Niente anticipazione sul TFR agli insegnati in congedo

L’indennità di fine servizio spettante al dipendente pubblico nella specie, indennità di buonuscita non è assimilabile al trattamento di fine rapporto i due istituti sono regolati da discipline diverse, né l’estensione ai dipendenti pubblici della disciplina di cui all’art. 2120 c.c. è desumibile dall’art. 7 l. n. 53/2000, essendo tale rinvio espressamente riferito al solo all’ottavo comma dell’art. 2120 c.c., recante l’elencazione delle causali di accesso al beneficio dell’anticipazione del TFR.

Cosi ha deciso la Corte di Cassazione con la sentenza n. 18230/15, depositata il 17 settembre. Trattamento di fine rapporto e trattamento di fine serviziogemelli diversi. Un’insegnate aveva chiesto, nel luglio 2003, un congedo per formazione c.d. anno sabatico per l’anno scolastico 2003-2004, come periodo di aspettativa non retribuita, al fine di poter svolgere un periodo di studi e ricerca presso un’università estera. A tal fine aveva richiesto all’INPDAP l’anticipazione del trattamento di fine rapporto, ma la domanda era stata respinta. Tuttavia, la docente si vedeva riconosciuto il suo diritto all’anticipazione del TRF nei primi due gradi di giudizio. Secondo i giudici di merito, infatti, sulla scorta dell’art. 7, comma 1, l. n. 53/2000, era possibile ritenere che tutte le ipotesi di anticipazione del TFR, sia quelle previste dall’art. 2120 c.c., sia quelle per i congedi di cui alla l. n. 53/2000, si applicavano a tutti i dipendenti, pubblici e privati, comunque fosse denominato il fondo avente analoga funzione del trattamento di fine rapporto. Da questo punto di vista, quindi, restava irrilevante la diversa natura della buonuscita rispetto al TFR. Con ricorso in cassazione, l’INPDAP deduce come l’indennità di buonuscita ex d.P.R. n. 1032/973 abbia caratteristiche proprie e non sia affatto assimilabile al TFR previsto e disciplinato dall’art. 2120 c.c La Suprema Corte è, quindi, chiamata a decidere se il personale dipendente dalle pubbliche amministrazioni, iscritto all’INPDAP, possa ottenere anticipazioni del proprio trattamento di fine servizio, in modo analogo a quanto previsto dal codice civile, relativamente al trattamento di fine rapporto per i privati. Congedo formativo senza un euro. La risposta è no. Trattamento di fine rapporto e trattamento di fine servizio non sono assimilabili. Premesso che l’insegnante aveva usufruito di un congedo per fini formativi, è necessario considerare l’art. 5, l. n. 53/2000 che consente ai dipendenti pubblici e privati di richiedere una sospensione del rapporto di lavoro per congedi di formazione per un determinato periodo di tempo. In tale disposizione si innesta l’art. 7 della citata legge, che, al primo comma, introduce nuovi motivi di richiesta dell’anticipazione del TFR, nuovi e diversi da quelli già previsti dall’art. 2120, comma 8, c.c Tale norma, però, si limita ad aggiungere cause di richiesta dell’anticipazione, ma non determina alcuna equipollenza tra il trattamento di fine rapporto ex art. 2120 c.c. e quello di fine servizio, operante nel pubblico impiego, il quale soggiace ad una disciplina speciale. La Corte di Cassazione aveva già precisato come i dipendenti pubblici abbiano da sempre goduto dell’indennità di buonuscita ex d.P.R. n. 1032/1973, mentre l’istituto del TFR, vigente per i lavoratori privati, è stato loro esteso solo per i nuovi assunti Tutto sta nelle modalità applicative. Il caso di specie risulta ancora regolato dalla l. n. 335/1995, per la quale il trattamento di fine servizio per i dipendenti già in servizio al 31.12.1995 è demandata alla contrattazione collettiva soltanto per quanto riguarda la definizione delle modalità applicative. Ne consegue che non può trovare applicazione l’art. 2120 c.c., ma può operare il d.P.R. n. 1031/1973 che non prevede alcuna possibilità di anticipazione del TFR o simili per i dipendenti pubblici. Se si applica il d.P.R. n. 1031/1973, quindi, non si applica l’art. 7, comma 1, l. n. 53/2000 che prevede l’estensione oggettiva dei casi che consentono l’accesso all’anticipazione. Ciò significa che, l’estensione oggettiva dell’istituto di anticipazione del trattamento di fine rapporto rispetto alle ipotesi contemplate dall’art. 2120, comma 8, c.c., non opera nei confronti dei lavoratori pubblici, fino all’emanazione della normativa di attuazione. In mancanza delle norme attuative resta, quindi, operante la disciplina dettata dal d.P.R. n. 1032/1973, che non prevede l’anticipazione dell’indennità di buonuscita. In conclusione, si potrebbe anticipare la buonuscita, se si sapesse come.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 16 giugno – 17 settembre 2015, numero 18230 Presidente Macioce – Relatore Blasutto Svolgimento del processo La Corte d'Appello di Firenze, con sentenza depositata il 27 settembre 2008, ha rigettato l'appello proposto dall'INPDAP e così confermato la sentenza del locale Tribunale, che aveva accolto la domanda proposta da M.G. avente ad oggetto l'anticipazione del trattamento di fine rapporto. La lavoratrice, dipendente del Ministero dell'Istruzione in qualità di docente, aveva chiesto nel mese di luglio 2003 un congedo per la formazione c.d. anno sabatico per l'anno scolastico 2003-2004, come periodo di aspettativa non retribuita, al fine di potere svolgere un periodo di studi e ricerca presso un'università estera. A tal fine aveva richiesto all'INPDAP l'anticipazione del trattamento di fine rapporto, ma la domanda era stata respinta. La Corte d'Appello di Firenze ha confermato la sentenza di accoglimento della domanda sulla base delle considerazioni che seguono. La L. numero 53 del 2000, art. 7, comma 1, aveva previsto la possibilità di ottenere l'anticipazione per i congedi, oltre che nei casi di cui all'art. 2120 cod. civ., anche nelle altre ipotesi previste dalla stessa legge ai fini delle spese da sostenere durante i periodi di fruizione dei congedi di cui alla L. 30 dicembre 1971, numero 1204, art. 7, comma 1, come sostituito dall'art. 3, comma 2, della presente legge, e di cui agli artt. 5 e 6 della presente legge ed aveva inteso attribuire il relativo diritto a tutti i dipendenti pubblici e privati, comunque fosse denominato il fondo avente analoga funzione e destinazione del trattamento di fine rapporto anche alle domande di anticipazioni per indennità equipollenti al trattamento di fine rapporto, comunque denominate, spettanti a lavoratori dipendenti di datori di lavoro pubblici e privati . Da tale disposizione era possibile ritenere che tutte le ipotesi di anticipazione del TFR, quelle previste dall'art. 2120 cod. civ. e quelle per i congedi di cui alla L. numero 53 del 2000, si applicano ai dipendenti privati e pubblici, comunque sia denominato il fondo avente analoga funzione e destinazione del trattamento di fine rapporto, così restando irrilevante la diversa natura della buonuscita rispetto al TFR. Non poteva essere di ostacolo al riconoscimento del diritto in favore del dipendente pubblico la mancata normativa di attuazione demandata al Ministero della Funzione Pubblica, ben potendo farsi applicazione delle regole, anche contabili, dettate dall'art. 2120 cod. civ., mediante meri riscontri aritmetici riguardo alla posizione dei singoli dipendenti. Argomenti a supporto di tale tesi potevano ricavarsi dalla sentenza numero 9/2000 della Corte Costituzionale, la quale, investita della questione sollevata da dipendente pubblico il cui rapporto era escluso dalla privatizzazione, aveva negato la disparità di trattamento, così implicitamente confermando che la disposizione di cui all'art. 2120 cod. civ. possa trovare applicazione ove si tratti di dipendente pubblico il cui rapporto di lavoro viene regolato dal diritto privato. Per la cassazione di tale sentenza ricorre l'INPDAP sulla base di un motivo di impugnazione. Resiste la lavoratrice con controricorso, seguito da memoria ex art. 378 cod. proc. civ Motivi della decisione Preliminarmente, deve essere dichiarata l'inammissibilità degli atti prodotti dal ricorrente Istituto in prossimità dell'udienza di discussione, ancorché riferibili a produzioni avvenute nel giudizio di merito. Come già affermato da questa Corte, con orientamento che si intende ribadire, la documentazione allegata dai ricorrenti per Cassazione alla memoria depositata in prossimità dell'udienza è inammissibile ai sensi dell'art. 372 cod. proc. civ., che vieta la produzione nel giudizio di cassazione di atti diversi da quelli riguardanti la nullità della sentenza impugnata o l'ammissibilità del ricorso o del controricorso e che non considera gli atti o documenti già prodotti nei gradi di merito, non perché ne sia permessa la produzione, ma perché alle parti è sufficiente il richiamo ad essi. Né è possibile, nell'udienza di cassazione, procedere alla ricostruzione di fascicoli di giudizio di merito, poiché al giudice di legittimità non sono consentiti accertamenti ed apprezzamenti di fatto in tali termini, Cass. numero 5123 del 2005 v. pure Cass. Sezioni Unite numero 28505 del 2005, nonché Cass. 21140 del 2004, numero 6656 del 2004 . Peraltro, ove tale produzione fosse da intendersi come intesa a contrastare l'eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata dalla resistente per preclusione da giudicato interno, dovrebbe comunque rilevarsene l'inammissibilità atteso che non risultano osservate le regole dettate dall'art. 372 cod. proc. civ., secondo comma, per il deposito dei documenti attinenti all'ammissibilità del ricorso, che ne comportano la notifica mediante elenco alle altre parti. Con unico motivo di ricorso l'INPDAP, denunciando violazione e falsa applicazione dell'art. 2120 cod. civ., del D.P.R. numero 1032 del 1973, della L. numero 335 del 1995, della L. numero 53 del 2000, art. 7, prospetta che l'indennità di buonuscita ex D.P.R. numero 1032 del 1973 ha caratteristiche proprie e non è assimilabile al TFR previsto e disciplinato dall'art. 2120 cod. civ L'Istituto ricorrente, formulando il prescritto quesito di diritto, chiede se il personale dipendente da pubbliche amministrazioni iscritto all'INPDAP ai fini della c.d. indennità di buonuscita, prevista dalle norme di cui al D.P.R. numero 1032 del 1973, possa ottenere anticipazioni del proprio trattamento di fine servizio, in modo analogo a quanto previsto dall'art. 2120 cod. civ., relativamente al trattamento di fine rapporto per i lavoratori privati. Il ricorso è meritevole di accoglimento. Innanzitutto, deve essere disattesa l'eccezione di inammissibilità sollevata dalla controricorrente secondo cui la questione oggetto del ricorso per cassazione sarebbe coperta da giudicato interno ex art. 329, cod. proc. civ., secondo comma. Si sostiene che in primo grado l'INPDAP aveva incentrato le sue difese sulla circostanza della non immediata applicabilità della disciplina di cui all'art. 7, primo comma, legge numero 53/2000 in assenza della normativa secondaria prevista dal terzo comma dello stesso articolo, non contestando che la norma contemplasse il diritto all'anticipazione della buonuscita. Il giudice di primo grado aveva disatteso la tesi di parte convenuta, ritenendo che l'assenza del decreto interministeriale recante la definizione delle modalità applicative delle disposizioni del primo comma in riferimento ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni previsto dal terzo comma dell'art. 7 l. numero 53/2000 non potesse costituire un ostacolo all'accoglimento della domanda, ben potendo farsi ricorso alla disciplina dettata dall'art. 2120 cod. civ., anche per i criteri di calcolo dell'anticipazione. In appello l'Istituto non aveva specificamente contestato tale soluzione interpretativa, ma aveva prospettato un divieto di anticipazione, desumibile dall'art. 26 d.P.R. numero 1032/73, peraltro dando atto di concordare sulla circostanza dell'esistenza di una colpevole inerzia della P.A. nel dettare la normativa di attuazione, tale per cui le disposizioni invocate dalla ricorrente si trovano in uno stato di quiescenza . A fronte di ciò, l'attuale resistente prospetta di avere sollevato in secondo grado l'eccezione di giudicato interno, sulla quale la Corte territoriale non si era pronunciata, per avere evidentemente ritenuto la medesima questione assorbita pag. 8 controricorso e ripropone tale eccezione in sede di controricorso. Al riguardo, deve osservarsi che nell'ipotesi in cui sulla domanda o su un capo autonomo di essa non si sia formato il giudicato interno, per effetto dell'acquiescenza espressa o tacita, deve ritenersi consentito porre in discussione, nell'ambito della impugnazione proposta contro la relativa pronuncia, le questioni concernenti l'applicabilità di una norma giuridica e l'interpretazione della norma stessa, qualunque sia stato il comportamento difensivo concretamente assunto in proposito dalla parte, nel precedente o nei precedenti gradi del giudizio. Dette questioni, infatti, sono rilevabili anche d'ufficio dal giudice dell'impugnazione, nell'esercizio del suo potere di individuare ed interpretare la norma applicabile al caso controverso, e non sono suscettibili di passare in giudicato autonomamente dalla domanda o dal capo di essa cui si riferiscono, assolvendo ad una funzione meramente strumentale rispetto alla decisione Cass. numero 21561 del 2010 . Pertanto, non essendosi formato il giudicato interno sul diritto dell'appellata all'anticipazione dell'indennità di buonuscita per avere l'INPDAP impugnato la relativa statuizione del giudice di primo grado, ben poteva il giudice di appello esaminare le tesi difensive prospettate dall'appellante in ordine all'interpretazione della disciplina di cui alla legge numero 53/2000, art. 7, qualunque fosse stato il comportamento difensivo concretamente assunto in proposito dall'Istituto nel precedente grado del giudizio, atteso che l'interpretazione data alla norma applicabile al caso controverso non era suscettibile di passare in giudicato autonomamente dalla domanda o dal capo di essa cui essa era riferibile. Del pari, la Corte di cassazione può accogliere il ricorso per una ragione di diritto anche diversa da quella prospettata dal ricorrente, a condizione che essa sia fondata sui fatti come prospettati dalle parti, fermo restando che l'esercizio del potere di qualificazione non può comportare la modifica officiosa della domanda per come definita nelle fasi di merito o l'introduzione nel giudizio d'una eccezione in senso stretto Cass. numero 3437 del 2014 . In ragione della funzione del giudizio di legittimità di garantire l'osservanza e l'uniforme interpretazione della legge, nonché per omologia con quanto prevede la norma di cui al secondo comma dell'art. 384 cod. proc. civ., deve ritenersi che, nell'esercizio del potere di qualificazione in diritto dei fatti, la Corte di cassazione può ritenere fondata la questione, sollevata dal ricorso, per una ragione giuridica diversa da quella specificamente indicata dalla parte e individuata d'ufficio, con il solo limite che tale individuazione deve avvenire sulla base dei fatti per come accertati nelle fasi di merito ed esposti nel ricorso per cassazione e nella stessa sentenza impugnata, senza cioè che sia necessario l'esperimento di ulteriori indagini di fatto, fermo restando, peraltro, che l'esercizio del potere di qualificazione non deve inoltre configgere con il principio del monopolio della parte nell'esercizio della domanda e delle eccezioni in senso stretto, con la conseguenza che resta escluso che la Corte possa rilevare l'efficacia giuridica di un fatto se ciò comporta la modifica della domanda per come definita nelle fasi di merito o l'integrazione di una eccezione in senso stretto Cass. numero 6935 del 2007 . Venendo all'esame dell'impugnazione, va premesso che l'attuale resistente ha usufruito di un congedo per fini formativi. La Legge 8.3.2000 numero 53 prevede, all'art. 5. Congedi per la formazione , primo comma, la possibilità per i dipendenti di datori di lavoro pubblici o privati, che abbiano almeno cinque anni di anzianità di servizio presso la stessa azienda o amministrazione di richiedere una sospensione del rapporto di lavoro per congedi per la formazione per un periodo non superiore ad undici mesi, continuativo o frazionato, nell'arco dell'intera vita lavorativa. I successivi commi dello stesso articolo definiscono il concetto di congedo per la formazione secondo comma , e ne dettano la relativa disciplina comma 3 , rinviando ai contratti collettivi la previsione delle modalità di fruizione del congedo stesso, l'individuazione delle percentuali massime dei lavoratori che possono avvalersene, la disciplina delle ipotesi di differimento e di diniego dell'esercizio di tale facoltà, la fissazione dei termini di preavviso comma quarto prevedono altresì la possibilità di riscatto del periodo ai fini contributivi quinto comma . L'art. 7 Anticipazione del trattamento di fine rapporto della stessa legge prevede, a sua volta - al primo comma, che oltre che nelle ipotesi di cui all'articolo 2120, ottavo comma, del codice civile, il trattamento di fine rapporto può essere anticipato ai fini delle spese da sostenere durante i periodi di fruizione dei congedi di cui all'articolo 7, comma 1, della legge 30 dicembre 1971, numero 1204, come sostituito dall'articolo 3, comma 2, della presente legge, e di cui agli articoli 5 e 6 della presente legge. L'anticipazione è corrisposta unitamente alla retribuzione relativa al mese che precede la data di inizio del congedo. Le medesime disposizioni si applicano anche alle domande di anticipazioni per indennità equipollenti al trattamento di fine rapporto, comunque denominate, spettanti a lavoratori dipendenti di datori di lavoro pubblici e privati - al secondo comma, che gli statuti delle forme pensionistiche complementari di cui al decreto legislativo 21 aprile 1993, numero 124, e successive modificazioni, possono prevedere la possibilità di conseguire, ai sensi dell'articolo 7, comma 4, del citato decreto legislativo numero 124 del 1993, un'anticipazione delle prestazioni per le spese da sostenere durante i periodi di fruizione dei congedi di cui agli articoli 5 e 6 della presente legge - al terzo comma, che con decreto del Ministro per la funzione pubblica, di concerto con i Ministri del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, del lavoro e della previdenza sociale e per la solidarietà sociale, sono definite le modalità applicative delle disposizioni del comma 1 in riferimento ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni incidentalmente, deve rilevarsi che il d.l. 29.11.2008 numero 185, art. 4, conv. in L. 28 gennaio 2009, numero 2, all'art. 4, ha modificato l’articolo 7, comma 3, della legge 8 marzo 2000, numero 53, prevedendo che la parola definite” fosse sostituita dalle seguenti definiti i requisiti, i criteri e . Dunque, l'art. 7, primo comma, della legge 8 marzo 2000, numero 53 ha introdotto altre cause di giustificazione dell'anticipazione del t.f.r., oltre a quelle previste dall'ottavo comma dell'art. 2120 cod. civ., e precisamente costituite da spese da sostenere durante i periodi di fruizione dei congedi parentali v. pure art. 5, Anticipazione del trattamento di fine rapporto d.lgs. 26 marzo 2001, numero 151, secondo cui durante i periodi di fruizione dei congedi di cui all'articolo 32, il trattamento di fine rapporto può essere anticipato ai fini del sostegno economico, ai sensi dell'articolo 7 della legge 8 marzo 2000, numero 53 o per la formazione, fruibili per il conseguimento di un titolo di studio o per la partecipazione ad attività formative extra-aziendali art. 5 Legge numero 53/2000, citato , ovvero per la formazione c.d. continua art. 6 legge numero 53/2000 . Tale norma non determina invece alcuna equipollenza tra il trattamento di fine rapporto disciplinato dal medesimo art. 2120 cod. civ. e quello di fine servizio operante nel pubblico impiego, il quale soggiace ad una diversa disciplina, la quale regola anche la fattispecie in esame. Questa Corte ha già avuto modo di osservare Cass. numero 10770 del 2012 v. pure Cass. numero 24474 del 2011 che i pubblici dipendenti hanno sempre goduto dell'indennità di buonuscita ex D.P.R. numero 1032 del 1973, mentre l'istituto del TFR vigente per i dipendenti privati è stato loro esteso solo ai nuovi assunti. Come già affermato da Cass. numero 15998 del 2006, la L. 8 agosto 1995, numero 335 Riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare , nel quadro complessivo di omogeneizzazione introdotto, sia pure gradualmente, tra lavoro pubblico e privato anche per quanto riguarda gli aspetti previdenziali, all'art. 2, nei commi 5 e 7, ha dettato in materia disposizioni riguardanti i dipendenti delle amministrazioni pubbliche contemplati nel D.Lgs. numero 29 del 1993, art. 1, assunti rispettivamente dal 1 gennaio 1996 ovvero già occupati alla data del 31 dicembre 1995. Per i primi è stato stabilito che i trattamenti di fine servizio, comunque denominati, sono regolati in base a quanto previsto dall'art. 2120 cod. civ., in materia di trattamento di fine rapporto . Per i secondi sono state rimesse alla contrattazione collettiva nazionale le modalità per l'applicazione della disciplina del trattamento in materia di fine rapporto. Il D.Lgs. 30 marzo 2001, numero 165, art. 69, comma 2, ha previsto che, in attesa di una nuova regolamentazione contrattuale della materia, resta ferma per i dipendenti pubblici, la disciplina vigente in materia di trattamento di fine rapporto. Si è pure precisato Cass. sent. 27836 del 2009 e ord. numero 709 del 2012 , quanto al trattamento di fine servizio per i pubblici dipendenti in servizio al 31 dicembre 1995, che è demandata alla contrattazione collettiva soltanto la definizione delle modalità applicative della disciplina in materia di trattamento di fine rapporto art. 2, comma 7, legge numero 335 del 1995 e la nuova regolamentazione contrattuale della materia , destinata a superare la previgente disciplina ex art. 72, comma 3, del d.lgs. numero 29 del 1993, ora trasfuso nell'art. 69, comma 2, del d.lgs. numero 165 del 2001 , va riferita ad un intervento complessivo di modifica del quadro normativo e non a meri interventi specifici su taluni punti. La fattispecie in esame è regolata dalla riferita disciplina. Non operando dunque l'art. 2120 cod. civ., si deve applicare, ai fini del trattamento di fine rapporto dei dipendenti pubblici l'indennità di buonuscita per la quale non sono previste anticipazioni cfr. D.P.R. numero 1032 del 1973 . In tale contesto normativo va collocata la previsione, contemplata dalla Legge numero 53/2000, art. 7, primo comma, recante, insieme all'estensione oggettiva dei casi che consentono l'accesso all'istituto dell'anticipazione, l'espresso riferimento anche alle indennità equipollenti al trattamento di fine rapporto, comunque denominate, spettanti a lavoratori dipendenti di datori di lavoro pubblici e privati . Con tale norma il legislatore non ha inteso assimilare, neppure ai limitati fini che qui interessano, l'indennità di fine servizio spettante al dipendente pubblico nella specie, l'indennità di buonuscita al trattamento di fine rapporto, che restano istituti regolati da discipline diverse, né l'estensione ai dipendenti pubblici della disciplina dettata dall'art. 2120 cod. civ. è desumibile dal richiamo di tale norma contenuto nell’incipit del primo comma dell'art. 7, essendo tale rinvio espressamente riferito al solo ottavo comma dell'art. 2120 cod. civ., recante l'elencazione delle causali di accesso al beneficio. Tutto ciò posto, deve ritenersi determinante la previsione di cui all'art. 7, terzo comma, che rimanda ad un successivo decreto interministeriale la definizione delle modalità applicative delle disposizioni del comma 1 in riferimento ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni . Il successivo d.l. 29.11.2008 numero 185, art. 4, conv. in L. 28 gennaio 2009, numero 2, all'art. 4, ha poi introdotto - con valenza di ulteriore specificazione dei contenuti che dovrà avere la normativa di attuazione - una modifica dell'articolo 7, comma 3, della legge 8 marzo 2000, numero 53, prevedendo che la parola definite fosse sostituita dalle seguenti definiti i requisiti, i criteri e . Per i dipendenti pubblici l'istituto dell'anticipazione della indennità di buonuscita è stato rimesso, ai sensi del combinato disposto di cui all'art. 7, primo comma, ultima parte, e terzo comma, L. numero 53/2000, ad una disciplina di attuazione, da determinarsi con decreto interministeriale, che, mediante regolamentazione attuativa della legge cfr. Cass. numero 5062 del 2007, numero 73 del 2014 , abbia portata innovativa rispetto all'ordinamento giuridico esistente di cui al d.P.R. 29 dicembre 1973, numero 1032. In altri termini, la ratio della norma di cui all'art. 7 legge numero 53 del 2000 consiste nell'estensione oggettiva dell'istituto dell'anticipazione del trattamento di fine rapporto rispetto alle ipotesi contemplate dall'ottavo comma dell'art. 2120 cod. civ., ma tale previsione non ha carattere compiuto per i lavoratori pubblici fino alla emanazione della normativa di attuazione, restando così operante la disciplina dettata dal d.P.R. numero 1032 del 1973, che non prevede l'anticipazione dell'indennità di buonuscita. Né dalla sentenza della Corte Costituzionale numero 9 del 2000 è dato desumere argomenti favorevoli alla tesi dell'attuale resistente. Il Giudice delle leggi ha affermato che è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale, sollevata in riferimento agli artt. 2, 3, 36 Cost. e art. 47 Cost., comma 2, dell'art. 2120 cod. civ. del D.P.R. 29 dicembre 1973, numero 1032, art. 26, comma 7 Approvazione del testo unico delle norme sulle prestazioni previdenziali a favore dei dipendenti civili e militari dello Stato della L. 29 maggio 1982, numero 297, art. 4, comma 6 Disciplina del trattamento di fine rapporto e norme in materia pensionistica della L. 8 agosto 1995, numero 335, art. 2, comma 7 Riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare , nella parte in cui escludono i pubblici dipendenti dal beneficio della concessione dell'anticipazione nella misura massima del 70% sul trattamento di fine rapporto, ricorrendo i casi tipici individuati dall'art. 2120 cod. civ., ed in particolare dal comma 8, lett. b , beneficio riconosciuto ai soli lavoratori dipendenti del settore privato . Secondo la Corte Costituzionale, la mancata estensione della anticipazione in esame non può di per sé comportare le altre offese al dettato costituzionale prospettate nell'ordinanza di rimessione, rientrando nella piena discrezionalità del legislatore dimensionare la portata dell'istituto, il quale - come la Corte ha già avuto occasione di affermare - legittimamente può essere addirittura non previsto affatto . Per gli stessi motivi, non si ravvisano profili di illegittimità costituzionale, dovendo peraltro rilevarsi che la relativa questione, sollevata dalla parte resistente in sede di memoria ex art. 378 c.p.c., in contrasto con il divieto di prospettare in tale sede questioni nuove, presenta altresì profili di inammissibilità, in quanto formulata in termini generici senza alcun confronto con il dictum della richiamata pronuncia numero 9/2000. In accoglimento del ricorso, la sentenza va cassata e, non occorrendo ulteriori accertamenti di fatto, la causa deve essere decisa nel merito ex art. 384 cod. proc. civ., secondo comma, con il rigetto dell'originaria domanda. Considerata la novità delle questioni, ricorrono le condizioni per la compensazione tra le parti delle spese dell'intero processo. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l'originaria domanda compensa le spese dell'intero processo.