Concessioni di viaggio: sono computabili nel trattamento garantito al lavoratore trasferito?

La conservazione del vantaggio economico derivante dalle concessioni di viaggio, fruite dal dipendente delle Ferrovie dello Stato anteriormente al trasferimento ad altra amministrazione, è limitata ai dipendenti che, al momento del trasferimento, abbiano maturato il diritto a pensione.

Così ha chiarito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 186666, depositata il 22 settembre 2015. Il caso. La Corte d’appello di Firenze, riformando la decisione del Tribunale della stessa città, accoglieva la domanda di un lavoratore che chiedeva che le concessioni di viaggio fossero computate nel trattamento garantito al lavoratore trasferito. Avverso tale decisione ricorre per cassazione il CNR. Voci retributive certe, predeterminate e di necessaria erogazione. Si tratta per i giudici di legittimità di chiarire se le concessioni di viaggio facciano parte o no del trattamento economico goduto al momento del trasferimento in mobilità e se come tali siano o meno computabili nel trattamento garantito al lavoratore trasferito in un’altra amministrazione. Sul tema, gli ermellini ribadiscono, richiamando anche una sentenza delle Sezioni Unite del 2010 Cass., sez. Unite, n. 14898/10 , che l’art. 5, comma 2, d.P.C.M. n. 325/1988, nello stabilire che il dipendente conserva, se più favorevole, il trattamento economico in godimento all’atto del trasferimento tramite l’attribuzione ad personam della differenza, non riguarda qualunque vantaggio economico, ma soltanto le voci che non solo abbiano carattere retributivo, ma siano anche certe, predeterminate e di necessaria erogazione . Dipendenti delle Ferrovie dello Stato. Di conseguenza, in caso di procedure di mobilità relative dipendenti delle Ferrovie dello Stato, non può essere preso in considerazione il vantaggio economico dalle concessioni di viaggio, goduto dal dipendente prima del trasferimento. Si tratta infatti di benefici, in ogni caso connessi alle particolari caratteristiche e modalità della prestazione esercitata presso l’ente di origine, la cui conservazione a carico delle Ferrovie dello Stato adesso s.p.a. è comunque limitata, secondo quanto previsto dalla disciplina contrattuale successiva alla l. n. 210/85, ai dipendenti che, al momento del trasferimento, abbiano maturato il diritto alla pensione, per avere un’anzianità di servizio effettivo di venti anni condizione necessaria per la maturazione del diritto a pensione Cass., n. 22379/14 . Non essendo stata messa in discussione nel caso di specie, la circostanza per cui, all’atto del passaggio di lavoratori in causa ad altra amministrazione, gli stessi non avevano maturato il diritto al trattamento pensionistico, requisito necessario per beneficiare del vantaggio economico in questione , non poteva essere pertanto loro riconosciuto il mantenimento di tale beneficio. Per questi motivi, la Corte di Cassazione cassa la sentenza impugnata.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 21 aprile – 22 settembre 2015, n. 18666 Presidente Macioce – Relatore Buffa Svolgimento del processo La Corte d'appello di Firenze, con sentenza del 14/11/08, in riforma della sentenza del 11/4/08 del tribunale della stessa sede, ha accolto la domanda del lavoratore volta al computo delle concessioni di viaggio nel trattamento garantito al lavoratore trasferito In particolare, la corte territoriale ha ritenuto che le concessioni di viaggio costituiscono parte integrante del trattamento retributivo goduto al momento del trasferimento in mobilità e come tale oggetto di mantenimento presso il nuovo datore. Avverso tale sentenza ricorre il CNR per due motivi, cui resiste con controricorso il lavoratore. Il collegio ha autorizzato la redazione di motivazione semplificata. Motivi della decisione Con il primo motivo di ricorso si deduce violazione degli 5 co. 2 d.p.c.m. n. 325/88 e 12 I. 153/69, per aver riconosciuto il trascinamento della retribuzione, ivi include le concessioni di viaggio, sebbene il lavoratore non avesse maturato il diritto a pensione. Con il secondo motivo di ricorso si deduce Vizio di motivazione sulla natura retributiva delle concessioni. Il ricorso è fondato. Oggetto della controversia è la questione se le concessioni di viaggio siano o meno parte dei trattamento economico goduto al momento del trasferimento in mobilità e se come tali siano o meno computabili nel trattamento garantito al lavoratore trasferito ad altra amministrazione. La costante giurisprudenza di questa Corte, avallata nel 2010 anche delle Sezioni Unite della Cassazione con sentenza 21 giugno 2010 n. 14898, ha infatti affermato che, in materia di procedure di mobilità nell'ambito delle pubbliche amministrazioni, il D.P.C.M. 5 agosto 1988, n. 325, art. 5, nel prevedere, al comma 2, che il dipendente conserva, ove più favorevole, il trattamento economico in godimento all'atto dei trasferimento mediante l'attribuzione ad personam della differenza, non si riferisce a qualsiasi vantaggio economico, ma solo alle voci che non solo abbiano natura retributiva, ma siano anche certe, predeterminate e di necessaria erogazione cui corrisponde, ai sensi del D.P.C.M. n. 428 dei 1989, l'obbligo dell'ente di provenienza di trasferire i relativi fondi all'ente di nuova destinazione . Pertanto, in caso di procedure di mobilità riguardanti dipendenti delle Ferrovie dello Stato, non può essere considerato il vantaggio economico derivante dalle c.d. concessioni di viaggio, di cui il dipendente abbia fruito anteriormente al trasferimento, trattandosi di benefici, comunque connessi alle particolari caratteristiche e modalità della prestazione svolta presso l'ente di provenienza, la cui conservazione, a carico delle Ferrovie dello Stato ora società per azioni , è comunque limitata, secondo la disciplina contrattuale successiva al processo di delegificazione introdotto dalla L. n. 210 del 1985 art. 69 c.c.n.l. 1990-1992 accordo sindacale 15 maggio 1991 , ai dipendenti che, al momento dei trasferimento, abbiano maturato il diritto a pensione, per avere un'anzianità di servizio effettivo di venti anni che è requisito indispensabile per la maturazione del diritto alla pensione tra le tante Cass. 3 dicembre 1997 n. 12286, Cass. 6 marzo 1999 n. 1916, Cass. 22 maggio 2000 n. 6663, Cass. 26 luglio 2000 n. 9819 e Cass. 18 aprile 2002 n. 5590, Cass. 21 luglio 2010 n. 17094, Cass. 21 gennaio 2013 n. 1319, 9 dicembre 2013 n. 27449 e, da ultimo, Cass. 24 ottobre 2014, n. 22379, tutte riguardanti domande proposte nei confronti del nuovo datore di lavoro dello stesso collegio, Cass. n. 5707, no~4885 e 1699, tutte del 2015 . Di conseguenza non essendo contestato che all’atto, del passaggio, ex D.C.P.M. dei lavoratori in causa ad altra Arrrr,ynistrazione gli stessi non avevano perfezionato il diritto al trattamento pensionistico presupposto per il riconoscimento del beneficio in questione non poteva loro essere riconosciuto il mantenimento di detto beneficio, ovverosia del relativo controvalore. Ne deriva che il ricorso va accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata non essendo necessari ulteriori accertamenti, la causa va decisa nel merito, con il rigetto della domanda introduttiva dei giudizio. Le spese del giudizio di merito possono essere compensate in ragione delle diverse soluzioni interpretative della questione oggetto di giudizio accolte dalla giurisprudenza di merito, mentre le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza. P.Q.M. accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo la causa nel merito, rigetta la domanda introduttiva del giudizio condanna il controricorrente al pagamento delle spese di lite, che si liquidano in € 2500,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito compensa le spese del giudizio di merito.