Dipendente affetto da ludopatia: sottrae denaro in ufficio per giocare alle slot. Licenziato

Legittimo il provvedimento adottato dall’azienda. Evidente la rottura del vincolo fiduciario, a prescindere dalla limitatezza del danno patrimoniale. Irrilevante il richiamo difensivo ai problemi causati dalla dipendenza da gioco illogico parlare di incapacità di intendere e di volere.

Slogan d’attualità, oggi più che mai Il gioco può causare dipendenza”. Ma tale principio non pare applicabile alla lettera e fino alle sue estreme conseguenze, cioè non può condurre a ritenere il giocatore incapace di intendere e di volere. Esemplare, a questo proposito, la vicenda di un dipendente di Poste Italiane, colpevole di essersi appropriato in ufficio di somme di denaro, poi utilizzate per le slot machines . Irrilevante la dipendenza da gioco” lamentata dall’uomo legittimo il licenziamento deciso dall’azienda. Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza numero 19307/15 depositata oggi Denaro. Passaggio decisivo – e sfavorevole al lavoratore – è quello in appello, dove viene sancita la legittimità del licenziamento disposto da Poste Italiane nei confronti del dipendente, beccato a prelevare somme di denaro – oltre 2mila euro, di cui poi più di 900 euro restituiti – disponibili per motivi di servizio . Per i giudici è evidente la rottura del legame fiduciario , a prescindere dalla entità del danno patrimoniale arrecato . Allo stesso tempo, viene ritenuto secondario il disagio psicologico lamentato dall’uomo e connesso alla sua dipendenza da gioco . Consapevolezza. Ma proprio sulla sua – presunta – ludopatia batte nuovamente, nel contesto della Cassazione, il lavoratore, sostenendo la tesi della vera e propria malattia psichica . Tale elemento, ovviamente, a dire dell’uomo, è stato ignorato in appello, ma avrebbe dovuto essere preso in considerazione per valutare la sua effettiva capacità di intendere e di volere . Da rimettere in discussione, di conseguenza, il licenziamento? Assolutamente no, ribattono i Giudici del Palazzaccio, i quali condividono le valutazioni tracciate in secondo grado. Detto in maniera chiara, il disagio psicologico connesso alla dipendenza da gioco non aveva determinato un’incapacità psichica talmente grave da impedire all’uomo di rendersi conto delle sue azioni . Ciò significa che l’uomo era pienamente consapevole delle proprie condotte, ossia della appropriazione delle somme disponibili in ufficio per motivi di servizio . Di conseguenza, sanciscono i Giudici della Cassazione, è da considerare come corretto il provvedimento adottato dall’azienda, perché il licenziamento è stato collegato non all’entità del danno patrimoniale prodotto dal lavoratore, bensì all’evidente rottura del vincolo fiduciario .

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 9 luglio – 29 settembre 2015, numero 19307 Presidente/Relatore Roselli Svolgimento del processo Con sentenza del 30 giugno 2014 la Corte d'appello di Caltanissetta, in riforma della decisione emessa dal Tribunale, rigettava la domanda proposta da S. G. contro la datrice di lavoro s.p.a. Poste italiane ed intesa all'accertamento dell'illegittimità del licenziamento intimatogli il 26 aprile 2012 per l'appropriazione di somme di denaro disponibili per motivi di servizio. La Corte d'appello negava anzitutto di poter tenere conto degli addebiti disciplinari posti dalla società a base di un secondo licenziamento, del 13 maggio 2014, né di certificati medici rilasciati nel 2013 e 2014 dal Servizio tossicodipendenze di Caltanissetta, i quali, utilizzati dal lavoratore per provare l'assenza della propria capacità di intendere e di volere, avrebbero costituito un'inammissibile causa nuova della domanda giudiziale, in origine basata soltanto su una dipendenza da gioco con macchine a gettone C slot machines . Quanto ai fatti addebitati, era accertato che il G. si era appropriato di 1281,83 euro, relativi a cinque versamenti in conto corrente non regolarmente contabilizzati. Egli aveva successivamente restituito la somma di 944,11 euro, ricavati dall'irregolare contabilizzazione di altri dodici versamenti. Il disagio psicologico connesso alla dipendenza da gioco non aveva determinato un'incapacità psichica talmente grave da impedirgli di rendersi conto del significato delle sue azioni, come risultava anche dalla relazione di uno psicologo da lui prodotta e nelle quale si parlava soltanto di disturbi d'ansia . I fatti interrompevano il legame fiduciario necessariamente intercorrente fra datore di lavoro e lavoratore addetto al maneggio di denaro, senza che rilevasse l'entità del danno patrimoniale arrecato. Contro questa sentenza ricorre per cassazione il G. mentre la s.p.a. Poste italiane resiste con controricorso. Memorie utrinque. Motivi della decisione Col primo motivo il ricorrente lamenta omesso esame di un fatto decisivo e discusso dalle parti, ma poi si riferisce ad una sua malattia psichica immotivatamente negata dalla Corte d'appello, che incomprensibilmente ha affermato un semplice disturbo d'ansia, adesso dallo stesso ricorrente con la produzione di una relazione psicologica. Il motivo è inammissibile poiché con esso il ricorrente in realtà non denuncia una mancanza di motivazione su un fatto determinato e decisivo ma chiede a questa Corte di legittimità un'impossibile rivalutazione delle risultanze istruttorie, e in particolare chiede di ravvisare uno stato d'incapacità naturale là dove il perito di parte aveva parlato di un disturbo d'ansia con notevole viraggio in senso depressivo della sua personalità . Col secondo motivo il ricorrente deduce la violazione dell'articolo 437 cod. proc. civ, per non avere la Corte d'appello ammesso la produzione di nuovi documenti comprovanti una tossicodipendenza, addotta quale nuova causa uetendi. Il ricorrente nega la novità della causa petendi, la quale era rimasta identica a quella affermata in primo grado ed era consistita nella malattia psichica rivelata dalla dipendenza da gioco oppure da sostanze tossiche. Neppure questo motivo è fondato poiché il collegio di merito ha esercitato negativamente in modo incensurabile il potere di ammettere in appello nuovi mezzi di prova, idonei a mutare l'oggetto del contraddittorio attraverso la prospettazione di fatti mai dedotti in primo grado. Col terzo motivo il ricorrente lamenta ancore l'omesso esame di un fatto decisivo, che però non indica, parlando di motivazione perplessa e incomprensibile pag.13 del ricorso sull'asserito stato di malattia, successivamente invocando I'articolo 2110 cod. civ, che regola lo svolgimento del rapporto di lavoro in caso di malattia del lavoratore, ed infine dolendosi della mancata nomina di un consulente tecnico medico. Il motivo è inammissibile per il suo contenuto vario ed incerto, incompatibile con le prescrizioni dell'articolo 366, nnumero 3 e 4, cod. proc. civ. e con il diritto di difesa spettante alla controparte. Col quarto motivo il ricorrente deduce la violazione degli articolo 53 e 54 c.c.numero l. di categoria 201012012 e in particolare del principio di proporzionalità delle sanzioni disciplinari ma, a parte il profilo di improcedibilità per mancato deposito del testo integrale del detto contratto collettivo insieme col ricorso per cassazione articolo 369, numero 4, cod. proc. civ. , la manifesta infondatezza della doglianza risulta dalla sentenza impugnata, la quale ha legittimamente, ossia senza violazione del principio di proporzionalità, connesso il licenziamento del lavoratore addetto al maneggio di denaro non all'entità del danno patrimoniale da lui prodotto bensì all'interruzione del vincolo fiduciario con la datrice di lavoro. Rigettato il ricorso, le spese seguono la soccombenza. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali in euro cento/00, oltre ad euro tremilacinquecento/00 per compenso professionale, più accessori di legge. Ai sensi dell'articolo 13, comma 1 quater, d.P.R. numero 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.