I periodi di godimento della pensione di invalidità non sono utili per la pensione di vecchiaia

La trasformazione della pensione di invalidità in pensione di vecchiaia al raggiungimento dell’età pensionabile è possibile se per tale ultima pensione sussistono i requisiti anagrafici e contributivi, non potendo beneficiare il lavoratore, per incrementare l’anzianità contributiva, del periodo di godimento della pensione di invalidità.

Così ha ribadito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 19034/15, depositata il 25 settembre. Il caso. La Corte d’appello di Messina, in linea con la decisione del giudice del Lavoro del Tribunale di Patti, accoglieva la domanda di una donna che aveva fatto richiesta, disattesa dall’INPS, di trasformare la pensione di invalidità in pensione di vecchiaia. Avverso tale decisione ricorre per cassazione l’istituto previdenziale, contestando in particolare che il periodo di fruizione della pensione di invalidità possa essere considerato utile per la maturazione del requisito contributivo richiesto per la pensione di vecchiaia. Pensione di invalidità non trasformabile in pensione di vecchiaia. La S.C. ribadisce a proposito, che la trasformazione della pensione di invalidità in pensione di vecchiaia al compimento dell’età pensionabile è possibile se per quest’ultima pensione ne sussistono i requisiti anagrafici e contributivi, non potendo beneficiare il lavoratore, ai fini di aumentare l’anzianità contributiva, il periodo di fruizione della pensione di invalidità. A riguardo, gli ermellini escludono che, in tema di pensione di invalidità, possa trovare applicazione l’articolo 1, comma 10, l. n. 222/84 in riferimento all’assegno di invalidità, secondo cui i periodi di godimento di tale assegno in cui non sia stata prestata attività lavorativa si ritengono utili ai fini del diritto alla pensione di vecchiaia. I motivi della non applicazione della norma sull’assegno di invalidità. Le ragioni di tale esclusione risiedono, nell’interpretazione giurisprudenziale datane dalla S.C., nel fatto che la normativa sulla pensione di invalidità non contiene alcuna previsione circa l’utilizzazione del periodo di godimento ai fini dell’incremento dell’anzianità contributiva nel carattere eccezionale delle disposizioni che nell’ordinamento previdenziale assegnano lo stesso incremento in mancanza di prestazione lavorativa e di versamento di contributi e, infine, nelle differenze esistenti tra la disciplina sulla pensione di invalidità e quella sull’assegno di invalidità, nella misura in cui quest’ultimo è sottoposto a requisiti più rigorosi. Per tali motivi, la Corte di Cassazione accoglie il ricorso dell’INSP e cassa la sentenza impugnata.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 16 giugno – 25 settembre 2015, numero 19034 Presidente/Relatore Amoroso Svolgimento del processo 1. Con ricorso al Giudice de! Lavoro del Tribunale di Patti depositato in data 3 giugno 2002 M. M. espose che aveva avanzato in data 24 - 10 - 2000 domanda per la trasformazione in pensione di vecchiaia in quanto titolare di pensione di invalidità cat. IO con decorrenza 11 - 1979, essendo in possesso dei requisiti contributivi e di età richiesti e che l’Istituto aveva disatteso la richiesta chiese il riconoscimento del diritto alla trasformazione della prestazione previdenziale a far tempo dalla presentazione della domanda amministrativa, in applicazione dell' art. 1, comma 10 L.222 / 1984, con condanna dell' INPS alla liquidazione e pagamento delle differenze sui ratei, maggiorati di interessi legali, con vittoria di spese e compensi difensivi. L' INPS non si costituì in giudizio nonostante rituale notificazione dell' atto introduttivo. Con sentenza numero 138 / 2007 del 22 gennaio 2007 il giudice del lavoro accoglieva la domanda, ritenendo sussistenti le condizioni legittimanti la chiesta trasformazione della pensione di invalidità in pensione di vecchiaia a decorrere dalla domanda, con vittoria di spese e compensi difensivi. 2. Avverso tale sentenza, con ricorso depositato il 22 marzo 2007 l'INPS propose appello, sostenendo che difettava l'interesse ad agire, posto che la trasformazione comporterebbe una diminuzione dell' importo della prestazione erogata in tutti i casi in cui la pensione di invalidità sia stata liquidata con benefici economici collegati alla pensione di invalidità e non conseguibili con la pensione di vecchiaia contestò che si potesse procedere alla trasformazione della pensione in mancanza di un principio generale che lo prevedesse, stante che la disposizione invocata era dettata per l' assegno di invalidità e non la pensione rilevò la carenza dei requisiti assicurativi e contributivi previsti dalla vigente normativa assumendo in particolare che l'istante non raggiungeva il numero di contributi richiesto al momento del raggiungimento dell' età pensionabile ha chiesto la riforma della decisione impugnata con la declaratoria di insussistenza del diritto azionato. La M. si costituiva in giudizio deducendo la infondatezza del gravame e ne chiedeva il rigetto. La corte d'appello di Messina con sentenza del 15 aprile 2010-quattro agosto 2010 rigettava l'appello dichiarando compensate tra le parti le spese del grado. All'udienza odierna, all'esito della discussione orale, la causa viene decisa dando pubblica lettura del dispositivo di questa sentenza. 3. Avverso questa pronuncia ricorre per cassazione l'Inps con due motivi. La parte intimata non ha svolto difesa alcuna L'Istituto ha anche depositato memoria. Motivi della decisione 1. II ricorso è articolato in due motivi con cui l'Istituto contesta l'affermazione della corte d'appello secondo cui, nel caso di trasformazione della pensione di invalidità, avente decorrenza prima della legge numero 222 del 1984, in pensione di vecchiaia, i periodi di godimento della pensione di invalidità sono utili ai fini del diritto alla pensione di vecchiaia. In particolare [Istituto contesta che i periodi di godimento della pensione di invalidità siano utili ai fini del diritto alla pensione di vecchiaia. Sostiene l'Istituto che la disciplina della pensione d'invalidità non consente l'accredito di contributi figurativi relativi al periodo di produzione di tale pensione, ne può ritenersi che il periodo di fruizione della pensione d'invalidità possa essere considerato come un utile ai fini della maturazione del requisito contributivo richiesto per la pensione di vecchiaia. L'Istituto ricorrente ha poi sostenuto in via subordinata che la trasformazione della pensione d'invalidità intenzione di vecchiaia non comporta anche il diritto a conservare il trattamento economico eventualmente più favorevole della trinità. 2. Il ricorso - i cui motivi possono essere esaminati congiuntamente - è fondato. Questa Corte Cass. 27 dicembre 2011 numero 29015 ha già affermato - e qui ribadisce - che la trasformazione della pensione d'invalidità in pensione di vecchiaia al compimento dell'età pensionabile è possibile ove di tale ultima pensione sussistano i requisiti propri anagrafico e contributivo, non potendo essere utilizzato, ai fini di incrementare l'anzianità contributiva, il periodo di godimento della pensione d'invalidità. Infatti, deve escludersi la possibilità di applicare alla pensione d'invalidità la diversa regola prevista dall'art. 1, comma 10, della legge numero 222 del 1984 in riferimento all'assegno d'invalidità - secondo cui i periodi di godimento di detto assegno nei quali non sia stata prestata attività lavorativa si considerano utili ai fini del diritto alla pensione di vecchiaia - giacché ostano a siffatta operazione ermeneutica la mancanza di ogni previsione, nella normativa sulla pensione d'invalidità, della utilizzazione del periodo di godimento ai fini dell'incremento dell'anzianità contributiva, il carattere eccezionale delle previsioni che nell'ordinamento previdenziale attribuiscono il medesimo incremento in mancanza di prestazione di attività lavorativa e di versamento di contributi, nonché le differenze esistenti tra la disciplina sulla pensione d'invalidità e quella sull'assegno d'invalidità, laddove quest'ultimo, segnatamente, è sottoposto a condizioni più rigorose, anche e soprattutto rispetto al trattamento dei superstiti. A questo indirizzo va ora data ulteriore continuità. 3. II ricorso va quindi accolto con conseguente cassazione della sentenza impugnata. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto la causa può essere decisa nel merito con il rigetto dell'originaria domanda. Non occorre provvedere sulle spese di lite ex art. 152 disp. att. cod. proc. civ., nuovamente vigente a seguito di C. cost. numero 134 del 1994, non trovando applicazione ratione temporis l'art. 42, comma 11, d.l. 30 settembre 2003 numero 269, cont. in 1. 24 novembre 2003 numero 326. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito rigetta l'originaria domanda. Nulla sulle spese per l'intero processo.