la sentenza n. 19458/15, depositata il 30 settembre. Il caso. La corte d’appello territoriale confermava la pronuncia con cui il tribunale aveva respinto la domanda proposta da un uomo nei confronti della s.p.a. presso la quale aveva prestato la propria attività lavorativa, al fine di veder annullato l’accordo transattivo stipulato inter partes ed avente ad oggetto la risoluzione del rapporto di lavoro intercorso tra loro intercorso, con esonero dal preavviso e versamento di un importo a titolo pro quota di incentivo all’esodo e di corrispettivo per il concluso patto di non concorrenza, sul presupposto di un dedotto stato di incapacità naturale. Avverso tale decisione ricorre per cassazione l’uomo, assumendo l’accoglimento, da parte della corte di merito, di un’interpretazione della normativa a tutela della volontà negoziale del contraente in stato di incapacità naturale erroneamente volta ad attribuire rilievo decisivo al requisito della malafede dell’altro contraente – inteso come conoscenza da parte di questi dello stato di incapacità naturale in cui versa l’altra parte. La controparte deve essere consapevole delle menomazioni volitive o intellettive dell’incapace. Gli Ermellini hanno preliminarmente ricordato come, secondo la giurisprudenza di legittimità, il gravissimo pregiudizio contemplato dall’art. 428 c.c. viene in considerazione solo quale elemento indiziario dell’ulteriore requisito dato dalla malafede dell’altro contraente malafede che consiste nella consapevolezza che un contraente abbia della menomazione dell’altro contraente nella sfera volitiva o intellettiva, non risultando di per sé idoneo a costituirne la prova . In effetti, proseguono i Giudici di Piazza Cavour, anche in presenza di un pregiudizio per una delle parti del contratto, non può ritenersi accertata solo su tale base la malafede dell’altro contraente, in quanto diverse possono essere le ragioni per le quali un soggetto si determini a stipulare un contratto per lui svantaggioso. La controparte non è tenuta ad indagare tali ragioni, a meno che le risulti evidente o almeno percepibile con l’ordinaria diligenza che la determinazione della controparte costituisca l’estrinsecazione di turbe o menomazioni della sfera volitiva o intellettiva, giustificandosi un tale limite alla garanzia apprestata dall’art. 428 c.c. all’incapace naturale in relazione alla contrapposta esigenza di tutela dell’affidamento incolpevole dell’altro contraente . Ne deriva, concludono dal Palazzaccio, che la pronuncia resa appare sorretta da una corretta ratio decidendi , a fronte del mancato assolvimento da parte del ricorrente dell’onere di deduzione e prova della malafede della società e, dunque, della consapevolezza o conoscenza da parte della stessa dello stato di incapacità in cui il ricorrente versava al momento della sottoscrizione dell’atto. Quest’ultimo, perciò, è destinato a restare valido, a prescindere dalla ricorrenza o meno di un grave pregiudizio per il ricorrente che lo aveva stipulato. Per tutte le ragioni sopraesposte, la Corte ha rigettato il ricorso in esame.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 26 maggio – 30 settembre 2015, n. 19458 Presidente Amoroso – Relatore De Marinis Svolgimento del processo Con sentenza del 10 agosto 2010, la Corte d'Appello di Bologna confermava la decisione con cui il Tribunale di Bologna respingeva la domanda proposta da M.R. nei confronti della SACMI Impianti S.p.A., alle cui dipendenze aveva prestato la propria attività lavorativa, per l'annullamento, a motivo del dedotto stato di incapacità naturale, dell'accordo transattivo stipulato inter partes ed avente ad oggetto la risoluzione del rapporto di lavoro intercorso tra le stesse, con esonero dal preavviso e versamento di un importo a titolo pro quota di incentivo all'esodo e di corrispettivo per il concluso patto di non concorrenza. La decisione della Corte territoriale discende dall'aver questa ritenuto non fatto oggetto di censura il capo della sentenza che assumeva non provata la ricorrenza dei requisiti cui la legge subordina l'annullamento dell'atto compiuto dall'incapace naturale, dati dalla malafede dell'altro contraente, da intendersi come previa conoscenza da parte di questi dello stato di incapacità naturale in cui versa l'altra parte e dal grave pregiudizio all'autore Per la cassazione di tale decisione ricorre il R., affidando l'impugnazione a due motivi cui resiste, con controricorso, la Società. Entrambe le parti hanno presentato memoria. Motivi della decisione Con il primo motivo, il ricorrente denuncia la violazione del combinato disposto degli arti. 428 e 1425 cn c. in relazione all'art. 2697 c. c. per mancata valutazione e conseguente omessa motivazione in ordine a documentazione decisiva circa il pregiudizio e la conseguente malafede in capo a Sacmi Impianti S.p.A. ed in ogni caso per mancata ammissione delle prove testimoniali destinate a provare la malafede . Nel secondo motivo alla denuncia del medesimo vizio di violazione di legge relativo al combinato disposto degli artt. 428 e 1425 c.c. si aggiunge quella relativa al vizio di insufficiente ovvero contraddittoria motivazione in ordine alla prova dell'incapacità naturale di lui ricorrente. Entrambi i motivi sono intesi a censurare la non conformità a diritto e l'incongruità logica della pronunzia della Corte territoriale, assumendo l'accoglimento, da parte della medesima, di un'interpretazione della normativa codicistica a tutela della volontà negoziale del contraente che versi in stato di incapacità naturale erroneamente volta ad attribuire rilievo decisivo al requisito della malafede dell'altro contraente inteso come conoscenza da parte di questi dello stato di incapacità naturale in cui versa l'altra parte , al punto da ritenere irrilevante, si da non ammettere i mezzi istruttori richiesti a comprova, la ricorrenza dei lamentato pregiudizio economico, viceversa destinato, a detta del ricorrente, a rivestire un ruolo centrale ai fini dell'attivazione del meccanismo normativo di tutela dell'incapace naturale nonché lo stesso stato di incapacità, in relazione al quale la Corte territoriale si limita a serbare un rigoroso silenzio, così da indurre incertezza sulla stessa ravvisabilità del medesimo e legittimare la svolta impugnazione per carenza di motivazione. Entrambi i motivi non meritano accoglimento. Il primo di essi deve ritenersi infondato alla stregua degli orientamenti interpretativi in materia consolidatisi nella giurisprudenza di questa Corte, come espressamente riconosciuto dallo stesso ricorrente. Va in proposito, rilevato come, a tale stregua, il gravissimo pregiudizio contemplato dall'art. 428 c.c. viene in considerazione solo quale elemento indiziario dell'ulteriore requisito dato dalla malafede dell'altro contraente, che, a sua volta, consiste nella consapevolezza che un contraente abbia della menomazione dell 'altro contraente nella sfera volitiva o intellettiva cfr. sul punto Cass. n. 21050/2004 nonché Cass. n. 6999/2000 non risultando di per sé idoneo a costituirne la prova. In effetti, pur in presenza di un pregiudizio per una delle parti del contratto, non può sol per questo ritenersi accertata la malafede dell'altro contraente, in quanto varie, com'è intuibile, possono essere le ragioni per le quali un soggetto si induca a stipulare un contratto sebbene per lui svantaggioso, ragioni che la controparte non è tenuta ad indagare, salvo, appunto, le risulti evidente od, almeno, percepibile con l'ordinaria diligenza, che la determinazione della controparte costituisca l'estrinsecazione di turbe o menomazioni della sfera volitiva o intellettiva cfr. Cass. 2.6.1998, n. 5402 , giustificandosi un tale limite alla garanzia apprestata dall'art. 428 all'incapace naturale in relazione alla contrapposta esigenza di tutela dell'affidamento incolpevole dell'altro contraente. Conseguentemente la pronunzia resa appare sorretta da una corretta ratio decidendi, data dal mancato assolvimento da parte del ricorrente dell'onere di deduzione e prova della malafede della Società e, dunque, della consapevolezza o, il che è lo stesso, della conoscenza, in qualsiasi momento maturata, da parte della Società medesima dello stato di incapacità in cui il ricorrente versava al momento della sottoscrizione dell'atto, destinato, perciò, a restare valido, a prescindere dalla ricorrenza o meno di un grave pregiudizio per il ricorrente che lo aveva stipulato, così sottraendosi all'ulteriore censura relativa alla carenza di motivazione in ordine alla sussistenza del lamentato stato di invalidità di cui al secondo motivo, che deve ritenersi pertanto assorbito. Il ricorso va, dunque, rigettato. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente. giudizio di legittimità che liquida in euro 100,00 per esborsi ed euro 3.500 per compensi e spese generali ed altri accessori di legge.